CAPITOLO
9- Il compleanno di Rin- seconda parte
Midoriko,
nonostante tutto, si sentiva ancora inquieta. I ragazzi avevano
dimostrato,
ancora una volta, di aver svolto un ottimo lavoro, i loro sforzi erano
stati
ricompensati. Eppure qualcosa, una sensazione flebile, non la faceva
stare del
tutto tranquilla.
Ma
in quel momento non poteva fare altro che cercare di ignorare quel
piccolo
campanello di allarme e, con passo sicuro, si avvicinò ai
suoi avversari. Quel
giorno non erano due, ma ben quattro.
Ed
eccoli lì, tutti schierati, in attesa che lei arrivasse.
-Ancora
una volta mi sorprendete: non credevo di essere così
importante da scomodare
persino Inu No Taisho e Ryojotsusei Onigumo. Questa sì che
è una bella
sorpresa- rise Midoriko, raccogliendo a sé tutte le forze.
Prese
parola come sempre Naraku, beffardo ed insolente:- Non ci saremmo mai
persi
questo spettacolo, per niente al mondo-
A quelle parole non
solo Midoriko, ma
Sesshomaru stesso avrebbe voluto aprirgli la testa come si fa con un
melone.
Dannato, irritante mezzo demone.
La
donna non disse nulla, non voleva raccogliere quella provocazione.
Poi
Inu No Taisho decise di usare le maniere dolci, prese la mano di
Midoriko e le
face il baciamano:- Vederla è sempre un piacere,
Midoriko-sama-
-Vedo
che almeno qualcuno ogni tanto si ricorda delle buone maniere. Devo
dire che
suo figlio non ha proprio preso niente da lei- rispose lei, poi
continuò
rivolta a tutti e quattro- Cosa devo aspettarmi questa volta?-
Fu
la volta di Ryokotsusei, non poteva permettere che il suo rivale di
sempre
potesse emergere più di lui:- Assolutamente niente, cara
signora. Siamo solo
interessati alla compagnia, sappiamo che vuole istruire per bene i suoi
allievi-
Midoriko
si voltò verso di lui. Così come per i figli, i
due padri non potevano essere
più diversi, ma non solo a livello caratteriale, la cosa si
estendeva anche a
livello fisico: se Inu No Taisho era ancora un uomo, anzi un demone,
piacente,
dai lineamenti eleganti e il portamento fiero, al contrario Ryokotsusei
sembrava riflettere il marcio della sua anima. Ne studiò la
fronte perennemente
corrugata, il viso attraversato da decise rughe e lo sguardo spietato,
affilato, come quello di un rettile.
-Allora
spero che lo spettacolo sia stato di vostro gradimento-
-Senza
ombra di dubbio. I suoi attori sono così bravi che anche il
più giovane dei
miei figli è venuto qui oggi- rispose subito il grande
demone cane. Quella era
una battaglia silenziosa tra lui e Ryokotsusei, non voleva perderla.
Midoriko
si accorse del duello verbale e dentro di sé si
sentì soddisfatta, almeno per
poco.
-Inu-Yasha
è sempre il benvenuto tra i miei ragazzi. Credo che i
convenevoli siano durati
abbastanza, vogliate scusarmi ma devo complimentarmi con i miei
allievi- girò i
tacchi e se ne andò.
I
quattro rimasero lì. Inu e Ryokotsusei si scambiavano
occhiate di fuoco.
-Vedo
che nonostante tutto la nostra preda non ha ancora ceduto- disse
pungente
Ryokotsusei.
-Non
è detto che prima o poi non lo faccia- rispose
l’altro.
Si
strinsero la mano, massima espressione della cordialità e
poi entrambi se ne
andarono.
-Allora
è vero: tuo fratello è stato più furbo
di te ed è riuscito a conquistare i
favori della No Tama- e mentre pronunciava tali parole, Naraku aveva un
sorriso
stampato sulla faccia.
Sesshomaru
strinse forte i pugni.
-Come
se questo fosse un passo più vicino al “Sengoku
Monogatari”. Non ho ancora
capito cosa hai in mente questa volta…-
-Lo
capirai presto- lo informò il mezzo demone.
-Sarebbe
meglio lasciarle credere di aver vinto questa volta- suggerì
Sesshomaru.
-E
da quando sei diventato così buono?- e se ne andò
anche lui lasciando lo youkai
da solo.
Nel
frattempo, mentre in platea si stava
svolgendo questa scena, negli spogliatoi i ragazzi
festeggiavano lo
spettacolo e, nuovamente, il compleanno di Rin.
L’euforia
aveva contagiato tutti, compresa nonna Keade, Jinenji e sua madre, i
quali
avevano raggiunto i ragazzi per complimentarsi con loro, seguiti da
Inu-Yasha e
Kagome.
-Un
brindisi a tutti noi!- gridava Miroku, con un bicchiere di succo in
mano.
-Kanpai!-
fu la risposta corale.
Rin
tracannò tutto il contenuto del suo bicchiere.
-E
ancora una volta, buon compleanno Rin!- gridò poi Kohaku,
attirando
l’attenzione sulla ragazzina. Lei arrossì,
d’istinto.
Si
sentiva la settimo cielo. Niente avrebbe potuto rovinare una bella
giornata
come quella.
Ma
non sapeva che la Vita, a volte, si diverte a ribaltare le cose. E
infatti,
nonostante la giornata stesse per volgere al termine, le sorprese non
erano
ancora finite: all’improvviso, in mezzo al gruppo, si
sentì il rumore sordo di
un bicchiere che viene lasciato cadere sul pavimento. E poi dei
rantolii, una
voce che, invano, annaspava in cerca di aria, in cerca di aiuto.
Durò
tutto pochissimo, ma a Rin parvero ore.
Si
girò e vide il volto della nonna livido, la faccia
imprigionata in
un’espressione di terrore, una maschera inquietante. La bocca
si apriva e chiudeva
ripetutamente in cerca di ossigeno, gli occhi, terrorizzati, fissavano
un punto
fisso nel vuoto e la mano si toccava il petto, stringendolo con tutta
la forza
che possedeva.
-Nonna!-
urlò Rin, gettandosi su di lei.
Tutti
gli altri pietrificati.
-Nonna,
che succede?- chiese supplichevole la ragazzina con gli occhi irrorati
di
lacrime.
In
quel momento entrò Midoriko, la quale si concesse qualche
secondo per capire la
situazione, poi disse ad alta voce:-Qualcuno chiami
un’ambulanza!-
Kagome
scattò subito al suono di voce della zia e corse fuori dai
camerini per poter
chiamare il numero di emergenza. Inu-Yasha la seguì a ruota.
Sesshomaru,
che era rimasto in platea, notò il trambusto che si stava
scatenando dietro le
quinte e quando vide Inu-Yasha seguire la nipote della signora
Midoriko, lo
afferrò con la mano artigliata, in modo da non farlo
scappare.
-Che
sta succedendo?- chiese senza tanti preamboli.
-La
nonna di Rin, sta male…- rispose il mezzo demone, ancora
piccato per quello che
era avvenuto settimane prima tra loro due. Non avevano avuto modo di
chiarirsi,
ma Inu-Yasha sapeva che una prospettiva del genere da parte di suo
fratello era
totalmente da escludere.
Sentiva
il suo braccio ancora stretto dalla sua mano e con un movimento brusco,
si liberò
per poter raggiungere Kagome.
E
proprio mentre Inu-Yasha stava per sparire oltre la grande porta scura,
Sesshomaru lo sentì.
Sentì
l’odore delle lacrime disperate di Rin.
***
Rin
non si sentiva più le gambe. I muscoli erano indolenziti per
colpa di tutte
quelle ore seduta sulle scomode sedie di plastica del pronto soccorso.
Gli
occhi erano gonfi e rossi, poggiava la testa braccia, come se fosse
intenta a
recitare una silenziosa e disperata preghiera.
Le
era difficile in quel momento ripercorrere momento per momento tutto
quello che
era successo dopo che aveva visto sua nonna accasciarsi per terra.
Ricordava
vagamente le voci preoccupate dei suoi amici: Kohaku che cercava di
consolarla,
Sango e Miroku che ordinavano a tutti gli altri di spostarsi per non
aggravare
la situazione e la sua sensei che ordinava a qualcuno di chiamare
un’ambulanza.
Chi
aveva eseguito quell’ordine? Forse Kagome…
sì, doveva essere stata lei. Ma Rin
non poteva esserne sicura al cento per cento: in quel momento era nella
confusione
più totale. Vedere la nonna in quello stato
l’aveva sconvolta, molto di più di
quanto immaginasse.
Non
sapeva di preciso quanto tempo fosse passato, rivedeva nella sua mente
lo staff
paramedico che entrava nel camerino e con velocità
professionale prendeva sua
nonna per issarla sull’ambulanza.
-Dobbiamo
andare con lei all’ospedale- aveva balbettato lei, con il
volto rigato dalle
lacrime che ancora non ne volevano sapere di fermarsi.
Stava
seguendo la barella su cui Kaede era stata adagiata lungo tutto
l’edifico,
passò anche attraverso la platea, non accorgendosi della
presenza di
Sesshomaru.
Quando
fu fuori, sentì la voce di uno dei paramedici dirle che non
avrebbe potuto
salire sull’ambulanza con loro, ma le comunicò il
nome dell’ospedale più vicino
dove l’avrebbero portata.
-Ti
ci porto io- disse poi una voce di fianco a lei. Rin si era voltata ed
aveva
incrociato lo sguardo di Sesshomaru. Non si era nemmeno accorta che lui
fosse
ancora lì.
In
quel momento non le importava che lui fosse una delle persone che forse
odiava
di più al mondo, si sentiva grata di avere qualcuno che
stesse cercando di
aiutarla.
-Io…
io…- si ritrovò a balbettare. Non si era ancora
ripresa dallo shock.
Ancora
una volta fu Midoriko a prendere in mano la situazione. Si
avvicinò alla sua
allieva, le posò una mano sulla spalla e lei disse con voce
calma ma ferma:-
Rin, vai in ospedale con Sesshomaru. Noi ti raggiungeremo dopo-
-Va…
va bene…- soffiò la piccola.
-Aspetta,
Sesshomaru- urlò poi Inu-Yasha, rivolgendosi al fratello, il
quale si voltò
verso di lui leggermente scocciato:- veniamo anche io e Kagome con voi-
E
così, più veloce che potevano, tutti e quattro si
erano sistemati nella
macchina di Sesshomaru e si erano diretti verso il pronto soccorso.
Inu-Yasha
aveva occupato il posto di fianco al guidatore, mentre Rin e Kagome
dietro.
Nell’abitacolo
nessuno dei passeggeri proferiva parola, il silenzio era interrotto dai
singhiozzi timidi di Rin. Kagome cercava come meglio poteva di
consolarla,
abbracciandola ed accarezzandole la testa e sussurrandole che tutto si
sarebbe
risolto.
Sesshomaru,
invece, non staccava gli occhi dalla strada. Sentiva chiaramente
l’odore di
paura che la piccola ningen emanava e si era sorpreso qualche volta nello
spiarla
dallo specchietto retrovisore: in quel momento appariva così
fragile ed
indifesa, come tutti gli esseri umani del resto. Non sapeva
perché ma ancora
una volta non comprendeva la natura di quella preoccupazione che
sentiva
salirgli dalla bocca dello stomaco.
Una
volta arrivati, si precipitarono all’interno
dell’edificio e Sesshomaru andò a chiedere informazioni, poiché Rin era troppo scossa
per poter parlare
con qualcuno.
E
dal quel momento in poi il tempo era passato lentamente.
Dopo
un’ora di pianto, Rin era riuscita a calmarsi e come promesso
la signora
Midoriko l’aveva raggiunta.
-Tutti
gli altri erano preoccupati per te, volevano venire a tutti i costi ma
li ho
convinti a desistere da questo intento. Non hai bisogno di troppa gente
intorno- le disse la sensei, prendendo posto di fianco a lei.
Rin
le sorrise grata senza dire altro.
Controllò
l’orologio, erano le 23.
Poco
prima era riuscita a parlare con uno degli infermieri, il quale le
aveva detto
che per il momento non poteva la nonna, ancora sotto osservazione.
L’aveva rassicurata
però dicendole che stava meglio e aspettavano di vedere come
avrebbe affrontato
la notte.
Nonostante
le avessero detto di andare a casa, lei non aveva intenzione di
muoversi: non
se la sentiva di dormire.
Era
seduta tra Kagome e Midoriko, mentre Inu-Yasha e Sesshomaru si
trovavano in
disparte in piedi.
-Rin,
forse è il caso che tu riposi un po’…
non puoi stare qui tutta la notte-
cercava di convincerla Kagome dolcemente. Ma la diretta interessata
scosse la
testa risoluta.
-No!
Resterò qui fino a che mia nonna non si
sveglierà. Voi andate pure, anzi non vi
ho ancora ringraziato per quello che avete fatto per me-
-Ma
non puoi rimanere qui da sola- ribattè Kagome.
-Resterò
io con lei- disse poi una voce alle loro spalle.
Le
tre donne sedute alzarono lo sguardo e videro la figura di Sesshomaru
stagliarsi contro di loro.
Rin
sentiva di non avere le forze per mettersi a protestare, non era quello
il caso
e non ne aveva nemmeno voglia. Midoriko piegò la testa di
lato, meditabonda:
non si fidava di Sesshomaru, non dopo il colpo basso che le aveva
tirato, ma
qualcosa le suggeriva che in quell’occasione poteva affidare
la sua preziosa
allieva nelle sue mani. Lei, in aggiunta a ciò, era troppo
affaticata per poter
resistere tutta la notte fuori casa: le sue stesse condizioni di salute
non
glielo avrebbero mai permesso e doveva agire in maniera egoistica,
anche per il
bene di Rin.
Kagome,
al contrario, era rimasta a bocca spalancata: non si aspettava uno
slancio di
altruismo da parte di Sesshomaru, quel fratello che non era capace di
dimostrare ad Inu-Yasha un briciolo d’amore…
possibile che avesse un cuore?
-Rin-
la chiamò lei- Se vuoi resto io con te…-
suggerì Kagome.
-Siete
due minorenni, avreste comunque bisogno della presenza di un adulto- la
interruppe Sesshomaru.
Rin
abbassò la testa per riflettere, poi disse:- Kagome, vai
pure a casa.
Sesshomaru-sama ha ragione-
Era
dura da ammettere.
-Riaccompagniamo
noi Inu-Yasha a casa- disse poi Midoriko prima di congedarsi.
Come
se per Sesshomaru fosse un problema come sarebbe tornato a casa quel
mezzo
demone.
Rin
salutò tutti, ringraziandoli ancora una volta, poi
tornò a sedere. Il tempo di
guardarsi intorno che già lo youkai era sparito. La ragazza
rimase sbigottita…
ma che razza di comportamento era quello? Prima si proponeva di farle
compagnia
e poi spariva così, come se niente fosse.
Quell’essere
sarebbe rimasto un mistero per lei.
Era
ancora assorta nei suoi pensieri quando sentì
l’aria muoversi leggermente di
fianco a lei e Sesshomaru materializzarsi magicamente con un
sacchettino in
mano. Glielo porse e lei lo prese senza fiatare.
Quando
lo aprì video dentro una scatolina di plastica trasparente
con all’interno due
onigiri.
Rin
si voltò in cerca di risposte.
-Dovrai
pur mangiare qualcosa- rispose lui.
Ora
che ci pensava, non aveva messo nulla sotto i denti da quel pomeriggio,
cioè
poco prima dello spettacolo e il suo stomaco glielo stava ricordando in
quel
preciso momento. Balbettò un “grazie” e
poi si avventò sulla sua cena. Forse
era per il lungo digiuno o perché quegli onigiri erano stati
ben cucinati, ma
li trovò deliziosi, talmente appetitosi che li
finì in pochi minuti.
Nel
frattempo Sesshomaru, sempre di fianco a lei, non aveva smesso di
osservarla
nemmeno per un secondo con la coda dell’occhio: era comunque
buffa, sotto certi
aspetti.
-Ti
è rimasto un chicco di riso sulla faccia- disse poi
istintivamente, senza
pensarci troppo ed allungando una mano per pulirla.
Rin
venne colta alla sprovvista e si ritrovò la mano artigliata
di Sesshomaru
all’angolo della bocca. Quel contatto improvviso la fece
arrossire e di nuovo
venne investita da una serie di emozioni strane, che aveva
già provato, come
quella volta a Natale, quando lui le aveva rimesso la sciarpa addosso.
Anche
lui si ritrovò sorpreso di quel misero contatto e delle sue
conseguenze e
ritirò subito la mano, quasi non avesse voglia di trovare
l’ennesima risposta
poco soddisfacente a quelle reazioni sconosciute.
-Mi
dispiace molto disturbarla, immagino che avesse programmi migliori per
questa
sera- disse poi Rin, quando il rossore sulle guance le fu passato.
-Non
avevo nessun programma particolare-
Che
fosse il suo modo per dirle che non gli stava causando fastidio? Poteva
anche
essere così. La piccola sapeva che da lui pretendere una
risposta più
articolata e dettagliata era come chiedere a Miroku di non guardare una
ragazza.
-Come
passa le sue giornate? Dopo il lavoro intendo-
Il
demone sollevò un sopracciglio, sorpreso ma senza darlo a
vedere. Ma che razza
di domande gli faceva quella cucciola d’uomo?
-Visto
che dobbiamo stare qui, tanto vale parlare un po’- si
giustificò lei, quasi
avesse compreso lo stupore di lui.
-Non
sono un tipo da molte parole-
Rin
rise appena.
-Me
ne sono accorta. A me, invece, piace molto parlare, mi fa stare in
pace. A
quanto pare sono sempre stata una chiacchierona, fin da piccolina. La
mamma mi
diceva sempre che da neonata non la smettevo di gorgheggiare-
-E
dov’è ora tua madre?-
-Ci
ha lasciati qualche anno fa per colpa di un tumore. Mio padre non
l’ho mai
conosciuto, anche lui se n’è andato parecchi anni
fa ma prima che io nascessi.
Siamo rimaste solo io e mia nonna- disse la piccola con mestizia.
Sesshomaru
rimase in silenzio.
-Lei
è fortunato- disse poi la ragazzina- Ha un padre, una madre
ed un fratello…-
-Fratellastro-
la interruppe lei, lapidario.
Rin
sbattè gli occhi ripetutamente.
-Che
differenza c’è? Condividete lo stesso
sangue…-
-è
proprio quello il problema- continuò.
Lo
osservò attentamente: non una ruga, non
un’espressione. Era davvero
indecifrabile.
-Come
preferisce- disse poi arrendevole.
Il
silenzio fece loro compagnia per qualche minuto. Ogni tanto qualche
infermiere
passava davanti a loro.
Poi
Rin riprese fiato e continuò:- Spesso mi è
capitato di fantasticare su chi
fosse mio padre. Mi sono sempre chiesta che tipo fosse, se fosse un
tipo
simpatico e chiacchierone come me o magari silenzioso, come lei-
Il
tono con cui lo disse era dolce, senza la minima ombra di astio nei
suoi
confronti.
Sesshomaru
fu colpito da quel tono, gli ricordava qualcosa…
Una
voce infantile,
dolce, ingenua, candida.
Osservò
con i suoi occhi d’ambra Rin: il sorriso dolce, gli occhi
ancora leggermente
rossi per via del pianto disperato di prima, le ciglia umide. Gli
ricordava
qualcuno.
Qualcuno
d’importante.
-Ho
sempre invidiato le mie amiche, come Kanna ad esempio,
perché loro avevano un
papà. Molte volte ho pensato che in realtà fosse
ancora vivo, ma se così fosse
allora vorrebbe dire che ignora la mia esistenza, altrimenti sarebbe
venuto a
cercarmi perché, diciamolo, che razza di genitore
abbandonerebbe suo figlio?-
Era
un fiume in piena, però Sesshomaru non si sentiva
infastidito.
Rin,
dal canto suo, si sentiva perfettamente a suo agio a parlare con lui,
nonostante tutto. Parlare l’aiutava a non pensare ed era
quello di cui aveva
bisogno in quel momento.
Si
stiracchiò leggermente le gambe, poi si sistemò
meglio sulla sedia.
-Però
ho sempre avuto la nonna che ha cercato di prendersi cura di me, non ha
mai
cercato di farmi mancare nulla. E poi ho sempre la recitazione:
è la mia
passione da sempre. Spesso mi mettevo ad improvvisare melodrammi visti
in TV
davanti mia mamma e mia nonna. Ero molto buffa- rise lei portandosi una
mano
davanti alla bocca.
Mentre
parlava Rin avvertì un brivido di freddo salirle lungo la
colonna vertebrale,
per poi emettere uno starnuto. “Accidenti”
pensò “fa freddo qui” mentre si
stringeva le braccia intorno al corpo.
Qualcosa
di pesante si posò sulle sue spalle, un odore pungente le
punzecchiò le narici.
Si voltò e vide il cappotto nero di Sesshomaru su di lei.
Era stato
velocissimo, perché non si era accorta di nulla.
Lui
non disse nulla, se ne stava seduto come se niente fosse mentre
continuava ad
osservare un punto lontano.
Rin
si ritrovò grata e felice per quel piccolo gesto: si
sistemò il cappotto sulle
spalle e bisbigliò un “grazie”
leggermente imbarazzata.
Non
ci furono altre parole nei minuti successivi, poi alzò lo
sguardo verso
l’orologio nel corridoio e vide che la mezzanotte era
già passata, così come il
suo compleanno.
-Speravo
di chiudere in bellezza il mio quattordicesimo compleanno, ma forse
sarebbe
potuto andare peggio- disse lei mentre il sonno prendeva il sopravvento
e la
testa pendeva verso la spalla del demone.
Non
si accorse nemmeno di stare per addormentarsi. Sesshomaru, quando
sentì quella
leggera pressione sulla spalla, si girò verso la ragazza:
dormiva beata,
profondamente. Doveva essere distrutta: il compleanno, lo spettacolo,
il
ricovero della nonna. Tante emozioni che l’avevano scossa.
I
capelli di Rin risplendevano sotto il riflesso delle tristi luci
dell’ospedale,
come se riuscisse a rallegrare qualsiasi posto solo con la sua presenza.
Nessun
fastidio lo stava disturbando, si sentiva bene.
Non
si mosse per non svegliarla.
Passò
la notte in compagnia di quello scricciolo di un’umana.
Salve
a tutti! Chiedo scusa per il tempo passato tra un capitolo e
l’altro ma sono
stata parecchio occupata e il tempo per scrivere scarseggia.
Comunque,
come avete avuto modo di leggere, i nostri due protagonisti hanno avuto
modo di
conoscersi meglio.
Spero
vi sia piaciuto il nuovo capitolo.
Fatemi
sapere che ne pensate!
Sophie
Ondine