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Autore: Ghen    01/06/2019    2 recensioni
Dopo anni dal divorzio, finalmente Eliza Danvers ha accanto a sé una persona che la rende felice e inizia a conviverci. Sorprese e disorientate, Alex e Kara tornano a casa per conoscere le persone coinvolte. Tutto si è svolto molto in fretta e si sforzano perché la cosa possa funzionare, ma Kara Danvers non aveva i fatti i conti con Lena Luthor, la sua nuova... sorella.
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Non solo quello che sembra! AU (no poteri/alieni) con il susseguirsi di personaggi rielaborati e crossover, 'Our home' è commedia, romanticismo e investigazione seguendo l'ombra lasciata da un passato complicato e travagliato, che porterà le due protagoniste di fronte a verità omesse e persone pericolose.
'Our home' è di nuovo in pausa. Lo so, la scrittura di questa fan fiction è molto altalenante. Ci tengo molto a questa storia e ultimamente non mi sembra di riuscire a scriverla al meglio, quindi piuttosto che scrivere capitoli compitino, voglio prendermi il tempo per riuscire a metterci di nuovo un'anima. Alla prossima!
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Kara Danvers, Lena Luthor
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ours'
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49. Come una candela


Quella vasca era enorme. Riusciva a girare su se stessa e a fare le bolle con la schiuma. Riempiva le mani di acqua e, avvicinando le labbra, soffiava le bolle e le ammirava volare e scoppiare. Così si rilassò di nuovo, adagiandosi lentamente, sorridendo estasiata nell'ammirare l'alto e luminoso soffitto, corredato da un lussuoso lampadario. Lena Luthor le aveva lasciato un asciugamano per il corpo sul bordo della vasca e dei vestiti puliti su un mobile, in modo che si cambiasse. Suo fratello Cyan l'avrebbe guardata con commiserazione per ciò che provava, eppure, pensò sospirando, se così era sentirsi felici, allora voleva esserlo sempre.
Lena le aveva creduto. Quando la trovò davanti al cancello della sua villa e le disse di essere scappata dal suo aguzzino, il garante che l'aveva fatta uscire di prigione in cambio dei suoi servigi che poi l'aveva rinchiusa quando aveva deciso di prendere le parti di Lena, lei la accolse, le aprì le porte della sua villa e, sperava, non solo quelle. Disgraziatamente quello che stava vivendo era solo in parte una libertà, lui la teneva ancora in pugno e al contrario sperava che l'avvicinamento delle due potesse velocizzare il suo piano per mettere Lena contro la sua famiglia, i Luthor, ma Indigo voleva vedere il bicchiere mezzo pieno della faccenda: ora poteva starle vicino, poteva vegliare su di lei e stare dalla sua parte alla luce del sole.
E poteva conoscerla, conoscerla dal vivo. Dopo aver passato anni a seguirla sui video online, adesso poteva parlarle, guardarla mentre si rivolgeva a lei, non a una videocamera. E aveva sempre preferito le videocamere alle interazioni umane; questa la diceva lunga su come quella ragazza la faceva sentire.
Nello stesso momento, Lena passeggiava in camera da pranzo, cellulare in mano contro un orecchio. Era molto agitata di avere Indigo Brainer in casa sua, dal vivo, dopo aver passato mesi a immaginarla dietro lo schermo che le rispondeva in chat. Avevano trascorso qualche ora della notte a parlare e dopo l'aveva lasciata a dormire sul divano ma, al contrario di Indigo, lei non aveva dormito affatto, con la testa affollata da troppi pensieri. Almeno, ora ne poteva parlare con Kara. «Dice di non conoscere la sua vera identità», rispose al cellulare, passandosi i capelli sciolti da un lato con la mano libera. «Non è riuscita a capire chi sia il suo garante».
«E tu le credi?», la voce di Kara dall'altra parte.
Lena si voltò indietro, cercando di scorgere che non fosse uscita dal bagno. «Glielo devo. Mi ha aiutato tante volte. Ci ha aiutato tante volte», si corresse, passandosi ora la mano in fronte, sospirando. «Non sa dove andare…». Udì una voce meccanica provenire dall'altra parte della telefonata e attese.
«L'hai sentito? Sono quasi arrivata a Metropolis, devo andare», la sua voce all'improvviso più bassa. «Mi spiace essere partita per andare da Kal proprio adesso. Avrei voluto conoscere questa Indigo».
«Non importa, la troverai qui quando tornerai. Si spera», sollevò un breve sorriso. «Tu divertiti».
«Sì… E tu stai attenta», la sentì dire in fretta e Lena sorrise. Kara non si fidava di Indigo, lo intuì subito. Ma si preoccupava per lei e non le dispiaceva quest'attenzione particolare.
Staccò la chiamata e sospirò, stringendo il cellulare tra i palmi delle mani, prendendosi un attimo per pensare, in silenzio. Accartocciò le labbra e puntò gli occhi verdi sul soffitto. Con Indigo al suo fianco, forse sarebbe stato più facile scoprire cos'era successo a suo padre. Un peccato che fosse il suo garante a dire di sapere cosa gli era successo, perché di sicuro, adesso che era scappata, lui non gliel'avrebbe detto. Sempre se fosse stato vero.
«Mi dispiace così tanto», le aveva detto Indigo, corrucciando lo sguardo davanti a lei sul divano, quando le aveva portato le coperte per sistemarsi per la notte. «So quanto tieni a scoprire su tuo padre, ma non potevo più lavorare per lui, dovevo andarmene», l'aveva guardata negli occhi con disperazione, avvicinandosi col sedere a dov'era seduta. «Quell'uomo, so che è un uomo… Quell'uomo è pericoloso. Non conosco i piani che aveva per te, ma iniziava a mostrarsi per ciò che era: ha voluto che ti chiedessi i dati d'accesso del sistema di allarme alla Luthor Corp solo per sentire di avere la situazione sotto controllo, quando tu rischiavi la vita. Non potevo permettere che giocasse in questo modo con te».
Non fosse altro, le era tutto più chiaro. E magari proprio col suo aiuto sarebbe riuscita a capire chi era quest'uomo e cosa voleva da lei. Intrecciava convulsamente le dita delle mani pensando a cosa fare che un forte rumore rimbombò per il salone e, destata dai suoi pensieri, Lena poggiò il cellulare su un mobile e si affacciò a una parete, al piccolo monitor in alto. «Cancello», esclamò, aspettando. Aggrottò lo sguardo e restò a bocca aperta quando riconobbe l'automobile, decidendo di coprirsi velocemente con il primo giaccone a portata di mano sull'appendiabiti all'ingresso e uscire fuori, lasciando il portone solo socchiuso.
Vedendo che si avvicinava, Roulette spense il motore dell'auto e aprì la portiera. «Lui è qui?», domandò subito, allungando lo sguardo verso il portone. «Lex! È qui o è a Metropolis? Devo parlargli».
Lena si strinse, cercando di ripararsi dal vento: indossava solo un leggins scuro e una felpa e sentiva il freddo che la colpiva attraverso il tessuto. «Devi andartene, non sei più la benvenuta qui».
Roulette la fissò, restando immobile, quasi ferita da quelle parole. «Non sono la benvenuta?!», abbozzò una risata, «È perché sono stata con Lex o per Kara?». Sollevò le sopracciglia, regalandole uno sguardo curioso. «Per averle messo una pillola nel bicchiere o per… beh, quello che le ho detto ieri?».
«Cosa le hai detto ieri?».
«Oh, non lo sai», sorrise, scrollando appena le spalle. «Ma niente, figurati. Giocavo con lei. Ottimo il teatrino alla Lord Technologies, a questo proposito… Sei fortunata che Max abbia tanta pazienza e troppo da perdere per stare dietro a voi».
«Max?», Lena arcuò un sopracciglio.
Roulette scosse la testa, lasciando intravedere un sorriso. «Non ci vado a letto, non fare quella faccia».
«Non me lo stavo chiedendo».
«Per restare in tema, dunque Lex non c'è? Gli hai mostrato le pillole e la nuova formula rubate a Max? Perché devi recapitargli un messaggio da parte mia: deve-lasciarmi-in-pace», strinse i denti, avvicinandosi alle sbarre del cancello. «Lo blocco ovunque e riesce sempre a rintracciarmi. Personalmente, all'inizio lo trovavo carino a insistere. Adesso comincia a diventare pesante e deve saperlo», gesticolò, sguardo duro, «Se non la smette, dovrò rivolgermi alla polizia».
Lena sospirò, non sapendo proprio cosa passasse per la testa di suo fratello. «Gli recapiterò il messaggio. Ora puoi andartene».
Roulette sorrise e stava per girarsi verso l'auto, se non che il suo interesse fu catturato più avanti, verso il portone. «Ah, che preferisci proprio le bionde, di questi tempi. Ti dai da fare».
Si voltò anche Lena, scoprendo che Indigo aveva spalancato il portone; scalza, indossava solo un largo maglione bianco e le si notavano gli slip sotto, i lunghi capelli ancora bagnati, sciolti. La scacciò con un gesto e sospirò.
«Oh, non preoccuparti per me, sono l'ultima che può giudicare», si affrettò ad aggiungere l'altra. «Kara sarà felice di sapere che hai trovato rapidamente una sostituta. Da parte mia, già sapevo che sei qualcuno che fa alla svelta».
«Vattene», le disse soltanto, stringendo le labbra. Vide Roulette sorridere e alzare le spalle, tornando alla sua automobile. Così fece retromarcia e, ricordandole di dare a Lex il suo messaggio, se ne andò.

A Metropolis, invece, Kara era appena scesa dalla metro, riabbracciando Kal che era andato a prenderla. Era felice di poter passare qualche giorno con lui e Lois, finalmente, se non fosse che la sua mente era ancora con Lena e quella Indigo, che aveva aspettato proprio un momento propizio per apparire nella loro vita. L'idea che Lena fosse sola con lei non le piaceva: quella ragazza aveva passato mesi a scriverle in chat, a farle perfino paura all'inizio, e poi non importava che le avesse aiutate in qualche occasione, dal momento che aveva confessato di averlo fatto per lavoro e che dietro a lei c'era qualcun altro, un uomo sconosciuto che ce l'aveva con Lena per chissà quale motivo. Come facevano a essere certe che avesse smesso di lavorare per lui? Non la conoscevano, non potevano semplicemente fidarsi. Anche se Lena sembrava volerlo fare.
Avevano cambiato tappetino davanti all'ingresso dell'appartamento. Tredicesimo piano. L'etichetta del campanello con su scritto Kent-Lane. Era da davvero tanto tempo che non tornava lì e Kara si sentì in dovere di prendere un grosso respiro, esattamente come allora, ricordando l'ansia che provava. Quella volta c'era Lena al suo fianco e quante cose erano cambiate, da quando avevano avuto una breve discussione per via di Roulette. Accidenti, ora ricordava quanto si era ingelosita senza rendersene conto, e tra loro doveva ancora tutto iniziare. Sorrise al ricordo, Clark aprì la porta di casa e, mentre il bovaro correva nella loro direzione, appese le chiavi all'ingresso.
«Keplero». Kara fece il grande errore di abbassarsi per accarezzarlo, poiché il cagnone si alzò su due zampe e le leccò il viso. Se Kal non fosse stato dietro di lei, l'avrebbe sicuramente buttata a terra. «Sei bello, sei bello», lo accarezzò sotto il collo, ascoltando suo cugino di non viziarlo troppo con le coccole. Kara lo vide baciarsi con Lois, abbassandosi verso di lei che era seduta davanti al tavolo. Seppure poco per via della luce delle vetrate dietro, notò che il tavolo era pieno di fogli e cartelle. Si chiese se non stesse lavorando a un nuovo articolo. Notò i due scambiarsi parole, strani sguardi, e così Lois alzarsi e andare verso di lei con un pronto sorriso.
«Sono così felice che resti con noi per il fine settimana», si abbracciarono e Keplero le fissò finché non lo chiamò Clark, correndo da lui scodinzolando. «Per pranzo ordiniamo cinese, ti va?». La vide annuire e così la guidò verso il tavolo, a un Clark particolarmente nervoso. «C'è qualcosa di cui dobbiamo metterti al corrente, Kara. E speriamo che non ti faccia arrabbiare».
Non farla arrabbiare? Le premesse non erano buone, perché se lo pensava, qualcosa per arrabbiarsi probabilmente c'era. Si affacciò al tavolo e notò un gran lavoro di scrittura: tantissimi fogli riempiti a penna da entrambi, con correzioni, frecce, pasticci negli angoli. Ma anche alcuni fogli stampati in bianco e nero. C'era un tablet con lo schermo spento, un portatile e, vicino, una pennetta usb. A cosa stavano lavorando?
Lois prese proprio quest'ultima, mostrandogliela. «So che dovevamo consegnarla alla polizia, e che quando salterà fuori che ce l'abbiamo dovremo dirle addio, ma… Sì», annuì e strinse i denti, quando l'espressione di Kara si corrucciò, «è una delle chiavette usb con cui i terroristi di Rhea Gand cercavano di incastrare il Generale Zod all'interno dell'organizzazione».
«È caduta ai terroristi alla Luthor Corp: Jimmy l'ha raccolta e l'ha data a noi», proseguì suo cugino.
Kara trattenne e il fiato e dopo si lasciò andare, scrutando negli occhi uno e poi l'altra. «Alex la sta cercando. Ne avete altre, per caso?», incrociò le braccia contro il petto.
«Abbiamo solo questa, è che…», Lois sorrise, rimettendo la chiavetta sul tavolo. «Ci sono cose… interessanti».
«Non ti arrabbiare, Kara», ripeté Clark, al che lei sbottò:
«Non sono arrabbiata, ma potreste finire nei guai, per questo».
«No, non per quello», Lois abbozzò una risata, scambiando uno sguardo con l'altro. «È che la chiavetta non contiene solo dati riguardanti Zod: è piena di eventi, date, dettagli… sui Luthor». Oh, ora sì che prese la sua attenzione. «Alcune cose sono particolarmente specifiche. Il loro coinvolgimento nell'organizzazione è evidente».
Col cuore in gola, Kara allungò le mani verso il tavolo e prese alcuni dei fogli fotocopiati, leggendo rapidamente qualcosa, aggrottando la fronte.
Clark e Lois si scambiarono un'altra occhiata e il primo le poggiò una mano su una spalla. «Per quel che ne sappiamo, quella donna ha raccolto tutto questo per incastrare Zod e i Luthor. Ci siamo messi d'impegno per catalogare tutto e cercare di distinguere il vero dal falso, non farti prendere dal panico».
«O dagli eventi decontestualizzati con il solo fine di far apparire i Luthor colpevoli», finì Lois, avvicinandosi di più anche lei.
«Incastrano Lillian…», bofonchiò Kara, scuotendo la testa.
Clark provò a sorridere. «Molte delle cose sul suo conto sembrano costruite ad hoc per darle in pasto al pubblico».
«Molte», si lasciò sfuggire Kara, prendendo un foglio dietro l'altro, guardandone altri ancora. «Non tutti. E Lionel…», si morse il labbro inferiore, «Lionel Luthor pagava- chi è quest'uomo?». Non fecero in tempo a dirle che ancora non avevano finito di lavorarci e che non potevano esserne sicuri, che lei sbuffò, seccata. «Non va bene, non va bene… A-Alex sta cercando questi dati, deve consegnarli al D.A.O. e-», scosse di nuovo la testa, bloccandosi.
«Ah, sarebbe meglio che questo resti tra noi, per il momento», sussurrò Clark, appoggiato dall'altra, che lo indicò.
«Non farà piacere a Lena», disse dopo, quasi senza ascoltarli. «È molto affezionata al ricordo di suo padre, non… uff».
«No, Kara», Lois le aveva stretto un braccio, attirando la sua attenzione. «Non puoi dirlo a nessuno, adesso. Nemmeno a Lena».
Lei s'imbrunì, rimettendo i fogli sul tavolo con un gesto seccato. «Non posso non dirglielo! È per via di un segreto che ci siamo lasciate e-e non posso fare lo stesso errore ora che ci stiamo riavvicinando».
No, non poteva. Capiva perché glielo avessero detto e comprendeva la loro posizione, ed era spaventata dall'idea che quelle cose potessero essere divulgate, ma era convinta che avrebbe rischiato più a tenerglielo nascosto che a dirglielo. Mangiarono cinese mentre continuavano, tutti e tre intorno al tavolo, a lavorare a quei dati. Lois e Clark le mostrarono prima quelli che avevano già schedato come faziosi o totalmente falsi, facendo confronti in rete con date ed eventi, e dopo su quelli che ancora dovevano finire di fare i dovuti controlli. Per quanto la situazione fosse in parte pesante, si divertì a lavorare al fianco di quei due, che avevano più esperienza di lei in merito. Imparando da loro e sbirciando come si consultavano, di tanto in tanto, ai lati opposti del tavolo. Come Lois lo stuzzicasse e l'altro restasse al gioco. Era un'esperienza piacevole, se non altro, e le veniva da sorridere.
Più tardi quella sera arrivò anche James che si scusò di non averle detto della chiavetta, spendendo anche lui qualche parola per ricordarle di non doverne parlare a nessuno. La cosa cominciò a starle stretta. «Appena sapremo con certezza quali sono i fatti realmente accaduti e quali no, potremo darla a tua sorella e dirle cosa si è scoperto», disse, aggrottando la fronte. «E così dirlo anche a Lena. Dobbiamo solo verificare, essere sicuri… Anche per non farla agitare senza motivo», esclamò.
«Agitare?», strabuzzò gli occhi, non piacendole la parola usata.
«Sì. Hai capito cosa intendo», annuì il ragazzo. «Si agita quando c'è di mezzo la sua famiglia, voglio… proteggerla da questa cosa».
Kara scrollò le spalle, stringendo le labbra. «Quindi non è perché ti ha rifiutato?». Sentì Lois trattenere una risata dietro di loro, sul divano che, a gambe incrociate e con il cane sdraiato vicino, continuava a leggere alcuni dei fogli stampati. James non rispose, lo videro restare a bocca aperta per un po' e provare a dire qualcosa e infine rinunciarci, allontanandosi.
Mantenere un altro segreto con Lena adesso era da pazzi. Come poteva anche solo pensare di farlo? Quella sera prese il cellulare con l'obiettivo di scriverle e dirle tutto, fermandosi all'ultimo. Forse, se glielo avesse detto, sarebbe corsa lì per dare un'occhiata anche lei? E avrebbe trascinato con sé quella Indigo? Sbuffò. Di sicuro, con le sue conoscenze informatiche, quella ragazza avrebbe potuto dare un grande aiuto a catalogare quelle informazioni, se si fidasse abbastanza di lei. E al momento, Kara non si fidava affatto. Scrisse ad Alex per dirle che stava bene e che era si era sollevato un vento molto forte, trattenendosi del dirle della chiavetta. Con lei lo avrebbe fatto in un secondo momento. Dopo scrisse a Siobhan per chiederle come stesse, ma non ricevette risposta. Al solito, non che si stupisse. Così giocherellò con il cellulare, dopo cena. Scorse Lois, dietro la porta di una stanza, parlare animatamente al telefono. Si ricordò delle pillole rosse e di suo padre, ma i due non avevano un grande rapporto e non era convinta di dirglielo adesso. Allora decise di salire sul soppalco, aspettando l'arrivo di Clark. Sentiva i suoi passi.
«Hai deciso di dirglielo, non è così?», le domandò, sedendo sui cuscini sul pavimento.
«Dirglielo? Oh, Lena», annuì, «Devo», rispose, immobile.
«Va bene. Mi fido delle tue scelte».
«Devo solo», continuò lei, facendo una smorfia con le labbra, «capire come. Non vorrei che si precipitasse qui, non… non è il momento». Allungò solo una volta lo sguardo, nel sentire Lois alzare la voce. «Con chi ce l'ha?».
Kal sorrise, decidendo di sdraiarsi, le braccia incrociate dietro la nuca. «Con sua sorella. A quanto pare, domani verrà a farci visita e anche lei e resterà qui per il weekend». Aspettò che Kara si coricasse al suo fianco, per continuare. «Pare che Lucy abbia litigato con il padre e si è presa una piccola vacanza».
Con suo padre? «E Lois non è contenta che sua sorella venga a trovarla?».
«Sì, ma…», ridacchiò, «avrebbe preferito che prima l'avvertisse, qui ci sei tu e non pensavamo di avere altri ospiti».
«Per me non è un problema se c'è anche lei».
Lui sorrise. «Non farci caso, litigano per tutto».
Kara si avvicinò, abbracciandolo, così lui ricambiò, stampandole un bacio sulla fronte. Spensero la luce, rivedendo le stelle insieme.
Da L! A Me
Kara, come vanno le cose da tuo cugino? Qui con Indigo non saprei cosa raccontarti. Come avevo sospettato, è una ragazza davvero singolare, non ragiona come farebbero altri. Ha una personalità atipica e non vedo l'ora di fartela conoscere. Se già dormi, buonanotte e sogni d'oro.
Kara arrossì, leggendo al fianco di Kal ancora stretti sul soppalco, intorno alle stelle luminose.
«È una cosa seria, vero?», chiese il ragazzo a un certo punto. «Tra te e Lena Luthor».
Lei arrossì e alzò gli occhi, quasi pronta per riprendere l'argomento: «Lo so che-».
Ma lui la interruppe e non se lo aspettava: «È okay, Kara. Siete adulte. E dopo ciò che è successo… Ascolta, per quel che mi riguarda, potresti conoscere la tua anima gemella anche domani, l'importante è che tu sia felice. E se pensi di esserlo con lei, allora va bene. Lo so che mi sono opposto, ma vedo la cosa in modo diverso, adesso», sussurrò. «Lena non è Lex, e con te lei è… diversa da come l'ho conosciuta io. Dovete solo riuscire a far funzionare questa cosa delle sorelle», rise, «ma per il resto… per me è okay».
Kara lo fissò per un po', quasi fino a metterlo in imbarazzo. «Ti ha convinto Lois a dirmelo?».
Lui rise e così anche lei. «Beccato. Dice che per te è importante sentirtelo dire».
«Lo è», lo strinse più forte.

Da Vaniglia a Me
Qui le cose vanno bene, o meglio andrebbero meglio se non fosse per una cosa di cui devo parlarti. Ma ti chiamerò domani, okay? Con “personalità atipica” di Indigo cosa intendi? Spero che vada tutto bene e per qualsiasi cosa, Lena, qualsiasi cosa devi chiamarmi! Buonanotte e sogni d'oro anche a te.
Lena arrossì e sospirò, per poi deglutire e fare finta di niente quando Indigo, davanti a lei, ancora con quel maglione addosso e un pantalone lungo, la fissò. A volte, era vagamente inquietante.
Avevano trascorso l'intera giornata a parlare per conoscersi meglio e Indigo le aveva raccontato la sua famiglia e nel dettaglio cos'era successo a suo fratello Cyan, quanto lui fosse particolare. Questo aveva ampiamente risposto alla sua domanda sul perché, anche lei, sembrasse tanto strana. Le aveva anche parlato di suo padre e quanto era stato importante per lei a quell'età. E dopo come aveva smesso di credere in lui, per ciò che aveva scoperto di aver fatto in cambio della ristrutturazione dei palazzi nel suo quartiere. Lena si era intristita di nuovo, ma Indigo aveva cercato di tirarle su il morale:
«Sono sicurissima che tuo padre avrà fatto anche altre tantissime belle cose quando era in vita. Lo scopriremo insieme». Le aveva sorriso e Lena aveva tiepidamente ricambiato.
«Perché hai deciso di aiutarmi?», le aveva chiesto a un certo punto quella sera, prima di ordinare per la cena. «Dovevi solo fare un lavoro, ma hai deciso di lasciare tutto per me. Perché?».
Indigo era rimasta a bocca aperta, come se stesse cercando di ricostruire i pensieri per poter rispondere in modo adeguato. «Perché mi interessi». Rapida, concisa, tanto che Lena alzò un sopracciglio dalla sorpresa. «Non mi sono mai interessate le persone, Lena Luthor. Ma tu hai qualcosa di diverso e sento cose, per te, che non ho mai provato per nessun altro».
«Oh… Aspetta, aspetta, fermati», aveva sorriso, improvvisamente imbarazzata. «Stai dicendo di avere una cotta per me?».
«Sì. Credo di sì», aveva confermato, alzando le spalle. «Sembra che ciò che provo lo si chiami così. E ho cercato di convincermi che non fosse vero, ma… è stato inutile. Vorrei vederti felice perché la cosa renderebbe felice me di rimando. Spero di non metterti in difficoltà», era arrossita, il cuore le batteva frenetico: cosa le stava succedendo? Tutte quelle emozioni solo per averle detto cosa sentiva? Accidenti, aveva avuto bisogno di tenersi, o rischiava di cadere perché non le reggevano i muscoli. Che strano scherzo che le stava facendo il suo corpo. «So che hai una relazione aperta con Kara Danvers. Non state insieme ufficialmente, ma la ami».
Lena aveva annuito lentamente, specchiandosi nei suoi grandi occhi azzurri. Non sembrava mentire. Ogni cosa che diceva, era con tanta disinvoltura che l'avrebbe messa in soggezione in qualunque caso. «Amo Kara, sì. Tra noi le cose sono-».
«Complicate. Presumo», l'aveva interrotta. «Non comprendo bene ciò che provi per lei, sono abituata a pensare a me stessa, ma se è anche solo in parte simile a ciò che io sento per te e mi spinge a fare cose per te, allora…», sorrise, fissando il suo viso roseo. «Non voglio sostituirmi a Kara, Lena. Ma mi piacerebbe esplorare e comprendere ciò che sento. Arrivare alla conclusione se vale la pena o no. Se è un bug del sistema umano, oppure se è stato solo irrimediabilmente frainteso. Ti aiuto, in cambio voglio solo», la vide deglutire, «attenzioni. Le tue. Pensi di potermi aiutare con questo?».
Andò a dormire, sbirciando dalle scale Indigo che si coricava sul divano, coprendosi. Aveva bisogno di vestiti, non aveva neppure un pigiama. Rilesse il messaggio di Kara e chiuse la porta di camera sua dietro di lei, spegnendo il telefono, con l'ombra di un piccolo sorriso sulle labbra.

Quella mattina, Kara si svegliò sentendo di nuovo, dopo giorni, un groppo all'altezza della bocca dello stomaco. Aveva sognato Indigo, c'era anche Lena, erano tutte e tre insieme e parlavano. Non ricordava di cosa, ma le era rimasto impresso lo sguardo afflitto di Lena. Perché riusciva a farla soffrire anche nei sogni? E neppure ricordava che aspetto avesse questa Indigo, addirittura sognarla… Sbuffò e riaccese il cellulare. Lena le dava il buongiorno, dicendole che quella mattina sarebbe passata Alex in villa. E così lesse il messaggio di Alex che le diceva che sarebbe passata da Lena e di stare tranquilla, che avrebbe esaminato questa Indigo per lei. Rise, stirando le gambe sul materasso del divano-letto nella camera degli ospiti. La ringraziò; sua sorella capiva il suo stato d'animo. Oh, c'era anche un messaggio di Siobhan:
Sto bene, Danvers, smettila di starmi addosso. Non ho bisogno di una fottuta babysitter.
Kara strinse i denti. Sì, stava bene. Se non altro era tornata quella di prima, anche se le era parsa felice di sapere che, per quanto sarebbe tornata alla CatCo, lei le avrebbe fatto ancora da assistente perché non era più sospesa. Temeva che per ciò che aveva subito nell'attacco terroristico le restasse una specie di trauma addosso, ma forse era una persona più forte di quella che si aspettasse. Forse.
Diede uno sguardo anche su Instagram e sorrise nel vedere le foto scattate ad Aruba di Eliza e Lillian. Si stavano rilassando e risanando il loro rapporto. Lillian le faceva un sacco di foto, anche quando dormiva. Ripensò a quando Eliza le disse di dare una seconda possibilità a sua moglie e sospirò, perché ora stavano venendo a galla possibili attività illecite di Lillian e come avrebbe dovuto comportarsi? Mettersi d'accordo con Alex per mentire al D.A.O. e alla polizia? Non era giusto… Una parte di lei era convinta che avrebbe dovuto lasciare che le cose seguissero il naturale corso degli eventi e che Lillian venisse arrestata, ma… Stava cambiando, ma le cose fatte restavano. Che brutta situazione. Sbuffò. Ora era meglio lasciarle a godersi il sole.
Si alzò e indossò una maglia e un pantalone di pigiama, pronta per fare colazione. Sistemò il divano-letto e notò che, a fianco della porta chiusa, c'erano due trolley. Per un attimo si dimenticò che oggi sarebbe arrivata la sorella minore di Lois, Lucy Lane. E che avrebbero dovuto dormire nello stesso letto perché non c'era altro. Sperava se non altro che andassero d'accordo, non sapeva cosa aspettarsi.
Si infilò le calze con l'antiscivolo e uscì dalla stanza dopo aver tirato le tende alle finestre. Andò in bagno pochi minuti e, udendo dei rumori, percorse il corridoio, affacciandosi al salone: la ragazza era seduta a gambe accavallate davanti al banco che divideva questo dalla cucina, girando il cucchiaino dentro una tazzina e leggendo da un tablet. Aveva i capelli a caschetto un poco mossi, un maglioncino fine, un paio di jeans chiari attillati e gli stivali ai piedi. Appena capì di non essere sola, si voltò e le sorrise.
«Ehi», fece. «Tu devi essere Kara».
Decise di avvicinarsi. Si sentì così inadeguata in quel momento: era in pigiama con nuvolette, arcobaleni e piccoli unicorni, i capelli spettinati e le borse sotto gli occhi, quando lei era ben truccata, elegante e bellissima. Non se la immaginava così. Che figura, pensò, deglutendo. Keplero andò a farle le feste e Kara prese tempo, sentendosi in soggezione.
«Lois e Clark sono usciti presto per andare a fare un po' di spesa. Detto tra noi, credo che mia sorella volesse parlare con lui di me in privato», rise e le mostrò la mano destra, allungandosi verso di lei. «Sono Lucy, piacere».
«K-Kara», le strinse la mano con evidente impaccio, «Ma già lo sapevi, certo, quindi…», rise per le sue. Prese posto accanto a lei e la vide bere un sorso del suo tè.
«Questi sono tuoi, vero?», le mostrò i suoi occhiali e Kara li prese, indossandoli. «Clark ha detto che li hai lasciati sul soppalco, ieri notte», sorrise, prendendosi un momento per squadrarla da capo a piedi. «E così sei sua cugina. La famosa cugina di Clark. Mi hanno tanto parlato di te, e credo di averti intravisto al funerale di Lar Gand. Soprattutto James, voglio dire, è stato lui a parlarmi più di te in assoluto; credo che avessi fatto colpo».
«Conosci James?».
«È il mio ex», si alzò, dopo aver bevuto un altro sorso. «È per questo che credo che non si farà vivo qui finché ci sarò io. Parlare al telefono è facile, ma credo che dal vivo gli faccia ancora un po' male, vedi, l'ho lasciato io». Kara non poté togliersi il sorriso: era spigliata, le piaceva. «Vuoi che ti preparo qualcosa?».
Non capiva davvero come lei e Lois riuscissero a litigare, perché era evidente quanto Lucy fosse intelligente, spiritosa, e si era accorta di potersi perdere in lunghi discorsi con lei senza annoiarsi. Prima che tornassero lei e Clark a casa, le aveva brevemente raccontato di come abbia seguito il mestiere di famiglia entrando nell'esercito, come suo padre si aspettasse sempre troppo da lei e che non sempre andavano d'accordo, come amava immaginare la sua sorella maggiore. E che forse era colpa del loro padre se, dopo aver passato un'infanzia e un'adolescenza unite, adesso litigassero tanto. Lois aveva scelto una carriera che amava ma non riusciva ad accettare come anche Lucy, oltre al volere dell'uomo, amasse ciò che faceva. Avevano parlato un po' ancora di James e Kara si divertì a dirle, quasi la conoscesse da sempre, come il ragazzo si fosse infatuato prima di lei e dopo di Lena. Ma anche se le sembrava di conoscerla da sempre, non era davvero così e Lucy non aveva idea di quale Lena parlasse. «Ah, Lena Luthor, la mia… emh», strinse i denti, forse arrossì, e Lucy intercettò la sua difficoltà, mentre accarezzava Keplero, seduto in mezzo a loro.
«Lena Luthor, aspetta, naturalmente so chi è, ma dimenticavo: è la tua sorellastra, adesso, vero? Le vostre madri si sono sposate».
«S-Sì», ridacchiò con palese nervosismo, per poi puntare altrove il suo sguardo. Sorellastra, certo. Ah, lei non sapeva di tutti i loro trascorsi; dopotutto, la loro relazione doveva restare segreta o i giornali non avrebbero parlato d'altro, i Luthor erano pur sempre una famiglia importante. E adesso erano la sua famiglia importante. Suo cugino e Lois tornarono appena in tempo, prima che si lasciasse sfuggire qualcosa di troppo.
Nel frattempo, dopo aver trascorso la prima mattina a cercare nel suo armadio qualcosa che Indigo potesse indossare per uscire, Lena aprì il cancello all'automobile di Alex Danvers, arrivata per parlarle. Così le aveva scritto per messaggio. In fondo temeva di cosa volesse parlarle.
«Nervosa?», domandò a Indigo. Alex era un'agente del D.A.O. e lei era appena scappata dal suo garante che era l'unico motivo per cui non si trovava in prigione, forse un po' di tensione avrebbe dovuto provarla.
«No», esclamò con sincerità, scrollando le spalle. «Alex Danvers sarà anche un agente federale, ma è sempre la tua sorella acquisita, voglio dire, non potrà mai essere obiettiva, è troppo coinvolta. Sa quanto potrò tornare utile per aiutarti a trovare chi ha ucciso tuo padre e quanto potrei esserlo per contrastare l'organizzazione. Sono uno strumento utile, non mi tradirà».
«Non sei uno strumento, Indigo», scosse la testa Lena, «Ma una persona».
Le sorrise e, probabilmente, arrossì, sentendosi accaldata. «Tutti trovano un modo per usarmi. Sei gentile, grazie».
Lena non seppe cosa replicare, perché in fondo, a malincuore, sapeva che aveva ragione e che anche lei si era ritrovata ad usarla e ancora credeva di poterlo fare. In quel momento, se ne vergognò.
Alex lasciò la macchina parcheggiata accanto alla rotonda davanti al cancello e salutò Lena da lontano e, davanti al portone, le diede un breve abbraccio, così entrò. Oh, l'espressione di Alex era seria: come aveva immaginato Lena, non si trovava lì per piacere. «Devi essere Indigo Brainer», le allungò una mano per stringergliela, trovandola a pochi passi dall'ingresso mentre Lena chiudeva il portone.
«Alexandra Danvers», le strinse la mano e le lasciò un sorriso. Aveva con sé la pistola, gliela notò subito. Per le emergenze? Non si fidava di lei, questo era certo. «Come stanno Maggie e Jamie?».
Alex si prese il suo tempo, fissandola nei suoi profondi occhi azzurri. Per un attimo, dimenticò come Indigo avesse aiutato lei e Maggie a ritrovare Jamie quando era stata rapita. Indigo sapeva tante cose di loro, forse troppe. «Bene», si sforzò per ricambiare il sorriso, abbassando poco dopo lo sguardo. «Mi piacerebbe parlare con te di tante cose».
«Vuoi dire interrogarmi, agente?».
«Interrogarti, sì», annuì. «Ma sei fortunata, perché ho promesso a Jamie che noi e sua madre saremmo andate fuori questo weekend, quindi non sono qui per te», si voltò verso Lena solo un attimo, che sospirò. «Credi di poterci lasciare sole qualche minuto?».
Indigo scambiò uno sguardo con Lena e dopo sorrise, tornando indietro. «Naturale. Andrò a dare di nuovo un'occhiata al tuo armadio, per vedere se c'è qualcosa che potrei indossare», disse, camminando verso le scale. Le tenne d'occhio salendo gli scalini, osservandole allontanarsi verso la sala da pranzo. Si chiuse in camera di Lena e si guardò attorno, prendendo poi il suo cellulare da una tasca posteriore dei pantaloni. Le avrebbe lasciate sole come voleva la maggiore delle Danvers, ma questo non significava che non avrebbe potuto origliare e non per niente aveva installato una cosetta molto utile nel cellulare di Lena durante la notte, quando lei dormiva. Per proteggerla, doveva sapere tutto ciò che le riguardava; così attivò il programma da remoto dal proprio telefono, entrando nel suo e accedendo al microfono.
Da X a Me
Come sta Lena? State creando una connessione?
Uff, pensò. Il vizio di parlarle senza salutarla non lo avrebbe mai perso. Non disturbarmi adesso, angelo custode, ho da fare. Sono con lei. Scrisse rapidamente, ascoltando la voce di Alex Danvers dall'altra parte.
«Non sono qui in veste ufficiale, ma solo come… la tua sorella maggiore preoccupata».
Si sedettero intorno al tavolo e Lena abbassò gli occhi. «Non sei qui per dirmi di stare attenta con Indigo, vero?».
«No», confessò. «Anche questo è preoccupante, non puoi fidarti di quella ragazza e credo che tu lo sappia. Ricordarti che sa troppe cose sul nostro conto, forse più di quelle che vorremmo», la guardò con apprensione. «Ma oggi non lavoro e sono passata a trovarti per una ragione e, quando tornerò, lo farò da agente e vorrei che tu non mi mentissi, Lena. Ci stanno sfuggendo ancora troppe cose dall'attacco terroristico di Rhea e siamo oberati di lavoro, non rendermi le cose difficili. Dov'è la pistola di tuo padre?». La vide immobile, non ebbe neppure un sussulto. «Dobbiamo catalogarla, è una prova dal momento che l'hai usata per allontanare dei terroristi. Sappiamo che ti sei solo difesa e non hai sparato, quindi… dov'è? Non sei nei guai ma devi farla uscire».
Lena prese un grosso respiro. «Ho già detto ai tuoi colleghi che non lo so».
«E sappiamo entrambe che questo non è possibile», insisté, allungando le mani sul tavolo verso di lei.
Indigo si alzò dal letto e ispezionò con veloci occhiate la stanza, riflettendo. Dove nasconderebbe una pistola? No, non una pistola, ma la pistola di suo padre, un oggetto legato a lei sentimentalmente, non solo un'arma di difesa. Aprì l'armadio ma non c'era nulla di sospetto. Così si voltò, tornando indietro. Doveva restare vicino a lei, a portata di mano. Aprì uno dei cassetti sul comodino, trovando una scatola scura. La aprì e sorrise, ammirando la pistola argentata.
«Da sorella maggiore?», chiese Lena, pronunciando un piccolo sorriso. Rispose quando la vide annuire. «È con me. Ma non posso lasciarvela, era di mio padre».
Alex sospirò e si portò e mani sulle tempie, scuotendo poi la testa. «Tutto perché non vuoi che venga catalogata come prova?».
Lei scosse la testa, abbozzando uno spento sorriso. «Non posso. Non posso separarmene, non posso farlo».
«Facciamo così», disse Alex. «Tornerò durante la settimana in veste ufficiale e mi consegnerai la pistola senza storie, ti prego. La porterò al D.A.O. dove verrà catalogata come prova e spiegherò al mio capo come dovrò restituirla per difesa. Anche se Rhea Gand è a Fort Rozz, sappiamo che almeno un altro assassino è in libertà, ha ucciso tuo padre e quindi ne hai bisogno», spiegò mentre la fissava. «Ma dubito che tu abbia il porto d'armi e se vuoi che te la restituisca, dovrai averlo».
Lena deglutì e sospirò seccata. «Farò il porto d'armi».
«Bene. Grazie». Si domandò se il solo motivo per cui non voleva separarsi dalla pistola era il legame sentimentale. In fondo, dopo ciò che aveva passato alla Luthor Corp, non si stupirebbe se avesse sviluppato una sorta di paura, se si sentisse in qualche modo vulnerabile da quell'esperienza. «Se dovesse servire, potrò darti lezioni. Maggie ed io ti aiuteremo volentieri». La vide annuire e sospirò, notava come Lena si sforzasse per restare inflessibile. «Ah, prima di andare devo chiederti un'ultima cosa: i terroristi inviati da Rhea cercavano di installare e infiltrare dati sui luoghi che colpivano, collegamenti di Zod con l'organizzazione… Tra tutti quelli che supponiamo avessero, ne abbiamo trovato molto pochi e molto poveri di dati. E questo rende Adrian Zod molto felice. Sappiamo per certo dalle testimonianze, come quella del tuo assistente, come cercassero di installare il contenuto di una chiavetta nel computer di tuo padre, nel suo ufficio. Non l'abbiamo trovata», scosse la testa, «Tu ne sai qualcosa?».
«No», portò le braccia a conserte. «So che Winn ne ha parlato, ma non l'ho vista».
Alex annuì, alzandosi. Le credeva, questa volta. «Va bene. C'era anche James Olsen con voi, lo chiederò a lui in settimana. Adesso devo andare».
Si salutarono e Alex notò Indigo affacciata sulle scale. Si comportava come se fosse a casa sua, completamente a suo agio. La squadrò e le fece un cenno con la mano, dicendo che sarebbe tornata. Così uscì, seguita da Lena. «Ascoltami», si avvicinò, sicura che quella ragazza non stesse ascoltando. «Quella tipa strana», indicò, con la porta socchiusa dietro di loro, «nasconde qualcosa. Non darle incondizionatamente la tua fiducia. Lo so che ci ha aiutato, ma non la conosciamo e il suo trascorso non porta a niente di buono». Indigo perse il sorriso, ascoltando dal suo cellulare la voce di Alex, ancora collegato a quello di Lena che aveva addosso. «Non affezionarti, okay? Quando riusciremo ad arrivare al suo garante, e ci arriveremo, il suo permesso cadrà perché la stava usando per perseguitarti. Lei tornerà in prigione». Indigo serrò le labbra, prendendo fiato a più riprese. «Appena mi sarà possibile, andrò a Fort Rozz per parlare con il direttore del carcere, devo prendere appuntamento. Non gli dirò che Indigo è qui con noi, ma cercherò di scoprire com'è stata rilasciata e da chi. Capirò chi c'è dietro a tutto questo».
Lena non rispose e Alex si allontanò, entrando in macchina. Sopra le scale, invece, Indigo pensò subito di avvertire il suo angelo custode con un messaggio.
Non preoccupartene, avevo già pensato a quest'eventualità. È tutto sotto controllo.
Sospirò, leggendo la risposta. Sperava dicesse il vero, perché tutto poteva sopportare, tranne l'idea di tornare dietro le sbarre. E non voleva di certo separarsi da Lena così presto. Quando la ragazza chiuse il portone e tornò dentro, si affacciò verso di lei, sopra le scale, chiedendole di scegliere qualcosa da mettersi, così sarebbero uscite a fare shopping. Indigo sorrise, annuì e corse di nuovo in camera. Non era mai andata a fare shopping, mai. Era così emozionata di provare una cosa che, alla sua età, sarebbe dovuta essere normale. Aveva quasi trent'anni e si era persa così tanto della vita, e ora che si era accorta di poterlo fare, non si sarebbe fermata, nemmeno se ci fosse stato il suo fratellino Cyan a consigliarle.
La treccia bionda che scendeva su una spalla, sopra il cardigan scuro che copriva una maglia fine, jeans chiari, quelli che aveva sentito più della sua misura, e le sue scarpe da ginnastica che, anche se un po' ammaccate per gli anni che se le portava dietro, erano sempre le più comode. Lena aveva insistito che indossasse uno dei giubbini appesi nell'ingresso perché, anche se era maggio e cominciava a fare bel tempo, oggi la giornata era un po' nuvolosa. Al fianco di Lena Luthor, Indigo si sentiva un'altra. Forse provare emozioni non era davvero un bug del sistema umano come si era convinta, ma qualcosa di particolare, da scoprire, a cui poteva dare una chance. Sapeva che in questo modo avrebbe dato ragione al suo angelo custode, dato che lui era stato il primo a cercare di sfondare quel muro che aveva tirato su, ma era un rischio che pensava di voler correre.
Lena prendeva la roba che secondo lei poteva starle bene e gliela portava davanti al camerino, ignorando la commessa che allungava più volte lo sguardo verso di loro. «Ti sta bene praticamente tutto», le disse.
Indigo arrossì. «Lo pensi davvero? O lo dici solo per farmi sentire cosa si prova a ricevere un complimento da parte tua?».
Lena scosse la testa e abbozzò un sorriso, alzando gli occhi al soffitto. «Lo penso davvero», la guardò, arrossendo sulle gote. «Dai, entra in quel camerino e dimmi cosa ti piace».
Lena non sapeva cosa pensarne di lei, era un enigma. Era come se Indigo stesse partendo da zero per molte cose e lei era lì per indirizzarla. Eppure aveva gusto, era decisa, ed era molto attenta a ciò che le stava intorno, un riflesso che sicuramente aveva sviluppato negli anni in cui aveva vissuto da latitante. Indigo Brainer non aveva avuto una vita facile e forse avrebbe dovuto odiarla, come Selina Kyle agli inizi, solo per il suo essere ricca, invece provava per lei qualcosa che sembrava più l'opposto. Certo, le aveva confessato di avere una cotta per lei senza mezzi termini, ma era abituata a cercare di capire le persone, più che fermarsi alle sole parole. Perché, in fondo, le persone mentivano e lei veniva da una famiglia di bugiardi. A che gioco stava giocando quella ragazza? Voleva davvero solo aiutarla perché aveva una cotta per lei? Ammetteva che la intrigava. Forse troppo.
«Mi piace questo», le mostrò un maglione blu elettrico e Lena annuì.
«Prendiamolo». L'aveva vista fermarsi e controllare il cartellino, così glielo prese dalle mani. «Te lo regalo, non devi vedere il prezzo». Andò a pagare quello e un pigiama, così, prima di uscire, si perse a guardare altri capi esposti, lasciando che anche Indigo facesse un giro per conto suo. La tenne d'occhio, a un certo punto: andava sul sicuro, ma notava come non fosse abituata a rilassarsi là in mezzo. Dopo la vide fare qualcosa di strano, come adocchiare la commessa che ancora spiava verso di lei e prendere il suo cellulare, dopodiché scattò un allarme e Lena non collegò subito la cosa se non che, mentre la donna andava a fermare una coppia che stava uscendo dalla boutique, Indigo corse in cassa e prese qualcosa intanto che era distratta, mettere il tutto in tasca e raggiungerla con un sorriso.
«Andiamo». Le prese una mano e dovette seguirla fuori. La sirena della boutique suonava ancora ma la commessa non le fermò, impegnata a controllare la coppia. «Tieni. Per te», tolse da una tasca due portachiavi, un accendino colorato, un paio di orecchini di bigiotteria e una coccinella portafortuna di plastica. Lena restò a bocca aperta.
«È così che sopravvivi?», le domandò, arcuando un sopracciglio. «Con il telefono ti apri la strada e poi rubi? Non hai mai pensato di trovarti un lavoro, con quello che sai fare?». Era affascinante, ma un talento sprecato.
Indigo ansimò, abbozzando un sorriso sarcastico. «Nessuno vuole darmi un lavoro serio, Lena Luthor. Provengo dalla parte più povera di National City dove spacciano droga, il mio patrigno era un ladro, sono stata in prigione e ci sarei ancora se non fosse per l'unico che oh, ma guarda!, mi ha offerto un lavoro, ma sporco e non retribuito, in cambio della prigione», la scrutò, tornandole alla mente le parole di Alex Danvers. «Finirò comunque di nuovo a Fort Rozz, no? Tu cosa mi consiglieresti di fare?».
Lena deglutì. Le prese gli oggetti rubati dalla mano e le chiese di seguirla. Rientrarono nella boutique e pagò gli oggetti rubati, chiedendo scusa da parte sua. La commessa la guardò come se fosse un mostro, incredula che Lena Luthor frequentasse una ladra. A quel punto, doveva sicuramente aver considerato che quella era solo qualcuno che somigliava fortemente a Lena Luthor, poiché nemmeno salutò. Dopodiché, presero un portachiavi a testa e Lena le lasciò il resto.
«Kara Danvers non si sarebbe comportata come me, non è vero? Queste cose lei non le fa?», giocherellò col portachiavi e, al suo fianco, Lena scosse la testa.
«No, non le fa. È molto corretta, ha un buon cuore», si fermò, accorgendosi tardi delle parole usate. «Non che tu non lo abbia», scosse la testa. «Tendi solo a sottovalutarti. Tutti possono avere-».
«No, no. Ho capito cosa intendi», si avvicinò, fissandola attentamente. «Lei gioca a lacrosse, vuole fare la giornalista. Io sono una ladra e una fuggiasca», si avvicinò ancora e Lena si bloccò schiena contro un palo della luce. «Eppure sappiamo che Kara non sempre si comporta in modo corretto, e come ti abbia fatto soffrire».
Lena deglutì, abbassando gli occhi. «Anche Kara è una persona e le persone fanno degli errori, Indigo. Tutto sta a come reagiamo a loro e… come pensiamo di porre rimedio. Anche io ho sbagliato».
Indigo si distanziò di poco. «Le persone sono così strane… Okay. Ma potresti prendere in considerazione l'idea che Kara non sia la persona giusta per te. E non sto dicendo che io lo sia, sto ancora cercando di capire come ci si comporta una persona», sorrise, abbassando gli occhi. «Però potresti, non so, pensarci», si avvicinò ancora e si fissarono. «Non sono un buon partito, ma farei di tutto per renderti felice».
Si distanziò da lei e Lena poté riprendere fiato, seguendola, portando una mano contro il petto.

Lucy si portò i capelli dietro l'orecchio con un gesto istintivo. Da quando c'era lei, Lois e Clark non parlarono più della chiavetta usb e avevano passato il loro tempo a provare una nuova ricetta e a guardare un film tutti insieme, attenti a non parlare di politica o di attualità, perché volevano evitare di creare incomprensioni. Passavano il loro tempo tutti e quattro insieme, ma a Kara piaceva quando lei e Lucy potevano parlare tra loro, come in quel momento. I capelli sfuggirono di nuovo e lo fece ancora, alzò il braccio e aggiustò il ciuffo dietro l'orecchia con le dita che tenevano una penna, mentre sfogliava il giornale.
«Oh, inconcludente», rise, non aspettando una sua reazione. «Mi dispiace, Kara Danvers, ma il tuo risultato al test A quale Casa di Hogwarts appartieni non ha portato a nulla. È un test mal fatto, non disperare», concluse, voltandosi.
Oh. Kara deglutì e abbassò gli occhi, accorgendosi solo in quel momento che la stava fissando. E Lucy doveva essersene accorta, altroché, poiché rise e riguardò subito le pagine del giornale.
«Dicevo, se-se teniamo conto delle tue risposte», rumoreggiò con la gola, arrossendo, «allora posso assegnarti sia alla Casa Tassorosso, che a quella Grifondoro», annuì. «Io sono Corvonero, nemmeno a perdere il nostro tempo».
«Mi sta bene».
«Allora, vuoi uscire? O restiamo qui con mamma e papà che presto vorranno vedere un altro film pur di non rischiare di parlare con me?».
Kara rise, guardando verso Kal e Lois che chiacchieravano dietro il bancone in cucina, seguiti da Keplero. «Conosci posti interessanti qui a Metropolis?».
«Per favore, vivevo da queste parti», inclinò la testa, aggiungendo un sorriso. «Giochi a lacrosse? Ti porto a vedere il campo». Salutarono i due e presero l'ascensore, entrando nel parcheggio del palazzo e avvicinandosi a una moto. Lucy le passò un casco ed entrambe se lo infilarono, così misero in moto, l'una dietro l'altra, e sparirono velocemente.
Le piaceva. Kara se ne rese conto subito, come se fosse stato immediato, appena la vide quando era in pigiama e in calze antiscivolo. Se non ci fosse stata Lena, magari… Accidenti, si era perfino dimenticata di chiamarla per dirle della chiavetta, ma in ogni caso sapeva di non poterlo fare davanti a lei. Doveva avere pazienza e rimandare tutto alla fine di quel weekend. La strinse forte e sorrise nel godersi il panorama, passando su un ponte; e dopo urlare, attraverso un tunnel. Andavano veloci, ma lei aveva sempre amato la velocità e, su quella moto, le sembrava quasi di volare. Arrivate a destinazione, parcheggiarono accanto ad altre moto e Lucy le indicò i campi che avevano a disposizione: non c'era solo quello di lacrosse, ma di tennis, per la corsa, il rugby, c'era perfino la bocciofila, più avanti. Kara corse e Lucy le stette dietro, iniziando a farsi un giro e a guardare altri che si allenavano. Le chiese dove volesse andare e Kara la invitò a provare il lacrosse. Pagarono pochi centesimi per le attrezzature base e Kara le infilò il caschetto sulla testa. «Prova a segnare», la sfidò, mettendosi davanti alla porta.
«Come devo fare?». Ci provò e riprovò. Lucy aveva il fisico adatto, ma era una vera frana e non riuscì a lanciare nemmeno una volta, così optarono per il tennis, scoprendo che sarebbero state più brave a ping pong. Risero e provarono le bocce giocando con un gruppo di anziani, dandosi il cinque a ogni punto. Tra loro e ai vecchietti, che furono felici di averle avute di compagnia per una partita. Dopo se ne andarono, decidendo di farsi una pausa prendendosi da bere in un chiosco, sedendo su una panchina del complesso a bere. Lucy le lanciò un'occhiata, sorrise e arrossì, voltandosi di nuovo. «State insieme? Tu e Lena Luthor?». Kara sbiancò spalancando gli occhi, così che Lucy rise. «Me ne sono accorta da come parli di lei e guardi il cellulare come se fossi in attesa. Non mi sono sbagliata, eh? Tranquilla, non lo dirò ad anima viva», scosse la testa, per poi guardarla nei grandi occhi azzurri. «Deve essere strano, penso… Per il mondo, siete sorellastre».
«Non stiamo più insieme… veramente», abbassò gli occhi solo un attimo. «Ma quasi. N-Non stiamo insieme nell'immediato, in questo momento, ma è come se lo fossimo. Almeno credo. Sì, di-diciamo di… sì».
«Che?», scoppiò a ridere e Kara formò un sorriso incerto, per poi alzare il mento e decidere di spiegarle il suo rapporto con lei, di come si erano conosciute e innamorate, di ciò che le aveva divise a grandi linee, facendo un riassunto, fino a quando non le mostrò i messaggi che le aveva scritto nel periodo in cui erano separate. Scritti e mai inviati. «Ooh, ma che carina», si lasciò sfuggire, leggendone qualcuno.
Kara arrossì e sorrise a labbra strette, riprendendo il cellulare.
«Dovresti inviarglieli. Se fossi lei, li apprezzerei».
«No», fece una smorfia, «Non ci sono solo messaggi c-come questi. Anche quelli più… arrabbiati».
«Inviale solo quelli dolci», la guardò, «La riconquisteresti in un attimo. O… quello che è».
Kara deglutì e abbassò lo sguardo, sentendo le orecchie farsi bollenti. Oh, le piaceva, sì, ma… Si accorse in quel momento che si era presa una cotta per lei. Al primo colpo. E, osservando Lucy arrossire, aveva come l'impressione di essere ricambiata. Aveva le traveggole, per caso? A Lucy, lei piaceva? Quella Lucy?
Quella notte si cambiarono in bagno entrambe, una dopo l'altra, ed entrarono sotto le coperte fredde in due tempi diversi. Kara scrisse un messaggio a Lena per dirle di aver conosciuto la sorella minore di Lois e che era simpatica, chiedendole come stava andando con Indigo. Non vedeva l'ora di andare da lei, ma d'altra parte, non avrebbe voluto che con Lucy finisse tutto così presto, in due giorni stretti. L'indomani era domenica e lunedì mattina entrambe sarebbero tornate alla loro vita di sempre e non importava che Lucy le avesse detto di essere in lista per vedere un appartamento lì a Metropolis, considerando l'idea di prendersi un periodo sabbatico e di trasferirsi.
«Posso chiederti un consiglio?», le domandò in un sussurro e Lucy si voltò verso di lei.
«Su Lena?».
Kara annuì, mordendosi un labbro. «È che, mh, Kal e Lois mi hanno chiesto di tenerle un segreto, ma è stato proprio un segreto a farci allontanare», parlò a bassa voce, mentre Lucy ascoltava con attenzione. «Secondo te, cosa dovrei fare?».
Lei sorrise. «Sai già cosa fare. E se vuoi davvero il mio parere, diglielo prima di peggiorare le cose».
«Grazie. Sai, sei molto diversa da come ti immaginavo». La vide ridere e sorrise anche lei.
«Penso di capire perché».
«Non prendertela con Lois. Vi volete bene, si nota».
«Se non ci volessimo bene, ora non sarei qui». Si guardarono e, dopo un po', si girarono ognuna dal lato opposto per prendere sonno, augurandosi la buonanotte.
Era trascorso solo un giorno, ma a Kara sembrava molto di più. Il mattino seguente si svegliarono a poco l'una dall'altra e Lucy entrò in bagno prima di lei solo perché, nella corsa, inciampò su un tappeto. C'era quasi, dannazione. Fecero colazione con Lois, davanti a loro, che squadrava incuriosita il loro sogghignarsi. Kara andò poi a cambiarsi e si ricordò solo in quel momento che non aveva ancora acceso il telefono, ritrovando un messaggio da parte di Lena.
Con Indigo faccio progressi. Come ti ho scritto, è una persona singolare, è vero, ma è una brava ragazza e spero che, quando ci vedremo, potrai darle un'occasione. Quindi sei con Lucy Lane? So che è una persona molto rigida e lavora a stretto contatto con suo padre, stai attenta. Lei potrebbe sapere qualcosa sulle pillole che Maxwell Lord vuole vendere.
Oh! Non ci aveva neppure pensato, si era distratta. Aveva ragione Lena. Come poteva chiederglielo? Di sicuro, e sorrise, Lucy era tutt'altro che quella persona rigida come veniva etichettata.
Le propose di uscire prima ancora che Kal e Lois trovassero qualcosa da fare assieme, e accettò perché, in fondo, avrebbe voluto passare quelle ultime ore insieme a lei. Le dispiaceva di abbandonare suo cugino ma sperava che avrebbe avuto del tempo per lui in altre occasioni, mentre Lucy chissà quando l'avrebbe rivista.
Si infilarono i caschi, conservarono il pranzo al sacco nel vano della moto, e partirono. Volarono sulla strada a lungo, uscendo da Metropolis e così in autostrada. Si riposarono davanti a un vecchio telefono a gettoni, dissetandosi, e si rimisero in marcia, fermandosi al prossimo distributore per fare benzina.
«Per fortuna il vento si è calmato», disse Lucy, sorridendo a Kara con il casco tenuto tra le braccia. «Cosa ti prende? Non volevi uscire?». Notò che era strana; e come non notarlo se, invece di parlare, era insolitamente taciturna. «Ti dispiace di aver lasciato quei due da soli o…», si imbarazzò improvvisamente, finendo di gettare benzina e togliendo il cavalletto dalla moto.
«Oh, no, no, no. No», scosse la testa, «È solo che-», strinse i denti, decidendo di tirare fuori il rospo. «Conosci Maxwell Lord?».
«Delle Lord Technologies? Sì. Anche da vicino, posso dire».
Mh, pensò, perfetto. Lucy Lane sapeva di quell'affare. Kara la fissò con decisione, stringendo il casco. «So che vuole siglare un accordo con tuo padre, Lucy. Riguarda delle-».
«No, no», la bloccò con una mano. «Non parliamo di lavoro, okay? Non posso parlare di queste cose fuori dall'ambiente, non mi è permesso».
«Quindi conosci questo accordo?».
«So che sta lavorando con mio padre a un progetto, non conosco i dettagli e, se li sapessi, non potrei comunque dirteli», scosse la testa, sorridendo con amarezza. «Non voglio neppure sapere come tu ne sia a conoscenza, Kara. Sono cose private».
Adesso capiva a cos'era dovuta la rigidità scritta da Lena per messaggio: quando si trattava di lavoro, Lucy cambiava, diventando molto seria e irremovibile. «Scusa se te ne ho parlato». Era meglio tenere per sé quelle informazioni, per ora. In fondo, anche se sembrava di conoscerla da tempo, non era così.
Lucy le disse di rimettersi il casco e glielo allacciò, infilando poi il suo e rimettendosi a cavalcioni sulla moto. Non si era arrabbiata, ma glielo disse solo quando arrivarono a destinazione, affacciandosi sulla scogliera, ammirando le onde alte del mare e di sotto la spiaggia. Era già pieno di gente, nonostante fosse maggio e il tempo non dei migliori. Parcheggiarono e sulla sabbia sistemarono due asciugamani, restando a maglietta lunga e slip, non avendo un costume. Passarono una bella giornata, nonostante tutto. Pranzarono col pranzo al sacco che si erano portate dietro, si fecero una passeggiata sul bagnasciuga e parlarono di nuovo del più e del meno, scherzando. Un ragazzo in compagnia di un amico tentò un approccio e le due si misero più vicine, stringendosi una mano.
«Beh, noi veramente stiamo insieme, quindi…», Kara aggrottò la fronte.
«Non ci sono più le ragazze di una volta», si arrabbiò uno dei due, trascinato dall'amico.
«No, devono essersene appena andate, infatti, vai a controllare», rise Lucy, indicando dietro di loro. «Oh, basta ragazzi», si lasciò sfuggire dopo, sedendo sul suo asciugamano. «Non per sempre, magari», specificò e Kara forzò una risata. «Dopo James, sono stata con un altro, anche lui un militare. Mio padre odiava James e non sopportava che ci stessi insieme, poi ha odiato anche lui. Non gli andrebbe bene chiunque», asserì, prendendo un grosso sospiro. «O nessun uomo. Non ho ancora provato a presentargli una ragazza».
A Kara venne subito da ridere. «S-Sei bisessuale, Lucy? Ti piacciono anche, sì, le donne?».
«Non lo so», fissò le onde del mare, «Probabilmente. Sono sempre stata con ragazzi, ma… le ragazze mi hanno sempre attratto», si voltò di nuovo a lei, sorridendo. «Sono più belle. Tu? Hai avuto esperienze, oltre Lena?».
Kara arrossì, voltandosi, questa volta. «No», mostrò una smorfia. «Anch'io ho avuto esperienze etero e dopo Lena… B-Beh, mi sono innamorata di Lena e sapevo di essere sempre stata attratta dalle ragazze, in fondo, ma non mi era mai successo di-di fare nulla con nessuna, quindi lei-», prese fiato, bloccandosi. Sentiva lo sguardo di Lucy sulla pelle. Era attratta da lei? Oh, accidenti. «E-E dovrei anche chiamarla, a proposito», si alzò di scatto, cercando il cellulare nelle tasche dei pantaloni che- oh, non aveva addosso. Sentì Lucy ridere mentre si girava alla ricerca dei pantaloni. Li trovò a fondo dell'asciugamano, ma il cellulare non c'era.
«Lo hai lasciato nella busta del pranzo al sacco», suggerì Lucy, poggiando la testa contro le ginocchia piegate. «Lo hai spostato prima e anche quando ci siamo fermate e ti sei presa dell'acqua, controllando che non ti fosse arrivato un nuovo messaggio. Sei innamorata di lei, calma, l-l'ho capito».
Kara avvampò. «C-Cosa intendi? Io e te…? Okay», dichiarò con decisione, sedendo sull'asciugamano dell'altra ragazza. «L-Lo senti anche tu? È come se-».
«Se ti avessi sempre conosciuto?», concluse Lucy. «Succede. O meglio, a me non era mai successo, prima d'ora, ma mi hanno detto che capita ed è come accendere una candela: un'attrazione improvvisa e forte».
Lena fissò Indigo mentre, davanti a lei nella sua camera, si cambiava, infilando il nuovo maglione blu elettrico. Quella ragazza non aveva il suo stesso senso del pudore. Accidenti. La sua pelle candida, i muscoli tonici sul ventre, il reggiseno ricamato che le accarezzava il seno. Accidenti a lei. Arrossì, spalancando la bocca e si voltò, sentendo il cuore farsi agitato. Oh, basta. Non doveva. Non poteva.
«Destinata a non durare a lungo», continuò Lucy. «Potrebbe durare giorni, o mesi. Poi si spegne e ti lascia a raccogliere i cocci. Non rovineresti ciò che hai con Lena per qualche ora con me», concluse.
Lena deglutì, rivoltandosi quando Indigo la chiamò. «Come mi sta, allora?», domandò, «Nei camerini e nei negozi, tra luci e specchi in posizioni strategiche, ti convincerebbero che ti sta bene anche un sacco nero di immondizia».
Lena abbassò gli occhi. «Ti sta bene veramente. Ma rimanderei per un parere completo ai sacchi dell'immondizia».
Indigo la fissò immobile qualche secondo e dopo si accigliò. «Hai fatto una battuta?». La vide piegare le labbra in un sorriso e poi scoppiare in una breve risata. «Anche l'ironia è così prettamente umana».
Kara le sorrise e abbassò il volto accaldato. «No, non rovinerei la mia relazione con Lena, lei è… Scusami». Anche se provava qualcosa per Lucy, da quando la conosceva, non faceva che nominarle Lena; solo adesso che ne stavano parlando se ne rese conto.
Ma l'altra scosse la testa. «Lascia stare. Sono felice di averti conosciuta e ti lascio il mio numero, appena ritroverai il cellulare», risero. «Quanto a lei, posso solo consigliarti di essere sempre sincere tra voi, sempre».
Kara annuì. Le adocchiò rapita le labbra carnose. Oh, no. Rialzò subito gli occhi. Lucy se ne accorse e si morse un labbro.
Indigo si avvicinò e Lena mise dritta la schiena, appoggiata allo stipite della porta. Perché la guardava in quel modo? Forse lei la stava guardando in quel modo. Lena allungò una mano contro il suo petto per tenerla distante ma il braccio era molle, si piegò, e Indigo le accarezzò il mento, e una guancia, il collo, fermandosi su una spalla. «Posso…», sibilò lei, «provare una cosa?».
«Una cosa umana?», le domandò, guardando i suoi occhi e le sue labbra. Aveva il fiato corto. Non poteva. Era così strano ciò che stava succedendo e che provava. La vide arrivare: Indigo inclinò la testa e sfiorò le labbra con le sue, trattenendo il fiato, intanto che Lena, deglutendo, le schiudeva ed entrambe socchiudevano gli occhi, assaggiandosi.
Lucy sorrise. «Devi… Devi dirle tutto, Kara. Non puoi permetterti che niente rovini ciò che provate se…», le guardò le labbra anche lei e notò lo sguardo di Kara sul suo. Come avrebbe potuto non farlo? Era così palese. «Se…». Un altro se farfugliato e si avvicinò a lei, appoggiando le labbra alle sue, chiudendo gli occhi. Sapevano di salsedine e qualcosa di dolce, in retrogusto. Kara accolse quel bacio e socchiuse anche lei gli occhi, fino a quando, lentamente e prendendo fiato, non si separarono una appresso all'altra, guardandosi. «De-Devi dirle anche questo», deglutì, annuendo con decisione.
Lena strinse più forte gli occhi e, nel frattempo che Indigo cercava di approfondire, le poggiò le mani sulle spalle e la spinse lontana da sé questa volta, staccandosi piano e spalancando la bocca. «Non posso», biascicò, ancora intontita da ciò che provava. «Non posso farlo», allora si allontanò dalla porta e Indigo sospirò.
«Mi rifiuti per Kara?», le chiese, col cuore in panne. Era stato bellissimo, non capiva più niente, il suo corpo era a fuoco. Il suo cuore batteva talmente forsennato che era come scoprire di essere viva, come vedere i fuochi d'artificio nella stanza, come… Avrebbe voluto continuare. Non sapeva neppure come facesse a essere ancora in piedi. Doveva avere un altro bacio da lei, lo voleva, come una droga. Ma doveva andarci cauta e portare pazienza. Lo avrebbe voluto ora, ma non voleva forzarla. Non poteva. Sapeva come andavano queste cose perché aveva visto abbastanza film. Questo succedeva a baciare qualcuno per cui si provava sentimentalmente qualcosa?
«Per te. Ti rifiuto per me e per te», specificò Lena, mordendo il labbro inferiore. «Se dovessi mai andare oltre con te, me ne pentirei amaramente perché sono innamorata di lei e questo… questo non è giusto, anche se-».
«Provi qualcosa».
Lena annuì. «Posso distinguere un'attrazione momentanea da una cosa più seria e, Indigo, non voglio illuderti, non posso farlo». Uscì dalla porta aperta, lasciando l'altra ai suoi sospiri, toccandosi le labbra.


***


Il primo e ultimo bacio, pensò Kara col sorriso sulle labbra. Aveva appena preso la metro, salutato Kal e Lois dicendo loro che sarebbe tornata a trovarli, e Lucy, dicendosi reciprocamente che era stato bello conoscersi. E adesso non vedeva l'ora di andare da Lena e conoscere questa Indigo di cui, invece, era certa non sarebbe stato un piacere. Da una parte, temeva la reazione di Lena a ciò che era successo con Lucy, ma tecnicamente non stavano ancora insieme di nuovo, e sempre tecnicamente tra lei e Lucy era iniziato e finito in due giorni, il tempo dato a una candela di accendersi, scaldarsi e spegnersi. Amava Lena: non avrebbe mandato all'aria ciò che c'era tra loro per una piccola fiamma e sperava che questo non avrebbe influito. Sperava. Ma certo. Era ovvio. Sgranò gli occhi, prendendo in mano il cellulare.
«Cosa? Hai baciato un'altra? La sorella di Lois?», sua sorella alzò la voce, stridendole in un orecchio. «Sei seria?».
«Dici che Lena se la prenderà? Vo-Voglio dire, non stiamo insieme, quasi o non ancora, o più o meno sì, ma… pensi che potrebbe prendersela? Prima sembrava una bella idea quella di baciare Lucy, ma adesso… Quando le dissi di aver baciato Ivy e Harley… beh, lei-».
«Hai baciato chi.
Kara strinse i denti. «Non te ne avevo parlato? Sì che te ne avevo parlato».
«Sì che me ne avevi parlato, ti prendevo in giro», la sentì ridacchiare. «Sii chiara con lei, sorellina. Così la finirete una buona volta di creare tutti questi drammi esistenziali. Volete stare insieme? Stateci, per l'amor del cielo», sbottò e Kara quasi la vide portarsi una mano in fronte.
«Hai ragione. Sarò sincera, come mi ha detto di fare Lucy».
«Hai parlato a Lucy di Lena? Tu ci sai proprio fare», rise.
«Sai cosa faccio? La chiamo. Adesso. Così si prepara o qualcosa del genere. Anche perché devo parlarle della chiavet-», si bloccò e spalancò gli occhi.
«La cosa?», la sentì, «La cosa, sorellina?».
«Sttssh! Non- ti sent- più. Shtsh! Ci sentiamo presto, ti voglio bene». Staccò la chiamata e la vecchina davanti le riservò un'occhiataccia. Perfetto. Ora doveva inventarsi qualcosa da dire ad Alex. Ma ci avrebbe pensato più tardi e ignorò i suoi messaggi in cui le chiedeva di cosa stava parlando, e le sue minacce in particolar modo, decidendo di chiamare Lena. Avrebbe dovuto dirle della chiavetta, in primo luogo, invece del bacio. Voleva farlo, ma forse a voce… Sbuffò.
Stava per accendere il laptop in sala da pranzo quando le arrivò la chiamata di Kara. E il suo sorriso si spense man mano che le diceva cosa conteneva la pennetta usb rubata da James ai terroristi di Rhea Gand. Si lasciò cadere su una sedia con stanchezza e Indigo, che la vide turbata, le si sedette accanto. «Star City? Sei sicura?», domandò, guardando la ragazza e facendo a lei un cenno d'intesa. Chiuse la telefonata sospirando pesantemente. «Hai detto che mio padre aveva lasciato dei pacchi per una persona di Star City, nel tuo quartiere, giusto?», domandò a Indigo, che annuì. «Erano per la Queen Consolidated».
Indigo sorrise, allungando una mano verso la sua sul tavolo, quella che ancora manteneva il cellulare, e gliela strinse. «Non so tu, ma io ci sono stata a Star City: caotica, però si mangia bene. Ho sempre desiderato tornarci».



































***

Come una candela: accendersi, scaldarsi e spegnersi. Ma spero che ora non accendiate le torce e prendiate i forconi per venirmi a prendere sotto casa, ecco, ahahah!
Devo confessare una cosa: shippavo Kara con Lucy nella prima stagione, altro che contendersi James! E le ho shippate fin da subito, al loro primo incontro. Non le ho mai shippate quanto shippo Kara e Lena però… ci stava e scrivere di questo loro breve flirt mi è piaciuto. Per non parlare di come stia scoprendo la ship tra Lena e Indigo! Mi piace. Completamente campata per aria nella serie, non avrebbe avuto senso dato che Indigo era una nemica della prima stagione e Lena non c'era, ma ehi, in questa fan fiction tutto è diverso e mi piace incasinare mescolare le cose XD E non so, sono carine. No?

Dunque. Lena e Kara in questo capitolo sono separate! Kara va da Kal e Lois, scopriamo che la chiavetta rubata da James nello scontro alla Luthor Corp con i terroristi è finita in mano loro e stanno scandagliando ogni dato, conosciamo Lucy e no, proprio non vuole parlare di lavoro. Lena e Indigo sono da sole in villa ora che Lillian ed Eliza sono ad Aruba, fanno conoscenza e la prima cerca di inquadrare la seconda che, come un rompicapo, la intriga in modo particolare. Dai dati raccolti nella pennetta usb, veniamo a conoscenza di alcuni misfatti di Lillian per conto dell'organizzazione, di Lionel e Star City. E ora che si fa? Ma si va a Star City, naturalmente!

Questo capitolo è diverso da come lo avevo immaginato la prima volta. Kara doveva già conoscere da poco Lucy, e Lena Indigo, le due coppie dovevano già avere un rapporto particolare ed era qui, in questo capitolo, che Kara e Lena avrebbero litigato (cosa poi anticipata). Avrebbero litigato perché, tempo prima, Lena avrebbe chiesto a Kara se avesse voluto tornare insieme a lei e lei, indecisa, non avrebbe risposto, così vedendola con Lucy si sarebbe arrabbiata, e si sarebbe arrabbiata ancora di più quando Kara avrebbe fatto la passiva-aggressiva gelosa del suo rapporto con Indigo.
Ve lo scrivo perché l'idea mi piaceva molto! Avrebbero dovuto incontrarsi a Metropolis, al parco divertimenti, l'ultima notte. E l'idea di farle incontrare lì c'era ancora durante la stesura, ma non c'è stato il tempo, il capitolo andava bene così. È già abbastanza lungo, tra l'altro, e avrei dovuto cambiare abbastanza il finale.
Per il resto… una chicca: è nascosto qualche piccolo parallelismo che riporta ai primi capitoli.

Ci rileggiamo martedì 11 con il capitolo 50 (!!) che si intitola: Peso, significato e potere



   
 
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