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Autore: Efthalia    05/06/2019    5 recensioni
Notte insonne per Sandor Clegane, l'ennesima.
//Dal testo:
"Svoltò l’ultimo angolo con una paura tale da temere di perdere infiniti battiti.
Imprecando e urlando così forte da destare probabilmente tutto il castello e anche Città dell’Inverno, chiamò i fottuti servi e si precipitò all’interno delle cucine.
La scena che gli si presentò davanti non fece che allarmarlo ulteriormente, se possibile.
La sua bambina era lì, nella sua veste da notte e i riccioli rossi tutti scompigliati, accasciata sul pavimento a piangere e gridare senza sosta.

«SANSAN»
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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S C A R S


Nonostante l’incombente fine dell’inverno, la relativa pace portata dall’unione di Jon Snow e Daenerys Targaryen e la definitiva sconfitta degli Estranei, Sandor Clegane non riusciva a chiudere occhio, quella maledetta notte. Per calmarsi, strinse forte tra le sue braccia Sansa, come sempre, beandosi dell’odore speziato dei suoi lunghi capelli rossi.

Ma non bastò, non in quella calda notte che preannunciava l’imminente stagione torrida.

Spesso, Sandor, quando non riusciva a dormire e non voleva svegliare sua moglie, sgattaiolava via dal letto per passeggiare nell’oscurità che inghiottiva Grande Inverno. Osservare, ispezionare che tutte le serrature fossero ben chiuse e che le guardie facessero il loro lavoro lo rassicurava come nulla al mondo. Arya spesso lo prendeva in giro per questa sua strana mania, ripetendogli che fosse la parte canina dentro di lui a spingerlo a sorvegliare frequentemente la sicurezza del castello, e Sandor non poteva che ammettere quanta verità ci fosse nelle sue parole giocose.

Avvolto dal buio e dalle tenebre mentre ascoltava il respiro regolare di Sansa accoccolata sul suo petto, il dovere canino lo richiamò più forte del solito, con urgenza.

Cercò di divincolarsi da lei delicatamente, così da non svegliarla. Erano entrambi così stanchi in quei giorni. Sandor, da buon Maestro d’Armi, allenava i ragazzini della fortezza e proprio quel giorno tanti primini si erano aggiunti alle sue lezioni, mentre la lady era occupata a preparare i festeggiamenti del sesto compleanno della la loro bambina.

Un movimento più scattante tradì le buone intenzioni dell’uomo, svegliando Sansa dal sonno profondo.

“Che succede, tesoro?” mugugnò intorpidita lei, intrecciando le dita con quelle del marito.

“Al solito. Come ogni dannata notte” spiegò lui turbato.

Qualcosa gli sussurrava che non avrebbe dovuto stare lì in quel momento. Il richiamo del dovere diventava sempre più insistente, inquietando il suo umore, ma non avrebbe voluto per nulla al mondo spaventare Sansa.

“Credevo che dopo l’allenamento di stamattina avresti dormito di sicuro, questa notte. Ti ho visto molto stanco” replicò la lady. “Tra allenamenti e preparativi sfiancanti, dovremo meritarci un po’ di riposo. Oggi con le mie ancelle abbiamo preparato una quantità infinita di tartine al limone, le preferite di Berenice e anche mie, d’altronde. Anche la torta di compleanno. E’ enorme, sai? Tra cottura e preparazione, il forno sarà ancora caldo per la colazione”.

Sandor sospirò con impazienza. Incredibile che l’uccelletto riuscisse a cantare così bene anche appena sveglia con tale vivacità, mentre il massimo che lui avrebbe potuto esprimere in quella condizione sarebbero stati solo ringhi e borbottii incomprensibili.

“Devo andare”disse, sapendo di non aver bisogno di aggiungere nient’altro. Lei lo conosceva più di chiunque altro.

“Va bene. Va’ a controllare allora” Sansa gli baciò la guancia e si voltò con uno sbadiglio. “So che è l’unico modo per rasserenarti e per riposare, stanotte”.

Il Mastino le diede un bacio tra i capelli e fu subito fuori dal letto, recuperando la spada prontamente appoggiata accanto al suo lato del capezzale. “Non starò a lungo” mormorò, chiudendosi la porta alle spalle.

Inspiegabilmente, vi era come una vocina nella sua testa che gli suggeriva di dirigersi verso le cucine, ma decise di non ascoltarla. Era probabile che le pensasse a causa delle parole di Sansa e della voglia di contemplare i lavori della sua amata. Da sette anni a questa parte, Sandor le aveva regalato la vita da sempre desiderata. Il titolo di lady lo aveva conquistato con le sue forze, certo, ma la sua felicità dipendeva da tutt’altro.

L’amore dell’unico uomo, il quale, nonostante il suo fare brusco, che non si era mai permesso di maltrattarla e di farla soffrire, ne era esempio. Secondo lei, la loro storia aveva un ché di cavalleresco, malgrado lui non fosse cavaliere, e ciò la riportava alla bambina sognante e ingenua che era stata, la riportava proprio al periodo in cui si erano conosciuti. E, cosa più importante, Sandor le aveva donato l’infante più bella e dolce che entrambi avessero mai visto.

Sandor si inoltrò nel corridoio parallelo a quello dei suoi alloggi così da raggiungere le stanze della figlia,  il silenzio tombale che sembrava effondersi dalle mura stesse.

Qualcosa, però, squarciò di netto la cupa quiete.

Un urlo raccapricciante, terribilmente familiare, che lo ferì nel profondo il suo cuore.

Le cucine, dannati dèi.

Corse come un forsennato superando finestroni, ponti, balconcini e piccole strutture che non riuscì nemmeno a scorgere tanto era terrorizzato.

Berenice.

Svoltò l’ultimo angolo con una paura tale da temere di perdere infiniti battiti.

Imprecando e urlando così forte da destare probabilmente tutto il castello e anche Città dell’Inverno, chiamò i fottuti servi e si precipitò all’interno delle cucine.

La scena che gli si presentò davanti non fece che allarmarlo ulteriormente, se possibile.

La sua bambina era lì, nella sua veste da notte e i riccioli rossi tutti scompigliati, accasciata sul pavimento a piangere e gridare senza sosta.

“Papà, mi sono bruciata! Guarda!” gemette Berenice una volta che Sandor fu di fronte a lei, in ginocchio. La bimba sollevò la mano destra, quella ferita. “Il forno è caldo!”.

Una paura peggiore di qualsiasi altra che avesse mai sperimentato in battaglia si aggrappò al suo petto. "Fammi vedere, amore. Dove ti sei bruciata?".

“Qui, e qui” si lamentò la bambina, indicando i punti in cui il calore aveva maggiormente fatto effetto sulla morbida pelle. “Mi fa così male”.

“Lo so, tesoro, lo so” le rivelò, asciugando le lacrime dalle guance paffute della figlia, proprio come era abituato a fare con Sansa, tra sangue e lacrime, anni addietro a causa di quel bastardo di Joffrey.

Prese il secchio pieno di neve portato il più presto possibile da una delle serve accorsa in loro aiuto e, prima che immergesse la mano ustionata, raccomandò con dolcezza Berenice. “Adesso sii una lady coraggiosa e metti la tua mano qui dentro, va bene?”.

Berenice, nonostante fosse parecchio riluttante, accettò così da imitare la fermezza della lady sua madre, ma ciò le provocò un disperato gemito di dolore.

“Shh, va tutto bene, piccola mia” la riprese, accarezzandole i capelli. “Tutto bene”.

Stettero così per una manciata di minuti, aspettando che i mugolii si affievolissero e che la gelida neve arrestasse la sensazione bruciante della ferita.

“Adesso ho freddo, papà” disse piano Berenice, facendo sorridere bonariamente Sandor.

Mise a sedere la bimba accanto al focolare, non avvicinandola mai troppo. “Cosa cercavi di fare qui a quest’ora? Dovresti essere a letto a sognare tutti i regali che riceverai domani” la rimproverò Sandor, con un tono stanco e preoccupato che gli fu impossibile nascondere.

“Volevo vedere la mia torta di compleanno, la mamma è stata tutto il giorno occupata a prepararla”.

“Già, e ti ha tenuta lontana proprio perché sarebbe dovuta essere una sorpresa” borbottò lui, tormentandosi una ciocca di capelli. “Farò in modo che da ora in poi le cucine siano giorno e notte sorvegliate dalle guardie. Se dovesse succedere ancora qualcosa del genere, le macello”.

Berenice si voltò di scatto verso Sandor. “Che cosa?” domandò esterrefatta.

Il Mastino si schiarì la gola, maledicendosi per aver parlato a voce alta. “Nulla amore mio, dicevo che le cucine da ora in avanti saranno sorvegliate così da evitare questo macello!”.

La piccola non parve del tutto convinta, ma era evidente che la sofferenza alla mano fosse in quel momento più importante. “Mi fa ancora tanto male, papà”.

“Allora facciamo un gioco” propose Sandor, recuperando un altro secchio pieno di neve. “Vediamo chi riesce a tenere la mano qui dentro più a lungo”.

“V-va bene… ma per essere un gioco, non è divertente”.

“Ci giocheremo solo una volta, promesso. E’ il gioco dei coraggiosi, e tu lo sei molto più di me. Ero più grande di te quando mi sono bruciato, tuttavia ho pianto come un neonato. Ci credi?” snaturò la vera storia per non peggiorare la situazione, ma ricordi amari gli tornarono in mente.

“Ma papà, saranno orribili questi cicatrici” piagnucolò Berenice, mentre calde lacrime ripresero a solcarle le gote. “Le vedranno tutti e non mi considereranno mai come una lady come la mamma. La septa dice che una vera lady si riconosce dalle mani piccole, vellutate e senza nessun segno”.

“Dice davvero questo?” sibilò Sandor, prendendo nota mentale di dare una bella strigliata alla maledetta septa. “Guardami, piccola” avvicinò il suo viso a quello di Berenice, indicando la carne bruciata e devastata del lato sinistro. “Pensi che papà sia brutto?”.

Per un momento, Sandor trattenne il respiro, rammentando gli orribili anni in cui venne deriso per il suo difetto e, soprattutto, rievocando come la sua Sansa da fanciulla non riuscisse nemmeno a guardarlo in faccia, tanto lo inorridiva.

E se facesse lo stesso effetto anche a sua figlia?

“Certo che no, papà!” quel semplice, sincero strillo accompagnato da un bacio sulla guancia malridotta lo riempì di gioia come pochissime volte. “Sei un bel guerriero, coraggioso e forte. Hai salvato la mamma dal re cattivo!”.

Berenice avvolse alla meglio le manine sul suo enorme bicipite. “Potresti uccidere un drago, se vuoi, papà. So che potresti!”.

“Lo farei, se ciò significasse la tua indennità e quella di tua madre” confermò Sandor con un ringhio. Solo l’immaginare Sansa e Berenice in pericolo lo fece infuriare, ma alla figlia quella rabbia apparentemente immotivata la divertì molto e ridacchiò, stringendosi ancora più forte a lui.

“Lo faresti per me, papà?” chiese, sorridendogli adorante.

Oh, quel sorriso.

Aveva imparato ad amarlo già anni prima grazie alla lady sua moglie. In certi momenti, madre e figlia erano così dannatamente simili che non smetteva mai di meravigliarsi.

“Per te, ucciderei il Guerriero stesso. Nessun drago avrebbe una possibilità”.

Ma Berenice non fu soddisfatta, a giudicare dal suo broncio. “Ma non uccideresti Rhaegal però, vero? E’ un drago buono e zio Jon gli vuole tanto bene”.

“Quel drago ama giocare con te, non gli farò del male. Nonostante sputi quel fottut… nonostante sputi fuoco” il danno era fatto, lo sapeva benissimo.

Berenice, infatti, gli puntò l’indice accusatorio. “Hai quasi detto una parolaccia!”.

“Sì… è vero” ammise con un sorriso divertito Sandor. “Ma non lo dirai a tua madre, vero piccola cara?” per assicurarsi il suo silenzio, le porse una delle sue amate tartine al limone.

“No, non lo dirò” asserì Berenice, la bocca piena di cibo. “Sei il mio migliore amico”.

“Proprio da brava lady” esclamò lui, prendendola in braccio e scompigliandole i riccioli rossi. “Adesso andiamo da maestro Sam. Tra tutta quella melma avrà una cura per le bruciature”.

“Oh, va bene! Maestro Sam ha anche dolci, tanti dolci nella sua stanza!” trillò felice la bimba.

“Mmh, davvero? Non l'avrei mai detto...”.

“Credi che la mia scottatura sarà peggiore della tua, papà?” chiese la figlia, intimorita, tendendo la mano buona verso la parte sfigurata del suo viso, mentre lui la portava nelle camere del maestro di Grande Inverno.

Le sue innocenti parole gli procurarono un fitta lacerante al petto. Una volta Sandor presumeva che essere bruciati fosse la cosa peggiore che potesse mai capitare a un uomo, ma una volta diventato padre avrebbe preferito bruciare volentieri cento volte per salvare la sua bambina anche dalla più piccola lesione.

"Mai amore, non sarà mai come la mia, nemmeno peggiore". Sandor si schiarì la voce. "Potrebbe fare un po’ male all’inizio e potrebbe restare una piccola cicatrice… questa è una buona scusa per dire alla gente che assomigli tuo padre. Entrambi abbiamo gli occhi grigi e le cicatrici, così, giusto?”.

Berenice annuì mentre un piccolo sorriso cresceva sul suo visino, illuminandolo.

“Siamo entrambi baciati dal fuoco, tu ed io. E se vieni baciato due volte dal fuoco, significa che si è doppiamente fortunati” raccontò Sandor, così da eliminare ogni preoccupazione di Berenice.

“Davvero?” gli occhi grigi e profondi della bambina si allargarono dallo stupore.

“Certo, piccola” annuì seriamente il padre. “Ma devi promettermi che non ti avvicinerai mai più al forno, nè in qualunque altra fonte di calore. Promettilo”.

“Lo prometto” disse lei, schioccandogli poi un altro bacio sulla guancia.

“Giuralo sui vecchi dèi” la incalzò, poi gli tese l’elsa della spada. Berenice aveva un particolare amore per le armi belliche e tutto ciò che riguardava la guerra, un po’ come sua zia Arya.

Berenice appoggiò con fare solenne la mano sull’elsa. “Lo giuro sui vecchi dèi”.

“Brava, bambina” si complimentò Sandor, una volta arrivati davanti alla porta del maestro. Lì accanto, vi era una poltrona, così la mise a sedere. “Adesso aspetta un attimo qui”.

“Sì, papà” Berenice fece oscillare giocosamente le gambe avanti e indietro, mentre le lacrime ormai secche sulle floride guance erano state dimenticate.

“Dopo potrai dormire con me e la mamma, va bene?” la incoraggiò Sandor, voltandosi poi verso la porta e bussando quindi violentemente con entrambi i pugni. “Alzati dal letto, stupido grassone Tarly, prima che abbatta questa maledetta porta abbandonata dagli dèi! Mia figlia ha bisogno di te!”.


NOTE D'AUTRICE
Ciao a tutti!
Ok, so che non dovrei essere qui per chi segue la mia long, ma dovrei essere altrove. Ma mi è scattata questa idea in testa e non potevo rimandarla. Il tutto grazie a una fan art che al momento non trovo, appena riuscirò a scovarla la linkerò. 
Poi dai, ci vuole un po' di distrazione dal dramma di questa serie tv, no? Un po' di fluff non guasta mai, e almeno io mi creo l'happy ending quando sono di buon umore :D
Ammetto che in certe parti io stessa, mentre scrivevo, avevo delle fitte al corazon dalla tristezza (per chi ha già visto l'8 stagione). Ma vabbè, non importa!
Spero che questo papà Sandor vi sia piaciuto. In ogni caso, esprimete la vostra con una recensione! Ci becchiamo prestissimo, a breve posterò il prossimo cap della long!

Baci,
Eft

  
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