Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: LazyBonesz_    10/06/2019    1 recensioni
“Ti ho bloccato. Non hai molti riflessi”, mi prese in giro, tenendomi un braccio con una sua mano. Non avevo avuto riflessi perché ero troppo impegnato a imbarazzarmi e forse eccitarmi con i suoi gesti. Sbuffai infastidito e cercai un modo per liberarmi dalla sua presa: era piccolo ma piuttosto forte. Mi passai la lingua fra le labbra lentamente, beccandolo a fissarmi e trovai quel momento perfetto per spingerlo via, usando la gamba che non mi aveva bloccato.
Lo spinsi via, al mio fianco, e rotolai su di lui, mettendomi in ginocchio sul suo sacco a pelo, portando i polsi davanti a lui. “Slegami”, borbottai, facendo scivolare lo sguardo sulla sua espressione sorpresa che trovai impagabile. Desiderai stupidamente di chinarmi e baciarlo ma non lo feci. Le sue dita lunghe iniziarono a togliermi il cordino dai miei polsi.
“Sei davvero cresciuto”, mormorò con una strana occhiata. Capii che mi stesse guardando, guardando sul serio, per la prima volta. Fino a poco fa ero ancora il ragazzino che aveva accudito per un anno in reparto ma ora si era reso conto che non lo ero più.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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PREMESSA: i personaggi fanno parte di un'associazione scout inventata anche se come riferimento ho usato l'AGESCI poichè è la piu famosa in Italia e quindi più facile da immaginare. Ho cercato di rendere abbastanza chiaro come funzionano gli scout per chi non ne ha mai fatto parte ma metto comunque i punti fondamentali qui sotto:
l'agesci e anche l'associazione di cui fanno parte i personaggi è divisa in TRE unità (branche): branco (fino alla quinta elementare), reparto (fino al primo anno di liceo), clan (fino ai 21 anni). Ogni unità ha un capo e spesso rover e scolte (chi fa parte del clan) che prestano servizio cioè aiutano i capi.
Alza/ammainabandiera: cerimonia di apertuta e chiusura della giornata dove, appunto, si alzano o ammainano delle bandiere che si trovano in una struttura costruita con dei pali. Gli scout non stanno in cerchio ma in quadrato con l'uniforme completa.
OK, spero sia tutto chiaro!!

 


Giorno 1

 

Ecco, il mio peggiore incubo, il reparto, l’unità a cui ero stato assegnato. Il grande capo, come lo chiamavo io nonostante fosse semplicemente il capo della mia branca, me lo aveva confermato due giorni prima di partire per il campo. Questo per colpa di Armin che si era sentito male improvvisamente e nessun altro poteva prendere il suo posto. Erwin, il grande capo, mi aveva quasi pregato per telefono e mi ero sentito costretto ad accettare. 

Ora mi trovavo davanti alla nostra sede, con il mio zaino, che rischiava di scoppiare ai piedi, e con i nervi a fior di pelle. Non avevo nulla contro il reparto in sé, ricordo gli anni in cui ne facevo parte come i migliori di tutta la mia carriera da scout; il problema erano gli esploratori. Quando ero uno di loro era fantastico, ma controllarli era tutta un’altra cosa. Non ricordavo neanche come si metteva decentemente il sacco a pelo nella sua sacca. 

Mi appoggiai al muro dietro di me, sperando che il capo reparto si facesse vivo al più presto, faceva davvero troppo caldo con l’uniforme addosso. Afferrai il telefono, sapendo che sarebbe forse stata l’ultima volta in cui avrei potuto avere un po’ di connessione prima di sparire fra le montagne. Aprii la chat di Armin e gli mandai una semplice frase: “questa me la paghi”. Rimisi il telefono in tasca quando vidi un auto parcheggiarsi davanti a me. Da essa scese Levi Ackerman, l’incubo di ogni esploratore: nessuno sapeva montare una tenda meglio di lui. 

La sua uniforme era perfetta al contrario della mia e anche il suo zaino era in ottime condizioni, non sembrava sul punto di scoppiare ed era riuscito a infilare il sacco a pelo al suo interno mentre il mio penzolava scomodamente. 

Da un’altra auto scese Erwin e pensai che fosse molto simile al mio zaino. Anche lui rischiava di scoppiare all’interno di quella camicia troppo stretta per i suoi muscoli. 

“Fra poco arriveranno gli esploratori e il pullman”, annunciò Erwin, guardando l’ora dal suo orologio sportivo. Eravamo abbastanza in anticipo perché il grande capo voleva che Levi mi spiegasse brevemente le attività del campo. Ci eravamo organizzati così di fretta che non erano riusciti a spiegarmi bene il mio ruolo per i prossimi dieci giorni. 

Mi avvicinai intimorito a Levi che, sebbene fosse molto più basso, sapeva spaventare perfettamente sia gli esploratori che me. Riuscivo già a immaginare i suoi insulti su come montavo un tavolo o accendevo il fuoco. 

Brevemente mi fece vedere il programma che aveva creato con Armin e mi disse che non avrei dovuto dare troppe spiegazioni tecniche, per mia fortuna, anche perché non voleva che i suoi esploratori imparassero le legature da me. A detta sua, non sapevo neanche fare un ‘’nodo piano’’ senza pensarci. 

Il vociare dei ragazzi interruppe la spiegazione di Levi che iniziò a salutarli con il suo serissimo “buona caccia.” Ma perché sembrava sempre così irritato? I ragazzi risposero prontamente e iniziarono a sistemarsi meglio l’uniforme quando notavano strane occhiate da parte del loro capo. In lontananza vidi Petra, l’altro capo assieme a Levi. 

“Buona caccia!”, esclamò contenta, raggiungendo me e Levi per salutarci. Mentre quest’ultimo era abbastanza temuto all’interno del reparto, Petra era colei che dispensava consigli e sorrisi dopo i rimproveri dell’altro. Almeno si bilanciavano. 

“Pronto per la tua prima esperienza di servizio?”, chiese la ragazza con dolcezza, poggiando il proprio zaino vicino ai nostri. Scossi la testa e lei rise, sicuramente per aver visto la mia espressione terrorizzata. Avrei voluto scappare, non mi sentivo per nulla pronto. Non ero neanche riuscito a dormire quella notte, pensando ai dieci giorni che mi aspettavano. Armin aveva detto che l’avevo presa troppo sul serio e che mi sarei divertito. Ma Armin ci sapeva fare con i ragazzini, io no. 

“Io li chiamo”, borbottò Levi, riferendosi agli esploratori. Prese il fischietto e soffiò su di esso, attirando l’attenzione dei ragazzi che si disposero in fila per squadriglia, i gruppi in cui erano divisi all’interno del reparto. Petra mi prese un braccio e ci sistemammo vicino a Levi prima che iniziassero gli urli di squadriglia, terminando con quello di reparto. 

Dopo questo momento tipicamente scout, mi resi davvero conto che il campo estivo stava iniziando. Ci furono dei brevi saluti, gli esploratori erano fin troppo felici di partire e avrei voluto sentirmi come loro. Guardai Erwin che mi sorride fiducioso, dandomi anche una pacca sulla spalla. “Te la caverai”, mi disse seriamente e io sollevai le spalle, senza dire nulla. 

Entrai nel pullman e mi sedetti accanto a Petra, dopo aver mollato i nostri zaini nell’apposito spazio. Cercai di rilassarmi, poggiando la mia schiena contro il vecchio sedile di quel pullman, ripensando a quante volte lo avevo usato negli scorsi campi. 

Non appena partì, vidi Levi alzarsi e camminare nella fila centrale, impartendo i primi ordini agli esploratori. Sembrava un generale, non avrei mai voluto averlo come capo unità, nonostante mi ricordassi bene della cotta che avevo per lui anni fa, quando ero in reparto. Era stato quando toccava a lui prestare servizio nella branca e mi aveva aiutato con qualche legatura, spiegandola almeno tre volte per riuscire a farmela fare in modo decente. Quel giorno avevo desiderato averlo come capo ma quando lo era diventato davvero fui grato di essermi lasciato alle spalle il reparto. Dove diavolo era finito il ragazzo che mi aveva spiegato pazientemente una quadra? 

 “Fa sempre così?”, domandai a Petra che ascoltava rapita Levi. Certe volte mi chiedevo se ci fosse qualcuna fra i due, era l’unica che riusciva a sopportarlo nei momenti peggiori. 

“Non proprio. Però sono migliorati tantissimo da quando è lui il capo reparto”,  lo difese Petra e mi sforzai di non alzare gli occhi al cielo. Certo, forse sapevano montare una tenda dal verso giusto e senza infilarsi i picchetti nelle mani però dovevano subirsi una marea di ordini. 

“Mi toccherà consolarli quando lancerà loro dei pali dopo aver sbagliato un treppiede”, commentai ridacchiando, cercando di capire cosa provassero gli esploratori nel sentire Levi. Non sembravano spaventati ma ascoltavano con interesse, stranamente. 

“Eren, non si diverte a sgridarli. Vuole che siano pronti sempre. Ricordi il motto del reparto?”

Annuii piano e lei continuò, “estote parati, siate preparati. Quando spiega le cose vuole essere capito, ci sono mille altri momenti per scherzare.” 

Il tono con cui parlò Petra non mi permise di ribattere e decisi di lasciar perdere, godendomi il fantastico paesaggio alla mia destra, ripassando mentalmente come si piegava il sacco a pelo. 

Levi smise di parlare e si sedette in un posto dietro di noi, allungando una mano verso Petra per toccarle una spalla. Parlarono a proposito della struttura dell’alzabandiera, decidendo chi avrebbe dovuto partecipare. Continuai a guardare il paesaggio, stupendomi leggermente poiché non avevo mai aiutato a costruire la struttura quando ero esploratore. Forse era questo di cui parlava Petra quando mi aveva detto di come Levi volesse preparare gli esploratori. 

Un’ora e mezza dopo arrivammo a destinazione. Scesi dal pullman dopo tutti i ragazzi e mi avviai verso gli zaini, afferrando il mio che portai sulle spalle. Mi guardai attorno, notando subito una struttura ad un piano che sarebbe sicuramente servita per il branco. Guardai dietro al pullman e notai la macchina, che trainava il rimorchio contenente l’attrezzatura da campo, di Erwin. L’uomo ci raggiunse e iniziò a parlare con Levi, in merito a come far sistemare le squadriglie nello spiazzo verde davanti a noi. Ci trovavamo all’inizio di una foresta, dove c’era abbastanza spazio per far montare più tende. La strada sterrata che ci aveva condotto li, proseguiva fra gli alberi, portando ad altre radure dove avremmo organizzato dei giochi. 

“Chi scava le latrine?”, domandò Petra innocentemente e Levi puntò il suo sguardo su di me. “Noi dobbiamo spiegare dove mettere le tende ed Erwin deve controllare che le docce funzionino nel caseggiato. Sei tu il prescelto.” 

Alzai gli occhi al cielo e mollai lo zaino per terra, cercando di non sbuffare per il tono divertito che c’era nelle parole del capo reparto. Sollevai le maniche della camicia azzurra fino ai gomiti e raggiunsi il rimorchio di Erwin, da dove presi la pala. Neanche si usavano più le latrine, perché diavolo dovevo scavarne una? 

Mi guardai attorno e mi inoltrai nel bosco, senza andare troppo lontano e decisi di scavarla in una zona dove gli alberi erano vicini fra di loro. Con qualche telone e cordino avrei potuto montare una sorta di tenda per nascondere la buca e chi ne avrebbe usufruito. Iniziai a scavare, impiegandoci più tempo del previsto per non dover tornare fra gli altri. Mi piaceva stare solo con la natura. Quando ero in reparto ero sempre io a cercare legna e spesso mi davano per disperso quando non tornavo subito. Ricordo che una volta fu Levi ad andarmi a cercare e rimase un po’ con me, seduti davanti a uno stagno. Era stato bello e avevo davvero desiderato averlo come capo reparto mentre mi raccontava delle stupidaggini che aveva fatto da esploratore. 

Smisi di scavare e tornai alla macchina di Erwin per poggiare la pala e prendere un telone e dei cordini per fare ciò che avevo in mente. Quando tornai al campo notai che le squadriglie stavano finendo di montare le loro tende. In una zona separata Levi e gli altri ne avevano montato due, fatte per due persone. Presi il mio zaino e mi avvicinai, chiedendomi con chi avrei dormito. 

“Petra può dormire da sola”, spiegò Erwin, “mentre io potrei dividere la tenda con voi due”, indicò me e Levi. Fantastico, inizio già a pregustare il pigiama party di stasera. 

Petra annuì e infilò lo zaino nella sua tenda per non fargli prendere ulteriore umidità. Anche io iniziai a fare la stessa cosa ma mi bloccai sentendo la voce di Levi. “Potresti anche dormire con il branco, la tenda non è molto grande. Così avrai la cucina sotto controllo”, propose il capo reparto facendomi aggrottare la fronte. Mi sembrava una motivazione un po’ scialba, poteva semplicemente dirgli che gli serviva più spazio per dormire bene. Erwin non rispose e guardò l’interno della tenda prima di decidere. 

“Forse è meglio. Beh, mi sembrerà di essere tornato a quando ero Akela”, disse ridacchiando e si avviò verso il caseggiato. Presi il mio zaino e stavolta lo portai veramente dentro la tenda. 

“L’ho fatto per te”, mi disse Levi quando chiusi la zip e mi rimisi in piedi. Lo guardai confuso, aspettando che continuasse a parlarmi. 

“So che non si vuole avere il proprio capo attorno anche durante la notte.” 

“Beh a me Erwin piace quindi non era un gran problema dormire con lui”, commentai alzando un sopracciglio, rispondendo in quel modo solo per provocarlo. In realtà non aveva tutti i torti, stare in tenda con il grande capo non mi avrebbe fatto sentire del tutto a mio agio. Anche se Levi era irritante, avevamo pochi anni di differenza e lo vedevo più come un mio pari. 

“Se ci tieni così tanto vai a dirglielo”, sbuffò il ragazzo, prima di allontanarsi per vedere come se la cavavano gli esploratori. 

Raggiunsi Petra che mi regalò uno sguardo di rimprovero e scrollai le spalle senza dire nulla. Forse dovevo calmarmi. “Andiamo a prendere i pali per l’alza”, mi disse e la seguii, aiutandola a portarli nella radura adiacente a quella che stavamo usando per le tende. Poco dopo ci raggiunsero alcuni esploratori e iniziarono a montare la struttura. Io e Petra aiutammo con qualche consiglio e a stringere delle legature. Notai che erano piuttosto efficienti e veloci, con mio grande stupore. Ero un fottuto imbranato da esploratore. 

La squadriglia tornò alle tende dopo che ebbe finito e io mi sedetti su un palo della struttura, aspettando Levi che avrebbe poi fischiato per la cerimonia di apertura. Guardai la mia uniforme e mi sistemai i calzettoni, desiderando la divisa da campo con tutto me stesso. A quanto pare, portare i pali da una parte all’altra faceva sudare. Petra si sistemò al mio fianco e portò le mani sul mio fazzolettone, sistemandolo attorno al mio collo. “Non vorrai un rimprovero da parte del capo”, mi disse ridacchiando e io alzai gli occhi al cielo, ottenendo un colpetto contro il mio braccio. Accennai un sorriso verso Petra e la ringraziai per aver sistemato la mia uniforme. Poco dopo vidi Levi venire verso di noi, portando con se la fiamma di reparto, un bastone simbolo della nostra unità. “Siamo pronti?”, domandò, lanciando uno sguardo alla struttura su cui eravamo poggiati. Sorrise soddisfatto dai suoi esploratori e io mi morsi il labbro inferiore davanti alla sua espressione. Era la prima volta che sorrideva quel giorno. 

Annuimmo per rispondere alla sua domanda e pochi secondi dopo fischiò per chiamare il quadrato. 

La cerimonia durò qualche minuto e quando era quasi finita Levi diede gli ultimi compiti per la preparazione del campo. Poi avremmo fatto un’attività e infine sarebbe arrivata l’ora di cena. Mi sentivo già esausto e non era neanche finita la giornata. 

“Cosa prepariamo per cena?”, chiesi a Petra e Levi quando rimanemmo da soli nella radura. Petra rise per la mia domanda e Levi mi lanciò un’occhiataccia. “Stai già pensando a mangiare?” 

“Scavare la latrina mi ha stancato”, dissi scrollando le spalle e seguii i due verso la zona delle tende. Vidi gli esploratori montare i tavoli e la zona cottura. Erano davvero veloci e solo alcuni ci chiesero aiuto per le legature. Io e Levi ci avvicinammo per aiutare e il capo mi diede libero spazio nel spiegarne una. Giustamente fallii e mi beccai il suo rimprovero al ritorno. 

“Stanotte devo farti un ripasso su come si usano i cordini?”, domandò ironicamente e con irritazione. Non gli piaceva dare cattive spiegazioni agli esploratori, diceva che si confondevano facilmente alla loro età e non aveva tutti i torti. Semplicemente non doveva lasciare che fossi io a farlo. 

Deglutii alla sua domanda, immaginando me e lui che usavamo i cordini in un altro modo. Visto che non rispondevo puntò i suoi occhi chiari su di me e sussultai. “Per favore, non hai più quindici anni”, borbottò prima di raggiungere Petra. Non potevo farci nulla se i miei ricordi sulla cotta che avevo per lui ritornavano ogni tanto. 

Il resto della serata si svolse tranquillamente. Gli esploratori giocarono a un gioco di squadra e poi prepararono la cena senza dare troppi problemi. Fortunatamente il mio più grande talento scout era legato alla cucina. Me la cavavo con il cibo e anche a preparare il fuoco così me ne occupai io per mostrare le mie doti al capo reparto. Dopo aver mangiato ci fu il momento del fuoco che  Levi fece preparare a me. Giocammo a qualche gioco con il reparto e finalmente venne l’ora della canzone della buonanotte. Osservai i visi degli esploratori, era il primo giorno perciò non erano particolarmente stanchi anche se i loro occhi rischiavano di chiudersi da un momento all’altro durante la canzone. 

Mi piaceva questo momento del campo, il ritmo dolce che creavano le dita di Petra sulla chitarra e le nostre voci che intonavano la canzone lo rendevano quasi magico. Ci mettemmo su un ginocchio e continuammo a cantare, sentendo la stanchezza arrivare quasi all’improvviso. Il fuoco si era quasi spento e anche noi ci trovavamo nella stessa situazione, desiderosi di entrare nel sacco a pelo. Quando terminammo Levi diede la buonanotte, con un tono di voce che mi portò a sorridere. Non era freddo o distaccato, ma mostrava l’affetto che provava per i suoi esploratori. Mi morsi il labbro inferiore, alzandomi in piedi per avvicinarmi a lui mentre i ragazzini tornavano alle loro tende. 

“Amo questa canzone”, disse Petra, tenendo la sua chitarra con una mano dopo averla riposta nella sua custodia, “è come se sentissi tutta l’adrenalina della giornata finire per lasciare spazio a emozioni più importanti come l’affetto che provo per loro e per voi. Sento davvero di appartenere a un gruppo di cui vado fiera.” Annuii perché sentivo la stessa cosa e assieme agli altri camminammo verso le tende. 

I ragazzi erano già all’interno delle loro e notai dei bagliori oltre il tessuto. A breve saremmo passati per far spegnere le torce. 

Mi sbottonai leggermente la camicia e guardai Levi fare la stessa cosa, togliendola anche da pantaloni in velluto. Guardai il suo viso notando che fosse abbastanza stanco. Lui ricambiò il mio sguardo e mi parlò, “vieni con me?” 

Annuii e camminammo fra le tende, dicendo agli esploratori di andare a dormire. Ascoltarono quasi subito. Nei giorni seguenti non ce ne sarebbe stato bisogno perché sarebbero crollati subito dopo aver toccato il sacco a pelo. 

“Seguimi”, mi disse Levi all’improvviso e decisi di farlo così camminai dietro di lui fra gli alberi. Nella mia carriera scout avevo fatto svariati hike notturni quindi ero abituato a camminare tra i boschi di notte. La differenza è che parlavamo in continuazione per farci coraggio anche se non lo avremmo mai ammesso. Invece Levi era silenzioso, neanche i suoi passi si sentivano, e camminava veloce, sapendo sicuramente dove stava andando. 

Fissai la sua schiena per non perderlo di vista e finalmente si fermò davanti a una pozza d’acqua. Non sapevo bene come definire quella piscina naturale incastonata fra le rocce. L’acqua proveniva da una cascata abbastanza piccola che nasceva dalla montagna. La luce della luna non era più filtrata dagli alberi e così riuscii a vedere molto meglio rispetto a prima. 

“Avevo pensato di far fare loro il bagno”, mi disse Levi, sedendosi su una roccia, abbassando i calzettoni per stare più comodo. Mi misi al suo fianco, allungando le gambe sulla roccia, osservando la punta dei miei scarponi consumati. “Aspettavo il campo solo per fare il bagno in posti del genere”, dissi con un sorriso. Mi sentivo immerso nella natura quando facevamo cose di questo tipo, era una sensazione fantastica che solo gli scout sapevano darmi. 

“Anche io”, mi rispose Levi, alzando il viso verso il cielo. Eravamo lontani dalle luci della città e le stelle si vedevano piuttosto bene. Incredibile come qualcosa di così meraviglioso fosse sempre sopra le nostre teste e nessuno ci faceva mai caso. La natura nascondeva tantissime sorprese che avevamo a portata di mano ogni giorno ma a cui non pensavamo. 

Guardai il cielo, perdendomi davanti a quello spettacolo. Non mi resi conto dello sguardo di Levi su di me fin quando non sentii la sua voce. 

“Mi è sempre piaciuto il modo in cui guardi le cose”, mi confessò pacatamente. Aggrottai la fronte e mi girai, trovando i suoi occhi puntati su di me. 

“Ricordo quando sparivi per prendere la legna e la tua squadriglia andava a cercarti per poi trovarti ad osservare chissà cosa. Riuscivi a guardare con stupore persino una foglia”, mormorò, mescolando il suono della sua voce al rumore dell’acqua che scorreva dalla cascata, “quando ti ho trovato davanti allo stagno mi è quasi dispiaciuto riportarti al campo. Fissavi quel dannato stagno come se fosse la cosa più bella che avessi mai visto.” 

Alzai le spalle non sapendo cosa dire, mi era sempre piaciuto immergermi nella natura e per questo i miei genitori mi avevano spedito nel primo gruppo scout a disposizione, pensando che fosse l’attività principale osservare i paesaggi in solitudine e cose del genere. Invece avevo imparato molto di più, avevo imparato a rispettare ogni singolo aspetto della natura, anche le persone poiché ne facevano parte. E la mia passione per essa non era diminuita ma aumentava sempre di più. I miei coetanei mi prendevano in giro mentre a Levi piaceva e questo mi rendeva orgoglioso perché ai tempi del reparto volevo essere come lui, abile come lui. Pensavo che fosse cambiato in peggio ora che era il capo unità ma forse non era così. Era stato necessario cambiare per insegnare ai suoi esploratori come essere preparati a tutto. 

“Mi calma e mi fa sentire parte di qualcosa più grande di me”, mormorai dopo istanti di silenzio. Levi annuì e abbassò lo sguardo sull’acqua, allungando una gamba per toccarla con la punta del suo scarpone. 

“Sai, riesco a cancellare ogni pensiero negativo quando lo faccio. È come se mi sentissi in pace all’improvviso e ogni paranoia che mi faccio non ha veramente importanza.”

“Anche io mi sento così”, mi rispose senza guardarmi così mi lasciai sfuggire un sorriso. Rimanemmo in silenzio, immersi nelle nostre riflessioni finché la stanchezza non prese il sopravvento. Tornammo al campo e non appena mi sdraiai mi addormentai. 

 

Giorno 3

 

“Mocciosi, datevi una mossa!”, esclamò il capo reparto alle nove e mezza del mattino. Mi sforzai di non ridere davanti alla scena di svariati esploratori che cercavano di far cuocere del caffè su un fuoco fin troppo debole. Dovevano pur fallire in qualche modo dopo aver montato perfettamente le tende il primo giorno. 

Stavo letteralmente morendo di fame e il mio stomaco continuava a protestare. Volevo tanto prendere il posto della squadriglia incaricata di preparaci il caffè per farlo io stesso ma Levi mi avrebbe ucciso quindi mi trattenni. 

Il capo reparto si trovava davanti al loro timido fuoco, senza dare alcun consiglio ai poveri esploratori, sostenendo che non era la prima volta che facevano del caffè. 

Petra, al mio fianco, ridacchiava per la scena, senza mostrare la mia stessa irritazione. Levi tornò da noi con un cipiglio scocciato e si sedette sul telone, incrociando le gambe. 

Il Levi della sera del primo giorno era spartito, lasciando posto al serissimo capo reparto che doveva essere. Solo in rare occasioni si era sciolto leggermente, mostrando l’affetto che provava per gli esploratori, scherzando con loro e giocando durante le pause con uno dei tanti palloni che avevamo portato. 

“Beh, sono riusciti a prepararti il tuo adorato the nero?”, domandò una voce allegra, appartenente ad Hanji che si avvicinava sempre di più a noi, seguita da Erwin. Levi la fissò con uno sguardo omicida che rispose perfettamente alla domanda. 

“Stanno facendo il caffè, ci accontenteremo di quello”, rispose Petra. 

“L’acqua del the era più semplice”, commentò Erwin, prendendo posto sul telone, seguito da Hanji. Io sospirai, pensando la stessa identica cosa ma a quanto pare a Levi piaceva metterli in difficoltà con la scusa di prepararli a tutto. 

All’improvviso sentimmo delle urla soddisfatte da parte della squadriglia del caffè e subito sollevai lo sguardo verso di loro, notando che stessero versando la bevanda nelle nostre tazze. Il mio stomaco brontolò, sentendo l’odore della caffeina mentre si avvicinano con un vassoio incerto.

Presi la mia tazza e aspettai che i ragazzi se ne andassero prima di dare il buon appetito a tutti. 

Finalmente placai parte della mia fame, mangiando qualche biscotto assieme agli altri, discutendo sull’attività del reparto. Hanji si alzò dal telone e guardò verso il caseggiato dove il branco stava lavando le proprie gavette, aiutati da Jean che era in servizio in quell’unità. Ogni volta che me ne ricordavo mi veniva da ridere, non mi sarei mai aspettato che qualcuno irritante come lui potesse andare d’accordo con dei bambini. Invece sembrava una persona diversa quando interagiva con i giovani lupetti, premurandosi di non essere troppo severo o troppo disponibile. 

“Vado a dare una mano a Jean, non vorrei che venisse assalito da un branco di lupi”, disse la donna facendomi ridere. Non mi sarebbe dispiaciuta come scena. Hanji era uno dei capi branco, assieme a Mikasa, che al momento si trovava in cucina, a prendere il posto di Erwin. Vidi i lupetti lasciarsi andare a gridolini quando la donna li schizzò con l’acqua che scorreva dal rubinetto che stavano usando. Quei bambini si esaltavano per qualsiasi cosa, ora capivo perché Mikasa e Jean fossero sempre esausti dopo una riunione con loro. 

“Se abbiamo finito possiamo iniziare le attività.” 

La voce di Levi mi fece distogliere lo sguardo dal branco e annuì assieme a Petra: eravamo già abbastanza in ritardo. Mi alzai dal telone e sistemai la maglietta da campo su i miei fianchi, portando lo sguardo sugli esploratori. La squadriglia del caffè aveva appena finito di lavare le stoviglie della colazione perciò potevano iniziare. 

La mattinata fu stancante anche per noi, non solo per i ragazzi che avevano dovuto fare due giochi di squadra e quindi correre avanti e indietro fra gli alberi. Io avevo dovuto controllare che non barassero ma stare appoggiato a un albero con il sole sul viso, mi aveva creato sonnolenza ed era stata dura prestare attenzione al gioco. Finalmente arrivò l’ora di pranzo che coincideva con del tempo libero per tutti. 

Le squadriglie si stavano organizzando per cucinare e noi decidemmo di mangiare ciò che rimaneva dal pranzo del branco. 

Petra si era sdraiata sul telone vicino alle nostre tende, e si stava rilassando, dopo aver incrociato le braccia sotto alla sua testa. Mi misi al suo fianco e seguì con lo sguardo i movimenti del capo reparto. Levi stava fissando i suoi esploratori con uno sguardo piuttosto serio, per accertarsi che non facessero stupidaggini con il fuoco. 

“Rilassati capo, non si bruceranno le dita dopo tutti i tuoi rimproveri”, gli dissi per prenderlo in giro. Levi mi lanciò un’occhiataccia che mi fece rabbrividire, ora potevo capire perché quei ragazzini si impegnassero così tanto. 

“Dopo io e te passiamo a controllare gli angoli di squadriglia”, mi disse, sedendosi finalmente sul telone. Mi sforzai di non alzare gli occhi al cielo, immaginando già i suoi commenti verso ogni minimo errore degli esploratori. Petra mi aveva detto che lo faceva per spronarli a migliorare ma ancora adesso pensavo che fosse troppo duro, dopotutto quei ragazzini se la cavavano abbastanza con dei semplici consigli. 

Dopo un’ora buona mi dovetti alzare per seguire Levi verso le tende degli esploratori. Decise di fare le cose piuttosto formalmente e mi costrinse a prendere la fiamma a cui mi appoggiai mentre i ragazzi spiegavano come avevano sistemato il loro angolo. 

La prima squadriglia fu quella delle volpi. Il capo, un ragazzino che chiamavano Falco, iniziò a mostrarci la loro zona. Levi si avvicinò al tavolo per guardare le legature, come se non sapesse come le avessero fatte. Il primo giorno le aveva praticamente fissate per dieci minuti. 

“Questa è sbagliata”, disse indicandone una che si stava allentando. Forse non avevano stretto abbastanza. Mi morsi il labbro inferiore nel guardare Falco preoccupato.  

“Si, avevamo pensato di rifarla.”

“E perché è ancora così?”, chiese Levi, sollevando un sopracciglio. Non riusciva proprio a non avere quel tono severo, pensai fra me e me. Falco alzò le spalle non sapendo cosa dire e il capo reparto sciolse la legatura, facendo vibrare leggermente il palo. 

“Falla davanti a me”, disse con un tono che non ammetteva repliche. Mi sentii a disagio da parte di Falco ma, al contrario di ciò che mi aspettavo, il suo sguardo era sicuro e anche i suoi successivi gesti. Rifece la legatura, stringendola giustamente. Levi accennò un sorriso e poggiò una mano sulla spalla del ragazzino, “questa è perfetta”, si complimentò senza troppe cerimonie. 

Lo sguardo di soddisfazione di Falco non mi sorprese. Era uno dei rari momenti in cui Levi si scioglieva un po’. Iniziai a capire cosa intendesse Petra il primo giorno, quando c’era il momento di essere duro lo era, ma c’erano anche i momenti in cui doveva essere più gentile, cauto e attento ai sentimenti degli esploratori. Erano pur sempre dei ragazzini. 

Proseguimmo verso la seconda squadriglia, la squadriglia cervo. Stavolta toccò a un esploratrice di nome Gabi spiegare il loro angolo. Mentre parlava Levi mi toccò un braccio, spronandomi a controllare le legature. Non avrei voluto accettare ma lo feci, non potevamo discutere davanti agli esploratori, sarebbe stato un cattivo esempio.  

Mi avvicinai al tavolo e saggiai con le dita le corde che tenevano fermi i pali. Erano piuttosto ben messe e, mentre mi stavo per allontanare, Levi mi indicò un treppiede. 

“Che ne pensi?”, mi chiese. Sapevo che aveva già notato qualcosa che non andava e che con quella domanda lo voleva far notare anche a me. Osservai la legatura e dissi agli esploratori cosa non andava. Rifarla sarebbe stato impossibile così mi sforzai di dare loro un consiglio per la prossima volta. Levi non aggiunse nulla e andammo verso la terza e ultima squadriglia della nostra unità. 

“Sei stato bravo”, mi disse a bassa voce, facendomi sorridere orgogliosamente come Falco. 

 

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Mi sentivo esausto, sudato e avevo bisogno di farmi una doccia al più presto. Avevamo appena finito di cenare e la giornata stava finendo con grande piacere di tutti. 

Avevo bisogno di un po’ di tempo per me, come quando da piccolo andavo a cercare la legna senza nessuno. Camminai sul limitare del campo, guardando prima verso gli esploratori che stavano indossando i loro maglioni dato che il sole stava calando, poi guardai il branco. Quei bambini non sembravano accorgersi della temperatura più bassa della sera e continuavano a schizzarsi mentre lavavano le gavette. Ripensai ai miei anni di branco, quando non mi interessava minimamente di sporcarmi con la terra e a quante energie spendevo durante la giornata. Appena toccavo il materasso crollavo e nonostante la stanchezza mi divertivo da morire. Il primo campo lo terminai piangendo poiché avrei voluto rimanere li per sempre.

Camminai fra gli alberi, allontanandomi dalle risate e dal vociare dei giovani scout per rimanere solo con i miei pensieri. Il tramonto era il mio momento preferito. Le ombre nel bosco si allungavano, la luce dorata illuminava le radure e tutto ciò che potevo sentire nel silenzio erano i rumori della natura. Chiusi gli occhi, concentrandomi sul suono dei miei scarponi contro la terra, sull’odore dell’erba e sull’aria fresca sulla mia pelle. Sentivo la realtà lontana assieme ad ogni suo problema. Ero solo un puntino nel mondo ma mi sentivo parte di esso. Ero insignificante per la natura ma ne facevo parte. Schiusi le labbra per prendere un profondo respiro e sorrisi fra me e me. Quando aprì gli occhi la luce dorata stava scemando, rendendo la foresta più inquietante e misteriosa. Nessuna foto avrebbe resto giustizia a quel paesaggio e mi limitai a conservarlo nella mia mente, sperando di poter tenere con me anche le sensazioni che mi aveva dato. 

Rabbrividii improvvisamente, la temperatura si era abbassata e io indossavo ancora la maglietta a maniche corte da campo. La stanchezza tornò a farsi presente e decisi di tornare dagli altri, sapendo che a breve avremmo dovuto chiamare tutti per il fuoco.

Levi fu il primo a notarmi quando tornai al campo. Mi rivolse un veloce sguardo: entrambi sapevamo dove fossi stato. ‘’Torniamo alla pozza, stasera?’’, mi domandò il capo reparto facendomi sorridere. Annuii semplicemente e andai a infilarmi il maglione scuro dell’uniforme.

La sera prima avevamo organizzato un gioco notturno quindi era stato impossibile fare la nostra passeggiata e avevo aspettato questo momento per tutto il giorno. Levi mi conosceva, sapeva che avevo bisogno di un momento per me e la natura. Sapeva quanto soffrissi in città e aspettavo con ansia i campi estivi e le gite. La sua presenza non mi dispiaceva perché mi capiva, perché in questo era simile a me. Inoltre non parlava molto ma quando lo faceva mi piaceva ascoltare la sua voce bassa, calma, rilassante che raccontava qualcosa di semplice, aneddoti che avrei portato sempre con me. Avevo avuto qualche minuto per me poco prima ma ne avevo ancora bisogno prima di prepararmi emotivamente a un’altra giornata stancante. E non potevo nascondere di voler chiacchierare con Levi per rivivere l’anno in cui aveva fatto servizio in reparto. 

Ci radunammo attorno al fuoco, prontamente preparato da Erwin nella radura dove si trovava la struttura dell’alzabandiera. Non mi ero cambiato i pantaloncini e perciò fu bello sentire sulla mia pelle il calore provenire dalle fiamme. Svolgemmo le attività organizzate precedentemente e mi godetti le scenette organizzate dai ragazzi e dal branco. Durante l’ultima canzone sentivo i miei occhi chiudersi, il calore del fuoco e la stanchezza rendevano pesanti le mie palpebre. Ci alzammo in piedi per intonare la buonanotte e in quei minuti pensai alla proposta che Levi mi aveva fatto. Non vedevo l’ora di trovarmi da solo con lui e trattenni un sorriso mentre cantavo la canzone con voce flebile. Come aveva detto Petra anche io mi sentii parte di quel gruppo, più del solito. Sentivo che tutti quanti noi eravamo davvero simili, anche con le nostre mille differenze, poiché seguivamo gli stessi ideali. Condividevamo paure, stanchezza, ansie e cercavamo di sconfiggerle assieme. Quella era la mia famiglia e mi scaldava il cuore sapere di averla per sempre al mio fianco. 

Levi mi diede un colpetto e mi ricordai di inginocchiarmi, facendo tacere per un attimo i miei pensieri. Cantammo gli ultimi versi e ci allontanammo dal cerchio, camminando dietro il reparto mentre Hanji e mia sorella, Mikasa, portavano il branco al caseggiato. Jean stava trascinando due lupetti che erano crollati durante la canzone. Io non mi ero mai addormentato solo perché mi piaceva guardare il bosco di notte.

Il capo reparto parlò con le squadriglie per pochi minuti e poi diede loro la buonanotte, sciogliendosi in un breve sorriso stanco che i giovani scout ricambiarono. Anche io lo feci, mi piaceva vedere il lato meno inflessibile di Levi. Il ragazzo chiese a Petra di girare fra le tende e lei ci augurò una buona passeggiata. 

A volte mi chiedevo se non fosse gelosa di me per questi momenti. Non tanto perché pensasse che Levi provasse qualche tipo di sentimento amoroso verso di me ma perché avrebbe voluto semplicemente parlare di più con lui. Ogni volta che mi ponevo la domanda la guardavo e non notavo nessuna malizia nei suoi sorrisi genuini. O era molto brava a nasconderlo o nutriva solo dell’affetto fraterno verso di lui e sperai di si, senza sapermi spiegare il perché. 

Sentivo di essere sul punto di addormentarmi in piedi mentre camminavamo fra gli alberi, sentendo solo i nostri passi e qualche civetta attorno a noi. Il forte odore di muschio invase le mie narici quando arrivammo alla pozza d’acqua. Come la prima sera essa rifletteva la luce candida della luna, perfettamente tonda. Le stelle ci permettevano di vedere abbastanza bene. 

Mi sedetti su una roccia e decisi di sfilarmi gli scarponi: potevano fornire un grande aiuto nelle camminate ma il momento più bello rimaneva quando venivano tolti. Decisi di fare la stessa cosa con le mie calze, infilandole dentro le scarpe. Allungai le gambe e immersi i piedi nell’acqua gelida, rabbrividendo. Mi ci volle un po’ per abituarmi e mossi le dita per evitare di ghiacciarmi del tutto i piedi. 

Levi si mise al mio fianco, un ginocchio contro il petto e l’altra gamba stesa comodamente sulla roccia. Chiusi gli occhi e sorrisi, sentendomi in pace con tutto il mondo. Avrei davvero desiderato poter fare il bagno li dentro, abbassare leggermente la testa per rendere ogni rumore ovattato alle mie orecchie. Ero sicuro che mi sarei sentito in modo fantastico, completamente collegato con la natura. 

Il respiro lieve di Levi mi fece aprire gli occhi e aggrottai la fronte quando lo vidi addormentato. Aveva una guancia poggiata al ginocchio e le labbra schiuse. Doveva essere esausto per essersi addormentato in una posizione così scomoda. Ora che non poteva controllare le sue espressioni mi sembrava molto più piccolo e vulnerabile. La luce della luna rendeva la sua pelle più bianca e desiderai toccarla. Alzai una mano e la passai fra i suoi capelli scomposti dopo quella lunga giornata. Lo sentii fare uno strano verso soddisfatto e continuai ad accarezzare i suoi capelli, approfittando della situazione. Era come se ci fossimo scambiati i ruoli. Quando ero in reparto era solitamente lui a starmi dietro e a prendersi cura di me. Ora che doveva prendersi cura di molte più persone ero io a farlo nei suoi confronti. 

Fermai la mano sulla sua testa e decisi di farlo riposare ancora per un po’, godendomi la serenità di quel momento. 

 

 

Giorno 4

 

 

Acqua, vedevo acqua ovunque. Goccioline d’acqua tutte attorno a me, spruzzi creati dagli esploratori che nuotavano nella piscina naturale. Goccioline fresche su della pelle bianca e liscia, piuttosto invitante in quello stato. La pelle di Levi. 

Il capo reparto si trovava al centro della pozza, controllando con attenzione che nessuno dei ragazzi si facesse male. Anche in questi momenti doveva essere insopportabilmente vigile. Un po’ mi dispiaceva che quel posto non appartenesse più a me e a lui. Avevo desiderato immergermi nell’acqua cristallina dal primo giorno ma ora non mi andava più così tanto, mi sembrava di non farlo nel giusto modo con tutto quel chiasso. Non che mi dispiacesse sentire i ragazzini urlare felici ma sentivo ancora quel dispiacere di non aver fatto il bagno in tranquillità. 

Petra mi si avvicinò, nuotando nell’acqua fresca e trasparente, mostrando a tutti il suo costume rosso, e poggiò una mano su una mia gamba, cercando di tirarmi verso giù. 

“Gabi vuole sfidarti con una gara di apnea!”, esclamò contenta. Petra sembrava sempre così entusiasta e poche volte assumeva un atteggiamento duro come quello di Levi. Levi era il suo esatto contrario e mi dissi che non sarebbe stati male come coppia. Il pensiero mi provocò una strana stretta al cuore. 

Mi morsi il labbro inferiore, riluttante ad entrare in acqua e posai lo sguardo su Levi come per cercare un suo aiuto. 

“Petra, Petra, guarda che ho trovato!”, sentì una voce maschile e giovane chiamare il capo. Ringraziai mentalmente Colt per aver richiamato la sua attenzione così rimasi sulla mia cara roccia nonostante bruciasse da morire sulla mia pelle. 

Levi mi raggiunse, e si avvicinò pericolosamente alle mie gambe, provocandomi un brivido che il tocco di Petra non mi aveva regalato. 

“Ti conviene entrare prima di morire di caldo su quella roccia”, mi propose con un tono che fece sembrare la frase un ordine. Sospirai leggermente deluso, avrei voluto che lui mi capisse. Alla fine entrai in acqua per un breve bagno assieme al resto del reparto. 

Dopo non molto, Levi, chiamò i ragazzi per spedirli alle docce e più tardi avremmo continuato le attività che stavolta sarebbero state più tecniche. Petra si incamminò con gli esploratori, lasciando me e il capo indietro di qualche metro. 

Afferrai la mia maglietta ma Levi mi fermò con una mano pallida, creando parecchia confusione in me e forse arrossii un po’, ricordando i pensieri stupidi che facevo durante l’ultimo anno di reparto. Immaginavo Levi che mi portava nella sua tenda per poi togliermi l’uniforme e fare le poche cose che la mia mente conosceva a quattordici anni. 

“Puoi farti il bagno, se vuoi”, mi spiegò velocemente per non creare fraintendimenti. Mi sorpresi perché capii subito cosa intendesse: voleva darmi la possibilità di esaudire il mio desiderio del primo giorno. Avevo la chance di mescolarmi con la natura, di sentirla davvero contro ogni strato della mia pelle. 

Non dissi nulla e infilai un piede in acqua, bloccandomi quasi subito. “Fallo anche tu”, ordinai a Levi che rimase interdetto. 

“È il tuo momento, non c’entro nulla”, mormorò stringendo fra le dita la propria maglietta. Lo guardai e scossi la testa perché lui c’entrava tutto. Mi aveva capito quando ero piccolo, mi aveva assecondato, non aveva mai preso in giro il mio bisogno di staccare per mettermi in contatto con il resto dell’universo. Mi aveva sempre dato la possibilità di farlo, anche ora che ero in servizio. 

“Petra se la caverà, ci mettiamo qualche minuto.”

Lo sentii sospirare ma alla fine mi seguì in acqua. Silenziosamente mi immersi, chiudendo gli occhi per godermi la sensazione fresca del liquido attorno a me. Risalii e mi posizionai a pancia in su, allargando gambe e braccia con l’acqua che copriva le mie orecchie. 

I miei occhi erano chiusi e i raggi del sole toccavano la mia pelle nuda, scaldandola come se fossi una roccia sul bordo della pozza. Le risate lontane lo erano ancora di più grazie all’acqua e ogni suono era ovattato e reso delicato da essa. 

Sentivo la presenza di Levi vicino a me e non mi disturba per nulla. Mi sentivo felice di condividere il momento con lui, era ciò che desideravo. Soffocai i pensieri preoccupanti e le ansie della mia esistenza, ora contava solo la sensazione di tranquillità che si espandeva dal mio petto. 

“Eren”, il sussurro delicato di Levi mi portò alla realtà. Aprii gli occhi e voltai la testa verso di lui per poterlo guardare. Era in piedi, non immerso come me, e aveva portato i capelli scuri all’indietro ora che era bagnati, liberando il suo viso. Riuscii a osservare meglio i suoi lineamenti e mi presi un po’ di tempo per farlo prima di sollevare un sopracciglio, aspettando ciò che mi doveva dire. 

“Torniamo al campo”, disse con calma, nuotando verso di me. Imitai la sua posizione e me lo ritrovai davanti, vicinissimo al mio corpo. Sentii il cuore battere più velocemente e dovetti abbassare lo sguardo, non riuscendo a sopportare il suo. Poteva essere più basso e potevano passare mille anni ma mi avrebbe sempre messo in soggezione. 

Una sua mano mi scompigliò i capelli, facendomi ricordare momenti passati in cui lo aveva già fatto, era un segno di affetto e perciò sorrisi. Lo seguì fuori dall’acqua e misi il mio asciugamano sulle mie spalle per evitare di congelarmi. Infilai gli scarponi, presi i vestiti fra le braccia e tornai al campo desiderando dei vestiti puliti. 

Gli esploratori stavano andando verso le docce dove Petra controllava che nessuno abusasse dell’acqua. Anche io e Levi ci facemmo una doccia assieme ai ragazzi, fortunatamente, così mi impedirono di fissarlo mentre si lavava. 

Un’ora più tardi ci stavamo godendo la luce calda del sole in una radura non coperta da alberi, stesi su più teloni, parlando di come stava andando il campo. Mentre tenevo gli occhi chiusi sentivo la voce di Falco che raccontava le sue strategie durante il grande gioco del giorno prima. Levi gli rispose dicendo che erano state buone idee e per quello avevano vinto. Sorrisi, sentendo la nota d’affetto nella sua voce. 

Riaprii gli occhi e vidi il capo reparto alzarsi con Petra, preparandosi per richiamare i ragazzi e così mi avvicinai a loro. Pochi minuti dopo ci ritrovammo in cerchio ad ascoltare le spiegazioni. Stavolta avrebbero fatto un’attività più tecnica in cui i ragazzi dovevano mostrare le loro abilità con il codice morse, le legature e dei progetti per gli angoli di squadriglia. Con mio grande disappunto Levi mi aveva assegnato la postazione delle legature e ora mi trovavo seduto su tre pali mentre una ragazzina cercava di fare un treppiede. Poi avrei dovuto valutarla. 

Osservai le sue dita, seguendo i suoi gesti per vedere se stava procedendo bene. Non ero male con le legature ma non ero certo abile come Levi ed ero sicuro che avrebbe trovato qualcosa che non andava in ogni caso. 

Uno alla volta i ragazzini dovevano fare delle legature fino a costruire un tavolo, usando quadre e treppiedi. Io non diedi loro nessun consiglio e quando finirono mi alzai da terra per controllare il loro operato. Levi e Petra mi raggiunsero, dopo aver valutato gli esploratori nelle loro postazioni. 

Tutti i ragazzi si erano riuniti attorno a me e deglutii, portando le dita sulle varie legature. Non era un brutto lavoro, in realtà era fatto piuttosto bene rispetto ai tavoli costruiti dalla mia squadriglia. 

Sentivo lo sguardo attento di Levi su di me come se fossi io quello messo alla prova nel gioco e non il resto del reparto. Potevo anche immaginare una possibile frase di Petra sul poter sempre imparare qualcosa, anche dopo anni. 

Riuscì a trovare qualche errore e lo dissi ai ragazzi, che annotarono tutto mentalmente e annuirono. Levi assottigliò lo sguardo su di me e poi mandò i ragazzi a prepararsi per l’ammainabandiera. 

“C’erano altri sbagli?”, gli domandai timidamente. 

“Hai vinto un ripasso di nodi e legature”, mi disse ironicamente, dandomi un piccolo colpo contro la nuca. Mi morsi il labbro inferiore, mandando via la delusione grazie a nuove immagini nella mia testa su possibili situazioni che mettevano in comune Levi e i cordini. 

“Che cazzo è quello sguardo?”, esclamò facendomi sussultare. Non lo avevo quasi mai sentito dire parolacce ma probabilmente perché non poteva mica farlo con i ragazzi. 

Scossi la testa, poggiando le mani sulle mie guance calde e sicuramente rosse. “Pensavo a cosa avessi sbagliato”, mormorai scrollando le spalle. Il capo reparto annuì dubbioso e assieme andammo a cambiarci per l’ammainabandiera. 

 

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La nostra passeggiata si era appena conclusa e mi ero letteralmente buttato sul mio sacco a pelo, chiudendo gli occhi per riposarmi, sentendo il sonno calare su ogni parte del mio corpo. Non mi andava neanche di cambiarmi e rimasi così finché non sentì Levi entrare nella tenda. 

Aprii gli occhi per guardarlo e notai ciò che aveva fra le dita: dei cordini. Alzai gli occhi al cielo e lui mi diede un calcio, senza farmi veramente male. In ogni caso non me lo aspettai e massaggiai il mio fianco, assumendo un’espressione offesa. 

“Mettiti seduto”, mi disse con decisione. Feci come mi aveva detto, preparandomi mentalmente a sperimentare ciò che gli esploratori vivevano ogni giorno. Non potevamo riprodurre delle legature e quindi le ripassammo a voce mentre creavo dei nodi con i cordini che mi aveva portato. 

Iniziai a sbadigliare dopo l’ultimo nodo che avevo fatto e lasciai i cordini per terra, strofinandomi una mano sul viso. Anche Levi sembrava nelle mie stesse condizioni ma, improvvisamente, prese un cordino e mi disse di allungare le braccia. 

“Ricordi il gioco che avevamo fatto quando eri in reparto?”, domandò e io aggrottai la fronte, tenendo le mani davanti a lui. Sgranai gli occhi quando iniziò ad avvolgere i miei polsi con la corda, senza stringere troppo. A quel punto ricordai. 

“S-si, alcuni dovevano slegare dei fantocci per salvarli, era una specie di staffetta”, mormorai agitato. La visione di Levi che mi legava i polsi mi faceva rabbrividire e decisi di stare fermo per non fare figuracce. Non riuscivo a guardare il suo viso, sentendomi in soggezione come sempre. 

Lui sorrise divertivo, curvando leggermente le labbra per pochi istanti. Mi morsi il labbro inferiore, il cuore che batteva troppo velocemente. 

“Sto ripassando il nodo per legare le mani”, mormorò ed ero sicuro di aver sentito una punta di malizia nel suo tono. Non dissi nulla ed annuii, guardando le mie mani inermi davanti a lui. 

Strinse leggermente la presa e finì la legatura, bloccando i miei polsi. A quel punto mi afferrò un braccio e mi spinse contro il mio sacco a pelo. Mi ritrovai sdraiato con Levi seduto su una mia gamba e le mie braccia sollevate. Il mio cuore perse un battito. 

“Ti ho bloccato. Non hai molti riflessi”, mi prese in giro, tenendomi un braccio con una sua mano. Non avevo avuto riflessi perché ero troppo impegnato a imbarazzarmi e forse eccitarmi con i suoi gesti. Sbuffai infastidito e cercai un modo per liberarmi dalla sua presa: era piccolo ma piuttosto forte. Mi passai la lingua fra le labbra lentamente, beccandolo a fissarmi e trovai quel momento perfetto per spingerlo via, usando la gamba che non mi aveva bloccato. 

Lo spinsi via, al mio fianco, e rotolai su di lui, mettendomi in ginocchio sul suo sacco a pelo, portando i polsi davanti a lui. “Slegami”, borbottai, facendo scivolare lo sguardo sulla sua espressione sorpresa che trovai impagabile. Desiderai stupidamente di chinarmi e baciarlo ma non lo feci. Le sue dita lunghe iniziarono a togliermi il cordino dai miei polsi. 

“Sei davvero cresciuto”, mormorò con una strana occhiata. Capii che mi stesse guardando, guardando sul serio, per la prima volta. Fino a poco fa ero ancora il ragazzino che aveva accudito per un anno in reparto ma ora si era reso conto che non lo ero più. 

Finalmente non sentii più la corda sulla mia pelle e decisi che era il caso di cambiarmi per andare a dormire. 

 

Giorno 5

 

Erwin aveva lasciato a me e Jean la serata libera dalle unità per poter stare con i nostri compagni di clan che erano appena arrivati al campo per aiutare con attività e in cucina. 

I giochi della sera erano finiti e per il momento della cena riuscii a ritrovarmi con i miei amici. Li raggiunsi nella zona del campo dove avevano sistemato le tende e decisi di presentarmi fingendo di essere ancora arrabbiato con loro.

‘’Ecco il giovane capo!’’, esclamò Connie con una risata. Sasha, al suo fianco, stava rubando qualcosa da mangiare tra ciò che serviva per la cena ma Marco le bloccò la mano. ‘’Dov’è la coppia felice?’’, chiesi, aggrottando la fronte. All’appello mancavano Ymir e Historia. Invece, in cucina si trovavano Reiner, Berthold ed Annie per aiutare Erwin. 

‘’Verranno domani, sono appena tornate dal loro primo viaggio assieme’’, mi rispose Connie, parlando ironicamente con voce acuta. Alzai gli occhi al cielo e gli diedi un colpo dietro al collo, facendolo sussultare. 

Mi sedetti sul telone, incrociando le gambe e poggiando le mani dietro di me, inclinandomi leggermente con la schiena. Presi un profondo respiro, sentendo nelle orecchie ancora le urla dei ragazzi che giocavano. Un po’ ti tempo con i miei amici mi avrebbe fatto del bene. 

“Che si mangia?”, domandai, sentendo il mio stomaco brontolare. Sasha si era messa ad aiutare Marco e aveva messo della verdura sulla griglia. 

“Dobbiamo fare anche la carne”, mi rispose quest’ultimo, rimanendo attento al fuoco vicino a noi. 

Mi sbottonai qualche bottone della camicia che ancora indossavo per via dell’ammainabandiera fatta poco fa, e mi godetti quel momento fra i miei amici, ricordando le mille serate che avevano passato così fin da piccoli. 

Per la cena ci raggiunsero anche Annie, Berthold e Reiner, avendo appena finito di preparare per i lupetti. Si sedettero fra di noi e assieme mangiammo la carne e la verdura grigliata dalle nostre gavette. 

“Armin ha detto che gli dispiace per il cambio di programma”, mi disse Annie. “Non lo ha fatto apposta, siete voi gli stronzi che mi avete mollato il compito”, risposi fintamente scocciato. 

Ripresi a mangiare finché Reiner non mi toccò un braccio. “Non so se sia più stancante stare in unità o aiutare Erwin. Almeno non devi cucinare tutto il tempo.”

E potevo stare con Levi, pensai fra me e me. 

“Per farci perdonare abbiamo portato della birra per stanotte.” 

Non mi faceva impazzire bere ma con i miei amici lo facevo e mi fece piacere avere la possibilità di stare con loro senza pensare al reparto per un po’ di ore.

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Io e Levi stavamo girando fra le tende, intimando a una squadriglia di mettersi a dormire immediatamente poiché il giorno dopo sarebbe stato faticoso. La luce oltre il tessuto della tenda si spense. 

‘’Io vado dagli altri’’, dissi al capo reparto quando fummo lontani dagli esploratori. Mi guardò aggrottando la fronte ma si limitò ad annuire. In realtà mi dispiaceva non andare con lui a fare una passeggiata, ne sentivo il bisogno ma volevo anche passare un po’ di tempo con i ragazzi.

Li raggiunsi e mi sedetti vicino a Marco, afferrando la birra a metà che Reiner mi stava porgendo e ne bevvi un sorso, iniziando a chiacchierare con loro. Raccontati dei giochi, di come mi trovavo con gli esploratori e alla fine parlai di Levi.

‘’Armin ha detto che avevi paura che ti sgridasse per tutto’’, mi disse Annie, sollevando un sopracciglio. Rigirai la bottiglia in vetro fra le dita e scrollai le spalle.

‘’Non avevo voglia di sentire rimproveri anche quando non sono più in reparto. Però è stato meglio di come pensavo il primo giorno.’’

Jean mi diede una gomitata ridacchiando, raccontando a tutti della cotta stupida che avevo per Levi quando eravamo esploratori. ‘’Andava da solo nel bosco per farsi trovare da lui.’’

Sentii gli altri ridere mentre io arrossivo e bevvi un gran sorso di birra per nascondermi ma Jean non voleva smettere di prendermi in giro. Immaginavo lo sapessero, quando sei piccolo non riesci a nascondere certe cose facilmente e in realtà volevo farmi notare da Levi. Ma era solo una stupida cotta da ragazzini, non sapevo perché me la stessi prendendo così tanto. Il ricordo della sera prima mi balenò nella mente all’improvviso.

‘’Dai, smettila’’, sentii Marco sussurrare verso Jean. Quel ragazzo era troppo gentile per essere suo amico. Gli rivolsi un piccolo sorriso di ringraziamento.

‘’Ho notato come lo guardi, comunque. Mi sa che non ti è passata del tutto’’, sibilò Jean al mio orecchio e mi morsi l’interno della guancia per evitare di rispondere bruscamente. Mi limitai a sorridere, fingendo che la cosa non mi avesse turbato. ‘’Pensa alla tua cotta per Mikasa, invece di scocciarmi’’, borbottai e la nota di irritazione nella mia voce la sentirono tutti. 

Finii la birra e mi alzai, lasciando la bottiglia sul telone. Dissi che mi sentivo stanco e mi avviai verso la tenda che condividevo con Levi, pensando a quanto volessi darmi un pugno da solo per aver fatto capire a tutti ciò che provavo. Non ne ero davvero sicuro ma non ero neanche stupido: non era solo affetto quello che sentivo. 

Camminai velocemente, immerso nei miei pensieri, e quando aprii la cerniera della tenda ci impiegai troppi secondi per capire cosa avessi davanti ai miei occhi. Levi Ackerman, il capo reparto, si stava toccando dentro al suo sacco a pelo con un’espressione sul viso che non credevo di poter mai vedere nella mia esistenza. Sgranai gli occhi davanti alle sue labbra schiuse e i suoi capelli arruffati e cercai qualcosa da dire prima che anche lui si accorgesse effettivamente di me.

‘’Merda’’, sussurrò preso dal panico e si mise velocemente seduto dopo essersi probabilmente sistemato il pigiama o i boxer o qualsiasi cosa stesse indossando al momento. Non sapevo come sentirmi, sapevo solo che non dovevo provare nessun brivido di piacere o quella sensazione di calore che stava raggiungendo una certa parte del mio corpo. 

‘’Ehm, io… devo andare in bagno’’, borbottai prima di voltarmi e uscire da quella maledetta tenda, sforzandomi con tutto me stesso di non tornare indietro per aiutarlo. 

Sentivo le mie guance andare a fuoco e decisi di farmi una passeggiata, sentendone il bisogno ora più che mai. Purtroppo non mi calmò come tutte le altre volte. 

Quando tornai nella tenda ero ancora agitato e per fortuna Levi stava dormendo, dandomi le spalle. Sospirai profondamente e mi passai le dita fra i capelli, cosa diavolo mi stava succedendo? Perché dovevano sempre capitarmi queste cose? Non volevo nessuna situazione di imbarazzo fra di noi ma ormai era troppo tardi per evitarlo. Mi cambiai velocemente e mi infilai nel sacco a pelo, cercando di dormire ma ogni volta che chiudevo gli occhi vedevo il viso di Levi travolto dal piacere. Dato che proprio non ne volevo sapere di addormentarmi, feci scivolare una mano verso il cavallo del mio pigiama e iniziai ad immaginare il mio capo reparto fare la stessa cosa.

 

Giorno 7

 

La mattina del settimo giorno fu diversa dalle altre. Il sole che ci aveva accompagnato per tutta la settimana era sparito da qualche parte, lasciando spazio a grosse nuvole scure che ne oscuravano la luce. Sospirai guardando verso l’alto: questo tempo rifletteva esattamente il mio umore. 

Il giorno prima io e Levi ci eravamo delicatamente ignorati. Lui era tornato il freddo e severo capo reparto e io non riuscivo a guardarlo senza imbarazzo. Avevamo parlato solo di cose riguardanti le attività e avevo passato il mio tempo libero con i miei amici, lasciando perdere ogni frecciatina di Jean. Avevo ricevuto qualche strana occhiata preoccupata da parte di Mikasa ma non mi andava di parlarle di cose mi turbava. Ero sicuro che ne avrebbe voluto discutere con Levi e volevo proprio evitare un’altra situazione imbarazzante. 

Mi infilai il maglione sopra la camicia e decisi di fare un giro fra gli esploratori, non avendo niente di meglio da fare e non potendo allontanarmi dall’unità. Guardai i ragazzi che si preparavano la colazione dato che avevamo appena finito la cerimonia d’apertura, e raggiunsi la squadriglia cervo. 

“Che preparate?”, domandai, poggiandomi al loro tavolo. Gabi, che stava controllando il fuoco, mi rispose con “acqua del the.”

Annuì semplicemente e rimasi in silenzio, osservando come se la cavavano. Litigarono per qualche stupido motivo e un’esploratrice si bruciò un dito toccando il pentolino caldo. 

Mi avvicinai per guardare quanto si fosse fatta male e notai una piccola macchia rossa così andai con lei verso i rubinetti per bagnarle la pelle con acqua fredda. Quando tornai il resto della sua squadriglia si era versato il the e ne avevano preparato una tazza anche per lei. 

“Non dire a Levi che si è fatta male”, iniziò Gabi, guardandomi preoccupata. Quella ragazzina non era mai intimorita da niente e nessuno, era sempre su di giri e assomigliava a me quando ero più piccolo. Ero il primo a buttarmi nei giochi dove bisognava sporcarsi ed ero il primo a finire con un ginocchio sbucciato. La differenza era che io non vincevo molto spesso mentre lei era davvero abile. 

“Paura?”, la presi in giro con una risata ma poi tornai serio, “la prossima volta state più attenti. Non si è fatta nulla ma se le fosse caduta l’acqua addosso sarebbe stato molto peggio.”

I ragazzini annuirono, sinceramente dispiaciuti. Sospirai e decisi di alleggerire la situazione. 

“Levi è stato anche un mio capo, più o meno. Ha prestato servizio in reparto quando c’ero anche io”, raccontai a Gabi che era tornata quella di sempre con quel cipiglio sfacciato che la caratterizzava. “E com’era?”

“Non tanto diverso da ora, intimoriva di meno.”

Sapevo che non avrei dovuto parlarne con loro ma al momento non mi interessava, era una piccola vendetta su di lui. “A me piace come capo reparto, abbiamo e stiamo imparando molto”, mi rispose la ragazzina che si era fatta male. 

“Anche io ho imparato molto da lui, probabilmente sto ancora imparando qualcosa. Però mi fa paura comunque”, mi limitai a dire, senza parlare delle cose che non approvavo completamente nel suo metodo. Io non sarei stato così rigido. 

“Facciamo le legature meglio di te”, rise Gabi, facendomi arrossire. Forse non aveva tutti i torti però io non le facevo più spesso come loro e glielo dissi, facendola sembrare una scusa bella e buona. 

 

____________

 

Dopo pranzo iniziò a piovere e decisi di entrare nella tenda per rimanere un po’ da solo, non potendo andare da nessun’altra parte. Gli esploratori avevano messo dei teloni sopra i tavoli e si trovavano li sotto in attesa che smettesse. Petra e Levi dovevano trovarsi qua fuori, anche loro protetti da un telone. 

Portai le gambe al petto, sospirando profondamente. Lo scrosciare della pioggia mi impediva di sentire altri rumori oltre ad essa e quindi non mi accorsi che qualcuno avesse aperto la cerniera della tenda. Quando sollevai lo sguardo quasi sussultai vedendo Levi chinarsi per sedersi al mio fianco. 

“Dio, mi hai spaventato”, borbottai, portando una mano sul petto per sottolineare la cosa. Il ragazzo mi lanciò un’occhiataccia e si tolse il maglione, facendo sollevare leggermente parte della maglietta al di sotto. Guardai la pelle candida e liscia del suo addome, deglutendo subito dopo per le immagini che si formarono nella mia mente. 

“Che hai, moccioso?”, sbuffò lui, lasciandosi cadere contro il suo sacco a pelo. Lo fissai senza dire nulla, aspettando che continuasse a parlare. Era entrato nella tenda per parlarmi, ne ero più che sicuro. 

“Ascolta, per l’altra volta, mi dispiace”, mi disse lentamente senza guardarmi. Abbassai gli occhi verso le mie ginocchia ricoperte di graffi e sospirai.

“Non pensavo saresti tornato così presto e non pensavo neanche ti saresti imbarazzato in quel modo. Eren, so che anche tu lo fai”, si irritò Levi. In effetti ero un idiota per aver reagito così, come se non sapessi che anche lui si masturbasse. 

“Hai ragione”, mormorai, ripentendomi mentalmente le sue parole nella testa. Quando aveva detto “so che anche tu lo fai” avevo sentito la sensazione di calore dell’altra volta, immaginando di essere stato scoperto io al suo posto. Non provai vergogna ma una leggera eccitazione. 

“Bene, allora smettiamola di comportarci come se fossimo in terza media”, poggiò una mano su una mia spalla e sollevai lo sguardo su di lui, in ginocchio davanti a me. 

Rimanemmo fermi a guardarci per lungo tempo ed ero quasi sul punto di credere che mi avrebbe baciato ma poi si alzò per uscire dalla tenda. 

Liberai il respiro che stavo trattenendo e mi buttai contro il sacco a pelo, sentendomi veramente uno stupido nel sperare certe cose. Non voleva baciarmi, non provava qualcosa per me, ero solo uno stupido che aveva una cotta che non sarebbe andata da nessuna parte. Avevo diciannove anni e ne dimostravo tredici. 

 

Giorno 9

 

Era l’ultima notte di campo, il giorno dopo saremmo tornati a casa, in città, al caldo estivo e all’assenza di natura libera. Volevo godermi quella serata al massimo e avevo deciso di andare da solo verso la piscina naturale, camminando fra gli alberi lentamente per imprimere ogni particolare nella mia mente. 

Le nuvole che si era presentate l’altro giorno ed erano rimaste fino a ieri, erano sparite, permettendomi di vedere bene le stelle fra i rami. Lo spettacolo mi portò a sorridere ampiamente e più volte mi fermai per sollevare lo sguardo verso il cielo. Una vista così non l’avrei avuta fino alla prossima gita e il pensiero mi rese triste. I parchi cittadini non erano belli quanto questo bosco. 

Finalmente raggiunsi la pozza e con mia grande sorpresa c’era Levi, con le gambe immerse in quell’acqua. Curvai le labbra in un sorriso e lo raggiunsi, mettendomi al suo fianco facendo un po’ di rumore per fargli accorgere della mia presenza. 

La sera prima avevamo di nuovo passeggiato assieme ma senza venire qui poiché voleva farmi vedere qualcos’altro. Avevamo raggiunto i resti di un convento e assieme avevamo immaginato come fosse, facendo una specie di gioco. Sembrava che tra di noi fosse tornato tutto come prima eppure non ne ero totalmente felice. Mancava qualcosa. 

“Silenzioso come un elefante”, mormorò lui, muovendo le gambe per non farle intorpidire. 

“Non volevo farti spaventare. Poi avrei dovuto salvarti se fossi caduto in acqua”, lo presi in giro, ignorando la stretta al cuore che provai quando rise. Da quando ero diventato così sensibile? 

“Non mi dispiacerebbe fare il bagno.” 

Aggrottai la fronte e toccai l’acqua, rabbrividendo subito dopo. Lo guardai come se fosse pazzo e lui poggiò una mano sulla mia schiena. Pochi istanti dopo mi ritrovai nel laghetto, seguito da lui. Il mio corpo iniziò a tremare con i vestiti bagnati che stavo indossando e se non fosse per quello non avrei saputo dire se stessi sognando o meno. Il serissimo capo reparto mi aveva appena fatto cadere in acqua con i vestiti addosso e mi aveva seguito, con i vestiti addosso. Lo guardai senza parole e lui rise, avvicinandosi a me, sfiorando il mio corpo con il suo. Il mio cuore traditore stava battendo fortissimo e iniziai a parlare, temendo che potesse sentirlo. “Perché lo hai fatto? È freddissima, mi sto gelando. Dovresti essere più serio, sei il...”

“Ma stai zitto un po’.”

Mi bloccò e premette le sue labbra sulle mie, facendomi sgranare gli occhi. Se ne accorse e si allontanò, guardandomi con un’espressione illeggibile. 

“Che cazzo...”, mormorai confuso, sorpreso e felice. Lui schiuse le labbra per rispondermi ma lo fermai, baciandolo una seconda volta. Chiusi gli occhi e afferrai il suo maglione bagnato fra le dita, attirandolo vicino a me per sentire il calore del suo corpo. 

Le sue labbra erano fredde sulle mie, per via dell’acqua, ma non mi staccai e le avvolsi in un bacio frenetico. Mentre muovevamo le nostre bocche mi accorsi che avevo aspettato quel momento per anni e quasi non ci credevo ora che stava accadendo. 

Le sue mani toccarono i miei capelli e li strinsero fra le dita, portandomi a schiudere maggiormente le mie labbra per poi accogliere la sua lingua nella mia bocca. Fra un bacio e l’altro cercammo di riprendere fiato per non doverci staccare troppo a lungo. Mi sentivo in paradiso e avevo dimenticato completamente l’acqua fredda attorno a me, troppo concentrato a godermi ogni secondo del nostro contatto. 

Infilai le dita sotto al suo maglione, toccando la sua pelle in un modo che avevo solo desiderato. Gli strinsi i fianchi e gli feci premere il corpo contro il mio mentre lui mi stava tirando verso il basso dal fazzolettone, per non doversi alzarsi in punta di piedi. Le mie labbra si mossero con intensità per baciarle le sue, sempre più gonfie e piacevolmente calde ora che erano asciutte. 

Ci dovemmo staccare per prendere fiato e rimasi ad occhi chiusi, godendomi il respiro affannato di Levi davanti a me. “Dovremmo... si, dovremmo andare in tenda per cambiarci”, sussurrò con difficoltà e sorrisi, scostando le mani dal suo corpo per poter uscire da quell’acqua gelida. 

Tornammo alla tenda velocemente e con i vestiti gocciolanti. Ce li togliemmo prima di entrare e quando rimasi in boxer non seppi che fare. 

“Ricordarti che anche io ho le tue stesse parti del corpo, quindi puoi anche toglierli davanti a me”, sbuffò Levi mentre si abbassava l’intimo proprio davanti ai miei occhi. Arrossì profondamente e distolsi lo sguardo, non volendo creare strane situazioni vicino al reparto. Lo imitai ed entrai velocemente in tenda, lasciando i miei vestiti nel catino al di fuori.

Mi infilai dei boxer puliti e il pigiama mentre Levi mi raggiungeva, vestendosi poco dopo di me. A quel punto mi voltai verso di lui e pochi secondi dopo sentii la sua bocca premere sulla mia. Lo attirai sul mio grembo e si sedette, avvolgendo le gambe attorno ai miei fianchi. I nostri bacini si toccavano leggermente, creando brividi di piacere per tutto il mio corpo. 

Gli presi il viso fra le mani per costringerlo a continuare a baciarmi, stavolta con più dolcezza rispetto a prima. Gli accarezzai le labbra con le mie delicatamente, stuzzicandolo con i denti e con la lingua ogni tanto per sentire qualche suo piccolo verso. Giocai con i suoi capelli umidi e mi beai della sensazione della sua pelle sotto i miei polpastrelli. 

Mi scostai dalla sua bocca per respirare e per evitare di eccitarmi sotto di lui. La curiosità venne a galla mentre iniziò a baciarmi il collo, mandando a quel paese i miei buoni propositi sul non eccitarmi. Iniziai a sentire i boxer diventare leggermente scomodi quando lui mi morse un lembo di pelle vicino alla mia spalla. 

“Perché mi hai baciato?”, sussurrai, cercando di non gemere quando lui succhiò la pelle con decisione. Passò la sua lingua umida in quel punto e io sospirai, stringendo i suoi capelli. “Volevo farlo”, mi rispose a bassa voce, baciando poi la mia spalla dopo che scostò il tessuto del pigiama con una mano. Non riuscivo a credere che stesse succedendo, mi sentivo totalmente inebetito. 

“Si, ma... provi qualcosa per me?” 

Dopo aver parlato lui si bloccò e desiderai di schiaffeggiarmi da solo. “Uhm, forse”, borbottò come se non volesse davvero dirmelo. Sorrisi e gli accarezzai i capelli, sentendo nuovamente le sue labbra sulla mia spalla. Mi baciò la pelle e sollevò il viso per baciarmi la bocca ancora una volta. Intrecciai la lingua alla sua durante il bacio, sentendo il solito calore farsi presente nel mio corpo. Feci scivolare le mani verso le sue gambe, coperte da dei pantaloncini, e le accarezzai, avendo sognando quel momento tante volte. Quando gli strinsi il fondoschiena mi trattenni dal sorridere compiaciuto sulla sua bocca. 

Si staccò da me mugolando e mi morse il labbro inferiore, facendomi sfuggire un verso simile al suo. Tenni le mani nel punto di prima anche quando ci allontanammo completamente e lui mi lanciò un’occhiataccia. “Considerati fortunato”, sussurrò minaccioso e io risi, baciandogli dolcemente un angolo della bocca. 

“Lo sono”, sospirai sulle sue labbra che baciai più volte, ignorando le sue proteste e il suo cercare di allontanarmi. Ora che potevo farlo volevo farlo. 

Mi piaceva il Levi di ora, che scherzava, si imbarazzava mentre lo toccavo e mi coccolava. Mi piaceva anche il Levi capo reparto e il Levi che faceva le passeggiate con me. Mi piaceva ogni cosa di lui, a partire dai suoi difetti che in quel momento trovavo adorabili. Però non glielo dissi o mi avrebbe sicuramente dato un calcio. 

“Ora dormiamo o ti toccherà fare come l’altra sera.”

Aggrottai la fronte alle sue parole, non capendo di cosa stesse parlando ma dopo qualche secondo capii e scossi la testa, arrossendo violentemente. 

“Pensavo dormissi”, brontolai mentre lui si sistemava nel suo sacco a pelo, ridendo con vero divertimento. Mi nascosi nel mio, sollevandolo oltre la mia testa, cercando di non eccitarmi all’idea di essere stato scoperto. 

 

Ultimo giorno

 

I genitori se ne erano andati un’ora fa con i loro figli, lasciando noi del clan e i capi a pulire e caricare le cose. 

Io e Petra stavamo sistemando le casse del reparto dentro il rimorchio di Erwin, mentre Levi vi metteva le cose che avevamo usato noi. 

Dopo aver finito decisi di andare verso il caseggiato per aiutare a pulirne gli ambienti. Trovai Jean ed Erwin che finivano di sistemare la cucina, mentre mia sorella si trovava nel refettorio. 

“Ti serve una mano?”, le domandai, guardandola mentre passava la scopa per terra, togliendo tutta la terra e la polvere che si era depositata oggi. “Fai i bagni”, mi rispose brevemente e annuì, afferrando ciò che mi serviva per poi andare a pulire. Non mi faceva impazzire pulire i bagni però potevo stare un po’ da solo con i miei pensieri. 

Mentre strofinavo uno straccio su i lavandini, ripensai ai baci della sera prima. Quando mi ero svegliato mi era sembrato un sogno ma poi lui me ne aveva dato uno veloce prima di uscire dalla tenda. 

Per tutto il giorno avevamo parlato poco e solo di cose riguardanti le attività con i genitori e non avevo ancora realizzato che sarei tornato alla vita di tutti i giorni. Non volevo andarmene, ero esausto e avevo bisogno di riposarmi, ma non mi andava di tornare in città e stare lontano da Levi e dalle nostre passeggiate. 

Ripresi a pulire, completamente immerso nei miei pensieri, mettendoci forse troppo tempo dato che Mikasa mi raggiunse. “Stiamo per andare, hai finito qui?”, mi domandò avvicinandosi. Poi mi fissò, corrugando la fronte, “cos’è quello?”, borbottò, indicando un punto nel mio collo. Sbiancai per essere stato scoperto da mia sorella dopo neanche ventiquattro ore. 

“Ah, n-niente, ho sbattuto.”

Lei non mi credette ma non disse nulla e uscì dal bagno. Ripresi a pulire più velocemente di prima e raggiunsi gli altri che si stavano dividendo nelle macchine. Erwin poggiò una mano su una mia spalla e mi propose di tornare con lui, Levi e altri due del clan che non avevano l’auto. Annuì semplicemente, deciso ad evitare Mikasa fino al momento in cui saremmo tornati a casa. 

Salì nell’auto, sedendomi di fianco a Connie e Sasha mentre Levi andò davanti. Fortunatamente eravamo tutti troppo stanchi per intraprendere una conversazione. I due miei amici si addormentarono poco prima di me, poi li imitai cullato dalle voci di Erwin e Levi che si  raccontavano com’era andato il campo. 

Quando aprii gli occhi eravamo appena arrivati e mi sentivo piuttosto stordito. Scesi lentamente dall’auto e presi lo zaino da dietro, tenendolo per terra. 

Iniziammo a salutarci, promettendo di sentirci su quando fare altre riunioni per il clan e infine rimasi da solo con Levi. Mia sorella stava parlando con Jean e Hanji di qualcosa sul branco e io mi ritrovai di fianco al capo reparto. 

“Non vai via?”, gli domandai, tenendo lo sguardo basso sulla punta dei miei scarponi. Lui mi toccò un braccio, strofinando le dita sulla mia camicia quasi impercettibilmente prima di parlare, “volevo parlarti di una cosa. Mi piacerebbe facessi servizio in reparto per tutto l’anno prossimo. Ormai Armin ha finito.”

Lo guardai confuso e poi accennai un sorriso. Avrei voluto accettare subito solo per passare più tempo con lui ma anche per gli esploratori con cui avevo legato in questi dieci giorni. 

“Mi piacerebbe. Ora voglio chiederti io una cosa”, mormorai, non volendo farmi sentire da nessuno, “cosa siamo io e te?”

Non potevo tornare a casa con questo dubbio, con il non sapere se ci saremmo baciati altre volte o no. Levi allungò le dita verso il mio fazzolettone e mi tirò verso il basso, baciandomi velocemente a stampo. 

“Usciamo assieme quando ti riprendi dal campo e vedremo”, mormorò sulla mia bocca e mi trattenni dal sorridere ampiamente. 

 



 
   
 
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