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Autore: chemist    16/06/2019    2 recensioni
Si è detto e scritto tanto, negli anni, degli ultimi giorni di Freddie Mercury, leggendaria voce dei Queen; molti sostengono che siano stati emozionanti e quasi teatrali, un pò come tutta la vita di questo straordinario artista.
Me li sono immaginati molte volte e oggi provo a raccontarli in maniera autentica ed allo stesso tempo grandiosa, come si addice al più grande frontman della storia della musica.
Genere: Drammatico, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, Mary Austin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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(Punto di vista di Brian)
“Dobbiamo ancora scegliere il titolo. Sai, avevo pensato di chiamarla The Show Must Go On”, disse Brian, sedendosi e appoggiando la chitarra sul tavolo.
Erano in studio da diverse ore e si sentiva stanco, quasi affaticato: d’altronde, il loro nuovo album, Innuendo, aveva tutti i presupposti per divenire un lavoro epico, e come tale stava richiedendo ogni goccia d’energia ancora presente nei loro corpi e nelle loro menti. Si voltò verso John e Roger: anche loro sembravano stanchi, ma nei loro occhi sembrava esserci qualcos’altro, una punta di malinconia che, per qualche motivo, sembrava essere scaturita da quanto lui aveva appena detto.
“Un nome splendido!”, disse improvvisamente Freddie, dopo qualche secondo di silenzio. Lui se ne stava leggermente in disparte davanti ad uno specchio, ad osservare con aria insoddisfatta la propria immagine riflessa. Era ormai da diversi mesi che lo faceva. In verità, ne aveva tutte le ragioni: era così diverso ora. Brian lo ricordava ancora come quell’uomo dall’iconico baffo che, a cavallo tra il 1985 e il 1986, aveva fatto letteralmente impazzire il Wembley Stadium, continuando a dimenarsi senza sosta e a trascinare il pubblico come solo lui sapeva fare.
Adesso invece appariva più basso e decisamente più esile, magro oltre ogni limite, con un volto bianco, spoglio di qualsiasi espressività. E con gli occhi tristi, troppo tristi per uno come lui. Riuscì comunque ad accennare un sorriso.
“Si, lo è…ma non possiamo utilizzarlo, Freddie”, disse Brian, ricambiando il sorriso. L’impressione, però, era che ci fosse ben poco da stare allegri. “Troppo prevedibile, ci sommergeranno di domande”.
“Non dire idiozie, Brian. Sei tu che hai scritto la canzone, e se vuoi che si chiami così devi fregartene di quello che diranno i giornalisti. È un titolo perfetto”, rispose quella gracile persona che, nonostante tutto, si sforzava di sembrare autoritaria.
Più tardi, dopo aver registrato le parti strumentali, arrivò il turno di Freddie di cantare. Gli altri erano in attesa quando si avvicinò e, tremando, disse loro: ”scusatemi ragazzi, mi assento solo per qualche momento: torno subito e finiamo la canzone”; quindi, barcollando, si avviò lentamente verso un’altra stanza.
Fu in quel momento che Brian, John e Roger capirono davvero tante cose: che non ce l’avrebbe fatta, che si stava trascinando in uno sforzo troppo grande, che presto li avrebbe lasciati. Nelle settimane precedenti si convinsero che avrebbe potuto resistere. Ora avevano tutti e tre gli occhi lucidi.
Brian lo raggiunse nell’altra stanza: lo trovò disteso su un divano, sudato per la febbre e incapace di controllare adeguatamente i propri muscoli. Gli si avvicinò con discrezione, ormai era abituato a questi momenti. “Ehi Fred, come stai?”. “Ho paura, Brian. Non sono pronto a morire”, rispose l’amico, in uno sguardo opaco e con la voce incrinata dal pianto.
“Sta’ calmo, Fred. Va tutto bene. Devi solo riposare”.
Freddie rimase in silenzio per un po'. In quel silenzio c’era davvero tutto. Brian credette di ripercorrere con la mente tutte le tappe del loro viaggio, quel viaggio che li aveva portati sul tetto del mondo e nei cuori di milioni di persone, ma che adesso gli stava anche portando via l’amico di una vita.
“Brian, caro, fammi un favore”, disse Freddie, rompendo gli indugi. “Versami un bicchiere di vodka e dammi qualche momento per riprendermi”.
Brian sapeva che la vodka non era la migliore delle cure in attimi come quello, ma non se la sentiva di andargli contro con stupide raccomandazioni. Si alzò dal divano e fece come gli aveva detto. La vodka era fredda come le mani di Freddie, ed il bicchiere di vetro fragile come la sua anima.
In qualche modo, Freddie trovò la forza di rialzarsi, bevve un sorso, lo assaporò e donò a Brian uno sguardo acuto, compiaciuto, di quelli che non apparivano da tempo sul suo viso. Infine incitò Brian a tornare in studio.
“Fred, aspetta: volevo chiederti scusa. È colpa mia. Quei versi, quelli di The Show Must Go On…sono così alti…non avrei mai dovuto chiederti di cantarli”.
Freddie sorrise: ”oh, non preoccuparti caro. Ce la faccio. Giuro che ce la faccio”.
Poi accadde l’inaspettato: Brian lo vide tornare al suo posto, quello che era il suo posto da anni, prendere il microfono e cantare la canzone tutta d’un fiato, come se non fosse successo assolutamente niente.
Era davvero come se in quel corpo, ormai logorato dall’età e dalla malattia, risiedesse un’anima sovrannaturale, che avrebbe vissuto per sempre.


(Punto di vista di Mary)
Quando arrivò a casa di Freddie, c’erano già tutti. C’erano Brian, John e Roger; c’erano i genitori e la sorella, ovviamente; e c’era anche Jim Hutton, il suo ultimo compagno.
Vedendola arrivare, gli occhi di Freddie si accesero di una luce nuova: “Mary, amore mio. Grazie per essere venuta”.
“Ciao, Freddie…”, rispose lei, con la voce che già iniziava ad appesantirsi per il dolore.
“Vi dispiacerebbe lasciarci soli per un po'?”, disse lui, rivolgendosi agli altri presenti. Che, comprendendo, uscirono dalla stanza.
Si ritrovarono quindi soli, come tanti anni prima, alla loro prima notte insieme. Solo che adesso c’era un tipo di intimità totalmente differente.
“Mary, sto per morire. E’ un vero schifo: non avrei mai voluto farlo così presto, e di certo non avrei voluto farlo in questo modo. Ma è così. Almeno sono contento di trascorrere le mie ultime ore con te. Credimi, sei stata molto più importante di quanto tu possa immaginare, per me. Volevo solo dirti che nel testamento che ho consegnato alla mia famiglia ho scritto che lascerò metà del mio patrimonio a te. Oh, e volevo anche darti questo”.
Freddie aprì un cassetto vicino al suo letto, e ne tirò fuori un foglio ingiallito dal tempo. Lo consegnò a Mary, che immediatamente lo aprì.
Love of my life, you’ve hurt me
You’ve broken my heart and now you leave me
Love of my life, can’t you see?
Bring it back, bring it back
Don’t take it away from me
Because you don’t know what it means to me

“E’ la canzone che scrissi anni fa. Love Of My Life. La dedicai a te, e continuai a dedicartela ogni singola volta che l’ho cantata. Grazie per essere stata al mio fianco per tutto questo tempo”.
Mary, in lacrime, non sapeva cosa dire, così si convinse che forse era meglio non dire nulla. Si limitò a stringersi al petto di Freddie, e a dargli un ultimo bacio.
Poco dopo, uscendo dalla stanza, incrociò lo sguardo di Brian. Si conoscevano da tempo: era stato Brian a presentarle Freddie, e Brian per primo aveva provato qualcosa per lei, lo sapeva. Ma era riuscito a dimenticare tutto e a restare un ottimo amico di entrambi.
Si abbracciarono, sciogliendosi insieme in un unico pianto.



[Ecco il mio personale racconto immaginario degli ultimi istanti della vita di Freddie Mercury, un artista straordinario ed uno dei miei cantanti preferiti. Ho voluto scrivere il tutto dal punto di vista di Brian May e Mary Austin perché, senza nulla togliere agli altri, li ho sempre visti come le due persone più vicine a Freddie. E’ la mia prima fanfiction, quindi vi chiedo di perdonare se dovessero esserci errori grammaticali o di stesura in generale. Qualunque recensione o commento è ben accetto :) ]
   
 
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