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Autore: HikariRin    27/06/2019    1 recensioni
Un rumore sordo dietro a me interrompe il fluire dei ricordi relativi alla nostra ultima missione. La stanza del server, le ragazze rosse, la morte delle mie più fidate compagne; vidi N.4 scomparire per sempre. Ho sempre pensato che sarei dovuta essere io al suo posto, ma in seguito ho realizzato quanto erano vere le parole di N.21. I ricordi possono darci speranza. Non siamo vive, ma siamo stati fatte ad immagine dei nostri creatori. Ero rassegnata, ma ora so che qualcuno mi ha voluta con sé. Non posso ancora morire.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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{ Human } x { YoRHa }

 

Sono un androide.

Ho sempre cercato di ripetermi questo; anche se mi hanno spesso detto di essere umana.

 

Sono un androide, esattamente come loro; come la ragazza che si aggrappa a lui e versa tutte le sue lacrime, come il ragazzo che dolcemente le sfiora i capelli e le sorride.

Ho conosciuto queste persone, nonostante non fossimo umani una mia vecchia amica le chiamava così. Dava loro un nome, considerava le loro differenti memorie e personalità, e con la sua consapevolezza mi rapiva. Sono anche stata investita delle memorie della ragazza, del peso che ha portato per una vita intera.

“2B, posso continuare a chiamarti 2B?”

La ragazza solleva il viso e per un attimo smette di respirare. Lo vedo, lo sento. Per la prima volta nella mia vita sento il bisogno di liberarmi dello stesso peso. Più di una volta lei si era chiesta se quelli che considerava peccati lo fossero per qualcun altro. Anche a me sembra di portare le medesime colpe.

Non perché sia pentita delle mie scelte, no di certo. Semplicemente anch’io ho ucciso diverse volte.

“Sì.”

Non l’ho mai considerato qualcosa per cui essere punita, fino a che non ho incontrato lei. Abbiamo certamente una cosa in comune, per la quale entrambe siamo state scelte da qualcuno. Siamo risolute.

 “2B, grazie per avermi salvato.”

Conosciamo il dolore di vivere e il dolore della morte di chi amiamo.
 

“Non vuoi combattere?”
 

“Perché conosciamo la tristezza, anche se siamo androidi?”

 

“Perché dobbiamo adattarci a situazioni differenti.”

 

Conosciamo i sentimenti dei nostri creatori...

 

“Se fosse meglio essere come gli umani, allora anche noi dovremmo esserlo.”

 

Ma siamo androidi.

 

~

 

“Ti stai mostrando di nuovo debole, N.2”

 

“Potrai anche essere il leader di N.21, ma il mio è soltanto Rose!”

 

“Grazie per avermi dato un motivo per vivere…”

 

“Ciò che ci serve ora sono alleati! Per favore, cercate di capire!”

 

“Rose! Fidati di noi! È il compito di un leader proteggere i propri compagni, non è cosi?”

 

“Come pensavo, questo ruolo di comando è una responsabilità troppo grande per me.”

 

 

Mi faccio strada verso l’accampamento della Resistenza, dove mi attende l’unica faccia amica che mi sia rimasta. C’è stato un momento in cui credevo che tutti fossero miei nemici. Le macchine, gli androidi. Un momento in cui avevo capito che fin dall’inizio ero destinata a sparire; la vita era divenuta mio nemico.

Mi facevo strada tra le macerie, cercando qualcosa di intatto in me; come quella ragazza.

Il modello sperimentale grazie al quale avevo imparato a credere in me stessa la definiva la mia ‘umanità’.

Ho visto dell’umanità nella crudeltà con cui colei che scelse me chiamava se stessa ‘maledetta’.

 

“Mi sei sembrata sincera. Sei proprio come un’umana.”

 

Mentre afferravo la sua spada, le parole di Rose risuonavano nella mia mente. Mi era stata data ancora una volta la possibilità di espiare le mie colpe. Essere l’unica ancora in vita era come una maledizione. I miei nemici tornarono ad essere il mio torpore e il mio risentimento. Mi resi conto di quanto è preziosa la vita.

Anemone mi scorge da lontano, mi sorride con una punta di tristezza. Siamo unite da questo; il rimpianto.

Mi avvicino a lei superando facce sconosciute, notando l’assenza di amiche che ci hanno aiutati, ma lei non abbassa lo sguardo come me; lei ha imparato a superare a testa alta ogni giorno il fatto di temere la morte.

Da lei e dalle sue compagne ho imparato che non è per noi stesse che viviamo; i membri della Resistenza hanno sempre combattuto per proteggere la propria famiglia. In questo, noi YoRHa non siamo diversi.

La circondo con le mie braccia, e lei si irrigidisce per un attimo. Non è abituale per noi androidi. Solo quando io per prima mi abbandono sulla sua spalla lei mi cinge a sua volta, e la sento prorompere in pianto.

“Sei tornata.”

“Ho tentato di lasciare questo mondo, ma non ho potuto.”

I suoi singhiozzi si fanno più forti; le mie parole devono averle ricordato il suo senso di colpa. Si aggrappa a me con tutta la forza che le resta, quella con la quale aveva giurato che avrebbe continuato a combattere.

Il suo cappuccio scivola dolcemente sulle sue spalle; mentre lascio scorrere le mie dita fra i suoi capelli per donarle un po’di conforto, noto che è ancora di un profilo delicato e fragile, come l’avevo conosciuta.

“Non è ancora il mio momento.”

Annuisce e si solleva, sorridendomi gentilmente; è sempre stata piuttosto prudente, ma questa è l’espressione che ai miei occhi la rende migliore. Credo di avere ancora molto da imparare da lei.

“Qui ci sarà sempre un posto per te.”

Sorrido a mia volta, ma lei volge immediatamente lo sguardo altrove. Mi volto seguendo i suoi occhi, e dietro di noi ritrovo i due soldati YoRHa dai quali mi ero separata poco prima. Lui, visibilmente preoccupato, trascina lei all’interno del campo; alcuni dei suoi circuiti paiono completamente distrutti.

~

 

“È tutta colpa mia… Vi ho coinvolte in tutto questo…”

 

“No, N.2. È stata una nostra decisione quella di venire qui.”

 

“È questo lo spirito di un sacrificio?”

 

“È questa la storia di un sacrificio?”

 

“Mi viene da ridere.”

 

“È divertente, vero?”

 

“Non vi perdonerò MAI!”

 

“N.4?”

“Addio.”

“Ragazze, mi dispiace.”

 

“Potreste saperlo con una semplice scansione.”

 

“Tutti voi YoRHa avete una bomba nel vostro reattore di fusione.”

 

La sorte di questa battaglia era stata decisa fin dall’inizio.”

 

“Ma, in una situazione come questa, gli androidi riderebbero, no?”

 

“Gli androidi ridono perché possono sentire emozioni, vero?”

 

“Perché io?”

 

Un rumore sordo dietro a me interrompe il fluire dei ricordi relativi alla nostra ultima missione. La stanza del server, le ragazze rosse, la morte delle mie più fidate compagne; vidi N.4 scomparire per sempre. Ho sempre pensato che sarei dovuta essere io al suo posto, ma in seguito ho realizzato quanto erano vere le parole di N.21. I ricordi possono darci speranza. Non siamo vive, ma siamo stati fatte ad immagine dei nostri creatori. Ero rassegnata, ma ora so che qualcuno mi ha voluta con sé. Non posso ancora morire.

 

Il ragazzo chiude dietro a sé la porta della stanza in cui la ragazza sta riposando, senza fare rumore. Appare più tranquillo rispetto all’ultima volta che lo avevo incontrato. Sposto lo sguardo sui suoi occhi, e scopro che mi osservano incessantemente. Per qualche motivo non riesco a distogliere i miei. Decide di sedersi accanto a me, sui detriti roventi. L’apprensione è tanta che rimuove gli occhiali, mentre smuove i capelli.

“Immagino di doverti ringraziare. So che mi hai salvato.”

“In verità, credevo di essere morta anch’io nel crollo della torre.

  Mi sono risvegliata improvvisamente in un altro luogo.”

“Sono stati i Pod. Collaborando insieme, hanno riassemblato i nostri corpi.”

“Allora in che modo ti avrei salvato?”

 

Volge ancora gli occhi su di me, quasi dovessi avvedermi di qualcosa; quasi come se non potessi capire.

Dopotutto, nella mia esistenza ci sono state poche persone importanti. Tutte mi hanno abbandonata o tradita, persino chi diceva che ci sarebbe sempre stato. Nemmeno gli androidi sono eterni, lo dicono i nostri ordigni. Tutto ciò che possiamo fare è cercare di portare a termine il nostro compito, vivendo al meglio.

 

“Essere mediocre significa che si ha del potenziale per migliorare in qualunque modo si voglia. Puoi migliorare ogni aspetto di te stessa con impegno e capacità di adattamento. Deciderai tu come.”

“Vedi? Ci sono infinite possibilità che ti attendono.”

 

“Hai permesso che la mia memoria rimanesse intatta.”

Mi richiama il chiarore dei suoi occhi che tornano a perdersi nel vuoto, non senza una punta di imbarazzo. Ancora una volta mi ritrovo a pensare al modello sperimentale che conobbi nel bunker. Un’unità ordinaria. Ma ebbe parole di lode per i modelli YoRHa, che con l’avanzare del progresso parevano sempre più umani.

“Per me significa molto.”

Questo ragazzo è molto umano. Non posso che invidiare la fiducia e il profondo affetto che nutre per il modello YoRHa apposto a porre fine alla sua esistenza. Perché io sono la prima ad aver perso fiducia.

“Non voglio perdere ancora le memorie di 2B; lei è sempre stata l’unica che mi ha dato considerazione. Sono stato costruito in modo tale da creare problemi al bunker, sapevano che l’unica soluzione sarebbe stata uccidermi, ma lei si è sempre sentita in colpa. Non appena ha potuto, ha dato tutto di sé per salvarmi.”

Era nelle memorie di quella ragazza anche che lui parlasse molto. Lei dovrebbe essere un po’ come me. Alcune delle caratteristiche della mia personalità sono state inserite nei successivi modelli E. Altre sono state scartate e respinte. Sono l’unica che ha memoria del carattere delle mie compagne; dovrei preservare con cura i ricordi di loro. Ma anche questa è una cosa che ho capito più tardi di quanto avrei dovuto.

“Cosa farete ora?”

“Non lo so. Con la distruzione definitiva del bunker e la perdita delle gemelle, alla Resistenza avranno bisogno di qualcuno per le manutenzioni. È il lavoro di noi modelli Scanner, modestamente potrei cavarmela molto bene. E ovviamente anche noi potremmo avere bisogno di loro per eventuali riparazioni. Sto pensando di proporre a 2B di stabilirci qui. Tutto starà nel fatto che lei riesca ad abituarsi alla sua libertà.”

“Perché non dovrebbe?”

“Perché i nostri modelli sono prodotti in serie.”

 

È un concetto che comprendo molto bene.

 

“Ho lasciato tutto sul campo di battaglia. Paura, tristezza, rabbia, gioia…

Al di fuori di esso, non mi rimane niente. Ma  fino a che impugno un’arma, riesco a non pensarci.”

 

Lo disse quell’unità ordinaria. Quella che testava le nostre armi, quella con la quale avrei voluto parlare di più. Ogni qualvolta ricordo le sue parole, sento come una sensazione di strettezza nel petto. Poi rimembro che lei se n’è andata, e in un momento tutto scompare. Il sentimento lascia posto al raziocinio e al tempo.

 

“La nostra esistenza non ha attualmente uno scopo, ma noi siamo ancora convinti di dover combattere per l’umanità. Io sarò sempre portato per la raccolta di informazioni sulle unità nemiche e non potrò fare a meno di sapere troppo, 2B sarà sempre mossa a sentirsi in colpa per ogni soldato che dovrà esecutare, e non potrà fare a meno di provare l’impulso di agire come ha sempre fatto. Nessuno cancellerà mai in lei la memoria del Comandante. Un tempo agognavo alla libertà che un giorno avremmo avuto, ma ora che il conflitto non è più in essere capisco che devo sforzarmi di trovare una nuova dimensione in cui vivere.”

Sorrido. Le sue argomentazioni elicitano in me ilarità; un tempo anche io credevo che la nostra missione avrebbe inferto un colpo mortale alle biomacchine, che la guerra sarebbe finita di lì a breve. Credevo che mi avrebbero impiegata in nuove missioni, che un giorno sarei arrivata pienamente a conoscere gli umani.

Non è mai accaduto niente di tutto questo. Noi modelli YoRHa, tutti quanti, siamo nati per morire.

Rido perché è singolare che noi, il cui destino è l’oblio, siamo gli unici impegnati per difendere noi stessi.

Ricordo ancora le parole di Rose, che quando nominai l’umanità rispose ferma e decisa che era per noi stesse che avremmo dovuto combattere; di nessun altro avremmo potuto fidarci, perché eravamo sole.

“Per questo l’hai lasciata a riposare invece di riattivarla? Pensi che lei non riuscirà a rinascere?

  2B ti ha salvato. Non sarai tu, invece, a non sentirti all’altezza?”

Lo vedo sussultare, mentre volge lo sguardo al cielo che si erge sopra di noi in tutta la sua limpidezza. Rimane immobile, come se non vi avesse mai fatto caso davvero. Lo comprendo. Non lo avevo mai osservato con attenzione nemmeno io. Ero troppo impegnata a guardare indietro, a ciò che mi era stato tolto; ma adesso che mi impegno a vedere il buono delle mie giornate, posso prendermi il mio tempo.

“La mia vita è una giostra in cui non ho mai chiesto di salire. Non ho chiesto io di essere una condanna.

  Non si tratta di sentirmi all’altezza, ma di capire se il mio ruolo può in qualche modo cambiare.”

“Una volta, una persona che conoscevo venne da me a chiedere se la sua vita avesse valore.”

La voce che ho sentito alle mie spalle ha sorpreso entrambi. Ci voltiamo nello stesso momento, e troviamo Anemone che avanza verso di noi. Viene incontro a me con volto nuovo. Il sorriso deciso di chi persevera.

“Le dissi che se pensava fosse un peccato vivere, avrei potuto aiutarla facendole incontrare la morte. Ma lei mi disse che non poteva ancora morire; voleva continuare a sperare di poter vivere, doveva farlo per le sue compagne che avevano perso tutto nella guerra contro le macchine. Tu senti ancora di avere uno scopo?”

“Sì.”

Il ragazzo risponde senza alcuna esitazione. I suoi occhi plumbei incontrano il verde splendente di lei. Al sole, sembra quasi arridere a una nuova alba che avanza. E lei gli sorride, incrociando le braccia al petto.

“Allora non chiedere. Capirai quando arriverà il momento. Che tu voglia o no.”

C’era qualcosa di nostalgico nelle sue parole, qualcosa che mi pare di avere già sentito. Probabilmente l’amica di cui parlava era una delle ragazze che ho conosciuto. C’era un modello Scanner con noi, una persona molto riflessiva. Realmente, tutti lo diventano sul campo di battaglia. Continui a pensare, ancora e ancora, al dolore che proveresti se venisse a mancarti qualcuno. O che quella non sia la tua ultima giornata.

Anemone non è nuova di questi sentimenti. Le ragazze di Rose erano diverse da noi quattro. Mostravano uno spiccato attaccamento al loro piccolo gruppo, avevano imparato a fidarsi ciecamente delle proprie compagne e a diffidare di tutto il resto. Anemone era la più guardinga, ma anche la più responsabile, e inizialmente si era mostrata ostile alla nostra squadra a causa del temperamento burrascoso ed impulsivo che caratterizzava alcune di noi. Deve avere imparato molto dal suo ruolo di capitano; non è da tutti saper guardare oltre la superficie. Allo stesso modo, alcuni umani faticavano a comprendere altri.

Con la coda dell’occhio scorgo Anemone tornare alla sua postazione con un mesto sorriso, mentre dietro a me il ragazzo cammina spedito per raggiungere nuovamente la stanza assegnata agli YoRHa.

“Vado a svegliare 2B.”

Continuo ad osservarlo, e per un attimo lo invidio. Lui ha ancora qualcuno che desidera restargli accanto.

Ad un tratto lo vedo arrestarsi e voltare nuovamente il capo, con un’espressione imbronciata.

“Vedi di starci lontana.”

Gli rispondo dandogli le spalle, muovendo i capelli lunghi che si sollevano al passaggio della fresca brezza leggera che tocca questa giornata, mentre seguo Anemone sul nuovo sentiero che lei ha aperto.

“Potrei decidere anche io di stabilirmi qui. State attenti a non intralciare la mia strada.”

Un sentiero di speranza.

 

Trovo singolare che ci siamo ritrovati tutti qui. La fuggiasca e la squadra mandata a distruggerla.

 

“Quindi siete voi i nuovi modelli YoRHa.”

“Guardandovi meglio, sembrate veramente umani.”

 

“N.2, non voglio che tu divenga come me.

Voglio che tu trovi una ragione per vivere.”

 

“Ho solo pensato che tu incarni la prima impressione che ho avuto degli umani, a quel tempo.

 Ma potrei essere ingannata dalla mia percezione, perché vorrei che fosse vero.”

 

“Mi piacerebbe incontrare gli umani. Vorrei vivere come loro… È un desiderio molto comune.”

 

Conosciamo davvero poco dei nostri creatori. Dentro di me, posso solo pensare che erano creature affascinanti. Ciascuno di noi ha delle peculiarità, e forse gli umani desideravano che fossimo diversi, perché potessimo creare molteplici connessioni che ci permettessero di apprendere. Anche noi androidi abbiamo bisogno di evolvere. In passato fuggivo continuamente da me stessa, ma adesso che ho imparato ad affrontare le intemperie sento di poter trasmettere agli altri il valore della vita. Non voglio che Anemone trascorra il tempo che le rimane a colpevolizzarsi per la morte di N.21. Darò tutto ciò che posso per questo.

 

“Non posso credere che sia morta!

Ah! Non abbiamo un altro corpo per lei?! E i suoi dati di backup?!”

“Tutto questo è già stato deciso.”

“Ma!”

“Non possiamo ripararla.”

“Aspetti! Comandante!”

 

Mi chiedo se gli androidi che sono qui arriveranno mai ad accettare la mia presenza, allo stesso modo di quando allora dubitavo che Rose e le altre ragazze avrebbero voluto aiutarci. Mentre rimugino su questi pensieri, sollevo lo sguardo e scorgo il mio viso sorridermi. I suoi capelli si muovono al passaggio del vento.

La sua compostezza mi conquista ancora una volta. Mi ricorda dell’uniforme della quale ero insignita; aveva delle frange stupende, ma oramai ho abbandonato tutti i sogni che vi avevo riposto. La sua espressione è serena; mi fa capire di come lei abbia già cominciato a vivere di nuovo, e di come lui non se ne avveda.

Mi avvicino a lei, ed il suo sguardo incontra il mio; mi sembra in un attimo di rivedere tutte le sue memorie. Solo io conosco quanto ha sofferto, e solo io in questo momento comprendo pienamente la sua libertà.

Lei mi ha mostrato che esiste un futuro in cui credere, anche quando tutto sembra perduto.

Sollevo una mano e la porto alle sue spalle. Gli angoli delle mie labbra si allungano in un leggero sorriso, mentre noto che la sua espressione cambia lievemente; sgrana gli occhi per un momento, come per domandarsi quali siano le mie intenzioni. Tendendo il braccio raggiungo il pomolo della sua spada, ne scorro l’elsa con i polpastrelli assaporando gli ultimi attimi di ciò che resta della me stessa di allora, e l’afferro saldamente per trasferirvi ogni memoria di ciò che è accaduto prima e dopo la sua morte.

Mentre i miei ricordi scorrono attraverso me fino a depositarsi insieme alle sue, mi sento pervadere da un crescente senso di pace. Qualcosa di pieno, che deriva soltanto dal condividere qualcosa di prezioso.

Adesso conosce ogni cosa. Ogni persona alla quale sono ancora capace di dare un volto, ciascuna emozione, tutti gli insegnamenti che mi avevano resa quella che ero. Mentre allontano la mia mano dalla sua arma, una lacrima attraversa prepotentemente il suo viso. Guardo nuovamente dentro ai suoi occhi, e le sorrido.

 

“Tu ed io… siamo uguali.”

 

 

Note dell’autrice:

Con questa storia si conclude il ciclo di quelle che avevo intenzione di scrivere per NieR: Automata, una per ciascuno dei protagonisti. Ne sono personalmente soddisfatta, specie per l’impegno che ho profuso nello scrivere queste righe. Mi sono spinta oltre l’epilogo dell’ending E, dopo l’epilogo dell’epilogo narrato dal concerto. E sono personalmente contenta di averlo fatto con A2.

Proprio perché lei doveva essere la protagonista indiscussa di questa storia ho cercato di inserire 2B il meno possibile e senza darle parola, ma il suo cambiamento doveva servire per quello della sua controparte e ho dovuto inserirlo. Nel mio immaginario, in seguito a ciò che avete appena letto, 2B deciderà di partire per una sessione intensiva di pesca e 9S resterà per un po’ al campo della Resistenza, cercando di ricostruire Devola e Popola a partire dai loro progetti originali, che non mancherà di ricercare con cura.

A2 invece potrebbe parlare ad Anemone di Seed e di tutto quello che aveva appreso da Rose, ma in effetti le manie di grandezza di 9S – o dei modelli 9 in generale – potrebbero portarlo a ricostruire l’intero bunker.

Insomma, questa storia potrebbe non finire mai.

Come avrete notato, alcune frasi sono riprese dalla diretta traduzione della seconda novel e dello script dello spettacolo teatrale ‘YoRHa Stage Play”. L’unica citazione che mi è dispiaciuto inserire è quella finale, ripresa direttamente da NieR: Automata, perché a mio parere avrebbero potuto renderla più memorabile adattando il concetto in un modo leggermente più sfumato, non è il massimo della traduzione in italiano.

Per chi non conoscesse l'intera storia di A2, vi consiglio di recuperarla. Un ringraziamento speciale a chi è arrivato a leggere fin qui, sarei molto lieta che mi faceste sapere come avete trovato la mia storia. Ho ancora qualche idea per l’universo creato da Yoko Taro, spero prima o dopo di poterle trasporre in parole.

   
 
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