Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: katyjolinar    03/07/2019    6 recensioni
La storia parte dalla battaglia di Liberio, dopo il time gap, ma la stessa battaglia ha svolgimento e esito differenti rispetto al manga.
Il gruppo di Paradis torna a casa, ma qualcosa di strano è successo durante il viaggio di ritorno. ATTENZIONE: POSSIBILI SPOILER PER CHI SEGUE SOLO L'ANIME
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman, Mikasa Ackerman
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Il nuovo anno arrivò.
Con l'inverno le attività diminuirono, soprattutto per il corpo ufficiali. I ragazzi si occuparono soprattutto di incarichi amministrativi e di ricerca, qualche volta aiutarono le reclute nel completamento dell'addestramento, ma senza l'uso dei giganti.
Inoltre Hanji dovette riformulare i turni e le mansioni per permettere a Sasha di vivere una gravidanza meno stressante possibile; in fondo a quei ragazzi di teneva, per quanto fossero i suoi sottoposti voleva che vivessero la loro giovinezza e le conseguenti esperienze al meglio.
A metà febbraio arrivò la neve, ma nessuno si fermò.
Il comandante dell'Armata Ricognitiva decise per quel giorno di dare una giornata libera alle ragazze, così da passare insieme una giornata prima che la gravidanza di Sasha non fosse troppo avanzata da non permetterle di girare troppo.
Sasha, Mikasa e Annie erano pronte per uscire. Aspettavano la carrozza che le avrebbe portate a Trost per quella giornata tra donne, quando Reiner le raggiunse, anche lui vestito per uscire.
"Ehi! Che succede? Non dovresti essere al magazzino con gli altri?" domandò Sasha, sorpresa di vederlo.
"Il comandante mi ha chiesto di scortarvi a Trost." rispose il giovane "Secondo lei sarebbe più sicuro se vi fate accompagnare da me, come deterrente ai malintenzionati."
"Non che voi ne abbiate bisogno..." intervenne Connie, emergendo dalla cantina con uno scatolone tra le mani "Vorrei ricordare che Mikasa ha fatto saltare la mascella al Corazzato."
"Ehi, Mascella, io sono qui. E preferirei non ricordare di quando ero vostro nemico, se permettete." si lamentò il biondo, mentre l'altro posava la scatola e si avvicinava la compagna, baciandola dolcemente e carezzandole la pancia, che già iniziava a crescere, essendo entrata nel quinto mese.
Nel frattempo dallo scantinato apparvero anche gli altri ragazzi, preceduti da Levi, che corse subito da Mikasa, per abbracciarla e salutarla. Eren si bloccò sull' ultimo scalino, tenendo lo sguardo fisso sull'amica d'infanzia; motivo di tale stupore era il suo abbigliamento: era una vestirsi che aveva visto già addosso a Annie, quindi glielo aveva prestato sicuramente lei, ma sembrava calzarle a pennello, e consisteva in una camicia chiara invernale, un corsetto bordeaux e una gonna sopra il ginocchio dello stesso colore, che metteva in risalto le lunghe gambe, fasciarle da lunghe calze e stivaletti eleganti in pelo.
Il giovane non si mosse, ma cercò di distogliere lo sguardo dalle gambe della ragazza, non abituato a vederle quando era in borghese, poichè lei indossava sempre gonne lunghe che nascondevano tutto.
"Dada, adda Mika!" esclamò Levi, indicandola "Beja!"
Eren si riscosse, poggiando a terra i sacchi che trasportava, e si avvicinò, prendendo in braccio il figlio, che si sporse per stampare un bacio sulla guancia alla ragazza.
"Saluti Mika, dada?" disse il piccolo, facendo gli occhioni da cucciolo "Dai bacino?"
Eren alzò gli occhi al cielo; dopo il suo compleanno Levi insisteva che si baciassero ogni volta che dovevano separarsi, e non voleva sentire ragioni, per cui dopo un mese e mezzo avevano deciso di accontentarlo senza fare storie; per questo motivo il ragazzo si abbassò sull'amica e le baciò le labbra, per poi guardare il bambino, che annuì soddisfatto.
Ma tale insistenza non si limitava al padre adottivo e alla sua amica d'infanzia, infatti...
"TATO JEAN!" urlò il piccolo, e appena vide il biondo comparire dalla cantina indicò Reiner e continuò, autoritario "Saluta tato Rene!"
"Ma devo proprio?" si lamentò il ragazzo, borbottando.
"Fallo, così possono andare e Levi non ti terrà il muso tutto il giorno." rispose Eren, prendendo meglio Levi.
Jean alzò gli occhi al cielo e si avvicinò a Reiner, fece un respiro profondo e lo baciò, ricambiato. Quando ebbero fatto, ricevettero una esclamazione soddisfatta da parte del bambino, e il Marleyano poté accompagnare le ragazze fuori.
Ci volle un po' per arrivare a Trost, e quando scesero dalla carrozza presero a girare per le affollate strade della città.
"Non venivamo qui da prima della missione a Marley." riferì Mikasa, guardandosi intorno "Sarà passato circa un anno..."
"Io voglio tornare al ristorante di Nicolo! Quel Marleyano cucina da Dio!" esclamò Sasha.
"Marleyano? Aspettate, la missione di tre anni fa... Non mi starete dicendo che non avete affondato la nave, come era stato fatto credere a Marley?" si intromise Reiner.
"A dire il vero Nicolo è l'unico di cui mi fido... Uno che cucina così bene non può essere cattivo." continuò Sasha.
"Non pensavo che qualche Marleyano avesse piacere di vivere qui... A parte me e Reiner..." commentò Annie.
"Qualcuno c'è; c'è anche gente da Hizuru, e ogni volta per me è imbarazzante." spiegò Mikasa.
"A quanto pare Mikasa discende dal ramo principale della famiglia Azumabito, che è uno dei più importanti clan nobili di quel paese." continuò Sasha, allo sguardo sorpreso degli altri due.
L'altra non fece altri commenti e, insieme, entrarono in un locale non troppo affollato.
"Nicolo! Ci sei?" chiamò la castana.
"Arrivo!" esclamò una voce dalla cucina, da cui poco dopo emerse un ragazzotto biondo più o meno della loro stessa età.
Appena la riconobbe andò ad abbracciare Sasha, sorridendo.
"Scusa che non siamo più venuti al ristorante, ma non successe un sacco di cose." lo salutò "Di cui una molto bella..."
Si carezzò la pancia, e il ragazzo capì.
"Sei incinta!" esclamò, allargando il sorriso "Ma dai! Chi se lo sarebbe mai aspettato?"
Li accompagnò al tavolo libero, aiutando le tre ragazze a sedersi, quindi si voltò verso Reiner, per indicargli il posto libero ma, appena incrociò il suo sguardo, impallidì.
"Il... Il Corazzato..." sussurrò, in preda al terrore "Cosa... Cosa ci fa qui?"
"Calma, ragazzo!" parlò il giovane "Sono un alleato, non più un nemico."
"Ha ragione, è passato dalla nostra parte, non ti devi preoccupare, come anche il Gigante Femmina." lo rassicurò Sasha, indicando anche Annie.
"M... Ma Siete sicuri che non vi tradiranno? A Marley sanno essere subdoli!" insistette Nicolo.
"Ho i miei motivi per non tradire l'Armata Ricognitiva e la gente di Paradis." confermò la bionda, che era rimasta in silenzio fino a quel momento.
"Anche io." ammise Reiner, sedendosi finalmente al suo posto.
Il cuoco Marleyano cercò lo sguardo di Sasha e Mikasa, in cerca di conferme, e loro annuirono rassicuranti, quindi decise di prendere le ordinazioni e andare in cucina, portando poco dopo il pranzo.
"Mh... Annie, fammi indovinare..." parlò Sasha, dopo qualche minuto di silenzio, servendosi di alcuni gamberetti arrostiti "per caso i tuoi motivi che ti spingono a non tradirci hanno a che fare con un certo Titano Colossale di nostra conoscenza?"
"Ehm... Ammetto che se non ci fosse Armin non saprei cosa fare." confessò la bionda, arrossendo, prendendo del pasticcio di carne.
"E tu, Reiner?" chiese Mikasa "Suppongo che nel tuo caso c'entri un certo mio lontano parente nato da queste parti..."
Il giovane uomo posò la forchetta, pensieroso, e fece un respiro profondo.
"Ragazze, io... Ammetto che in questi ultimi mesi ho imparato a conoscervi meglio di quanto non abbia fatto nei tre anni di addestramento che abbiamo passato insieme." esordì "E sono molto dispiaciuto di essere stato vostro nemico, sono sinceramente pentito... Ho tentato di uccidervi tutti, per futili motivi..."
" Non hai risposto alla domanda di Mikasa." lo interruppe Sasha "Tu e Jean state insieme?"
"Ehm... No, siamo solo amici, ma... credo di essermi innamorato di lui." confessò.
"Glielo hai detto?" chiese Annie, seria "Perché in tal caso dovresti farlo, tanto non hai nulla da perdere, dal momento che tra poco scadrà il nostro tempo."
"Perché? Quanto manca al vostro termine?" domandò Sasha, allarmata.
"Abbiamo ricevuto il potere del Gigante nella notte tra il 21 e il 22 marzo di 13 anni fa." riferì il ragazzo "Ci manca circa un mese."
"E... E loro lo sanno?" continuò la ragazza, mentre le lacrime cominciarono a rigarle le guance, al pensiero che anche il padre di suo figlio avrebbe subito lo stesso destino qualche anno dopo.
"Armin lo sa. Gliel'ho detto immediatamente, quando ci siamo messi insieme. So che è triste, ma non vuole che lo veda così." riferì la bionda.
"Jean... Non gli ho ancora detto nulla..." confessò Reiner, abbassando lo sguardo.
"Dovresti farlo. È un Ackerman e ha avuto il legame con te. Ha diritto di sapere che il suo protetto morirà!" lo ammonì Mikasa.
"Lo farò, te lo assicuro, solo... Devo trovare il coraggio..." promise il ragazzo, restando a testa bassa.
Nel frattempo i ragazzi erano andati al magazzino dell'esercito di stanza a Shigashina, per mettere in ordine alcune cose e prendere altri oggetti e indumenti utili per tutti.
Eren stava preparando degli scatoloni, dando un occhio a Levi, che scorrazzava tra gli scaffali, dietro a uno o all'altro ragazzo della squadra, aiutando secondo le sue possibilità.
Ad un certo punto liberò un grosso spazio sul pavimento vicino alla postazione di lavoro del padre, poi vi trascinò un grosso scialle di lino rosso che aveva trovato in uno degli scaffali e lo stese, lisciando ogni piega e provando a piegarlo con meticolosa attenzione, nonostante fosse molto più grande di lui. Quando ebbe fatto lo prese con entrambe le manine e lo posizionò sulla pila di abiti che erano destinati ad essere portati in caserma.
"Che cosa ci vuoi fare con quello?" chiese Eren, incuriosito.
"Ello gali Mika!" esclamò il piccolo "Ciappa sua butta ecchia, etta nova beja."
"Vuoi regalarlo a Mikasa?"
"No, tu gali lei!" precisò Levi, indicandolo "Mika felice se fai tu galo."
Il ragazzo sospirò e scosse la testa, scompigliando i capelli del figlio adottivo. Quella nota caratteriale l'aveva già prima dell'incidente, anche se in modo differente: al tempo teneva alla serenità dei suoi uomini, ora teneva alla felicità di chi gli stava intorno, ed evidentemente aveva percepito la tensione che c'era tra lui e Mikasa, per questo insisteva molto perché lui facesse qualcosa di bello per lei, ogni tanto, oltre a chiedere continuamente che si baciassero.
Certo, a lui non dispiaceva, loro erano vissuti assieme fin da quando avevano nove anni, ne avevano passate di ogni, e avevano sempre superato insieme le difficoltà che si trovavano davanti, ma non era del tutto sicuro di quello che provava per lei, senza contare la faccenda dell'Ackerbond, che complicava le cose. Inoltre sapeva che gli restava poco tempo, e per quanto dovesse cercare qualcuno che si occupasse del figlio dopo la sua morte non voleva far soffrire un'altra persona, illudendola con la promessa di una vita felice per poi lasciarla sola entro pochi anni. Lui non si sentiva sicuro come Armin, o come Connie, che avevano accettato il loro destino e il secondo stava anche per diventare padre, lui era diverso, pieno di dubbi nonostante apparisse sicuro di sé.
Senza dire nulla attirò a sé il bambino, abbracciandolo in modo paterno e baciandogli la fronte.
"Va bene, lo regaleremo a Mikasa." acconsentì.
Poco dopo vennero raggiunti dagli altri, che trasportavano altri scatoloni.
Armin posò il suo e si avvicinò a un tavolo accostato al muro, dove erano accatastate buste contenenti pinze e fermagli per abbellire i capelli delle donne; rovistò in una di queste e ne estrasse una pinzetta con un fiore dai petali rosso-aranci, la osservò e poi se la mise in tasca, sorridendo.
"Che hai preso?" domandò Jean, incuriosito.
"Un regalo per Annie." spiegò l'altro "Le manca un mese e non voglio che si rattristi."
"Le manca così poco? Pensavo di più..." commentò il ragazzo di Trost, sorpreso "Spero che Reiner abbia più tempo..."
"Reiner ha lo stesso tempo." rivelò l'altro "Hanno ricevuto i Giganti più o meno alla stessa ora, nella notte tra il 21 e il 22 marzo di 13 anni fa."
Jean ebbe un mancamento. Arretrò, trovando una sedia, e ci si sedette, portandosi una mano alla testa.
"Non è possibile... Gli manca un mese..." sussurrò.
"Jean, che succede?" chiese Connie, poggiandogli una mano sulla spalla "Stai bene?"
"No che non sto bene!" ringhiò il ragazzo "L'uomo che amo morirà tra un mese, dannazione!"
"Sei certo che sia amore? Potrebbe essere l'Ackerbond." domandò Eren, prendendo su Levi.
"Certo che sono sicuro, cazzo!" rispose, rabbioso "L'Ackerbond dà sensazioni diverse!"
"Ma ne hai parlato con lui?" insistette Armin, calmo.
"Certo che no! Come faccio a dirglielo? Potrei ricevere un rifiuto!"
"Sai, quando mi sono svegliato dopo che mi avete dato il potere del Gigante Mascella e Sasha mi ha detto quello che è successo non ci ho pensato due volte e mi sono dichiarato." raccontò Connie, pensieroso "Tanto non avevo nulla da perdere... E ora guardaci, aspettiamo un bambino!"
Jean restò in silenzio, fece un respiro profondo e si alzò, sollevando uno degli scatoloni da portare in caserma. Aveva ragione, doveva prendere coraggio e parlargli... Il problema era proprio questo: prendere coraggio, ma doveva farlo, prima che scadesse il tempo di Reiner.
Un mese passò in fretta. Ormai tutti erano a conoscenza del poco tempo rimanente ai due amici Marleyani, per cui si prodigarono per rendere quel tempo migliore possibile, soprattutto le due persone a loro più vicine.
Era il pomeriggio del 21 marzo, e nell'area degli alloggi degli ufficiali regnava un silenzio innaturale.
Erano tutti raccolti nel salone, attorno ai due ragazzi.
Annie era accoccolata in braccio ad Armin, seduto su una delle poltrone, che la stringeva a sé con fare protettivo, mentre Reiner era seduto al tavolo, e Jean era in piedi alle sue spalle, nervoso. Tutti gli altri erano lì, in assoluto silenzio, perfino Levi non fiatava, restando seduto in braccio a Eren, con la testolina poggiata contro il suo petto.
La bionda si portò una mano alla fronte, pallida.
"Mi gira la testa..." sussurrò.
Armin non rispose, baciandole la fronte, per poi asciugarle un leggero rivolo di sangue che le stava colando dal naso.
"Ti porto a prendere un po' d'aria." disse, alzandosi e prendendola in braccio, per poi uscire nel cortile.
Si chiusero la porta alle spalle, e di nuovo nella stanza calò il silenzio.
Dopo un po' Reiner si alzò, girandosi verso il compagno di stanza.
"Jean, accompagnami di sopra." chiese.
Il ragazzo, apparentemente isolatosi nella sua mente, si riscosse e lo guardò, poi annuì e, senza dire una parola, lo seguì fino alla loro stanza.
Quando furono soli, il ragazzo di Trost poggiò la schiena sulla porta chiusa, scivolando a terra e coprendosi gli occhi con entrambe le mani.
In quel mese non era mai riuscito a trovare il coraggio di farsi avanti, si sentiva un idiota ed era a pezzi. Senti l'amico sedersi accanto a lui, e si voltò per guardarlo; Reiner teneva gli occhi chiusi, la testa reclinata indietro fino a poggiarsi al muro, e le braccia erano stancamente sistemate sulle ginocchia.
Tremante, gli prese la mano, e il giovane Marleyano si girò verso di lui, con gli occhi lucidi, come erano quelli di Jean.
"Sai quale è la cosa strana?" disse, con un filo di voce "Non sento niente, non sento debolezza, non mi sanguina il naso, non succede nulla di quello che mi è stato detto che succede nelle ultime ore di vita di uno dei Nove, mentre Annie... l'hai vista anche tu..."
Jean fece un respiro profondo, incrociando le dita con quelle di lui, e prese finalmente coraggio: doveva dirglielo, ora o mai più.
"Io... ho già perso Marco... non voglio perdere un'altra persona che amo..." singhiozzò, avvicinandosi e nascondendo il volto contro la spalla dell'amico "Reiner, io..."
Le parole gli morirono in gola, quando le labbra di Reiner si avventarono sulle sue, urgenti e calde. Senza pensarci ricambiò, prendendo il controllo del bacio e approfondendolo.
C'era qualcosa di diverso in quel gesto, rispetto ai baci che si erano scambiati in precedenza: c'era disperazione, tristezza, ma soprattutto c'era tutto l'amore che provavano l'uno per l'altro.
Si allontanarono, tenendo le fronti a contatto, prendendo fiato.
"Ho un ultimo desiderio." riferì Reiner "Voglio fare l'amore con te, prima di morire."
Jean distolse lo sguardo, pensieroso, ma alla fine annuì, si alzò in piedi, aiutandolo, e riprese a baciarlo.
Le loro camicie scivolarono a terra, seguite dai pantaloni e poi dai boxer, nel percorso fino al loro letto.
Si presero il tempo per rilassarsi, esplorarsi, scoprire quelle nuove sensazioni, con lunghi preliminari fatti di coccole, baci e intime carezze. Nonostante tutto non avevano fretta, avevano tutto il pomeriggio e parole della notte tutta per loro.
Jean baciò la schiena muscolosa di Reiner, facendolo rilassare ulteriormente mentre lo preparava ad accoglierlo, con movimenti lenti e studiati, finché non fu un tutt'uno con lui. Il biondo Marleyano afferrò il cuscino, lasciandosi scappare un gemito sorpreso, e ansimando, perso nelle sensazioni procurate dai ritmici movimenti lenti del compagno, finché entrambi non raggiunsero l'apice del piacere.
Fuori era buio quando i due si addormentarono, abbracciati, dopo essersi baciati dolcemente un'ultima volta ed essersi detti l'ennesimo "ti amo".

   
 
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