Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PeNnImaN_Mercury92    07/07/2019    1 recensioni
Anno 846. Claire Hares si unisce all'Armata Ricognitiva in compagnia della sua migliore amica Petra Ral. Un fato atroce che la attende a casa influenza la sua scelta, ma il suo animo audace, generoso e un po' istintivo la renderanno una magnifica combattente sul fronte. Claire ci racconta la sua vita dopo essersi unita al Corpo di Ricerca, le sue emozioni, le sue soddisfazioni, i suoi timori e il suo rapporto con i suoi cari amici e con un soldato in particolar maniera. Armatevi di lame e di movimento tridimensionale e seguitela nelle sue avventure!
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio, Petra Ral
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Wings of Freedom Series '
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32. La ballata dell'Armata Ricognitiva


Continuavo a guardare titubante l'indumento morbido, bianco, troppo grazioso per la sottoscritta, disteso sulla mia umile brandina, la cui grossonalità e semplicità era nettamente in contrasto con la purezza e l'eleganza dell'abito.

-Cosa dovrei farmene io? - chiesi scombussolata alla mia migliore amica, vestita come me solo della sua biancheria intima, intenta a rovistare nel guardaroba condiviso.

Si voltò, sorridendomi prima di tornare a sbrigare la faccenda di prima. -Che domande. Lo indossi, no? - rispose noncurante.

-Cosa significa? È tuo, no? Cosa c'entro io col tuo vestito?

-Tu non hai un abito da cerimonia, non è così? Papà voleva comprartene uno, ma tu gli hai sempre vietato di spendere soldi per queste cose, se non per quelle centinaia di matite da disegno che consumi come le lame del dispositivo tridimensionale – spiegò, esaminando i diversi abiti che riempivano il lato del suo armadio.

-Scusami se non ho mai voluto che qualcuno spendesse tanti soldi per me per qualcosa di altamente inutile – incrociai le braccia. - Siamo due sempliciotte di Karanes, non due nobili signore di Mitras, per di più siamo soldatesse. A cosa avrebbero potuto mai servirci dei vestiti da cerimonia?

-A un'occasione come questa – ribatté lei. -Dai, Claire. Non farti pregare. Vedrai come quel vestito bianco ti starà da favola, farai girare la testa a tutti, stasera – saltellò allegra. -Be', in realtà questo mi preoccupa: immagina quante persone si troveranno in infermeria per colpa di qualche scatto di gelosia di Levi – mi canzonò, facendomi arrossire.

-Maledetta Petra – commentai, sollevando il vestito da sopra il materasso, maledicendo me, per la mia totale insicurezza in circostanze come quelle, Petra, per avermi costretto a indossare qualcosa di decisamente più succinto in confronto alla divisa militare, ma soprattutto Erwin, indotto da chissà quale mente geniale a “riassestare” lo spirito dei ricognitori organizzando una ridicola cerimonia, in occasione dello scoccare del nuovo anno, a cui avrebbe preso parte l'intera divisione.

L'obiettivo del ricevimento, così mi era stato comunicato, era quello di “festeggiare” i pochi quanto rilevanti esiti positivi delle nostre recenti spedizioni, auspicando che anche nel nuovo anno il Corpo di Ricerca potesse ulteriormente migliorare il suo operato durante le missioni.

Almeno il 90% aveva accolto con disinteresse e turbamento l'organizzazione di quell'evento: io stessa non avevo idea di cosa consistesse una cerimonia di quel tipo e di come fosse possibile riunire l'Armata Ricognitiva per quella particolare occasione.

Mi sorprese, d'altronde, come Petra fosse rimasta altamente contenta di quell'evento, ed era pienamente favorevole a considerare l'evento di quella sera un modo per dilettare coloro che da tempo erano stati abituati alle peggiori sofferenze e tragedie.

Mentre ero intenta a indossare quell'abito, sorprendentemente delle mie misure, pensai che l'opinione della mia amica non fosse completamente errata: non era passato molto tempo dalla morte di mio fratello, concedermi un po' di riposo dal lavoro per una sola serata dopo lo strazio che avevo superato avrebbe risanato anche il mio spirito.

La gonna larga dell'elegante abito bianco lasciavano le gambe scoperte a partire dalle ginocchia: pensai che non potesse esistere un indumento più diverso dall'uniforme militare. Anche le braccia, leggermente rinvigorite dal duro allenamento a cui mi ero auto sottoposta dopo essermi arruolata nel Regime Esplorativo, erano interamente scoperte, motivo per cui fui ancora più incerta e riluttante non appena notai che l'abito blu notte di Petra gliele copriva quasi del tutto.

-Perché fai quella faccia, Claire? - mi chiese scioccata, le lacrime agli occhi. -Sei stupenda!

Sorrisi appena mi abbracciò. -Tu lo sei di gran lunga di più.

Le carezzai i capelli soffici ambrati sparpagliati sulla mia spalla, strinsi il suo corpo avvolto in una veste resa ancor più meravigliosa dalla sua piccola, lievemente allenata corporatura.

Quanto avrei desiderato vederla sempre in quelle condizioni; l’aspetto elegante da gala le donava tantissimo. Ma lei era pur sempre Petra Ral, soldatessa che prestava servizio al famoso Corpo di Ricerca, subordinata del famoso capitano Levi e membro dell’unità per le Operazioni Speciali.

Petra era dotata di un coraggio e una forza d’animo ammirevoli. Per qualche strana ragione, molti superiori avrebbero preferito lodare il mio talento piuttosto che il suo, ciononostante non avrei mai smesso di avere lei come unico esempio di vita.

-Petra, sei convinta di voler andarci? – domandai a bruciapelo. -Potremmo rimanere qui a chiacchierare, approfittando che non c’è nessuno.

Ridacchiò. -Non mi tentare, stupida. Dobbiamo andarci, lo sai bene. Anzi, tu devi andarci.

Aggrottai le sopracciglia. -Io? Fossi almeno comandante o caporale. Che importanza ha la mia presenza?

-No, è che… insomma, - balbettò, -non posso certo perdermi la reazione di tutti quando ti vedranno arrivare! Sei proprio bella, stasera. Non potrebbe negarlo nessuno, ne sono certa.

Ricambiai sorridendole, per poi sospirare. -Non ne sono certa. Poi, non so proprio come ci si comporti in queste situazioni.

-Nessuno lo sa, dei partecipanti. Questo è poco ma sicuro – mi prese per mano. -Se hai finito di prepararti, direi che possiamo anche andare.

Esaminai la chioma, ancora legata in una coda di cavallo bassa e piuttosto spettinata. -Forse è meglio che mi dia una sistemata.

-A quello ci penso io – ella mi invitò a sedere, prima di iniziare a spazzolarmi i capelli e di rovistare nuovamente tra i suoi effetti: balzò tra le sue mani una fascetta rossa che lei adoperò per chiudere la morbida treccia che aveva modellato sulla mia testa.

-Riprende il colore della collana, non credi? – osservò sorridente.

Arrossii, ricordando di quando le avevo felicemente raccontato la promessa che qualche tempo prima io e Levi ci eravamo scambiati, testimone la pietra rossa che avevo al collo.

Levi. Chissà cosa pensava della bizzarra cerimonia in programma? Non aveva espresso molti opinioni al riguardo, in mia presenza. Era contento di poter constatare che tutti gli ufficiali, lui compresi, erano stati assolti dal dovere di cercare un abito per l’evento, essendo obbligati a vestire il lungo cappotto verde militare con dietro cucito il nostro unico stemma bianco e blu.

-Sei perfetta, Claire – mi ripeté Petra, prima di avviarci nel refettorio, la sala che quel pomeriggio era stata rigorosamente addobbata per l’occasione.

Roteai gli occhi. -Mi fai venir voglia di desiderare la fine di questa giornata il prima possibile. Odio avere gli occhi di tutti addosso.

-Ma se è per una buona caus…

Le tappai la bocca appena udii il suono della musica provenire al piano terra. Percepii un suono acuto e dolce mai sentito prima e la melodia di un’inconfondibile chitarra. Alcune note gravi e poco udibili accompagnavano il tutto.

-Ma c’è la musica! – esclamai, sgranando gli occhi.

-Cosa credevi?

Fui io a trascinarla verso il refettorio, prima di osservare l’arrivo di numerosissimi soldati in abiti civili. Tantissime nostre compagne sfoggiavano gli abiti più femminili di sempre, i soldati da poco arruolatisi le accompagnavano con un’eleganza unica nel suo genere.

Fui un po’ intimorita nel vedere tanta gente solitamente incrociata nei cortili dei campi d’addestramento in una serata così particolare. Petra osservava meravigliata l’arrivo dell’Erd più splendido di sempre in compagnia della giovane contadina conosciuta da poco.

Imbarazzato, il ragazzo ci salutò con un sorriso e un cenno del capo, accompagnando la signorina all’interno della grande sala e chiacchierando animatamente con lei.

Imitammo il suo gesto anche io e Petra, percorrendo l’ingresso del refettorio mentre io, agitata, improvvisavo un discorso sull’accurata decorazione della sala ad opera di Nifa, sicuramente la soldatessa della Legione più stilosa di sempre: la mensa buia e scarna adesso era stata trasformata in una meravigliosa sala da ballo colorata di bianco e di grigio.

Fummo presto raggiunti da Gunther e Oruo, già intento a osservare meravigliato la mia migliore amica.

-Ti vedo proprio in forma, Oruo – lo canzonai, ridendo sotto i baffi al tentativo del mio compagno di riprendere la lucidità, cercando di reprimere il rossore sul suo viso.

-Non capisco cosa ci facciamo, qui. Non è proprio il genere di cerimonia che si addice al Corpo di Ricerca – commentò lui.

-Non sei mai contento, Oruo? – lo riprese la mia amica, anche lei un po’ in imbarazzo a causa della reazione da parte del nostro compagno. -Potresti contenere i tuoi commenti fastidiosi almeno per stasera?

La mia attenzione era nel frattempo stata catturata dal piccolo gruppo di musicisti nel fondo della sala – avevano pensato proprio a tutto! – e in particolare da colui che faceva scivolare una bacchetta di legno su un minuscolo strumento ad arco: era dunque quello il suono del violino, di cui mi avevano tanto parlato i miei genitori da piccola!

Uno strumento simile, ma di dimensioni gigantesche, era suonato da un secondo musicista. Ad animare il gruppo non poteva che essere un magro chitarrista, ma l’oggetto che più richiamò la mia attenzione fu il piano verticale che accompagnava i restanti sonatori con dei dolcissimi e profondi accordi.

-Non riesci proprio a resistere, vero? – mi domandò Gunther, ridacchiando.

-E’ come dici – confermai. -Non avevo mai visto così tanti musicisti prima d’ora. Essere un soldato ti offre più vantaggi di quanto tu possa pensare.

-Non posso darti torto – mi sorrise, accostandosi a me. -Tra poco ci sarà il discorso del comandante. Ho sentito dalla Caposquadra Hanji che dopo ci sarà anche un ballo.

-Buono a sapersi – non distolsi lo sguardo dal quartetto, incantata dalla loro melodia. -Sappi che il nostro compito stasera a di lasciare Oruo solo in compagnia della bella Petra: Erd si è già congiunto con la ragazza contadina, perciò cerchiamo di levarci di torno anche noi.

-Ehi, intendi ballare? – chiese paonazzo.

-Perché no? Almeno ballerò con qualcuno che come me pesterà i piedi del suo compagno.

Scoppiammo a ridere, avvicinandoci al gruppo di musicisti. -Non credi che dovresti essere la partner di un’altra persona, piuttosto che di me?

-Stiamo pensando alla stessa persona? – chiesi, camminando lentamente nel tentativo di studiare la melodia prodotta. -Ti immagini vedere il caporale maggiore ballare con una povera soldatessa? Le spezzerebbe le piante dei piedi.

Susseguì una seconda risata. Proprio in quel momento, udii la voce del diretto interessato qualche metro più avanti, intento a discutere con Erwin.

Stretto nel suo cappotto verde, i suoi occhi si spostarono da quelli celesti del suo superiore ai miei. Notai un certo stupore dipinto sul suo viso, un lieve rossore che lo colse.

Gli sorrisi, mentre cercavo al contempo di seguire i discorsi di apprezzamento di Gunther riguardo l’insolita allegria dei ricognitori partecipanti alla serata. Annuivo, ma la mia mente era più intenta a ringraziare il cielo che Levi fosse lì nelle vicinanze, perfetto ed elegante come sempre.

Non ebbi ulteriore tempo per lasciare che i nostri sguardi si cercassero: Gunther mi avvertì che Erwin avrebbe tenuto il suo breve discorso da lì a poco; dunque, ci unimmo ai nostri pari – non mancai di osservare quanto Petra e Oruo fossero vicini l’un l’altro – affinché in tutta la sala si diffondesse il silenzio più assoluto, proprio come quando accadeva di solito, quando indossavamo l’abbigliamento formale.

Erwin ci diede cordialmente il benvenuto; il suo atteggiamento era dissimile a quello assunto solitamente durante i colloqui con l’intera Legione. Anzi, se non fosse stato per il cappotto verde che anche lui era tenuto a indossare, difficilmente i sottoposti più recenti, come ad esempio me, l’avrebbero riconosciuto, dato il suo modo di fare tremendamente sciolto, seppur come sempre elegante.

Successivamente, Erwin tenne a ringraziarci della nostra presenza, compresa quella di coloro che non facevano parte della vita militare, ma che semplicemente avevano un legame affettivo con alcuni dei nostri soldati. In effetti, proprio in quell’istante mi accorsi che un altro motivo che avrebbe mosso i superiori a organizzare quella serata era che tale evento poteva essere giudicato come un tentativo offerto ai ricognitori, membri di un reparto militare dove le morti e le tragedie erano piuttosto frequenti da abbattere l’animo umano, per socializzare.

Erwin ammise anche che la Caposquadra Hanji Zoe aveva assai insistito perché si optasse per una cerimonia assai insolita per dei soldati della Legione Esplorativa, e che egli stesso, come buona parte di noi, si sarebbe ritrovato completamente a disagio.

Comunque, il comandante non mantenne il suo comportamento informale per tutta la durata del discorso, e spiegò presto che la serata aveva uno scopo ben preciso: -Celebreremo le piccole, importanti imprese che siamo riusciti a portare a compimento in queste ultime settimane. I decessi durante le spedizioni sono diminuiti del 7%. Non è molto, me ne rendo conto, ma è abbastanza se consideriamo che il miglioramento è avvenuto solamente dopo solo due missioni all’esterno. Inoltre, c’è da aggiungere del positivissimo esito che ha avuto l’impresa per la cattura di due esemplari di gigante. Ed è proprio per quanto riguarda quest’ultima opera del Corpo di Ricerca che vorrei esprimere le mie più sincere congratulazioni a coloro che hanno reso possibile la riuscita di questa missione: la Caposquadra Hanji Zoe, responsabile del team di ricerche sui giganti, e il capitano Levi, leader della Squadra per le Operazioni Speciali, un gruppo di cinque giovani talenti che, dopo solo pochi mesi dal loro arruolamento, hanno visibilmente contribuito al miglioramento delle prestazioni della Legione.

Si sollevò subito un’ovazione. I miei colleghi nelle vicinanze fremevano dall’eccitazione, la Caposquadra Hanji, alla destra del comandante, rivolse a quest’ultimo un sorriso riconoscente; Levi, alla sinistra di Erwin, si limitò a rivolgergli un semplice cenno di capo.

Potevo ritenermi più che contenta: d’altronde, io avevo aiutato il mio team a lavorare duramente per la missione in programma; io avevo preso, assieme al nostro superiore, la decisione di fondare una squadra volta a svolgere mansioni di una certa importanza, sviluppando i talenti dei miei compagni più fidati proprio in circostanze specifiche.

Eppure, il discorso di Erwin non era finito qui. -In quanto responsabile dell’Armata Ricognitiva, confesso di essere estremamente orgoglioso di constatare quanta forza d’animo risieda in questi ragazzi che, freschi di corso d’addestramento, hanno già eccelso in così poco tempo. Tuttavia, è mio compito riconoscere il merito di una recluta che ha particolarmente lavorato con determinazione e fatica nel tentativo di risollevare il Corpo di Ricerca, le Ali della Libertà, dall’afflizione e dalla sventura.

Quando lo sguardo di Erwin rimase fisso su di me, il mio cuore aveva già compiuto un balzo nel petto.

-Claire Hares, per quanto attualmente ancora poco più di una semplice cadetta, è chiaramente riuscita a distinguersi nelle ultime settimane dimostrando di avere una perspicacia fuori dal comune, oltre che un talento brillante nelle tecniche combattive, il requisito più importante richiesto dai soldati. Ecco perché, in qualità di massima autorità della Legione Esplorativa, ho deciso, assieme ai restanti superiori, di attuare una promozione di grado per la suddetta.

Rossa in volto, la fronte imperlata di sudore – ero sempre solita reagire in quel modo appena constatavo di avere gli occhi di tutti puntati su di me – mi feci avanti un po’ insicura, facendomi strada tra i partecipanti. Non appena fui al cospetto degli ufficiali, Erwin mi sorrise in modo spontaneo.

La sala cadde nel silenzio più intenso appena Erwin pronunciò le parole fatidiche: -Claire Hares, ex membro del 103° Corpo Cadetti, attuale ricognitore, in qualità di comandante del Corpo di Ricerca, ti promuovo alla carica di tenente.

In preda allo choc, tantomeno feci inizialmente caso alla piccola spilla argentata che Erwin, in maniera un po’ impacciata, aveva appuntato sulla stoffa bianca del mio corpetto. Il mio sguardo sbalordito ricadde su Hanji, profondamente commossa, su Mike, intento a sorridermi, infine su Levi, fingendo il solito sguardo di indifferenza, ma che durante l’applauso finale fu tradito da una piccola smorfia.

Rincuorata, finalmente alzai il viso verso Erwin; mi strizzò affettuosamente l’occhio, motivo per cui, inspirando, mi ricomposi, stringendo un pugno sul petto, l’altro dietro la schiena.

-La ringrazio, comandante – riuscii debolmente a proferire, prima di dargli le spalle.

Non mi focalizzai, fortunatamente, sui restanti membri della brigata intenti ad applaudirmi. I miei occhi erano fissi su Petra, intenta a saltellare contenta accanto ai miei compagni felici.

Con un sorriso a trentadue denti, li raggiunsi poco prima che Erwin potesse effettivamente dare inizio alla cerimonia. Raggiunsi i quattro ragazzi con i quali avevo duramente lavorato negli ultimi mesi, quelli che mi avevano spronato a dare il massimo, quelli che avevano ininterrottamente avuto fede nelle mie decisioni.

Erano loro ad essersi impegnati ininterrottamente durante la nostra ultima missione, realizzando il sogno di Hanji Zoe.

-Tenente! – si mise sull’attenti Erd, facendo ridacchiare la dolce contadina vicino a sé.

-Ormai fai parte dei “piani alti”, amica mia – mi sorrise Gunther. -Sei poco meno importante del capitano Levi, sono lieto di averti come amico.

-Ma il merito è tutto vostro! – esclamai, abbracciando nuovamente la ragazza dai capelli ramati. -Se voi non aveste lavorato duramente, se non aveste preso la decisione di mettere in atto i miei progetti, le mie strategie…

-Vedi di non montarti il cervellino. Mi dai già sui nervi – commentò Oruo, beccandosi l’ennesima gomitata nello stomaco da parte di Petra.

-Sai, una persona di nostra conoscenza non avrebbe potuto rispondere in altra maniera – sorrisi, voltandomi in cerca di Levi. Lo trovai intento a chiacchierare con una felicissima Hanji; fu allora che, inevitabilmente, ripensai alla sera in cui lui mi aveva fatto sentire bene solo grazie alla sua presenza: nello stesso giorno, era stata proprio Hanji a rivolgersi a me per la prima volta con l’appellativo di “tenente”.

-Parli del capitano, vero? – chiese Petra.

Non la ascoltai, preferendo osservare la Caposquadra. -Che sia stata…? – mi domandai confusa, eppure al settimo cielo, promettendomi di dover ringraziare nuovamente la veterana appena si fosse presentata l’occasione.

La musica proveniente dal pianoforte divenne improvvisamente più intensa; venne accompagnata dai restanti strumenti, nel frattempo tutta la folla si era distribuita nell’intera sala – per la prima volta, ebbi modo di osservare la graziosa Nanaba, già intenta a volteggiare assieme a Mike, ignorando qualsiasi sguardo attonito o disilluso. Anche una donna apparentemente tanto fredda e impegnata col lavoro aveva diritto a vivere la propria vita amorosa senza pudore e risentimento, dopotutto – e io, assieme a Gunther, ero l’unica rimasta immobile come una statua.

-Be’, è arrivato il nostro momento – enunciai, schiarendomi la voce. -Pronto a consumarti le scarpe?

Mi osservò un po’ confuso.

-Ti schiaccerò i piedi, dopotutto. Spero di non farti male.

Gunther compì un piccolo inchino, chiedendomi la mano. -E’ compito mio pregare affinché io non faccia male te.

Scoppiammo a ridere, finché non iniziammo a danzare in maniera non troppo scomposta, seguendo il ritmo della musica dolce e riecheggiante.

Percepivo l’imbarazzo del ragazzo, non troppo diverso dal mio, attraverso la sua possente stretta. Anche io non ero del tutto rilassata, ma sicuramente sollevata. Magari era proprio quel contatto a farmi percepire un sollievo immenso: assieme a Petra, era stato il fratello d’armi inseparabile, quello che, con la sua forte personalità, era riuscito sempre a sostenermi nell’arduo addestramento in accademia. La sua dolcezza nei miei confronti ricordava tanto l’atteggiamento di Lex. Per un attimo, quella sera, mi parve di rivederlo in lui, mentre cercavamo di non inciampare l’uno nei piedi dell’altro in una danza tutt’altro che perfetta.
-Credo che non ci sia nessuno che sappia ballare peggio di noi ricognitori. Guarda Hanji! - esclamò lui, posando teneramente una mano sulla mia schiena.
Mi voltai in direzione della Caposquadra, intenta in una bizzarra danza solitaria mentre il suo fidato braccio destro si preoccupava di non farla sbattere contro un tavolo dei rinfreschi.
Ridacchiai assieme al ragazzo, approfittandone per dare un’occhiata al resto dei commilitoni.

-Questa situazione è così strana. Riteniamoci fortunati: circostanze come queste capitano poche volte nella vita.

-Vedere me ballare? È probabile – mi sorrise.

-Vedere tanti ricognitori ballare – precisai. -E la signorina Nanaba meno burbera del solito.

Gunther si voltò, osservando nella mia stessa direzione, imbattendosi nella coppia del Caposquadra Mike e della sua subordinata.

-Decisamente - constatò lui, ridacchiando.

Adoravo vederli così vicini. L’avrei sempre fatto, non lo nascondo. I miei due compagni non avrebbero mai voluto che si raccontasse così tanto della loro relazione, e nemmeno io, in queste memorie, avevo intenzione di approfondirla eccessivamente in segno di rispetto, eppure ho ancora adesso un ricordo vivido di quel momento, in cui entrambi erano intenti a scambiarsi sguardi affettuosi e amorevoli.

Ero ancora troppo intimidita dal carattere difficile della veterana per poter rivolgerle tutti i miei complimenti riguardanti il lieve filo di trucco che aveva adoperato sul suo viso quella sera : gli occhi cobalto spiccavano sotto la matita nera e riprendevano il colore dell’abbigliamento accuratamente maschile – consisteva in una semplice camicia bianca e dei pantaloni neri a vita alta. Ogni tanto la scorgevo mentre era occupata a proferire sotto voce i suoi pensieri al suo compagno; ero sempre più convinta di non averla mai vista particolarmente gaia come quella sera. A differenza di Mike, era sempre stata più brava a celare i suoi sentimenti dietro la maschera da soldato freddo e insensibile.

Le mani del Caposquadra Mike occupate a stringere il suo corpo decisamente più esile rendevano il quadro ancora più tenero. Sorrisi spontaneamente non appena l’ufficiale, dopo aver controllato che non vi fossero troppi occhi altrui puntati su di loro, scoccò un dolce bacio sulle labbra della biondina.

La musica proseguiva, sempre più languida, sentimentale e passionata. Fu proprio il suono perfettamente coordinato di quei quattro musicisti a farmi sentire spaventosamente bene, in compagnia di un amico fidato, in mezzo a tanti compagni d’avventure che quella sera avevano generosamente applaudito per me. Per quanto prima o poi avrei preso la decisione di interrompere il ballo – era piacevole fino ad un certo punto. Non ero assai in grado di smuovere me o Gunther e avrei preferito volentieri essere al posto del chitarrista – non potei fare a meno di notare come l’atmosfera fosse tanto diversa, calda e gioiosa.

Mi imbattei in Erwin e Levi qualche metro più avanti. Il più piccolo, a braccia conserte, osservava proprio me: il suo sguardo era tanto sereno e confortante. Sembrava addirittura divertirsi nel vedermi nuovamente felice.
Erwin parlava animatamente con un ufficiale, ma nell’accorgersi della presenza del caporale alle sue spalle, prestò attenzione a quest’ultimo, sussurrandogli qualcosa, con un sorriso stranamente malizioso.
Avrei giurato di vedere Levi arrossire, ribattendo infastidito al capitano di divisione.

-Sarebbe bello se potessimo festeggiare così dopo ogni spedizione, non trovi? – prese nuovamente la parola il mio partner.

-E’ così – riflettei, sospirando. -Però, nessuno ci impedisce di provarci, non credi?

Il volto di Gunther si era incupito. presto comparve il suo solito sorriso carico di determinazione. -Ehi, è vero. Ci impegneremo, allora?

Annuii, facendogli l’occhiolino, danzando un ballo lento, per quanto il mio cuore fosse carico di speranza. Avvertii nuovamente quel fremito, lo stesso col quale avevo vissuto fino a quel momento i miei giorni di soldato, che mi induceva a credere ancora in quei forti ideali, in quel desiderio di libertà sconfinato.

Poco tempo dopo, Gunther, un po’ sfinito, mi domandò un attimo di tregua, che concessi senza battere ciglio. Anzi, mi scusai per averlo trattenuto così tanto, ma egli mi aveva ignorato, andando a servirsi qualche bevanda al rinfresco.

Approfittai di quel momento per dirigermi da Erwin, uno dei pochi che non aveva scelto una compagna con cui ballare, col fine di ringraziarlo per la nomina. Lo raggiunsi mentre era di spalle, non molto lontano dal quartetto di musicisti. Solo dopo aver richiamato la sua attenzione mi accorsi della presenza di Levi dietro di sé.

-Oh, eccola, tenente! – esclamò sorridente il biondo.

La presenza di Levi, talmente fuori luogo in un’occasione come quella, mi mise un po’ soggezione. Improvvisai un inchino davanti ai due ufficiali, abbassando il capo tenendomi l’estremità della gonna del vestito.

-Comandante, capitano. Vi ringrazio per avere creduto tanto in me – annunciai di cuore.

-Era il minimo che potessimo fare per premiare i tuoi sforzi – spiegò Erwin. -Se proprio ci tieni a saperlo, l’idea è tutta di Hanji.

-Deve avere insistito parecchio, allora, per riuscire a persuadere lei e i restanti ufficiali a prendere una decisione quasi aberrante – notai.

Erwin scoppiò a ridere. -Apprezzo la tua umiltà, Claire, ma forse dovresti provare a credere un po’ di più alle tue capacità – il suo atteggiamento ilare mutò. -Sei veramente in gamba come tutti pensiamo, posso garantirtelo.

Mossi gli occhi altro, arrossendo. -Spero di poter ripagare il debito alla Caposquadra, un giorno – enunciai.

-Continua a impegnarti duramente, come hai sempre fatto – continuò Erwin, lo sguardo fiducioso e confortante.

Feci cenno col capo, prima di rivolgere finalmente lo sguardo al corvino.

Erwin mi parlò brevemente dei suoi progetti riguardanti le prossime operazioni che avrebbero coinvolto la Ricognizione nel nuovo anno; per qualche bizzarra motivazione, quella sera tendevo a ignorare i discorsi dei miei interlocutori per concentrarmi con qualcosa di completamente diverso: i miei occhi erano puntati sul corvino, leggermente distante dall’imponente figura del comandante. Preferiva concentrare il suo sguardo su tutto ciò che non riguardasse me, benché ogni tanto lo scorgevo adocchiare il mio vestito candido.

Quel comportamento un po’ a disagio mi intenerì parecchio. Resistei dalla voglia di rinfacciarglielo amorevolmente, ricomponendomi per comprendere almeno il succo di quanto mi stava riportando Erwin.

-Ci sarà da lavorare – esordì improvvisamente Levi, avanzando di qualche passo. -Perciò, vedi di non deludere le aspettative. La promozione di grado implica anche assumersi un numero maggiore di responsabilità.

Gli sorrisi orgogliosa. -Ma certo, signore. Non vi deluderò – schernii un po’ il suo atteggiamento burbero, cosa che divertì parecchio il comandante di divisione.

I due vennero molto presto raggiunti da altri ufficiali; finii presto col venire ignorata dai più esperti, motivo per cui mi fu concesso di concentrarmi sui musicisti intenti a suonare giusto a qualche metro di distanza.

Avanzai lentamente, piazzandomi involontariamente innanzi al quartetto, facendomi pervadere da quella musica melodiosa e allegra. A tratti, i quattro mi rivolgevano sguardi divertiti, seppure un po’ confusi, di cui non mi curai, troppo presa a godere di quella melodia tanto dolce.

Non ricordo per quanto tempo la mia mente riuscì a rimanere assorta, so per certo che quella musica era in grado di acquietare il mio animo, per certi versi sempre tormentato dalla triste fine di mio fratello, oltre che dagli orrori a cui avevo assistito nelle mie prime spedizioni.

Si dissipò ogni tormento nella mia mente, il cuore batteva forte dall’emozione: sarei potuta rimanere nella medesima posizione per l’eternità. Finché uno dei quattro musicisti non annunciò il breve intervallo del quartetto, prima che ciascuno di essi potesse allontanarsi dai loro strumenti per prendere parte al rinfresco.

Rimasi comunque immobile; non appena li vidi allontanarsi, i miei occhi ricaddero sulla meravigliosa chitarra di recente costruzione precedentemente suonata dal chitarrista, indecisa se approfittare di quel breve attimo di assenza del proprietario per poter almeno imbracciarla e captare la differenza rispetto al mio strumento.

Un po’ intimorita, l’istinto prese il sopravvento: senza essere notata, sedetti al posto del chitarrista, afferrando la cordiera.

Emisi un semplice accordo di la, che risultò ciò che di più melodioso potesse esistere nel mondo. Non fu difficile lasciarmi trasportare dalla medesima armonia da me proposta, mescolando diversi brani di mia conoscenza.

Senza che potessi accorgermene, richiamai l’attenzione del primo gruppo di ricognitori più vicino a me.

-Accidenti, Claire! – esclamò euforico Moblit. -Non sapevo che suonassi così bene la chitarra.

Gli sorrisi, badando poco agli sguardi altrui per concentrarmi sullo strumento, il cui suono aveva raggiunto anche le orecchie di un annoiato Levi, che aveva trovato finalmente un buon motivo per allontanarsi da Erwin, sempre più intenzionato a continuare i suoi pesanti discorsi sulle spedizioni venture delle quali, giudicando dall’espressione del corvino, quest’ultimo avrebbe volentieri voluto evitare discutere, almeno in un’occasione tanto speciale come la cerimonia di quella sera.

Quest’ultimo raggiunse il gruppo di ascoltatori osservandomi con attenzione, domandandosi probabilmente cosa stessi tramando.

Il numero di ascoltatori diveniva via via sempre più numeroso, iniziai frattanto a chiedermi se effettivamente fossi tanto brava, oppure lo strambo talento di un ricognitore per la musica risultasse effettivamente così bizzarro agli occhi dei miei simili.

Eppure, continuavo a portare avanti la mia musica, il cui suono così familiare, a cui mi ero abituata da una vita, risultava a me tanto confortante persino trovandomi davanti un certo numero di spettatori. All’inizio, badai veramente poco allo spazio tanto ampio e alla presenza di un pubblico tanto numeroso, per concentrarmi solamente sulla tastiera di legno e sulle corde in rame, materiali tanto semplici ma che erano capaci di offrirmi quella rassicurazione, quel senso di appagamento mischiato alla nostalgia dei vecchi tempi, di cui non sarei riuscita mai a fare a meno.

Nonostante tutto ciò, non tardai a provare una certa sensazione di disagio, perciò conclusi l’improvvisazione utilizzando gli accordi giusti, prima di ottenere un applauso dagli ascoltatori.

-Sei bravissima, Claire! – squittì la Caposquadra Hanji, saltellando sul posto accanto a Moblit.

-E’ sempre stata così brava – spiegò sorridente Petra, vogliosa di rendere chiaro che io non avevo alcun segreto per lei.

Arrossii ancora di più nel vedere i quattro musicisti professionisti fare ritorno.

-Quindi era lei a suonare la mia chitarra? – mi domandò il proprietario dello strumento che ancora imbracciavo, un uomo sulla quarantina magro e un po’ stempiato.

-Ecco, io… - bazzicai. -E’ stato più forte di me, mi rincresce tanto.

-Non mi è dispiaciuto mica! – spiegò, alzando le mani. -Ne sono rimasto sorpreso, non è da tutti suonare così bene.

Improvvisai un leggero inchino, alzandomi per rendergli ciò di cui mi ero appropriata senza permesso.

-Lei è la giovane che ha ottenuto la promozione di grado dal Comandante, vero? – continuò il musicista. Il suo sorriso era caloroso e gentile, tipico di una persona di cui non si dovrebbe temere niente.

Annuii, arrossendo sempre più.

-Lieto di conoscerla, allora! – rispose raggiante. -Deve essere una serata alquanto particolare, per lei – continuò. -Le andrebbe di animare personalmente la sera dei suoi compagni con qualche brano che conosce? Sono convinto che farebbe felice chiunque.

Ero in preda all’eccitazione, incapace di ribattere e indecisa sul da farsi.

Mi guardai intorno: il gruppo di poco prima mi incoraggiava – lo stesso Levi fece un piccolo cenno col capo come per incitarmi – e osservavo l’arrivo di ulteriori soldati attorno al gruppo di musicisti.

Poi, rivolsi lo sguardo al chitarrista, intento ad allungarmi il suo strumento. -Claire, vero? Stia tranquilla. Non ha nulla di cui preoccuparsi, è bravissima.

Scoppiai a ridere, facendo di no con la testa, sedendomi ancora una volta con la chitarra dell’uomo accanto a me sulle ginocchia.

-Bene, signore e signori, - cominciò solare il chitarrista, -sono lietissimo di annunciare l’esibizione di una tra i vostri compagni d’armi che, solo per questa sera, allieterà i vostri animi con la sua musica. Spero vivamente che possiate apprezzarla.

Mentre udivo il suo discorso, spontaneamente mi chiedevo se effettivamente avesse ascoltato con tanta attenzione la breve improvvisazione di pochi attimi prima di constatare la mia discreta bravura; il suo sguardo sincero e rassicurante non faceva che confermare la mia ipotesi. Doveva essersi dedicato in tutto l’arco della sua vita esclusivamente alla musica, noncurante del fatto che gli artisti venissero sempre screditati dall’opinione pubblica perché impiegati in ciò che dalla maggior parte della popolazione veniva giudicato come un insulso passatempo. Tuttavia, anche l’operato degli artisti aveva il compito di riportare alla luce la dignità del genere umano. Noi soldati cercavamo di farlo in battaglia, ma coloro che si dedicavano all’arte probabilmente occupavano un posto di maggior rilievo, perché, a differenza nostra, i cui corpi finivano solamente col rimanere lacerati e impossibilitati dall’essere nuovamente condotti a casa, lasciavano qualcosa di proprio grazie al loro talento e al loro impegno.

Mi aggiudicai ulteriori incoraggiamenti dai miei commilitoni, prima di riflettere sul brano da estrapolare dal mio repertorio che potesse piacere al pubblico che mi trovavo davanti; non era semplice, soprattutto a causa della carica di ansia che in quel momento mi aveva posseduta.

Guardai ancora una volta il musicista, il cui volto sempre confortante e gioviale mi ricordò tanto quello di mio fratello Lex.

Mi domandai cosa avrebbe pensato lui della situazione. Probabilmente egli, a differenza mia, non avrebbe esitato un attimo a mettersi in gioco, suonando lo strumento che adesso reggevo senz’altro meglio di me!

A volte, nei tempi della nostra giovinezza, era colto da alcuni attimi di follia che lo portavano a esibirsi davanti a quasi tutti i civili di Karanes nella piazza principale quando non era occupato nella bottega del signor Ral.

Tutti lo incitavano rallegrati dalla sua musica; Petra e io rimanevamo al suo fianco, facendogli compagnia, entrambe divertite.

-Tu sei assolutamente fuori di testa! – non mancavo di ripetergli tra un brano e l’altro.

-Già, - rispondeva lui, -proprio come la ragazza del Bosco Lontano.

Quando proferiva tale affermazione, subito dopo recitava proprio il brano omonimo, il cui testo ci era stato tramandato da nostro padre, una sera in cui non pareva affatto il massimo della sobrietà.

Ma noi suoi figli ci divertimmo comunque a conoscere le avventure del protagonista della canzone, addentratosi nel “bosco lontano” per essere ospitato da una insolita fanciulla.

Lex, qualche anno dopo, ne scrisse la musica, un’armonia vivace, allegra e a tratti persino molto intensa.

L’allegria e la spensieratezza che trasparivano dal volto del chitarrista mi ricordarono tanto quelle di mio fratello; in un batter d’occhio, mi ritrovai a suonare e a cantare quella bislacca canzone. Immaginai di cantare con Lex, in un istante le incitazioni dei ricognitori si fusero con quelle dei semplici popolani di Karanes. La mia chitarra accompagnava quella di nostro padre, adoperata da Lex diversi anni prima.

La canzone parlava di un ragazzo, invitato da una giovane nella sua casetta nel mezzo di un bosco. I due chiacchierano ininterrottamente sul tappeto della piccola dimora, priva di sedie, fino a che non si fanno le due di notte, egli, convinto di poter coricarsi a letto con l’amabile fanciulla, è costretto a riposare nella sua toilette per la notte. Lei non ha tempo da perdere con lui, in quanto la mattina successiva dovrà svegliarsi presto per andare a caccia di mosche.

Succedono fatti assurdi, nel bosco lontano, recitava la canzone.

Per quanto fossi costretta a raccontare una storia così sciocca, non potei che sorridere per tutta la durata del brano, rallegrata dai dolci ricordi che potei rivivere in quegli istanti, dalle risate dei miei compagni, dalla stramba danza che molti improvvisarono sulle note della canzone, in particolar modo quella di Hanji, che riuscì a trascinare nella sua folle impresa anche il povero Moblit.

E, nell’esatto momento in cui il protagonista si corica ai piedi della toilette della fanciulla sullo scomodo pavimento in legno, ricordai la notte in cui, prima di partire per i territori interni assieme a Petra e prendere parte all’addestramento dei cadetti, Lex mi tenne accanto a sé sulla sua piccola brandina, abbracciandomi, la nostra chitarra ai piedi del letto.

-La mia sorellina diventa una soldatessa – commentò a bassa voce, ridacchiando.

Capii, infine, che Lex non era poi tanto distante da me. Addirittura, mi parve più vicino che mai. E lo sarebbe stato sempre.

Aprii finalmente gli occhi, incontrando quelli dei miei gai compagni; Hanji era già riuscita a far crollare i piatti sistemati su uno dei tavoli per il buffet, Petra tentava disperatamente di coinvolgere Oruo, sempre più imbarazzato, in una danza, Gunther e Erd erano intenti a battere allegramente le mani al ritmo della musica, Erwin sfoggiava la sua risata più spensierata.

La noia aveva finalmente abbandonato il volto di Levi: lo sguardo di quest’ultimo era costantemente rivolto su di me. Ad un tratto, lo vidi sporgersi un po’ di più, studiando il movimento delle mie dita sullo strumento. Pareva sempre più interessato alla mia esibizione, mi si sciolse letteralmente il cuore quando concentrò la sua attenzione su di me, a poco a poco si fece strada un dolcissimo sorriso sul suo viso, che venne prontamente notato da Nanaba, accanto a lui.

-Questo non si vede tutti i giorni: il capitano Levi che sorride! – esclamò ad alta voce; Mike ridacchiò con lei.

Levi fu obbligato a ribattere ai due in maniera altamente offensiva e mi astengo dal riportare il solito linguaggio volgare che egli non evitava di sfoggiare in alcune circostanze.

Mi apprestavo a terminare il brano, che i musicisti attorno a me avevano iniziato ad eseguire ad orecchio accompagnando la chitarra.

Terminata la canzone, resi per l’ultima volta lo strumento al suo proprietario, in preda alla vergogna scappai lontana dagli sguardi dell’intera Armata, in cerca di acqua al tavolo dei rinfreschi.

Riuscii a deglutire il liquido che versai in un bicchiere prima che potessi sgozzarmi per l’improvviso arrivo della Caposquadra Hanji.

-Claire, sei un portento assoluto! – urlò, sollevandomi da terra.

-Caposquad…

-Sei piena di sorprese, non sapevo fossi tanto brava persino nella musica. AHHH! C’è qualcosa che non riesci a fare?! Sei il massimo.

-Sicuramente stare al centro dell’attenzione non mi esce bene – riflettei, ridacchiando.

Parlammo a lungo della mia promozione, ecco che finalmente riuscii a ringraziarla per la fiducia che in me aveva riposto. Anche le sue parole di incoraggiamento mi toccarono profondamente, come era avvenuto con Erwin.

La lasciai in balia del suo stato di eccitazione, l’allegria contagiosa che quel giorno aveva inebriato l’intero corpo d’armata mi indusse a congedarmi dalla sala con il meraviglioso ricordo della magnifica serata trascorsa.

Per i corridoi, incrociai ancora una volta l’imponente Caposquadra Mike assieme a Nanaba intenti a camminare nella direzione opposta alla mia. Si tenevano allegramente per mano, ciononostante la situazione pareva ai miei occhi comunque imbarazzante, motivo per cui cercai di oltrepassarli fingendo di avere fretta.

-Tenente Claire, non mi saluta? – risuonò la voce di Mike.

-Io… buonasera, signore – riuscii pietosamente a rispondere, maledicendomi.

I due si scambiarono un’occhiata, ridendo spensieratamente. Non potei fare a meno di notare quanto effettivamente i due si completassero a vicenda. Non potei fare a meno di sorridere nel credere che, d’altra parte, io e una persona di mia cara conoscenza non ci differenziavamo più di tanto da loro.

-Claire, ti aspetta un duro lavoro da portare avanti, rammendalo – mi ricordò Nanaba.

-Figurati se sarà un problema, per lei. E pensare che questo piccolo genio era capitata nella mia squadra… maledetto Levi – commentò Mike.

-E’ così, Caposquadra. Il genio preferiva lei come superiore – ribattei divertita.

Portai il pugno al petto, dando loro le spalle. -Caposquadra Mike, non mi pare che avere la signorina Nanaba in squadra le dispiaccia molto. D’altro canto, lei è forte quanto me, giusto? – proferii un po’ incerta, ma convinta che un po’ di sano umorismo non stonasse più di tanto in quella serata tanto allegra.

Mike scoppiò a ridere, io mi ero già dileguata quando strinse a sé la donna accanto a lui, scoccandole un bacio sulla fronte.

Corsi nei dormitori a prelevare il mio personale strumento a sei corde; vestita ancora di tutto punto, mi diressi al punto più alto della caserma, impaziente di poter riprendere a suonare quanto prima.

Giunta sul tetto, mi attendeva il solito posto sgombero, lungo il parapetto in pietra.

Ero stata talmente confortata da tutta quella serie di eventi da non percepire tantomeno la bassa temperatura esterna.

Sospirai, carezzando dolcemente le corde di quel secondo strumento che mi ero trovata tra le braccia, ripensando all’esibizione di poco prima.

-Lex, non mi uccidere – sorrisi. -Ero troppo emozionata per rendere completamente giustizia alla tua versione – proferii, osservando il cielo scuro e profondo, l’orizzonte lontano, al di là delle mura.

Rividi il suo sguardo divertito e spensierato in quel mare stellato – avevo iniziato ad immaginarlo così, il mare. Una distesa infinita, impossibile da superare nella sua interezza, più illimitata della vita di qualsiasi essere – osservandolo incerta, chiedendomi cosa fosse meglio suonare in quell’istante.

Ripensando a quanto, per certi aspetti, la mia vita non fosse completamente una mera, triste esistenza, mi focalizzai sulla figura del mio amato, compresi tutti gli attimi di amore trascorsi in sua compagnia.

E fu così che ripresi la melodia che io stessa, qualche tempo prima, avevo iniziato a comporre, riscoprendola tra i tasti della chitarra, pizzicando quelle corde leggiadre mentre il mio cuore sembrava riempirsi sempre più di bontà.

Levi che mi sorrideva. Levi che arrogantemente mi rimproverava affinché mi impegnassi sempre di più. Levi che mi ascoltava. Levi che mi parlava. Le sue labbra sulle mie, le sue mani su di me nel momento in cui i nostri corpi si erano uniti in una umile caserma di un Corpo d’Armata a cui era a cuore persino la vita di coloro che lo deridevano.

È sempre stato così. Da quando poco tempo prima avevo compiuto la saggia decisione di prendere parte ad un’impresa ardua e rilevante, aspettando assieme ai miei simili il giorno in cui l’umanità si sarebbe risollevata – perché sicuramente ci sarebbe riuscita. E in quel giorno, ne ero convinta, Levi e io saremmo stati ancora insieme, dopotutto.

Saremmo state due stelle che, assieme agli altri vincitori, avrebbero portato la luce nella nostra città e sconfitto il male che ci sopprimeva.

Insieme e uniti, ci saremmo riusciti ad ogni costo.

Dopo aver faticato un po’ a canticchiare una melodia tanto dolce e troppo raffinata per le mie mediocri corde vocali, infilando ogni tanto qualche parola di speranza, mentre ripercorrevo gentilmente l’armonia principale pizzicando le corde, finalmente potei accorgermi di non essere da sola.

Quando ebbe passeggiato un po’ verso di me, fu meraviglioso poter constatare quanto bello fosse averlo così vicino al mio fianco. Con lacrime di gioia, guardai lui, ai miei occhi sempre più bello e perfetto.

-E’ la tua – spiegai, riferendomi al brano.

-O la nostra?

Ricambiava lo stesso sguardo amorevole che gli stavo rivolgendo; era fantastico sapere che i miei sentimenti venivano ricambiati alla stessa maniera.

-Ammetti che non mi viene poi tanto male.

-Credo che la tua gola ti stia supplicando di finirla, per stasera. La tua voce somigliava a quella di una fottuta pecora.

Sbuffai. -Tch, sei patetico.

Posai gentilmente lo strumento sul parapetto, alzandomi per prendergli entrambi le mani; tuttavia, egli ebbe la briga di avvicinarmi a lui avvinghiandomi con un braccio.

Non sapendo come rispondere, gli sistemai il fazzoletto uscente dalla lunga giacca militare.

-Sempre così tanta classe, - giudicai. -Non ti smentisci mai, vero capitano?

Ridacchiai un po’ prima di decidermi a baciarlo, di sentire il suo profumo – talco! Non avevo mentito a Mike qualche giorno prima durante la missione! – e il suo contatto.

Ebbe il coraggio di interrompere il bacio, lasciandomi piuttosto amareggiata. Vidi il suo viso tanto vicino al mio dipingersi di un colorito rosso piuttosto evidente.

-Che succede? – chiesi piuttosto confusa.

-Ah, non è niente – mi rassicurò, mordendosi un labbro, osservando meglio il mio abito bianco. -E’ solo che… sei tanto bella stasera, meriteresti molto di più di uno stronzo di un metro e sessanta, perennemente incazzato anche ad un ricevimento.

Scoppiai a ridere. -Ma c’è un problema: io adoro lo stronzo di un metro e sessanta perennemente incazzato qui davanti a me.

Rivolse un sorriso un po’ triste al cielo prima che potessi far combaciare la mia bocca con la sua.

-La ringrazio dei complimenti, capitano Levi – commentai, prima di rendere quel bacio sempre più passionale, come d’altronde piaceva a me, molto probabilmente anche a lui.

E’ sempre stato così. Malgrado tutte le disavventure a cui anche io, come tutti coloro che mi circondavano, ero sottoposta, avrei potuto sempre contare sul suo sostegno, sull’affetto reciproco che egli non mancava di dimostrarmi. Sapere di poter fare affidamento su di lui nei tempi bui mi riempiva il cuore di gioia, al contempo mi aiutava a credere di poter sperare ancora di vincere ogni difficoltà lottando, con la stessa forza che egli stesso adoperava.

Sentendo l’irreprimibile necessità di doverlo avvinghiare, gli soffiai un sincero bacio sulle labbra, lasciando che le punte dei nostri nasi si sfiorassero.

Mi allontanai di qualche centimetro da lui, che era incapace di comprenderne la ragione, appena avvertii il rumore dei passi di un gruppo piuttosto numeroso percorrere la gradinata.

-Dovremmo aspettare, secondo me – diceva il primo.

-Ma cosa dici? E’ stata nominata adesso, è questa l’occasione giusta – riconobbi la voce di Petra.

I miei quattro compagni si rivelarono mentre le mie mani tenevano ancora saldamente il mio amato, appena accortosi della presenza inopportuna dei suoi sottoposti in un momento tanto intimo.

Benché il mio sguardo indifferente alla situazione di imbarazzo creatasi, assistei alla vergogna provata sia dai nuovi arrivati che da colui che subito si staccò da me nel constatare la presenza di un tale numero di occhi puntati su di lui in una circostanza alquanto confidenziale tra noi.

-Capitano, noi non… non volevamo affatto disturbarvi! – proferì Petra, rossa fino alle orecchie, portandosi il pugno chiuso al petto.

-Esatto – intervenne Gunther, altrettanto imbarazzato –siamo venuti solamente in cerca di Claire.

-Ebbene, vi decidete a piantarla una volta per tutte? Non capisco a cosa sia dovuto questo discorso stupido e deprimente – parlò Levi, nell’esatto momento in cui ero scoppiata a ridere.

-Concordo col capitano – proruppi, gaia. -Vedete di arrivare al punto. Perché non siete giù a godervi la serata invece di perdere tempo in un posto tanto noioso e polveroso?

I miei quattro compagni, un po’ titubanti, si avvicinarono a me. Petra, con un dolce sorriso, fece comparire da dietro la sua schiena un grazioso mazzo di fiori candidi.

-Tanti auguri, Claire! – esclamò Gunther. -Siamo davvero felici della tua promozione. Sei il nostro orgoglio.

Emozionata, li guardai a bocca asciutta. -Anche voi sapevate che…?

-Lo sapevano tutti, in realtà – rise Petra. -Hanji lo ha rivelato praticamente a tutti.

Ripensai ancora una volta alla bontà della Caposquadra mentre osservavo i fiorellini bianchi.

-Ti piacciono? – mi domandò impaziente Erd. -Petra e Aubrie hanno passato l’intero pomeriggio a sceglierli nel campo della sua famiglia – spiegò. Non potei fare a meno di notare il rossore che investì il suo volto nel parlare della adorabile contadina.

-Sono meravigliosi! – risposi sincera. -Non merito tutte queste attenzioni da parte vostra.

-Sciocca! – ridacchiò di nuovo Petra. -Sappi che ho adorato la tua esibizione di stasera. E’ stato senz’altro il momento migliore.

-Solo perché sei scoppiata a ridere mentre Oruo cadeva ai tuoi piedi – intervenne Gunther.

-Sono stata responsabile della caduta di Oruo?

-Non è divertente! – sbottò il diretto interessato.

Tutti e cinque ridemmo sommessamente. -Perdonate la mia ignoranza, non penso di aver mai visto mia madre coltivare questo tipo di fiore. Che genere è ?

I quattro si guardarono un po’ interdetti e imbarazzati.

-Sono gelsomini – proruppe una voce fredda.

Levi si avvicinò a noi, osservando il modesto bouquet che la mia mano reggeva. -Gelsomini. Ne ho visto il disegno in qualche libro, mi pare.

I suoi occhi incontrarono i miei; susseguì un silenzio bizzarro, durante il quale immaginai scene che non avrei avuto mai modo di vedere realizzate davanti ai miei occhi. Scene che non mi appartenevano. Scene in cui Levi, la cui età era più vicina a quella dei bambini di Trost che alla mia, sedeva ad un tavolo di una casa che lui e Farlan erano riusciti ad occupare nelle periferie più buie di Mitras, sfogliando uno libro di cui non conosceva l’autore, tantomeno la materia trattata; probabilmente, nemmeno i caratteri sopra incisi.

Con la mano reggeva il mento, sbuffando. Con l’altra, rigirava tra le dita un vecchio coltello, chiedendosi se mai avesse potuto vedere con i propri occhi una pianta come quella. Sicuramente non lì, dove a stento si sapeva che vi erano luoghi in cui una fonte naturale chiamata sole irradiava terre, città, persone.

Gli occhi di Levi guardarono altrove, appena gli rivolsi l’ennesimo sorriso.

-Gelsomini – ripetei, impalata.

-Credo che sia il caso di ritornare al piano di sotto – proferì il capitano. -Non mi pare il caso di rimanere qui per altro tempo. Non siamo autorizzati neanche.

I quattro lo guardarono sbigottiti. -Tutti?

-Ma è ovvio! – spiegai, divertita. -Che ci facciamo qui? Andiamo a divertirci, finché possiamo!

Seguita dai miei quattro gai compagni, facemmo ritorno al grande salone.

I ricognitori proseguivano a danzare, a chiacchierare, a scherzare.

Non mi astengo dal riportare in queste memorie che almeno il novanta percento dei presenti di quella sera aveva assistito ad ogni genere di incubo, affrontando un mondo tanto terribile da dimenticare il concetto in sé di umano.

Tristemente, il più delle volte nascondevano le proprie paure e le proprie ferite ai propri cari, ai familiari e agli amici. Ma i soldati del Corpo di Ricerca non dimenticano l’orrore di aver visto con i propri occhi un loro commilitone venir divorato davanti a sé. Quella sera, momento della giornata in cui le preoccupazioni degli uomini improvvisamente crollano, gli orrori cessano come le attività dei mostri contro i quali combattevamo, nella mensa di una caserma addobbata per uno strambo ballo in cui tutti pestavano i piedi dell’altro, tutto parve decisamente più umano. Le risate, i sorrisi, gli scherzi e le chiacchiere mi indussero a riflettere in maniera profonda: ciò che dimenticammo non fu l’orrore provato, quanto quella malsana paura che il genere umano potesse estinguersi. Ebbene, pensammo che non sarebbe accaduto. Perché i sentimenti umani in sé sovrastano qualsiasi genere di paura, alimentando la speranza.

 

Spazio autore: dopo quasi un anno, risorgo! Con quale coraggio, poi?

E' stato un anno piuttosto travagliato, soprattutto dal punto di vista scolastico, eppure eccomi qui! Ritornati sono i personaggi di questa storia, ritornata e conclusa è stata la terza stagione, che mi ha ispirata a riprendere la storia.

Pubblicherò il prossimo, ultimo capitolo a breve. Ma Claire non ci lascerà: è in arrivo, infatti, una seconda storia. Chi vivrà vedrà ;)

 

  
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