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Autore: Bloody Wolf    11/07/2019    6 recensioni
SoulMate | AU | Stucky
Aggiungeteci un pizzico di Angst, un pizzico di Hurt/Comfort, un destino legato dal marchio e ne ricaverete qualcosa di semplice quanto complesso.
Dalla storia:
"La sua mano vibrò stringendo quella matita con tutta la sua forza, forza che non bastò nemmeno a spezzare quel fragile pezzo di legno.
-Smettetela.
Steve si mosse camminando e mettendosi alle spalle di quei tre ragazzi di alcuni anni più grandi di lui, mantenne la testa bassa e parlò con tono sofferente.
-Basta… "
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Johann Schmidt/Teschio Rosso, Sam Wilson/Falcon, Steve Rogers, Tony Stark
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Questa è la mia prima mini long Stucky che scrivo, io personalmente l’ho scritta come una sola lunga OS ma ovviamente mi sono anche detta che dodici mila e passa parole non erano carine in un solo ed infinito capitolo quindi ho deciso di dividerlo in tre.

Questa prima parte sarà la più lunga ma ho cercato di mantenere le quattro mila parole a capitolo… 

Detto questo avvertimenti:

Non c’è sesso tra loro (non ancora muahaha), effusioni? sì un paio ci sono ma nulla di chissà che, è una AU anche se ho cercato su alcuni ambiti di rimanere fedele ad alcune cose dei vari film… 

E’ una SoulMate e, in questa versione, ho deciso di scegliere il fattore dei tatuaggi uguali… 

Ovviamente è ANGST nemmeno troppo a dire la verità ma un pò c’è, anche un pò di Hurt/Comfort a dir la verità ma nulla di chissà cosa quindi state tranquilli U.U

Non è da tanto che scrivo sulla Stucky quindi sono ancora inesperta per questa coppia, l’ho fatta a leggere da un paio di persone che mi hanno anche aiutato tantissimo con la correzione di questa “cosa” e che quindi ringrazio moltissimo (vi adoro <3).

Vi invito a lasciarmi un commento per farmi capire se vi è piaciuta questa prima parte ci tengo moltissimo a capire da voi lettori se sono rimasta IC o se sono andata OOC perchè vi giuro su questi personaggi ne ho il terrore T.T 

Ok, ora vi lascio alla lettura che già è lunga di suo se poi scrivo un papiro anche come introduzione… sono troppo idiota.

PS: la grafica è mia quindi non rubatela, grazie, piuttosto chiedete e ne faccio una io per voi acciderbolina!
 

Parte 1 [4566 parole]

 

Steve si era fermato nel centro di quella piazzola e si era messo a guardare il proprio riflesso nella vetrina di un negozio; aveva tolto da poco la maglia per togliersi di dosso un po' di quel calore che, in quell’afosa giornata estiva, gli pesava sulla pelle come un macigno.

Si ritrovò a scontrarsi con la propria immagine muscolosa, un corpo ben proporzionato e abbronzato; al centro del suo pettorale sinistro c’era quel marchio, quella maledizione che lo perseguitava fin da quando aveva quattordici anni.
 

Era un solo ragazzino, spensierato e debole, aveva i capelli biondi e un fisico asciutto, era sempre stato magrissimo e la sua pelle non aveva mai voluto colorarsi di alcun colore se non di rosso…

-Quando il marchio apparirà vedrà che cambierà tutto, signora.

Dicevano i medici di fronte a quel ragazzino che veniva deriso e preso in giro da tutti per via di quel maledetto marchio che tardava ad apparire mentre sua madre cercava di confortarlo per quella situazione.

Era arrivato a pensare che, forse, non era destinato a nessuno, che quella sua anima non avesse una sua gemella.

-Di solito si nasce con il marchio e il giorno che troverete, sul corpo di qualcun altro, quello stesso identico simbolo sarete sicuri che quella che avete di fronte sarà la vostra anima gemella.

Le maestre raccontavano quella “favoletta” a tutti obbligando il biondino ad abbassare lo sguardo e chiudersi sempre di più in se stesso.

Lui era nato senza marchio.

Era uno di quei rari casi in cui il marchio si mostrava tardi, se si mostrava.

Lui era diverso e questa cosa spaventava gli altri bambini che lo avevano isolato, obbligandolo a restare in disparte in un angolo a giocare da solo, ad affrontare tutto quello senza nessun amico.

-Quando crescerà apparirà, stanne sicuro Steve.

Lo sguardo del ragazzino si ritrovò a terra, incapace di guardare negli occhi quella donna che chiamava madre, incapace di affrontare tutto quel peso immane che gravava sulle proprie giovani spalle.
 

Steve! Siamo in ritardo con la tabella di marcia, saresti così gentile di portare quelle tue belle chiappe d’America su per quelle scale con quei cartoni?”

Il biondo scosse la testa a quel richiamo annuendo e piegandosi sulle ginocchia per raccogliere quei tre cartoni impilati che aveva ai propri piedi; se li caricò tra le braccia e salì quelle scale incontrando un paio di persone prima di giungere sul pianerottolo corretto e lasciarli impilati vicino agli altri.

Si era perso nei ricordi di quel passato che, anche a distanza di anni, percepiva sotto pelle con un brivido di freddo e di dolore; era cambiato tutto da quel periodo lontano, ma le ripercussioni di quel gene che si era stampato male lasciando che il marchio si imprimesse in ritardo le sentiva ancora e facevano male, giorno dopo giorno.

Ben fatto, passiamo al prossimo appuntamento.”

Aveva trovato lavoro in quell’azienda di traslochi quasi per caso: un giorno come altri aveva aiutato una signora che abitava sullo stesso suo pianerottolo a riacciuffare il gatto che le era, casualmente, sfuggito mentre quegli uomini spostavano mobili e cartoni vari. Si era presentato cordialmente e si era proposto per il lavoro, pochi giorni dopo indossava un cappellino nero con il nome dell’azienda ed era pronto al suo primo giorno di lavoro.

Salì sul furgoncino tornando al presente e, guardando gli altri due uomini che aveva con sé, sorrise loro annuendo per confermare la sua effettiva presenza. Gli volevano bene e questo a lui bastava più di qualsiasi cosa, dopo quattro anni che lavorava con loro si sentiva a casa, si sentiva di appartenere a quel luogo finalmente.

Il prossimo cliente sarà abbastanza odioso, mi raccomando ragazzi, usate gli imballaggi e i guanti perché penso che ci siano anche cose di un valore che nemmeno ci possiamo sognare.”

Annuirono a quelle dritte: essere professionali e veloci era in fondo il loro motto.

Ci misero tutta la giornata per svuotare quell’appartamento, il proprietario era un anziano uomo pignolo e sempre pronto a bacchettarli per ogni cavolata, ed era stato estenuante lavorarci assieme.

Risalirono stremati sul camioncino solo quando ormai il sole era sparito dietro i grattacieli, erano distrutti e provati dal lavoro; il ragazzo che guidava si chiamava Sam, aveva la pelle scura e un carattere solare e scherzoso mentre l’altro giovane con cui lavorava era Barton che, nel suo tempo libero, si divertiva con il tiro con l’arco e con le arti marziali, erano tutti e due persone meravigliose…

Stavano parlando di quel proprietario odioso che si stavano lasciando alle spalle ridendo e scherzandoci sopra; Sam avviò il motore, ingranò la retro marcia producendo il classico bip del furgoncino ma, oltre a quel singolo suono, si alzò nell'aria anche un rumore di frenata che si fece sentire con prepotenza, subito seguita da un forte suono metallico.

Il mezzo su cui viaggiavano ondeggiò, nonostante fossero praticamente fermi, sballottando i tre occupanti per pochi secondi, facendo loro capire di aver sbattuto contro qualcos’altro.

Io… scusami… ho fatto la retro senza guardare, scusami.”

Sam era sceso spalancando la portiera con forza e, subito, si era scusato, mortificato per quell’ingente danno da lui provocato, Barton e Steve scesero dal mezzo raggirando il cassone e fermandosi ad osservare quella macchina palesemente sportiva e costosa contro cui si erano scontrati.

Era un’auto bellissima.

Aveva una base di argento metallizzato che accecava, sul cofano aveva due strisce circolari, una di colore rosso e una di colore blu con, al centro di queste due, una stella a cinque punte rossa.

Il loro camioncino aveva colpito la portiera del passeggero rovinando quel bel colore e quella carrozzeria costosa, l’autista di essa scese stringendo i pugni e Steve non si impedì di pensare che quel tipo fosse sia inquietante sia estremamente bello.

Lo sconosciuto si tolse gli occhiali da sole con un gesto secco e arrabbiato prima di puntare un dito verso Sam e camminare fino a trovarsi ad un palmo dal suo naso, quello sconosciuto sibilò parole pregne di veleno verso l’altro.

Spero che tu abbia anche solo un’assicurazione decente, pezzo di merda.”

Sam si ritrovò ad alzare le mani in segno di resa, Steve lo conosceva, non era cattivo ma se c’era da discutere non ci metteva troppo a passare alle mani così decise di intervenire con parole pacate, toccando il petto all’amico e sospingendolo dolcemente indietro.

Ehi, Ehi, Sam ci penso io.”

Sam annuì ma, l’altro, di cui non conoscevano nemmeno il nome, incrociò le braccia al petto ringhiando infastidito da quell’intromissione.

Ehi, biondino non ho tempo da perdere quindi...”

Steve sorrise mentre estraeva dalla tasca il proprio portafogli e, da esso, un biglietto da visita della ditta, glielo porse con orgoglio.

Questi sono i dati della ditta, mi scuso per l’incidente, l’aspettiamo in ditta per firmare i documenti… signor?”

Ci furono pochi secondi di palese smarrimento da parte dell’uomo, sul suo volto si poteva leggere smarrimento ma Steve seguì quel braccio sinistro completamente tatuato mentre si allungava ad afferrare il foglietto con titubanza, incerto.

James Barnes, biondino.”

Rogers sorrise abbassando di poco lo sguardo e annuendo, felice che quel suo “approccio” meno violento avesse fruttato il nome di quell’uomo e una, seppur lieve, collaborazione.

Io sono Steve Rogers.”

James guardò l’altro con occhi seri e semplicemente tornò sui suoi passi attaccando ancora Sam con toni poco amorevoli prima di risalire in macchina.

Vai avanti con quel catorcio così che io possa andare al lavoro, idiota.”

Quando la mano sinistra andò ad afferrare la maniglia della portiera qualcosa di rosso catturò l’attenzione del biondo, qualcosa che svettava sulla spalla di quell’uomo che, non appena Sam mosse il camion, sfrecciò via a tutta velocità.

Il cuore di Steve prese a battere all’impazzata, l’aveva vista solo di sfuggita ma era quasi certo che quel segno fosse una stella rossa, una stella a cinque punte rosse come quella che lui aveva sul petto.
 

-..e tu Steve dove è il tuo segno? Ah, no, scusa dimenticavo che sei diverso.

Se quando era piccolo questa “cosa” era solo un pressante peso sulle proprie spalle, più cresceva e più capiva che era una maledizione, era qualcosa da nascondere il più possibile a tutti ma, spesso, non gli era possibile, la carta d’identità parlava chiara e la segreteria della scuola era stata chiara: non avrebbe avuto gentilezze per la sua condizione.

Nonostante tutta quella cattiveria che gli veniva rivolta contro, Steve era un ragazzo buono e di cuore, metteva spesso i bisogni di altri davanti ai propri ritrovandosi poi ad odiarsi, consapevole che quelli lo stessero solo “usando”.

Eppure ci ricascava perché per lui non importava la loro motivazione, lui si impegnava per ciò in cui credeva.

-Ehi, Rose sei proprio bella, che ne dici di venire con noi nel vicolo?

Steve aveva sentito quelle parole, aveva stretto le esili mani su quel quaderno da disegno e aveva deglutito socchiudendo gli occhi terrorizzato dalla voce tremolante della ragazza che cercava di ribellarsi, ma consapevole che tutta quella situazione fosse sbagliata. La sua mano vibrò stringendo quella matita con tutta la sua forza, forza che non bastò nemmeno a spezzare quel fragile pezzo di legno.

-Smettetela.

Steve si mosse camminando e mettendosi alle spalle di quei tre ragazzi di alcuni anni più grandi di lui, mantenne la testa bassa e parlò con tono sofferente.

-Basta…

La sua voce tremava e quelli nemmeno lo ascoltarono, troppo invisibile per essere considerato; Steve si ritrovò ad alzare la testa e fissare la ragazza che cercava ancora, disperatamente, di liberarsi dalle mani forti di quelle bestie.

Gli occhi di lei erano carichi di lacrime, il terrore era disegnato su ogni singolo centimetro del suo volto e lui era lì, immobile come uno spettatore silenzioso, inutile come quel simbolo che non si era ancora mostrato…

Aveva stretto i pugni afferrando quell’album da disegno con forza prima di lanciarlo con furia contro quei ragazzi colpendone uno sulla spalla. Aveva generato una distrazione, un modo per dare spazio a quella ragazza di scappare da lì, di andarsene lontano da quei vermi schifosi che usavano la loro forza da uomini contro una ragaza indifesa.

-Ho detto basta.

Li aveva visti avanzare verso di lui con il pugno pronto a colpirlo ma lui si era limitato a sorridere a quella giovane ragazza che, grata, lo aveva guardato con pietà prima di fuggire e lasciarlo lì nel “fuoco nemico”.

 

Steve si risvegliò quasi terrorizzato da quei ricordi, si era tirato a sedere con prepotenza mentre cercava, invano, di placare quel cuore che faticava a battere così veloce.

Ricordava ogni singolo pugno, calcio, sputo che aveva ricevuto quel giorno, per colpa di una sconosciuta, per salvarla da quei mostri.

Dopo quel pestaggio era rimasto per due settimane in coma; quattordici giorni, trecentotrentasei ore, non aveva mai avuto il coraggio di trasformarle in minuti perché erano troppi, ognuno infinito e vuoto.

Non aveva fatto nulla, non li aveva vissuti eppure qualcosa era accaduto perché allo scattare del quindicesimo giorno, Steve aveva spalancato gli occhi, aveva urlato di dolore mentre quel marchio si stampava a fuoco sulla sua pelle quasi fosse un animale, una bestia che appartiene a qualcuno e che, finalmente, lo aveva reclamato.

Si era svegliato e aveva visto quella stella mentre si delineava dilaniando i suoi muscoli e i suoi tessuti con ferocia portando il giovane a piangere mentre da quel pettorale sinistro il sangue aveva iniziato a sgorgare come lacrime dense e sporche.

Steve, muoviti!”

Scosse il capo decidendo di alzarsi e di lasciare inconsciamente che una mano andasse ad accarezzare quel simbolo con un sorriso, se davvero quel tizio dall’aria scontrosa e maleducata avesse avuto addosso il suo stesso simbolo forse, Steve aveva trovato la sua anima gemella.

Natasha fece capolino nella sua stanza con un cipiglio rabbioso in volto, quella donna era la coinquilina con la quale condivideva l’appartamento da tre anni e, ormai, si consideravano come sorella e fratello.

Nat, arrivo, non ho bisogno di una balia, non del tutto almeno...”

La ragazza alzò un sopracciglio e ridacchiò incrociando le braccia sotto al petto prosperoso, quando si impegnava sapeva essere davvero persistente, doveva ammetterlo…

Steve era negato verso qualsiasi cosa tecnologica e, se non fosse stato per lei, Steve si sarebbe ancora ritrovato ad andare al lavasecco per i panni sporchi nonostante la presenza in casa di una lavatrice di ultima generazione e funzionante.

Volevo avvisarti che questa sera esigo la disponibilità di casa libera… quindi torna a casa più tardi possibile in punta di piedi, grazie Steve.”

Steve arrossì sicuro di ciò che quello significava, sbuffò grattandosi il retro del collo cercando di smorzare quell’imbarazzo che si era arrampicato su di lui fallendo miseramente. La rossa aveva sempre avuto amanti che andavano e venivano da quella stanza e, come si erano detti fin dall’inizio se si riusciva, si avvisavano per non fare figure di alcun genere e per non vedere cose che nessuno dei due voleva scoprire.

Non che tu mi stia dando scelta, però va bene, hanno appena aperto un locale non lontano da dove lavoro e so che Sam voleva andarci quindi penso che andrò a farci un giro con lui e Barton.”

La donna gli fece l’occhiolino prima di trotterellare e sedersi sul letto di lui, lasciando che lui si andasse a sciacquare il volto e a cambiarsi ascoltandola mentre parlava.

Mi hanno detto che ci lavorano dei bei ragazzi, se non sbaglio il locale si chiama Shield o qualcosa di simile...”

Steve ridacchiò aprendo la porta che aveva socchiuso per cambiarsi e parlò, cercando di essere chiaro nonostante lo spazzolino che teneva tra le labbra.

Io ci vado per... birra.”

Lei ridacchiò e annuì, consapevole del “piccolo” disguido che Steve aveva avuto da piccolo con il suo marchio, lei stessa doveva ancora incontrare la sua anima gemella ma il suo marchio era visibile, in bella mostra alla base del collo come una piccola collanina che si adagiava a formare una “V” con inciso una strana clessidra squadrata, pareva quasi il disegno che la vedova nera aveva sul corpo.

Una mia amica mi ha detto che il fratello, o qualcosa di simile, del proprietario che ha aperto quel pub è un uomo ricchissimo...”

Steve la guardò dopo aver riposto lo spazzolino al suo posto e sbuffò alle prese con quella donna che amava sapere ogni cosa che accadeva in quel pianeta… Nat aveva l'assurda mania di estorcere anche i segreti più nascosti e tenerli per sé, una spia dal volto angelico, ecco cosa era.

E quindi? Con questa informazione io che ci dovrei fare?”

Nat non era mai stata di grandi parole e, anche in quel momento in cui, forse, avrebbe dovuto spiegare qualcosa, Steve si ritrovò a guardarla mentre si alzava con, in volto, uno sguardo malizioso e sfuggente, prese la porta e se ne andò, consapevole di aver lasciato un enorme punto interrogativo nella testa del giovane.


Era andato a lavorare con il solito entusiasmo, sperava di riuscire a beccare quell’uomo, quel James all’agenzia per sistemare quel piccolo incidente, lo sperava davvero perché doveva capire se quella stella rossa a cinque punte fosse uguale alla sua o no, aveva bisogno di saperlo…

Gli vibrò il cellulare nella tasca dietro dei pantaloni, così, dopo aver appoggiato lo scatolone che teneva tra le mani, lo afferrò sbloccandolo con calma ed aprendo il messaggio. Arrivava da parte di Nat:

 

-Divertiti mio caro, scuoti quel sedere marmoreo che ti ritrovi. Ricorda, torna tardi.

 

Lesse il messaggio sorridendo sconsolato, Steve scosse la testa di fronte a quella piccola premura, da parte di Natasha, di spiegargli quella frase che gli era semplicemente scivolata fuori dalla bocca durante la loro ultima conversazione.

Lui non aveva mai amato ballare, non aveva mai amato andare in discoteca e l’alcol lo reggeva fin troppo bene per i suoi canoni quindi capì che la rossa lo stava bellamente e bonariamente prendendo in giro.

Tornò in sede assieme a Sam e a Barton, parcheggiarono il mezzo sul retro e poi entrarono nella hall ritrovandosi il loro capo che discuteva con un uomo sulla settantina vestito firmato e con i capelli grigi, era grassoccio e aveva le dita piene di anelli e tatuaggi di ogni genere.

Stia calmo signor Crown non è successo nulla di male e se lei si calma possiamo compilare le carte e spedire tutto alle assicurazioni.”

L’uomo ridacchiò prima di poggiare delicatamente le mani sul bancone e parlare con tono ammaliatore e disinvolto.

Non è per il danno in sé, è solo che colui che guidava quell’auto è arrivato tardi da me esponendomi ad un pericolo immenso. Non è solo una guardia del corpo, glielo assicuro.”

Dietro a quel giovane dai lunghi capelli neri c’erano due uomini muscolosi e rigidi, avevano uno sguardo impassibile e sembravano pronti a qualsiasi cosa per quel signore.

Sa che le dico? Che per questa volta lasciamo perdere tutto ma, se e spero che non accada, dovesse accadere nuovamente, farebbe meglio a prendere le misure per l’abito da morto.”

Chiunque fosse quell’uomo poteva solo che diventare una minaccia, si stampò in mente quel sorriso obliquo mentre lo guardava che se ne andava con quei due gorilla palestrati.

 

Aveva passato due lunghi e dolorosi anni nel corpo dei militari, erano stati difficili perché lì non discriminavano, annientavano con le parole e con i fatti e basta…

Il suo corpo era debole rispetto agli altri, non si era mai sviluppato ed ora era solo un pallido moccioso tra le file ben tornite.

Era solo un’ombra con indosso un elmetto più grande della sua testa.

Si era recato negli uffici per la visita medica e, nonostante i suoi continui allenamenti, era ancora un ragazzino magro con un leggero accenno di muscoli e la sua pelle aveva iniziato solo nell'ultimo periodo a prendere una leggera sfumatura beige.

Il suo corpo non era cambiato come aveva sperato, forse perché si aspettava una cosa radicale o forse perché il suo morale era sotto i piedi ma …. tutto gli era sembrato difficile in quel periodo, anche l’azione più semplice.

I giorni all’interno del campo si susseguirono ora dopo ora, e Steve nella sua testa aveva un solo obiettivo: superare la barriera di quel corpo.

C’erano stati giorni in cui il dolore gli rendeva difficile il solo alzarsi; quelli erano i giorni in cui voleva solo buttare la spugna, arrendersi perché stanco di combattere una battaglia di quel calibro.

Decideva sempre di combattere senza mollare perché ogni volta che chiudeva gli occhi e si impegnava nel ricordare si ritrovava a rivivere quella brutta situazione e a rivedere gli occhi terrorizzati di quella ragazzina che non poteva difendersi, lei era la luce che lo faceva continuare, quella sconosciuta era un incentivo verso la vittoria. La sua personale vittoria.

Il suo corpo cedeva, di giornata in giornata sotto al peso degli allenamenti compulsivi a cui lo sottoponevano, i suoi muscoli vibravano dallo sforzo e spesso dai suoi occhi uscivano lacrime amare per quella sua debolezza.

Non si era mai arreso, aveva digrignato i denti, aveva sudato e sputato sangue ma alla fine i risultati si mostrarono, si delinearono sul suo fisico e nella sua mente, stampati a fuoco come dimostrazione che aveva sconfitto quel marchio.

Come una dimostrazione che cambiare era possibile, difficile certo ma non impossibile.

 

Steve, sei pronto?”

Sam e Barton erano arrivati a casa sua con largo anticipo, si erano fatti aprire la porta e stavano scroccando un pacchetto di patatine mentre lo attendevano senza alcuna fretta.

Steve uscì dalla stanza sbadigliando e annuendo, non ne aveva nessuna voglia ma era consapevole che se Nat fosse tornata a casa e lo avesse trovato lì, si sarebbe arrabbiata parecchio e non era mai piacevole la cosa.

Sì, dobbiamo anche passare a prendere Stark?”

Barton annuì giocando con le chiavi della sua utilitaria, Sam ridacchiò nel notare lo stile del biondo: pantaloni della tuta di un colore tenue, una maglietta bianca semplicissima e una giacca in pelle marrone che, sicuramente, aveva visto tempi migliori.

Ehi, lo sai vero che se Tony ti vede conciato così ti costringerà a salire da lui per obbligarti a cambiare?”

Barton ridacchiò annuendo a quel richiamo velato all’ordine, si alzò dal divano e camminò entrando nella stanza dell’amico e spalancando l’armadio con soddisfazione.

Prova questo.”

Steve afferrò al volo quei jeans scuri che l’altro gli aveva lanciato e sbuffò, sapeva che i suoi amici lo facevano per non sentire Tony Stark parlare per tutto il tragitto di come era vestito e, da un lato, gli dava pienamente ragione, quel giovane poteva diventare una vera spina nel fianco se non si era abituati a sentirlo.

Indossò i pantaloni e subito Sam gli lanciò una camicia che non metteva da anni, era bianca ma di un tessuto leggerissimo e sembrava perfetta per quella serata estiva.

Si abbottonò ogni bottone fino al collo e immediatamente Barton partì a sbottonargliela ridendo mentre alle sue spalle Sam gli passava un’altra delle sue immancabili giacche di pelle, abbinandola con l’abbigliamento.

Soldato, sei a riposo, rilassati.”

Sam non aveva dovuto fare quei due anni di militare, Barton invece sì, e spesso si capivano con uno sguardo, come se le loro anime fossero state incredibilmente lacerate da quell’esperienza.

Ehi, Steve se non lasci che il tuo marchio si intraveda anche solo di poco, come puoi pensare che qualcuno lo riconosca?”

Sam era giovane rispetto a loro ma, a modo suo, saggio: era un tipo di saggezza che portava un po' di speranza e di gioia nei loro cuori segnati dal tempo.

Dopo tutto tra te e Barton avete passato i trenta, da poco, ma li avete passati: a breve inizierete perfino a stempiarvi eppure nonostante tutto non avete trovato ancora nessuno… ok, nemmeno io ma devo ancora arrivare alla soglia dei trenta! Sono giovane!”

I due interpellati avevano alzato gli occhi al cielo e avevano sbuffato uscendo di casa, diretti a recuperare quell’ultimo amico egocentrico e playboy.


Ditemi che non siete seri?”

Tony aveva guardato quasi schifato i suoi amici, aveva alzato lo sguardo in quel modo così teatrale che aveva di muoversi e si ritrovò a sbuffare girando i tacchi ed incitando, a voce alta, di parcheggiare quel “catorcio” e di seguirlo.

Eseguirono e Steve iniziò scuotere il capo: quando c’era Stark di mezzo era una discussione unica, sembrava che loro due dovessero scontrarsi per qualsiasi cosa, era estenuante alle volte, anche se in fondo si volevano bene.

Io, e ripeto io, non andrò in giro con un’utilitaria qualsiasi: sono un genio, e sono il proprietario di una delle aziende tecnologiche più all’avanguardia e quella non mi si addice per nulla, modestamente parlando.”

Lo seguirono fino ad un garage sotterraneo che conteneva come minimo dieci auto, una più costosa dell’altra, afferrò un paio di chiavi dal muro e aprì quella che sembrava la più “spaziosa”: una Chevrolet Camaro rossa con i profili dorati.

Volete un invito scritto o pensate di salire?”

Steve si portò le mani ai fianchi leccandosi le labbra divertito: non sarebbe mai cambiato quell’uomo. Seguì gli altri in auto, attento a non sbattere quella portiera di lusso.

 

Il miliardario parcheggiò poco di fronte al locale, chiuse la macchina e poi si incamminò con loro verso quel pub; Stark era come loro, non aveva ancora trovato la sua anima gemella ma amava divertirsi eccedendo sempre e comunque, quasi che la sua anima compensasse quella mancanza con alcol e droga.

Era ora, Rogers, che tu ti vestissi decentemente, cazzo!”

Steve rallentò il passo girandosi ad affrontare l’amico che era leggermente più basso di lui, lo guardò serio parlando con un tono basso e sicuro.

Linguaggio… E comunque devi ringraziare Barton.”

Tony si portò una mano al petto togliendosi gli inutili occhiali da sole con la lente gialla, aprì la bocca meravigliato e poi fissò gli altri palesemente divertito.

Oh avanti ragazzi, lo avete sentito? Ti eleggerei Presidente degli Stati Uniti d’America se potessi!”

Incassò la testa nelle spalle maledicendosi per quel richiamo che gli era sfuggito di bocca, sorrise però consapevole che quell’uomo riuscisse a farlo uscire dai binari con una semplicità che era quasi imbarazzante.

Di sicuro è il culo migliore d’America quello di Steve.”

Il commento di Sam smorzò un poco la situazione tragicomica che si era venuta a formare facendo, però, arrossire il biondo per quell’affermazione: non era abituato ai complimenti e mai si sarebbe gongolato in essi come invece faceva Tony.

 

Entrarono in quel pub e Sam si diresse subito in pista a ballare dimenandosi e agitandosi come un professionista in quella calca di gente sudata. Steve odiava ballare e, a dirla tutta, odiava quel tipo di luoghi preferendo da sempre il silenzio di una libreria o di un parco a quel genere di caos.

Io ora trovo un modo per accedere all’area del poker, ciao ragazzi!”

Tony e Steve guardarono Barton salutandolo brevemente con un cenno mentre andavano ad ordinare da bere per loro due; il tempo in quel posto scorreva in modo strano e Steve non aveva neppure voglia di estrarre il telefono per controllare l’ora. Si era seduto ad un tavolino ad osservare quella ressa di gente che ballava e cantava divertendosi.

Vado a prendere ancora due birre che ne dici, nonnino?”

Steve annuì alzando gli occhi al cielo, Tony non si smentiva mai, era un figlio di papà e lo sarebbe rimasto per sempre; loro che lo conoscevano da anni potevano avere il privilegio di sapere che quella facciata da spaccone e da playboy altro non era che una copertura, erano riusciti lui, Barton e Sam a fare breccia in quella cortina che circondava il cuore di quel giovane che, a quei tempi quando si erano conosciuti, era solo un ragazzo a cui, i genitori deceduti da poco, avevano lasciato in eredità un patrimonio immenso ed una casa vuota e fredda. Steve e gli altri avevano iniziato a farsi largo nella sua vita per cercare di farlo stare meglio, non era per i soldi o per altro ma solo perché sentivano che era la cosa giusta da fare.

Avevano conosciuto quel tipo egocentrico e fuori dagli schemi una sera in un pub e si erano tenuti in contatto, si erano visti e avevano riso ma poi Tony era sparito. Non si era fatto più sentire e vedere per mesi senza alcun motivo apparente, Steve ricordava quel momento come un film nella propria testa…
 

Barton era corso da loro con, tra le mani tremanti, una rivista scandalistica, Sam e lui lo avevano guardato come se avessero visto un matto al posto del loro amico.

-Clint che ti è successo?

Sam aveva parlato alzando le mani gesticolando verso l’amico che se ne restava ancora in piedi, immobile di fronte a loro.

-Tony…

Aprì quel giornale posandolo senza alcuna delicatezza sul tavolino di fronte a loro, indicò una foto e poi parlò per spiegare cosa stesse indicando su quel pezzo di carta in bianco e nero.

-I genitori di Tony, il nostro amico, sono morti in un incidente stradale… mia madre mi ha dato quel giornale per usarlo per poter pitturare senza sporcare a terra e, aprendolo, mi sono imbattuto in questo articolo.

Steve afferrò quella pagina, la girò verso di sé incredulo e lesse con avidità ogni singola parola che c’era scritta, si ritrovò a stringere la mascella con forza prima di afferrare il telefono e comporre il numero di Tony per farsi dire dove abitava. Nessuno avrebbe dovuto essere solo in un momento come quello e Steve non l’avrebbe mai permesso, non ora che sapeva. Non ora che Tony era suo amico.

Ora avete il diritto di lanciarmi pomodori, ciao!
   
 
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