Fandom: Sherlock Holmes;
Pairing: Holmes/Watson;
Rating: Pg13;
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico;
DISCLAIMER: I personaggi non sono miei, sono infatti
opera della mirabile penna di Sir Athur Conan Doyle e nel mio modesto lavoro non vi è alcun fine di
lucro.
Tra le Righe
La vera felicità non è in fondo ad un bicchiere,
non è dentro ad una siringa:
la trovi solo nel cuore di chi ti ama.*
Quella sera rientrai molto tardi nella nostra casa in Baker Street, dopo un
estenuante giro di visite. Avevo ripreso ad esercitare la mia professione di
medico da qualche mese, dopo il periodo di lutto, a seguito della morte di mia
moglie, durato quasi un anno ed ancora non mi ero abituato del tutto a quella
rinnovata vita da scapolo.
Una volta entrato nel soggiorno trovai Holmes, il mio amico e coinquilino,
accasciato sulla poltrona accanto al caminetto, preda dello stordimento da
eroina. Mi si stringeva il cuore a vederlo ridotto così, alla conclusione
d’ogni indagine. Era una scena che, nonostante l’abitudine, non riuscivo a
sopportare. Avrei voluto distogliere lo sguardo e passare avanti, ignorare il
modo in cui amava tanto distruggersi, ma non ero in grado di fare nemmeno
quello. Rimasi lì ad osservarlo, chiedendomi perché, perché con tanta
ostinazione continuasse a farsi del male... Forse un cervello come il suo aveva
bisogno di essere inibito per sopportare la noia, per allontanare lo squallore
che inevitabilmente, quando quegli acuti meccanismi non erano in moto, lo
investiva come una calamità. La sua mente aveva bisogno di un sogno artificiale
per poter trovare finalmente riposo, per non impiegare il tempo in fosche
elucubrazioni.
Infine trovai la forza di accostarmi a lui, con l’intenzione di caricarmelo in
spalla e portarlo a letto, dove sarebbe stato senz’altro più comodo.
-Siete tornato…- biascicò, aprendo gli occhi di uno spiraglio, nel momento in
cui lo afferrai sotto le ascelle come fosse un bambino.
-Certo che l’ho fatto, dove altro sarei dovuto andare?- borbottai, sollevandolo
di peso.
-In qualunque altro posto, avete un’altra casa…non sopporto più la vostra
presenza, Watson…liberatemi, ve ne prego…- rantolò ed io volli credere che non
dicesse sul serio, che non fosse altro che il delirio di un drogato.
-E’ questa la mia casa, accanto a voi, non ho nessun altro da cui tornare. E da
cosa dovrei liberarvi, poi?- replicai, mentre mi si accasciava addosso
–Temo che stavolta abbiate esagerato con la dose, amico mio- aggiunsi, non
lo avevo mai visto conciato così male.
-Che altro posso fare per ignorarvi, mio caro?
Invadete ogni mio spazio, se non le pongo un freno la mia testa si riempie di
voi, siete tutto ciò che respiro…vi detesto- sussurrò, con il volto nascosto
nella curva del mio collo.
Voltai il capo, cercando il suo sguardo, immergendo il naso nei suoi capelli
ricci: -Voi invece siete quanto di più caro mi è rimasto, non vi lascerò solo,
avete bisogno di me visto che non sapete prendervi cura di voi stesso. Sarò
sempre un passo dietro a voi per guardarvi le spalle, come fin ora mi
avete permesso di fare-.
Le sue braccia si alzarono lentamente, con fatica e le sue mani ossute mi
artigliarono la camicia con disperazione: -Vi ho messo costantemente in
pericolo, sono troppo egoista, anche quando vi siete sposato non riuscivo a
rinunciare del tutto a voi e vi portavo con me,
perfino quando sapevo che avreste potuto rimetterci la vita-.
-Questo mi rincuora, è segno che almeno un poco vi volete ancora bene-
replicai, incurante delle sue scuse. Non ne avevo alcun bisogno, seguirlo era
sempre stata una mia libera scelta.
-Avete capito cosa vi sto dicendo?!- sbottò
improvvisamente, voltandosi il tanto da mostrami i suoi occhi lucidi e folli.
-Si, mio caro, perfettamente- sorrisi, posando un bacio sulla sua guancia
pallida -Ed ora permettetemi di mettervi a letto-.
Holmes rise istericamente: -Non trattatemi con tanta condiscendenza, non
sopporto il vostro sguardo impietosito- mi respinse con forza –Vi sto dicendo
che sono un invertito, un deviato, un sodomita….e voi mi trattate come un
ragazzino capriccioso!- berciò.
-Mi state dicendo che mi amate e non vedo nulla di sbagliato in questo, al
contrario, ne sono lieto- mi accostai nuovamente a lui ed, incurante delle sue
proteste, me lo caricai finalmente in spalla –Siete un uomo troppo retto ed
integerrimo per perdonarvi di una cosa simile, che la nostra società aborrisce,
ma io non posso che esservene grato. Finché ho voi, non ho bisogno di
nient’altro- conclusi, entrando quindi nella sua stanza, stendendolo sul
materasso e specchiandomi nel suo sguardo torvo e penetrante. Gli sfilai le
scarpe, la giacca e scostai la coperta, aiutandolo a mettersi sotto di essa.
Infine mi chinai e lo baciai brevemente sulla bocca: -Domani, quando sarete
veramente in voi, riprenderemo il discorso se lo desiderate. Buonanotte-
mormorai, prima di lasciarlo.
Fui quasi certo di scorgere un lieve sorriso sulle sue labbra sottili, quando
richiusi l’uscio della sua camera da letto.
FINE.
*La frase d’introduzione è un aforisma di Jim Morrison.