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Autore: Evil_Regal    26/07/2019    3 recensioni
9 mesi nella vita di Raquel e del Professore che si imbarcano in un'avventura totalmente diversa da quella precedente e che alla fine porterà ad un tesoro ben diverso da quello prelevato dalla Zecca dello Stato.
(Ambientato dopo la seconda stagione. I fatti della terza non avverranno mai in questa raccolta)
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Il professore, Raquel Murillo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le venne spontaneo un sorriso quando notò l’espressione concentrata che aveva sul viso.
Aveva la fronte corrugata e gli occhi fissi immobili su ciò che aveva davanti.
Non riusciva a non ridere perché era così attento e lavorava così duramente a quel sidro ma nonostante tutto era comunque terribile e anche se non riusciva mai a farlo decente, non demordeva mai.
All’inizio, quando insisteva che voleva riprendere a fare il suo sidro, pensava che fosse perché voleva convincerla che non tutto ciò che le aveva raccontato all’inizio della relazione fosse una bugia e provava a fargli capire che non c’era bisogno di convincerla,  che avevano deciso di lasciarsi le bugie e alle spalle e ripartire da lì.
Lui non demordeva mai, non mollava mai la presa così dopo diversi tentativi e un bel po’ di tempo, Raquel capì che a Sergio piaceva davvero fare il suo sidro disgustoso.
Ogni volta era la volta buona, a detta sua.
E ogni volta Raquel era obbligata a provarlo solo per deluderlo.
Ma lui lo sapeva, quindi faceva spallucce, le toglieva il bicchiere dalle mani con un sorriso, le dava un bacio sulle labbra, e lo buttava via… solo per rifarlo.

Alla fine lei capì che era qualcosa che lo aiutava, lo rilassava e lo distraeva e che non era importante che fosse bravo o  no se gli faceva bene.

Era così preso dal processo, qualunque esso fosse, che non si era accorto della sua presenza così Raquel ne approfittò per avvicinarsi a lui, appoggiarsi alla sua schiena e avvolgergli le braccia attorno alla vita.

“Non ti avevo sentita” disse lui con il suo solito tono di voce basso e calmo. Era una cosa che lei non riusciva a capire di lui e a volte le portava riso, perché come era possibile che in qualsisi situazione, che fosse di panico o meno, lui riusciva a tenere la sua voce così calma e bassa?

“Lo so” rispose Raquel, alzandosi sulle punte e dandogli un bacio sulla nuca. Lui si girò tra le sue braccia, le tirò indietro i capelli e le diede un bacio appoggiando le mani sulle sue guance.

“Devo dirti una cosa” la voce di Raquel, invece, nonostante il lavoro che aveva fatto per tanti anni e che richiedeva nervi saldi e voce stabile, sembrava incerta e un po’ preoccupata.

Lui aggrottò la fronte e sembrò confuso. Raquel si morse il labbro e prese un respiro profondo “Ho un ritardo”

Nel  momento stesso in cui lei pronunciò quelle parole, Sergio si pietrificò.
Voleva credere di non aver capito, di non riuscire a capire cosa significasse, ma era troppo intelligente per non sapere a cosa la sua compagna si stesse riferendo. Lo sapeva troppo bene. Ma lui non era pronto. Non ne avevano mai parlato. C’era sempre altro di cui parlare e a stento avevano affrontato l’argomento matrimonio.
Per cui, preso di sorpresa, Sergio cominciò a percepire lo spazio attorno a lui più stretto di quel che in realtà fosse. Respirava a malapena. Sentiva di  non avere più il controllo su nulla. Non riusciva a pensare a niente.  I pensieri gli volavano alla rinfusa nella testa e non riusciva ad afferrarne neanche uno. Girava tutto. Non comprendeva cosa stesse succedendo e sentirsi così a lui non piaceva.
Era abituato a prevenire le cose. Era abituato ad avere la risposta pronta a tutto. Avere ogni sorta di contrattacco. Era abituato a poter avere il controllo su ogni aspetto della sua vita.
Ma questo?
Questo era la cosa più incontrollabile che ci fosse.

Con l’affanno, guardò l’epressione di Raquel aggrottarsi e non riuscì a dire nulla. Non riusciva a trovare le parole per dirle che era felice. Che era fantastico. Che era tutto perfetto.

Fece un passo indietro e, con il filo di voce che aveva le disse “Scusami un attimo” e così scomparve.
Lei si voltò per vederlo uscire di fretta e farsi sempre più piccolo e lontano.
Sospirò.

Non era né arrabbiata, né ferita.
Si aspettava una reazione del genere. Lo conosceva fin troppo bene per non sapere come fosse fatto e come reagisse a situazioni che lui non aveva esattamente previsto quindi lascià correre perché sapeva che dopo un  po’ di tempo per riflettere e ragione, sarebbe tornato e l’avrebbe rassicurata su tutto.
Non l’avrebbe mai abbandonata.
Era solo fatto così.
Aveva bisogno di un attimo per accettare le cose, metabolizzarle e poi capire il prossimo passo.
A volte era più veloce di altre, ma andava bene lo stesso.

Quindi Raquel rientrò in casa e affrontò il resto della giornata come se nulla fosse. Facendo ciò che avrebbe fatto e aspettando il ritorno di Sergio.
Era primo pomeriggio quando gli diede la notizia e ad ora di cena lui non era ancora tornato.
A questo punto cominciava ad essere arrabbiata ma soprattutto preoccupata.
Preparò la cena alla madre e Paula, la sua bambina. Lei decise di passare questa volta, aveva un nodo allo stomaco e mangiare sotto sforzo non era l’idea migliore.
Dopo cena mise la figlia a letto e le lesse una storia.
Alla domanda “Perché non è Sergio a leggermela?” Raquel non seppe cosa rispondere.
Ora decisamente voleva ucciderlo.
Bastardo infame.
Era tarda sera e non si era ancora fatto vivo.
Comprendeva il panico e lo spazio per pensare ma quella era pura cattiveria.
Anche lei non se lo aspettava e anche lei era spaventata, ma non si era presa otto ore per sparire e pensare.
Per di più, per quanto volesse ammazzarlo, non riusciva a non pensare che forse non tornava perché era successo qualcosa.
Forse l’avevano trovato.
Forse ora già era già rinchiuso da qualche parte sotto tortura.
Cercò di non pensarci. Perché di certo non era quello il caso. Era solo un fifone che probabilmente era sulla spiaggia.

Era al mare.
Questo si ripeteva continuamente mentre fissava il soffitto per cercare di trattenere la sua mente dall’andare in posti oscuri da cui era difficile tirarsi fuori, soprattutto senza Sergio.
A volte il panico e la paranoia se la portavano via.
Aveva paura che li avrebbero trovati e fatto chi sa cosa.
Ma lui era sempre lì a rassicurarla e dirle che non c’era motivo di preoccuparsi perché sarebbe andato tutto bene. Stavano bene e sarebbero stati bene.

Ma Sergio non c’era.
Lo odiava ancora di più.
Perché non solo non era lì  a calmarla, ma era anche la causa del suo stress.
Lo avrebbe ucciso di sicuro appena lo avesse rivisto.

E se un attimo stava pensando di volerlo ammazzare, l’attimo dopo era già caduta in un sonno profondo.

Così profondo che non lo sentì rientrare.
Non sentì le porte aprirsi o chiudersi.
Non lo sentì entrare nella loro camera o sedersi sul letto. 

Lui, dalla sua parte, si sedette sul letto dandole le spalle e fissando la luna sul mare. Sospirò e si girò.
Ed ecco che la vide. Vide il suo viso rilassato e il brillantino del suo piercing luccicare sotto la luce bianca della luna.
Sorrise ripensando a quando dovettero quasi fare un operazione chirurgica per toglierlo quando aveva preso infezione.
Quella donna gli aveva cambiato la vita.
Mai si era immaginato a usare delle pinzette pe rimuovere un chiodino dal naso di una donna, tra risa sorrisi e “Ahia, fai piano, piano!”
Mai si era immaginato di diventare padre un giorno.
Non si era mai neanche immaginato accanto ad una donna.
Non così almeno.
Non in maniera così seria.

Gli aveva cambiato la vita.
Gli aveva insegnato la vita.
Gli aveva dimostrato quanto l’amore può essere forte e soprattutto fuori da ogni tipo di controllo e condizione.

Aveva sempre cercato di controllare tutto nella sua vita, di attenersi a piani e progetti e poi era arrivata lei e gli aveva stravolto tutto senza che se ne rendesse neanche conto ed era fuggito da una notizia così bella perché? Perché pensava di non avere il controllo sulla situazione?
Da tempo aveva mandato all’aria piani e progetti quindi perché questa volta era diverso?

Sospiò e si stese sul materasso per appoggiare la testa sulla pancia ancora piatta di Raquel, proprio sotto al seno.

Aveva paura.
Ecco perché.
Aveva paura perché era un disastro. Era un uomo che nella vita era bravo solo a fare cosa? Rubare.
Non poteva essere padre.
Non sapeva come fare.
Non sapeva cosa significava essere un padre.
Non era un padre.
E a dirla tutta non sapeva neanche perché e come Raquel si fosse innamorata di lui.
E ora?
Come avrebbe fatto?

Non poteva essere un padre ma sentiva già di amare quella creatura che giaceva sotto la sua guancia.
D’istinto infilò la mano sotto la maglia di Raquel e poggiò la mano sotto l’ombelico e lentamente cominciò ad accarezzarla.
Non riusciva a concepire come fosse possibile provare così tante emozioni contrastanti.
Sapeva che stava per piangere, le lacrime gli avevano appannato la vista.
Il pollice continuava a dondolare sulla pancia di Raquel e più sentiva la sua pelle più sentiva di amare quel bambino.
E lei.
Quanto l’amava, lei.
Non credeva che fosse possibile, ma si era innamorato di nuovo, di più.

Sentì una mano accarezzargli i capelli e capì che era sveglia e che probabilmente voleva delle spiegazioni.
Si alzò e si mise a sedere affianco a lei che quando vide le lacrime ai suoi occhi, fece lo stesso, allarmata che potesse essere successo qualcosa di grave.

“Sergio” disse urgentemente, ormai seduta sul letto, di fronte a lui.

Lui la guardò e si rese conto che ormai per lui era già cambiata.
Era ancora più bella.
Era sotto una luce diversa e sentiva un rispetto e un’ammirazione completamente diversi. Più forti.
Non sapeva se fosse giusto o sbagliato, probabilmente era sbagliato, però in quell’esatto momento, dopo aver realizzato tutto, capì che lei era praticamente un miracolo.
Perché stava creando e dando vita.
Ed era bellissima.

“Ho paura” sussurrò. La voce sempre calma e rilassata. Ma i suoi occhi parlavano. Se Raquel sapeva che la voce non l’avrebbe tradito, sapeva anche che conosceva i suoi occhi e il suo sguardo a fondo e che le sarebbe bastato quello.

“Oh Sergio” sospirò lei e si affrettò ad abbracciarlo. Lo riempì di baci e poi lui nascose il viso nel suo collo, inalando il profumo di sole e salsedine, e si lasciò andare.

“Guardami” disse lei dopo poco “Ho paura anche io. Ma so che possiamo farcela insieme”

“Non so come essere un padre”

Lei rise e lo guardò, sorpresa che non si fosse accorto di nulla.
Dopo tutto questo tempo non si era reso conto che era già padre.

“Hai tenuto Paula in braccio tutto il tempo quando è caduta e le hanno dovuto ingessare il braccio. E lei si è rifiutata di scenderti da dosso per tutta la settimana successiva”

Sergio non disse nulla.
Era vero.
Ma non significava nulla, vero?

“Le leggi le favole tutte le sere e a proposito” lo rimproverò “Gliene devi una” questa volta anche lui accennò ad una risata.

Con un sorriso grato e innamorato Raquel continuò “Si nasconde dietro la tua gamba quando ha vergogna delle persone. E vogliamo parlare di te?” sbuffò  divertita “Sei praticamente impossibile quando si tratta di Paula”

“Cosa? Non è vero!” esclamò

Le sopracciglia di Raquel raggiunsero quasi la luna e le labbra arricciate dimostrarono quanto invece fosse vero “La tieni sotto l’ala costantemente” a quel punto anche lei si rese conto che Sergio era il papà di Paula “La proteggi” le si incrinò la voce “E la ami” le si formarono le lacrime agli occhi “Come se fosse tua” le si strinse la gola “Lei fa ciò che farebbe qualsiasi bambina con il suo papà e tu” si fermò per riprendere il controllo sulla sua voce “Tu fai ciò che farebbe qualsiasi padre con la sua bambina” gli colpì il petto con la punta dell’indice.

“Quindi non ti permettere di scomparire di nuovo per tutte queste ore e di tornare di nuovo con queste stronzate che non sai come essere un padre”

“Perché lo sei già” gli accarezzò il petto in corrispondenza del cuore. Sergio la guardò negli occhi per un attimo, poi abbassò lo sguardo e non disse nulla.

Fissò il suo ventre e Raquel chiuse gli occhi, per calmarsi. Li spalancò quando sentì di nuovo la mano di lui poggiarsi sulla sua pancia.

Più che poggiare la mano, sentì come quasi un solletico. Le aveva fatto una sorta di grattino.

“Devo imparare a cambiare i pannolini e beh, non vomitare”

Lei scoppiò a ridere e gli si lanciò addosso nuovamente. Lui cadde indietro sul materasso e la strinse forte.
La sua esile figura quasi scompariva tra le braccia di Sergio ed era una delle cose che entrambi più amavano.

Lo riempì di baci e poi lo tirò su solo per riabbracciarlo di nuovo.

“Sei un bastardo, ma ti amo così tanto” disse lei ridendo e Sergio fece il possibile per tirarsi su gli occhiali sul naso tra i suoi baci e la stretta delle sue mani sulle sue guance.

“Vorrei chiederti scusa per-“

“Sh” Lo zittì con l’affanno e poi si buttò all’indietro, tirandolo giù con lei e avvinghiandogli le gambe attorno alla vita.

Lui rise nel bacio e decise che sarebbe stato zitto e si sarebbe scusato in altri modi.
Non gli servivano parole.

Dopotutto, ormai, non c’erano più rischi.







NOTA AUTRICE: vorrei scusarmi per ogni tipo di errore commesso nella stesura del testo. 
Grazie e a presto.
  
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