Crossover
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Autore: UlquiorraSegundaEtapa    05/08/2019    4 recensioni
Dal capitolo 4:
"Il ragazzo dovette fare i conti con una verità che era stata ovvia per lui in passato, ma che ora cominciava ad apparirgli stranamente scomoda: tutti duellavano. Era come fumare, arrivi al liceo e tutti fumano. Ecco, alla loro età tutti duellavano. Erano la generazione dei duellanti. Alan si sentiva come un pesce fuor d'acqua. Peggio.
Si sentiva come un uomo che aveva fatto voto di castità ad Amsterdam"
La storia di Alan, dei suoi amici e della lotta con i suoi demoni, immaginari e reali. In un mondo dominato dal Duel Monsters, diventato sport nazionale, non c'è pace per chi vuole ritirarsi dalla scena. Il passato torna sempre a bussare alla porta, e quando lo fa non ammette rifiuti.
Genere: Comico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 2: Il Parco dei Duelli
 
 
Knock knock!
- Bro, sei lì dentro?
Alan sobbalzò e per poco il cellulare non gli cadde nella tazza del cesso. Qualcuno aveva bussato alla porta, e da dietro riconosceva la voce di Barney. Si era rintanato nei bagni del vecchio complesso proprio per non essere trovato, ma l’amico aveva una specie di radar per cui sapeva sempre come rintracciarlo. Dicevano sempre di non andare in quell’edificio diroccato, proprio accanto alla scuola, per via di qualcosa sull’amianto, ma naturalmente ci andavano tutti perché era appartato, sicuro, e i rompipalle non ci si avvicinavano proprio per la paura dell’amianto.
Tranne Barney, naturalmente.
- Un attimo! – esclamò, cercando di non farsi sfuggire il telefono. Nello streaming, Gary stava stringendo la mano al promoter e presidente dell’organizzazione che aveva sponsorizzato l’evento,. Giovanni. Dio, se il nome e l’outfit non lo facevano sembrare un boss mafioso. Aveva sempre un elegantissimo completo nero, anche se lì dovevano esserci quaranta gradi, gli occhi dal taglio affilato e i capelli neri rasati che gli stavano incollati al cranio come un tupè. Quell’uomo gli aveva sempre fatto paura. Guardalo quanto sembrava falso, proprio mentre con una mano stringeva quella dell’altro e con l’altra gliela appoggiava sulla spalla, prestandosi ai fotografi. Spense lo streaming, uscendo dallo schermo intero, in mezzo alle pubblicità che dicevano che la tua ragazza si sarebbe arrabbiata se ti avesse beccato a giocare a quel gioco, con succinte donne egiziane in bikini, e medici che nascondevano il segreto per la lunga vita e modi per allungare il pene e durare per una settimana a letto.
Cancellò le attività e uscì dalla latrina. Barney lo aspettava di fuori col suo solito sorrisetto, la camicia a fiori e la giacca sottobraccio. Aveva sempre la giacca, per lui la giacca era più di un indumento, era uno stile di vita. Era un giovane di bell’aspetto, anche se piuttosto diverso da Gary, con i corti capelli biondi sempre ben pettinati e fermati col gel e gli occhi azzurro chiaro. Avevano fatto amicizia il primo giorno che Alan si era trasferito in quella scuola.
- Se continui così, ti verrà un infarto – gli disse squadrando i suoi pantaloni. Alan sollevò il cellulare: - Stavo recuperando la finale del torneo di Duel Monsters in differita.
- Ah, si chiama così ora “andare su Xvideos”? – chiese l’altro. Alan non poté trattenere una risata. – Piantala – lo canzonò, senza reale fastidio. Ti ci dovevi abituare, ma Barney era forte.
- Non ero su Xvideos. Ero in streaming.
- A consumare giga.
- Tanto ne ho cento.
- Oh. Che fico che sei.
- Grazie.
- Come si consumano cento giga?
- Guardando Game of Thrones in palestinese?
Barney annuì. – Immagino di sì.
Uscirono dal vecchio edificio, in mezzo alle erbacce e scacciando nugoli di moscerini che non volevano altro che cibarsi del loro sudore.
- Tu non giochi a Duel Monsters ma ne sei completamente infoiato – constatò Barney.
- E’ così strano? – gli domandò.
- Oh no mio caro, è esattamente quello di cui abbiamo bisogno per stasera – e nel dirlo, aveva assunto la classica espressione che, ormai Alan lo sapeva, non prometteva nulla di buono. E difatti, quando erano ormai agli armadietti e si stavano preparando per le ultime due ore, lui se ne uscì con: - Io e te, stasera, Parco dei Duelli.
Alan chiuse il suo armadietto e lo guardò come se provenisse da un altro pianeta. – Come hai detto, scusa?
- Ho scoperto di questo speciale “parco giochi” a qualche isolato da qui. Apre d’estate, la gente ci si ritrova la sera, soprattutto infoiati di Duel Monsters come te e me…
- Tu non sei un infoiato di Duel Monst…
- Questo non è lo spirito giusto, Alan!
Barney cominciò a gesticolare, poi lo afferrò per le spalle e lo mise davanti a uno schermo immaginario. – Pensaci, carte, birra e belle fig…liuole. Cosa puoi chiedere di più?
- Non saprei? Una doccia per togliermi di dosso il puzzo delle patatine del Burger Mart? Lavoro stasera.
Ma Barney non demordeva. – Allora ci andiamo dopo che avrai finito di lavorare! Arriveremo in piena notte, come i veri ganzi! A proposito, per che ora stacchi tu?
- Le undici – gli disse, finendo di riporre le robe nell’armadietto e chiudendolo con un sonoro clang! – E non ho alcuna intenzione di andare a nessun Parco. Ho chiuso con il Duel Monsters.
Si avviò a lezione con le mani in tasca.
- E allora perché stavi guardando quel video?
La voce di Barney lo fece bloccare a metà del corridoio, con file di ragazzi che passavano loro accanto. Si volse e sfidò lo sguardo del suo amico. Barney ora si era fatto serio e aveva messo su la migliore faccia di bronzo della sua vita. Pensare che stava facendo tutto questo solo perché voleva che il suo amico lo accompagnasse a cuccare da qualche parte. Non sapeva se prenderla a ridere o tirargli lo zaino.
- Ripeto, lo trovi strano tenersi informati?
- No, Alan, quello non è tenersi informati – gli disse, avvicinandosi a passo spedito. – Io sento la passione! Quella passione che dici di non avere più. Magari non duellerai, e chi se ne importa? Finché possiamo stare lì a contemplare qualche bella ragazza e berci un paio di birre. Si beve pure, lo sapevi? Credimi, sarà leggen, non ti muovere…
Pitturò qualcosa su una parete invisibile con un gesto della mano e fece il suo solito sketch. - … dario. Sarà leggendario!
Alan si scostò dal braccio che lui gli aveva messo attorno alle spalle e lo congedò con un amichevole: - Niente da fare, Barney. Ho chimica, ci sentiamo dopo, eh?
 
Non c’erano molte stelle in cielo, o forse non si vedevano bene per via dell’inquinamento urbano. Alan, con la divisa arancione con cappellino del Burger Mart e il grembiule bianco insozzato di grasso e altra roba unta, premette il piede sulla leva del cassonetto e ci buttò dentro il sacco nero pieno di questo mondo e pure l’altro. Soprattutto l’altro.
Quando si volse per poco non gli venne un infarto. – Cristo santo, a te manca qualche neurone, Barney!
Si mantenne il petto che gli faceva male mentre l’altro usciva dalla penombra masticando una Big Babol il cui odore arrivava alle nari dell’altro pungente come uno stocco. Faceva un pessimo contrasto in mezzo al marciume del retro del Mart. Barney si era vestito di tutto punto: jeans leggeri, Vans, camicia bianca con arabeschi e gilè.
E occhiali da sole, senza alcun motivo apparente. Lo scrutò abbassando una delle lenti.
- Puzzi da far schifo – gli disse.
- E’ il mio lavoro. Presente? Lavoro in un Mart, non da Lush. E non mi hai mai visto in uno dei giorni veramente brutti.
Guardò la busta trasparente che aveva in una mano. – Che diavolo hai lì?
Non gli aveva nemmeno chiesto cosa ci facesse alle dieci e tre quarti di notte sul retro del Mart con degli occhiali da sole e immerso nell’ombra. Era talmente evidente, e questa cosa la si poteva dire solo per lui.
Il biondo sollevò la busta. – Un ricambio. Per te. Roba chic. Per fortuna me lo sono procurato. Non cuccheremmo mai se ti presentassi conciato in quel modo.
Lo squadrò da capo a piedi come se fosse appena uscito da un letamaio, cosa che era più o meno lavorare in un Mart.
- E’ la mia divisa! – protestò Alan. E subito dopo aggiunse: - Io non vengo proprio da nessuna parte! Te l’ho già detto.
Fece per tornare nel locale, ma Barney si piazzò davanti alla porta. – Amico, qual è la cosa più bella che ci sia?
- Probabilmente una fusione tra Kaya Scodelario, Amber Heard e Zooey Deschanel.
Barney guardò il cielo e ci pensò un po’ su. – Okay, allora la seconda cosa più bella che ci sia?
- Spostati, che qui devo finire di pulire, o non chiuderemo mai.
Alan lo scostò di forza afferrando la maniglia e tirando verso l’esterno. Se la richiuse alle spalle con un sospiro, solo per ritrovarselo di nuovo davanti nel retrocucina.
- Te lo dico io…
- Come diavolo hai fatto?!
- La cosa più bella che ci sia è, dopo una lunga giornata di lavoro, andare a farsi una bella birra rinfrescante con il tuo migliore amico…
- Non sei il mio migliore amico.
- E’ irrilevante. Dicevo, col tuo migliore amico e rifarsi gli occhi con qualche bella ragazza poco vestita perché ormai è caldo e si vola, baby!
Si aprì la camicia sul petto villoso e cominciò a improvvisare dei passi di danza per il locale. – E questo non puoi farlo in qualsiasi discoteca? No, devi proprio andare a questo “Parco dei Duelli” o come si chiama?
Ormai si era arreso al fatto che non sarebbe riuscito a liberarsi di Barney tanto facilmente, così tanto valeva fare conversazione. Lui gli saltò quasi addosso: - Bravo! Vedi che hai già imparato il nome? Ascolta, bro: le duellanti hanno una carica sessuale paurosa. Paurosa, te lo dico io.
- Hai mai fatto sesso con una duellante?
- No.
- E allora come…
- Ma è l’occasione perfetta per scoprirlo!
Non condivideva l’entusiasmo dell’amico. Ma lui non gli lasciò molta scelta: - Ti aspetto fuori di qui. In dieci minuti. Sarà leggen…
Lo chiuse fuori. – DARIO.
 
Alan continuava a non spiegarsi certe cose di Barney, ad esempio come avesse fatto a ficcare la busta con il cambio nel suo armadietto. E poi che diavolo, gli aveva davvero comprato un cambio di vestiti per la serata? La sua determinazione era davvero notevole, di questo bisognava dargliene atto.
Il ragazzo si specchiò nello specchietto sporco del suo armadietto scassato. Era giovane, aveva la vita davanti. La barba gli cresceva sempre ispida, quindi si teneva sbarbato. Cominciava a far caldo per tenere quei capelli scuri così lunghi, doveva davvero dargli una spuntata. Ma i suoi bei occhi blu, sebbene stanchi per le troppe ore di lavoro, dicevano una sola cosa. Dicevano: datti una possibilità. Ma sì, una notte non avrebbe ucciso nessuno. Per questo si infilò velocemente nella sporca doccia del Mart, si diede giusto una sciacquata, si passò di deodorante e si lasciò i capelli bagnati. Gli avrebbero fatto i ricci, chi se ne fregava. Faceva caldo abbastanza per lasciarli asciugare da soli.
Barney gli aveva preso una giacca di jeans senza maniche da mettere sopra a una canotta nera, e bermuda con cintura con le borchie. Si sentiva un po’ ridicolo, ma la prima cosa che gli disse appena uscito fu: - Non voglio sapere come hai indovinato la mia taglia.
Barney era appoggiato al muso della sua Mustang blu. Ridacchiò: - Ora sì che ci siamo.
- Ma dove diavolo hai preso i soldi per tutta questa roba?
Alan gli indicò la macchina con la mano aperta. Lui fece un’altra risatina, e poi lo liquidò con un gesto della mano e uno dei suoi soliti: - Non chiedere. Coraggio, si parte!
Tempo qualche minuto e stavano lasciando il centro cittadino per dirigersi alla periferia. Erano le undici passate e sebbene tutto il suo corpo, nonostante la doccia fredda, gli gridasse che voleva riposare, oramai aveva preso la sua decisione. Con Barney era sempre così: ti imbarcavi in un’avventura e non sapevi mai come potesse andare a finire. Era eccitante e stressante allo stesso tempo.
Per fortuna, in macchina si respirava un po’ più che fuori, grazie all’aria condizionata. Le luci dei lampioni scorrevano su di loro, illuminando a tratti l’abitacolo. La radio riproduceva Bon Jovi.
- E’ il mio pezzo preferito! – gridò Barney.
- Sì, lo so. – Gliel’aveva detto almeno cento volte che You Give Love a Bad Name fosse il suo prezzo preferito. Era una strana canzone, triste e, come molte canzoni tristi, al contempo bellissima. Mentre si addentravano in aperta campagna, Alan chiese: - Ma sai di preciso dov’è questo posto, o stiamo andando a caso?
- No, no, so dove si trova – lo rassicurò l’altro. – E’ praticamente immerso nel verde. Presente Woodstock?
- Più o meno.
- Quello, ma in piccolo e con le carte. Però la birra e le belle ragazze e, sì, penso anche i Sandwich ci sono.
Sandwich era il nome in codice dei cannoni per Barney. Linguaggio da spacciatore, altro che.  Alan fece un sorrisetto, poi poggiò la testa sul pugno e guardò fuori. Eh sì, erano proprio in aperta campagna. In lontananza, tra i campi di grano, vedeva la fattoria dei Gallows dalle luci accese, con il fienile dove tenevano l’aratro, gli spaventapasseri dagli occhi cuciti e i covoni. Dall’altra parte, invece, c’erano le piantagioni di zucche della signora Lola. No, non quella del latte.
E loro? Dov’è che dovevano andare? Diversi minuti dopo, Alan cominciò a pensare che Barney l’avesse fregato; anche perché il suo amico era stranamente taciturno, si limitava a recitare motivetti a ritmo con la musica. Quando fece per dirgli qualcosa, lui finalmente esclamò: - Ci siamo!
Si ritrovarono in uno spiazzo rettangolare di terra battuta piuttosto largo, scavato praticamente in mezzo al grano. Lì erano parcheggiati almeno una cinquantina di veicoli e forse più, tra auto, moto, motorini e persino una jeep. Barney fece manovra per inserirsi tra una Fiat e un Phantom, pigiò delicatamente per andare a sfiorare le spighe di grano, diede un colpetto di retro, raddrizzò il volante e si disse soddisfatto. Quando scesero, Alan dovette fare attenzione a non urtare il motorino. Richiuse la portiera e si guardò intorno: - Io non vedo niente che somigli a un parco – constatò.
Barney, che aveva appena chiuso a chiave, gli fece un sorrisetto furbo. – E non la senti la musica?
Sulle prime il ragazzo pensò che l’altro avesse bevuto. Poi tese bene l’orecchio e gli parve di sentire qualcosa. Era un rumore di fondo, e veniva dagli alberi lì vicino. Barney gli fece cenno di seguirlo e si addentrò nel piccolo bosco, facendosi luce col telefono. Ad Alan la cosa piaceva sempre meno. Era notte, si trovava a chilometri da casa, da solo in un bosco e con Barney, la persona meno affidabile che gli venisse in mente. Inoltre sembrava lo stesse portando ad un rave, a giudicare dalla musica che si faceva sempre più forte. O magari a una messa nera, sì, una di quelle feste un po’ tanto, troppo, alternative con tanto sangue, capre e sangue di capra. Ma quando la foresta scomparve, dovette ricredersi.
Davanti ai suoi occhi si apriva uno spettacolo sensazionale: sotto di loro si estendeva una radura, intervallata da piccole collinette, come tante dune nel deserto. Nello spiazzo c’erano gazebo di legno, tavolini con ombrelloni, e frotte di gente che si muoveva tra gli stand o se ne stava seduta sull’erba. C’erano festoni che andavano da un gazebo all’altro, ma soprattutto c’erano qua e là quadrati pavimentati dove gente col proprio duel disk si sfidava a Duel Monsters. E tutto intorno, le lucciole danzavano accendendo la notte di mille bagliori infuocati. Sembrava di essere entrati in un’altra realtà.
Barney gli batté una mano sulla spalla. – Allora? Bel posto, eh?
Lui lo guardò. – Chi te ne ha parlato?
- Pff – fece lui, di nuovo. – Non chiedere. Coraggio, andiamo. Le pollastrelle ci aspettano.
Scese giù per la collina zampettando come un bambino che va a comprare i dolci. Alan era ancora così incantato da quel luogo che non riusciva quasi a muoversi. Barney dovette richiamarlo dal fondo della collinetta per convincerlo a darsi una mossa. Così lui cominciò a scendere, stando attento a non incespicare. Passò accanto a una coppietta che stava limonando lì su una delle collinette, sopra a un telo. Si ficcò le mani in tasca e attraversò la copia simbolica di un cancello, con due pali di legno e festoni che correvano da un’estremità all’altra. Là la musica era più forte. Si rese conto, con sua sorpresa, che era roba che conosceva. Quelli erano i Three Days Grace. Non si sarebbe aspettato di sentire i Three Days Grace, nessuno li metteva mai. La musica proveniva dal gazebo che doveva essere il bar, dove un tipo dai riccioli neri e pieni di tatuaggi versava da bere a frotte di ragazzi e ragazze al bancone. Quelli si sparpagliavano poi nei tavolini. Lo spiazzo era più grande di quanto non gli fosse sembrato visto da sopra. C’era un sacco di gente.
Passò vicino a uno dei quadrati dove si stava svolgendo un duello. Gli sfidanti erano un biondo dai capelli a punta in canotta verde e dal fisico muscoloso e un ragazzo dai capelli neri lunghi fino al collo, in jeans e maglietta.
- Sei in guai seri, Surge! – annunciò il moro. – Perché adesso uso Polimerizzazione per fondere i miei Eroi Elementali Calore e Lady Calore e dare vita a Inferno Eroe Elementale!
I due eroi in tuta rossa e bianca vennero assorbiti da un vortice, dal quale uscì un eroe più alto, con una fiammante armatura rossa e le mani fatte di magma, con un nucleo del genere al centro del petto. (Attributo: Fuoco; Lvl: 8; Tipo: Pyro/Fusione/Effetto; ATK: 2300; DEF: 1600).
Gli spettatori lì radunati batterono le mani, chi di loro non stava tenendo una birra almeno. Il biondo, che si chiamava Surge a quanto pareva, fece un sorrisetto. – Non così in fretta, mio caro Shaun. Hai dimenticato il potere del mio Drago Revolver? Se lancio una moneta tre volte ed esce almeno due volte testa, il tuo mostro è fritto.
Il mostro al fianco di Surge era un drago meccanico bipede, nero e con montati dei cannoni, due al posto delle braccia, e uno al posto della testa, sotto al quale spuntavano fauci meccaniche affilatissime.
- Il culo non può essere sempre dalla tua, Surge! – esclamò Shaun. Il biondo ghignò: - Ah, tu dici?
Estrasse una moneta dalla tasca e la fece volare. Mostrò il primo risultato: testa. La lanciò ancora in aria. Ora il ragazzo chiamato Shaun sudava visibilmente, la pelle riluceva sotto ai fari montati sui gazebo e lì attorno. Surge mostrò un sorriso a trentadue denti. – La dea bendata è dalla mia!
Mostrò la moneta: un’altra testa.
- Maledizione! – esclamò l’altro. Drago Revolver si caricò in risposta all’ordine di Surge, e tre proiettili di luce blu danzarono in cielo per poi colpire l’Eroe Elementale, facendolo saltare in aria. La folla esultò.
- Avete visto? – fece uno. – Surge ha proprio la dea bendata dalla sua.
- Già, dicono non abbia mai sbagliato un tiro – confermò un altro.
- Veramente nessuno di questi ha capito che sta palesemente barando? – domandò Alan, quasi sovrappensiero. Immediatamente, tutti si voltarono verso di lui. Sentendosi tutti quegli sguardi addosso, il moro capì di aver parlato forse un po’ troppo a voce alta. Quando Surge fece per voltarsi, e chiedere chi osasse infamare l’abilità del grande Lt. Surge, Barney aveva già trascinato Alan al sicuro.
- Dio buono, amico! – esclamò. – Non cominciamo bene.
- Ma dai, era così ovvio! – si difese Alan. – Quella era chiaramente una moneta truccata. Ci credo che poi uno perde.
- Ehi, ehi, ti ricordo che siamo qua per le pollastrelle, non per fare giustizia durante un duello. Oppure…
Si fece malizioso. – Hai per caso voglia di dimostrare a quello chi è che comanda, eh? Che puoi batterlo anche se usa i suoi trucchi, eh?
Cominciò a dargli di gomito, ma quello lo scansò e distolse lo sguardo.
- Io non duello più… - mormorò, gli occhi vacui.
Ma Barney non lo aveva praticamente sentito. – Guarda, c’è un bar! Ho proprio sete!
Ecco una cosa sensata. Effettivamente con tutto quel caldo una birra gli andava proprio, anche se poi l’avrebbe sicuramente sudata tutta.
Quel Parco, pensò, era tutto ciò che un duellante come lui potesse sognare. Se fosse stato ancora un duellante, naturalmente. C’era di tutto: la competizione, la birra, la compagnia. Tutto ciò che un giovane appassionato di     Duel Monsters potesse desiderare, coniugare la propria passione per il gioco con la compagnia di altra gente come lui. E quando era arrivato, e aveva visto che quel posto esisteva davvero, e cosa rappresentava, ed era lì da chissà quanto, qualcosa dentro di lui si era effettivamente riacceso. Quando aveva visto quei due, Shaun e Surge, duellare con i mostri portati in vita dai duel disk, aveva sentito il bisogno vivo di gettarsi nella mischia. E allora perché continuava a sentirsi così sbagliato? Perché stare lì gli faceva salire un peso alla bocca dello stomaco, come qualcosa che preme per risalire e trovare una via di uscita?
Era forse il peso delle piastrine che portava al collo? Se le strinse di riflesso.
Al banco del bar non era rimasta più tanta gente, giusto un tipo al cellulare e una ragazza dai capelli rossi e mossi che rimestava con la cannuccia nel suo mojito. Gli occhi di Barney luccicarono: - Okay, pollastrella a ore tre. Questa amico è miaaaa… DELLE ASIATICHE!
Una coppia di ragazze dagli occhi a mandorla e con dei bermuda praticamente inguinali passarono lì vicino. Barney cominciò a scodinzolare come un alano felice. Aveva questo strano fetish per le asiatiche, Alan non aveva mai capito perché. Si volse verso l’amico: - E’ la tua serata fortunata, ragazzo. Ti lascio la tipa al bar, io ho una coppia di belle tettone asiatiche da inseguire.
Era piuttosto sicuro che fosse il nome di un qualche sito illegale. – Barney, non sono affatto interessato a nessuna…
Ma Barney lo aveva già portato al bar. E stava per esibirsi nel suo gioco preferito. Quando lo vide col dito alzato gli intimò: - Oh no! Non ci provare nemmen…
Troppo tardi. L’altro batté il dito un paio di volte sulla spalla della ragazza e gli chiese: - Lo… conosci Anal!
Poi si dileguò, lasciandosi dietro la sua sagoma di fumo come nei cartoni animati. Aspettate un momento. Anal? Lo aveva chiamato ANAL?! Il moro voleva seppellirsi per la vergogna e poi riempirlo di botte. E lo volle ancora di più quando incrociò lo sguardo della ragazza: occhi di bronzo incastrati in un viso perfetto, labbra rosee e sottili, e capelli rossi voluminosi che le cascavano su una spalla. Indossava una camicia bianca a righe zafferano, senza maniche e arrotolata in un fiocco, bermuda di jeans e sandali alla schiava. Ad Alan si scollegò completamente il cervello. Era la ragazza più bella che avesse mai visto.
Lei soffocò una risata. – Anal? Sbaglio o il tuo amico ti ha chiamato Anal?
Aveva una voce così melodiosa. Alan invece riusciva solo a pronunciare versi sconnessi – Uh, ah, io… sì…
Lei ridacchiò. – Spero non sia il tuo vero nome.
- Uh? NO, NO ASSOLUTAMENTE NO!!
Mise le mani avanti quando si rese conto di che diavolo stavano parlando. – Io… è colpa di Barney, è… è così stupido a volte.
Lo cercò con lo sguardo, mentre lei soffocava una risatina con una mano davanti la bocca. Barney aveva già abbordato le due tipe asiatiche e stavano ridendo seduti a uno dei tavoli con ombrelloni. Da quanto gli sembrava, si era anche sbottonato un altro paio di bottoni. La rossa gli lanciò uno sguardo di sfuggita senza perdere il suo sorrisetto. – Ah, capisco il tipo.
Prese un sorso di mojito aspirando dalla cannuccia. Alan desiderò improvvisamente essere quella cannuccia. – Io… - tentò di dire – ehm, mi spiace.
Aveva gli occhi incollati sulla cannuccia, ma cercava comunque di parlare e di non sembrare un completo idiota, più di quanto già dovesse esserle sembrato. – Non volevo importunarti, davvero, non so nemmeno perché sono qui.
Si diede una rassettata, anche se non c’era bisogno. Si passò una mano tra i capelli e si chiese cosa diavolo stesse facendo, tutto davanti a lei. Si schiarì la voce. Lei lo guardava alquanto divertita divertita, la testa poggiata sulla mano, gli occhi socchiusi e la bocca chiusa in un accenno di sorriso.
- Be’, allora… scusa ancora. Buona serata.
Quando fece per andarsene lei gli fece: - Nah, resta.
Si volse e si sentì arrossire. – Ehm… come, scusa?
Lei gli indicò lo sgabello vuoto accanto al suo. – Nessun disturbo. Vedi qualcun altro, qui?
Entrambi i loro sguardi volarono al tipo al cellulare a un lato del bancone. Lei gli fece spallucce, e lui allora si sedette.
- E poi – aggiunse lei – come posso lasciarti andare senza aver saputo il tuo vero nome, Anal?
Lui fece un sorriso timido. – Oh, be’ io mi chiamo…
- Shh – lo fermò lei alzando un dito. – No. Non ora. Non subito. Non sarebbe divertente.
Lui deglutì. A che gioco stavano giocando?
- Immagino che neanche tu mi dirai il tuo, vero? – azzardò. Lei rise con la cannuccia tra i denti bianchi.
- Impari in fretta.
Si volse verso il barista, quello pieno di tatuaggi. – Fammene un altro, Rob – gli disse, alzando il mojito. – E per il nostro amico…
Lo squadrò per un attimo. – Ah, per me basta una bir…
- Fagli una caipirinha – gli disse, prima che avesse modo di completare la frase. Alan si ritrovò interdetto con una mano ancora alzata. Rob fece un sorriso sorprendentemente gentile, visto che era un omaccione di almeno due metri, con braccia spesse come tronchi e con una graffetta all’orecchio sinistro.
- Subito tesoro – disse. In meno di quanto Alan riuscisse a registrare, l’uomo allungò i due drink. Shakerava e si muoveva con gli ingredienti con una grazia inaspettata a guardare le sue mani. Quelle manone avevano una delicatezza sorprendente. Il ragazzo ringraziò. Non aveva mai assaggiato una caipirinha, era un po’ emozionato e forse anche spaventato. Non sapeva se poteva reggere.
La rossa allungò il drink. – Cin – disse.
- Cin – ripeté lui. Bevvero. Alan poggiò il drink e cominciò a tossicchiare. Cavoli se era forte.
- Allora, straniero, come sei capitato da queste parti? Sei un duellante?
- Uh? No, no, io non duello. Duellavo, una volta. Ma ho smesso, ecco. Mi ha trascinato lui.
Indicò Barney, che aveva cominciato a limonare con una delle asiatiche. L’altra era svenuta sul tavolo. Cristo, ma come faceva?
La ragazza non mostrò interesse per l’altro. Sembrava avere occhi solo per lui, e al contempo quel suo sguardo era impenetrabile. – E come mai non duelli più?
Quella domanda se l’aspettava. – Capita di perdere la passione, no?
- Se la perdi non l’hai mai avuta. La penso così. – Il suo tono non era di rimprovero, non era canzonatorio. Aveva semplicemente espresso il suo pensiero. Non sapeva se fosse frutto dell’alcool o dell’atmosfera, ma aveva cominciato a parlare tranquillamente con quella bella ragazza, con l’imbarazzo che andava via via scemando, e non se ne capacitava nemmeno pienamente.
- Mi sembra una visione un po’ drastica, no?
Bevve un altro sorso e tossì. Lei sorrise. – Alle volte bisogna essere drastici.
- E tu? Sei una duellante, invece?
Lei si tastò la cintura dei pantaloni e si girò per mostrargli il porta-deck lì appeso. Aveva dei bei fianchi e la pelle abbronzata. Alan si sentì avvampare.
- Diciamo che mi diverto – gli disse, succhiando dalla cannuccia. Lui passò il dito sull’anello bagnato che aveva lasciato il bicchiere sul bancone. Un nome, aveva un nome, ne era sicuro, ma non lo conosceva. Pensava alle parole della rossa, e a come si fosse divertito lui ai tempi andati, qualcosa come una vita fa.
Fece per dire qualcosa, quando improvvisamente qualcuno si mise a urlare. I due ragazzi si voltarono.
- Che succede? – domandò Alan. Barney si staccò dalle labbra dell’asiatica come intontito e disse. – Ehi, ma che c’è ora?
- IL PINGUINO! E’ ARRIVATO IL PINGUINO! – Gridò qualcuno, correndo a perdifiato. Gli altri si misero a correre allo stesso modo. Altri ancora si nascosero dietro ai gazebo o sotto ai tavoli.
Alan, confuso, guardò la ragazza. – Pinguino? Che significa “il Pinguino?”.
Lei lo ricambiò con quella che sembrava pietà. Pietà per la sua beata ignoranza, per non essersi mai dovuto trovare in quel genere di situazioni.
- Guai – disse, e ora aveva perso il sorriso. – Significa guai.
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
Hola, popolo di EFP!
Ben ritrovati col secondo capitolo di “Yu gi oh: Duelist Chronicles”! La settimana scorsa vi ho dato un piccolo assaggio di ciò che avreste potuto trovare qui dentro, col duello fra Gary e Aaron che – mi sono dimenticato di dirlo – omaggia un po’ il filmato iniziale dei primi Pokemon, che vede Gengar combattere con Nidorino. In questo capitolo abbiamo scoperto che quel duello si stava svolgendo, in differita, sul cellulare del nostro protagonista, Alan.
La strana coppia Alan/Barney sarà difatti la protagonista delle nostre avventure da qui alla fine della fan fiction, e attorno a loro graviteranno una sfilza di personaggi, rivali, alleati, vecchie e nuove conoscenze, che si aggiungeranno nel corso del tempo. Dando vita alle avventure che spero vi divertirete a leggere.
Cercherò di essere sintetico per non rubare troppo la scena, anche se suppongo siate arrivati qui dopo aver già finito di leggere il capitolo. Abbiamo visto come Alan sia un ex-duellante, anche se non ci è chiaro il motivo che l’ha spinto ad abbandonare il mondo del Duel Monsters. Sta di fatto che prova emozioni contrastanti alla vista del Parco dei Duelli, questo luogo magico situato in una specie di radura fatata. Da una parte vorrebbe immensamente partecipare alla vita di quel posto, dall’altra sente che non dovrebbe essere lì, che il suo posto non è più nel mondo dei duelli. Il suo è un attaccamento che vive quasi con vergogna, al punto che si nasconde in bagno per seguire la finale del campionato – anche se poi lo dice a Barney, forse perché si fida di lui, dopotutto sono amici no?
E l’abbiamo visto un po’ impacciato alle prese con la bella ragazza dai capelli rossi di cui ancora non conosciamo il nome. Ma vi posso anticipare che sarà un personaggio fondamentale nel prosieguo della storia, e non una mera comparsa. Comparsa come invece lo sono stati, per ora, i due ragazzi che stavano duellando, lo scorbutico e spaccone Surge e il misterioso Shaun.
Ma anche di loro avremo modo di imparare qualcosa di più, non temete, così come certamente impareremo qualcos’altro su Giovanni, il tipo che proprio non è piaciuto ad Alan a inizio capitolo.
Come sempre, mi premuro di darvi qualche riferimento per capire a cosa mi sono ispirato per il capitolo. Anzitutto, la scena iniziale richiama diverse scene di “Sex Education”, una serie Netflix che ho amato. Loro hanno questi bagni diroccati dove si nascondono per fare le sedute di “counseling”, se così vogliamo chiamare, a sfondo sessuologico, e sanno che quel posto è tranquillo perché ci sarebbero dei residui di amianto, per questo non vuole mai andarci nessuno.
Il “Burger Mart” è invece un tributo a “Invincible”, la mia serie a fumetti preferita. Il Burger Mart è infatti il luogo dove svolge il suo lavoro part time il protagonista, Mark Grayson, alias Invincibile, prima di diventare un supereroe a tutti gli effetti. Tra l’altro è proprio con un divertente sketch al Mart che scopre i suoi poteri. Ma per chi lo voglia leggere, non vi anticipo nulla; Invincible va gustato, punto.
Il Parco dei Duelli è invece di mia invenzione. Al massimo potreste vederlo come ispirato al Parco Mezzosangue di “Percy Jackson”, ci si può trovare qualche affinità, ma è un’idea originale. Soltanto l’ambientazione circostante ha qualche riferimento a due opere, e in generale anche l’andamento che avranno questi primi capitoli lo avranno:
- la fattoria e i campi di zucche sono un riferimento al gioco “Medievil”. In questo senso, il Parco dovete immaginarlo situato nelle Pianure di Gallowmere, per chi conosce il gioco.
- l’ambientazione più generale è ispirata al primo mondo giocabile in “Yu gi oh: World Championship 2008”, tant’è che quando ho scritto la storia originale, anni fa, il suo primo titolo era “Yu gi oh: World Championship 2012”.
Ma di queste cose parleremo più avanti con più calma e meglio. Oh, e ora i personaggi: non sappiamo ancora chi sia la bella rossa al bar, ma penso che molti di voi abbiano riconosciuto Lt. Surge, il capo palestra di Aranciopoli nella prima generazione di Pokemon, anche se qui è nella parte del ragazzino spaccone. Un po’ come Gary, no? E guarda caso che deck usano entrambi? Un deck di tipo Macchina. Eheh.
Ringrazio invece profondamente uno dei miei fidati collaboratori nonché amici, TheTooDarkLordTwo per il personaggio di Shaun, che duella qui con Surge con un deck che gli appassionati di Gx conosceranno bene, anche se quelli non sono esattamente gli Eroi Elementali che siamo abituati a vedere.
Rob invece è un personaggio che mi sono inventato io apposta per l’occasione.
E mancano i nostri due protagonisti, naturalmente. Alan non è che quello stesso Alan di Pokemon che duella contro Ash nella lega di Kalos. Ho sempre amato il suo design, e mi piaceva molto l’idea di metterlo come protagonista della mia storia. Essendo un OOC, naturalmente, ha l’aspetto dell’Alan di Pokemon, ma il suo background, la sua personalità e ciò che farà in futuro sono completamente gestiti da me. E vedrete. Vedrete.
E Barney dubito necessiti di presentazioni. I suoi sketch iconici che ho cercato di mantenere e rendere al meglio, la sua personalità magnetica e accattivante, il suo look inconfondibile. Signore e signori, ecco a voi Barney Stinson, di “How I Met Your Mother”, interpretato dall’attore Neil Patrick Harris. Abbiamo qui la sua versione più giovane, nel mondo del Duel Monsters, dove lui preferisce però andare a caccia di belle ragazze, come il Barney originale, del resto. Ma non è un hippy come lo è la sua versione giovanile nello show.
E questo è tutto. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ricordatevi di lasciare una bella recensione, o di mandarmi un bel messaggio per farmi sapere che ci siete. Ho notato che le visite al primo capitolo sono state abbastanza, e ne sono molto felice. Ci vediamo la settimana prossima con un nuovo capitolo!
 
Nel prossimo capitolo: “I pinguini sono persone orribili”
Alan e Barney non hanno fatto in tempo a scoprire il Parco dei Duelli che subito se lo vedono minacciato. E la minaccia arriva sottoforma di un avversario senza scrupoli, che vuole appropriarsi di quell’oasi di pace. C’è un solo modo per scacciarlo: batterlo a un duello. Ma chi ne avrà il fegato?
 
Ciao ciao da UlquiorraSegundaEtapa!!

N.B. Piccolo "easter egg",: quando Barney dice che deve inseguiire una coppia di "belle tettone asiatiche", provate a digitare "Busty Asian Babes" per capire. Bei tempi quelli dei fratelli Winchester.
  
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