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Autore: WhiteWitch    15/09/2019    4 recensioni
Aziraphale voltò il capo verso di lui, gli occhi azzurri che brillavano alla luce dei lampioni. Si fermò sul marciapiede e Crowley si fermò con lui.
Lentamente, la mano calda di Aziraphale strinse la sua.
Crowley esalò un lungo, esausto sospiro.

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Ideale seguito di Someone to love, ma può essere letta anche da sola.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Idealmente, questa OS è un seguito a Someone to love, ma può benissimo essere letta separatamente. Ormai è la mia quarta OS nel fandom (anche se non quella di cui vado più fiera), spero possa piacervi *-*


 

It started out as a feeling which then grew into a hope

 

L'Apocalisse, nonostante le aspettative, arrivò e passò come se non fosse mai accaduta. E qualcosa cambiò nell'aria, qualcosa che non si poteva esattamente toccare. Crowley non poteva dire di vedere davvero un mutamento, eppure c'era: lo percepiva.

E Aziraphale lo sentiva a sua volta. Crowley lo vedeva dal modo in cui si muoveva: non si possono passare seimila anni con una persona senza imparare a memoria ogni suo piccolo gesto, ogni idiosincrasia, ogni fremito. E ora il suo corpo sembrava più libero, come non lo era mai stato.

Aziraphale aveva amato, aveva annusato, aveva colto.

E tuttavia non era mai stato libero. Le sue mani erano sempre state legate dalle peggiori catene.

Ora che l'estate era finita e le foglie avevano iniziato a cadere, qualcosa nel suo modo di muoversi era cambiato in modo tanto impercettibile quanto radicale. Se Crowley avesse dovuto spiegare come era cambiato, non avrebbe potuto.

Ma lo sentiva. Lo sentiva così forte che sembrava un tamburo rombante nelle orecchie. E non voleva, non voleva con tutto se stesso che la speranza crescesse nel suo petto, eppure non poteva evitarlo. Aveva smesso da tempo di sentirsi trepidante ogni volta che lui gli parlava, ogni volta che gli si avvicinava, aveva smesso di dirsi che questa volta sarebbe stata quella giusta, ma adesso... adesso...

Adesso era come all'Inizio, quello vero, l'Inizio di Tutte le Cose, come se non fosse trascorso neanche un giorno, e si ritrovava ad essere lo stesso demone, sconvolto e spaventato da quei nuovi sentimenti che sembravano volerlo rompere in due. Adesso, come allora, si scopriva ansioso ogni volta che Aziraphale lo guardava per più di pochi secondi.

Eppure c'era una differenza rispetto ad allora.

Ora, Aziraphale era libero e proclamava la sua libertà con ogni passo, ogni respiro, ogni sguardo.

Crowley era più colmo di speranza che mai, ma era anche colmo di paura.

 

which then turned into a quiet thought

 

Crowley non aveva esattamente bisogno di una conferma, perché la sola idea di ottenere ciò che più desiderava era una cosa talmente grande da indurre il panico in tutto il suo essere.

La conferma, comunque, arrivò.

Nevicava. Lui, serpente a sangue freddo, aveva le labbra blu, ma piuttosto che tornare a casa e salutare Aziraphale si sarebbe lasciato congelare completamente.

Sotto le loro suole la neve scricchiolava, bianca e grigia, mista a frammenti di asfalto. Non una neve pulita: una neve cittadina, lacrimosa. Come se Inquinamento stesse ancora marciando sulla Terra.

Crowley si ricordò di un'altra neve che aveva calpestato. Quella era bianca, immacolata, ma non era stata meno tenera con lui. Si era fermato e si era addormentato. Credeva di risvegliarsi all'Inferno, senza più un corpo, e invece aveva riaperto gli occhi su un soffitto di legno di una piccola casa scricchiolante, schiacciata tra molte altre, e c'era una mano sulla sua fronte, una mano calda, rassicurante. Aziraphale.

Ora non rischiava di morire, certamente, anche se Lambeth era sprofondata nella notte più buia e fiocchi grandi e morbidi continuavano a cadere.

Aziraphale era accanto a lui, avvolto in una grossa sciarpa di lana, e nonostante facesse tanto freddo emanava un calore innaturale, un calore violento e assoluto, che sembrava volerli divorare entrambi.

Si accorse di essersi fatto più vicino solo quando le loro spalle si toccarono. Un tocco lieve, attutito dai grossi cappotti, talmente leggero che nessuno dei due lo avrebbe notato se fossero stati semplicemente umani.

Aziraphale voltò il capo verso di lui, gli occhi azzurri che brillavano alla luce dei lampioni. Si fermò sul marciapiede e Crowley si fermò con lui.

Lentamente, la mano calda di Aziraphale strinse la sua.

Crowley esalò un lungo, esausto sospiro.

 

which then turned into a quiet word

 

Tutta la frustrazione e tutto il dolore lo lasciarono improvvisamente, gettati fuori dalla sua bocca in una nuvoletta di vapore nel freddo della notte.

Avrebbe preferito che accadesse per gradi: che la sofferenza e la rabbia scemassero lenti, che gli dessero il tempo per abituarsi alla loro assenza.

Fu tutto così brusco che l'anima di Crowley vibrò dentro il suo corpo. Sentì il suo cuore sprofondare e poi rialzarsi di colpo. Le sue labbra tremarono violentemente e una piccola parte di lui, quella che ancora era vigile, sospettò che non fosse a causa del freddo.

Fu solo mediamente conscio dell'altra mano di Aziraphale che saliva su, sfidando la gravità e la neve e il buio della notte, e poi sentì, più che vedere, che il suo pollice sfiorava la sua guancia.

«Aziraphale...», mormorò.

Crowley in un certo senso subì il loro primo bacio. Semplicemente, prima il suo viso era battuto dal freddo e un istante dopo veniva scaldato da un'improvvisa prossimità. La sua bocca gelata si sciolse sotto il tocco di labbra roventi.

Gli occhi di Crowley si strinsero, le palpebre si chiusero e Londra sparì.

Tra i cinque sensi di cui era dotato, Crowley aveva sempre amato di più il tatto: la sabbia sotto i piedi, le foglie ruvide delle sue piante sotto le dita. Non aveva invece mai capito il gusto, non capiva come potesse essere utile. Ora che i suoi occhi erano chiusi, i suoni ovattati dalla neve, gli odori impercettibili dal suo naso gelato, non c'era spazio per altro: il tocco delle mani di Aziraphale e il gusto della sua lingua nella bocca.

Crowley non aveva mai baciato nessuno.

Le sue spalle si afflosciarono, le ginocchia minacciarono di cedere e Aziraphale continuò a tenergli la mano, a stringerla forte, come a dire che non c'era nulla da temere. Tieniti forte, sembrava mormorare.

Crowley reagì in ritardo, ma reagì nondimeno. Sbuffò nella bocca di Aziraphale e lo baciò a sua volta, più forte possibile.

 

and then that word grew louder and louder

'till it was a battle cry

 

Non ricordò di essere entrato nella libreria, né sapeva dire come avessero fatto a raggiungere Soho senza mai smettere di baciarsi. Tutto ciò che sapeva era che non sentiva più freddo da un po', anzi si sentiva accaldato. A un certo punto, non sapeva quando, la neve aveva iniziato a scioglierglisi addosso e così il suo cappotto era completamente fradicio.

Non importava, si disse, perché non lo tenne sulle spalle molto a lungo. La libreria era buia e fredda e Crowley rabbrividì, ma non ebbe tempo di capire se fosse l'emozione o la temperatura, perché le mani di Aziraphale erano di nuovo su di lui, protettive, possessive, gentili e scortesi, contraddittorie.

«Aziraphale», esalò Crowley. Sentiva la pelle del petto dell'angelo che bruciava sotto le sue dita. «Aziraphale...».

«Cosa c'è?».

«Non lo so, non lo so, non lo so...».

«Ti tengo», disse lui, il fiato caldo sul suo collo, il respiro affannato. «Ti tengo, non ti lascio andare».

Erano le stesse cose che gli aveva detto a Gerusalemme, il giorno in cui i crociati l'avevano presa. Crowley era debole, all'epoca, circondato da soldati benedetti e investiti di un'autorità più grande di loro, e così si era nascosto, troppo annichilito per combattere o scappare. Aziraphale lo aveva trovato, lo aveva portato via e aveva continuato a ripetere che non l'avrebbe lasciato andare, non l'avrebbe lasciato solo.

A conti fatti, sebbene Crowley avesse salvato Aziraphale più volte di quante ne potesse ricordare, anche quando non serviva affatto, Aziraphale aveva salvato Crowley quando era necessario. Non ne aveva preservato solo il corpo, ma l'anima.

Il tappeto era ruvido sotto la sua schiena e il corpo di Aziraphale era caldo e splendeva, splendeva nel buio, o forse erano gli occhi di Crowley a vederlo brillare. Aveva scagliato lontano gli occhiali, chissà dove in mezzo alla polvere e alle pagine che raccontavano gli amori degli altri.

C'era molta più urgenza nelle labbra di Aziraphale, ora, e Crowley temeva di soccombere ad ogni respiro. Accolse il suo corpo e gemette al contatto, mentre i suoi fremiti venivano presi e divorati e nelle sue orecchie rimbombavano parole gentili, un fiume di suoni che facevano rima con amore, salvezza, affetto, perdono.

«Hai aspettato tanto a lungo», diceva lui. «Anni, secoli...».

Era stato così difficile. Sarebbe stata dura per chiunque.

«Ma sono sempre stato tuo», continuò Aziraphale.

Crowley inarcò la schiena, gli occhi chiusi, le gambe tese.

«Sono sempre appartenuto a te».

«Ma...». La sua protesta era debole, fragile, soffocata dalla loro promiscuità. «Ma gli altri uomini...».

Aziraphale prese ancora una volta le sue mani tra le proprie e Crowley si chiese che importanza avesse, dopotutto, il passato.

«Non posso cancellarli», fu la risposta. «Non lo meritano». Scivolò in profondità nel corpo di Crowley e lui si sentì colmo, sicuro. «Ma ti amo».

Con un sussulto, Crowley strinse i suoi fianchi tra le gambe.

«Ti amo», ripeté Aziraphale in un sussurro. «Ti amo dal momento in cui mi hai raggiunto sulle mura dell'Eden».

«Aziraphale...».

«Da quando ti ho visto consolare Maria davanti al corpo di suo figlio crocifisso. Da quando hai salvato Ginevra dalla furia cieca di Artù. Da quando hai stretto la mano di Giovanna d'Arco mentre il carro la portava al suo rogo».

Crowley sentì gli occhi riempirsi di lacrime e un intenso piacere montare dentro di sé.

«E ti ho amato come non mai quando mi hai detto che credevi di avermi perso, quel giorno a un passo dalla fine del mondo».

Crowley affondò la fronte nella spalla di Aziraphale. Era troppo, era troppo, il suo corpo non gli rispondeva più e gli sembrava di essere sull'orlo di un baratro.

«E mi dispiace», continuò l'angelo, «mi dispiace di non aver detto ciò che davvero volevo dire. Mi dispiace non averti detto che non me ne sarei mai andato da te».

«Ti amo anch'io», riuscì a esalare Crowley. «Così tanto...».

L'aria odorava dei loro corpi. Sudore e lacrime e sesso. Crowley gemette più forte che mai e si appese ad Aziraphale per non scivolare via, travolto da un'onda fatta di emozione intensa, corporea e incorporea al tempo stesso. Aziraphale lo raggiunse poco dopo, lasciando baci caldi e stanchi sul suo collo.

Ci sarebbe stato altro da dire. Altre cose di cui parlare, altre ragioni per cui scusarsi e perdonarsi e baciarsi, ma non c'era fretta.

Avevano davanti a loro molto, molto tempo.

   
 
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