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Autore: Sinden    20/09/2019    0 recensioni
FF basata su film Il Signore degli Anelli - Le due Torri, genere fantasy/avventuroso
Storia di un esercito mercenario di Uomini dell'Est, comandati da una donna senza passato e senza scrupoli. Il suo arrivo nel regno di Rohan, oppresso da Saruman, porterà molte cose alla luce...non solo sul suo passato.
Estratto:
"Taci." le disse Éomer. "O i tuoi soldati non ti vedranno mai più."
"Spiacente, figlio di Éomund. Non mi impressioni. Non hai credibilità se lasci quel plebeo untuoso guidare il vostro reame. Ora sei tu il principe, non è cosí? Bene, guarda i tuoi sudditi." gli disse Goneril, indicando con un dito inanellato le abitazioni tutt'intorno. "È tua precisa responsabilità proteggerli. Per prima cosa, dovresti andare là dentro e mandare all'altro mondo quel Grima, o farlo imprigionare. Poi, dovresti galoppare con i tuoi Rohirrim verso Isengard, e spedire anche quel vecchio incartapecorito di Saruman dritto da Eru, e che se la veda lui. Allora tuo zio sarà libero, e anche tutti voi. Ma non farai né una, né l'altra cosa." Goneril fece una smorfia di disprezzo. "Invece, prendertela con una donna é più facile. Meno pericoloso."
⚜️⚜️⚜️
Capitolo conclusivo della saga Roswehn/Thranduil
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Eomer, Eowyn, Gandalf, Legolas
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Goneril aveva trovato una veste della sua misura nell'armadio di Arwen.

Non si era fatta troppi scrupoli a prenderla, visto e considerato che alla figlia di Elrond difficilmente sarebbe ancora servito un corredo. Arwen stava lì, lunga distesa sul canapè nella sua camera, sempre più eterea, il suo corpo sempre più impalpabile. In attesa di esalare il suo ultimo respiro.

"Grazie, cara." aveva mormorato Goneril con un sorriso cattivo, dopo aver preso il bell'abito celeste dal guardaroba della donna elfica. Frugare negli armadi delle principesse stava diventando un'abitudine, per lei.

Si era poi recata a una delle grandi fontane di Rivendell, che ancora gorgogliavano. Tolti i vecchi indumenti rubati a Dale, ormai pregni di sudore e fango, si era immersa in quella vasca di granito, resistendo al gelo dell'acqua.

Guardó il cielo. C'erano nuvole grigie e dense, che ormai da giorni si estendevano a vista d'occhio. Erano momenti cruciali per la storia della Terra di Mezzo. Goneril sapeva che da un momento all'altro tutto poteva cambiare: se l'Hobbit ce l'avesse fatta a gettare l'Anello nel fuoco, il mondo sarebbe stato libero. Se malauguratamente avesse fallito, in un attimo quei nuvoloni sarebbero diventati neri, il Sole sarebbe sparito e poi anche la Luna, per lasciare spazio solo al buio. E a Sauron.

Ma che poteva farci lei, che era lontana mille miglia da Mordor? Niente, a parte tentare di lavarsi, impresa non facile visto che non aveva nemmeno del sapone.

Doveva organizzare il suo futuro.

Intanto, trovare il modo di sbarazzarsi di Hammon. Tempo addietro, il modo più semplice sarebbe stato farlo fuori. Ma la guerriera se n'era andata per sempre, così come i suoi metodi. Doveva convincerlo a levare le tende. Per almeno un anno, voleva stare da sola. Ne aveva un disperato bisogno, poiché un nuovo inizio non ci sarebbe mai stato se non si fosse disintossicata da ció che era stata prima. Anche per quello non poteva uccidere Hammon. Certo, sarebbe stato facile trapassarlo con la spada e buttarlo in uno dei burroni di quella valle sterminata. Ma ogni volta che avrebbe guardato verso quel crepaccio, si sarebbe ricordata il suo ultimo omicidio, la sua ultima vittima. No, non voleva essere perseguitata da fantasmi anche lì a Rivendell.

Ma come mandarlo via? E cosa voleva da lei?

Credeva di essere innamorato. Quell'imbecille credeva sul serio di essere innamorato. Aveva negato, ma Goneril gli aveva visto quello sguardo, lo sguardo di un uomo consumato da un'ossessione. Lo conosceva, quello sguardo, poiché l'aveva visto in altri uomini.

La fama della sua crudeltà era pari solo a quella della sua bellezza, perció a volte qualche perdigiorno con ambizioni da seduttore osava avvicinarsi alla legione per incontrarla. Sapeva che alcuni uomini scommettevano con altri sul fatto di portarsela a letto. Degarre gliel'aveva detto, e lei ci aveva riso sopra. Le scommesse venivano sempre perse, anzi spesso quei folli se ne tornavano a casa senza più il loro cavallo, o le monete che si portavano appresso, o i loro indumenti.

Ma riconosceva il desiderio dei maschi, lo coglieva dagli occhi. Hammon ne era consumato, al punto da sfidare il rischio di beccarsi una pugnalata per strapparle un bacio con la forza.

Avevano la stessa età, trent'anni esatti. Si conoscevano da dieci, e mai Hammon aveva mostrato interessi di quel tipo verso di lei. Com'era possibile che improvvisamente avesse scoperto in lui quella passione? Perché proprio in quei giorni, nel pieno di una guerra che stava travolgendo tutti?

Si guardó in giro, chiedendosi dove fosse. Forse se n'era andato di sua iniziativa.

Goneril se l'auguró.

⚜️⚜️⚜️

Ma Hammon non se n'era andato per niente, né aveva intenzione di farlo.

Era entrato nella vecchia residenza di Elrond, nella sala dove il Lord di Rivendell prendeva le sue decisioni. Un grande salone le cui pareti erano interamente percorse da scaffali e scaffali di libri. Una scala a chiocciola conduceva a un piano superiore, dove dovevano esserci le stanze private.

C'era una favolosa scrivania in mogano che faceva mostra di sé al centro della sala. Su di essa, vecchie e gialle pergamene impilate alla bell'e meglio, e una consunta penna d'oca immersa in un contenitore d'inchiostro lasciato a seccarsi.

Davanti alla scrivania, una sedia con un alto schienale, simile a un antico trono.

Su quella sedia, seduto mollemente a gambe divaricate e con la testa reclinata sul petto, Benjamin Hammon rifletteva.

Voglio stare qui. Voglio stare con lei. 
Questo pensiero gli ronzava in testa senza sosta.

L'offerta di Goneril non era male: tre sacchi pieni di monete d'oro, e la libertà. Ricominciare a Gondor, sempre che Gondor non fosse stata incenerita dai servi dell'Oscuro. Trovarsi un'altra ragazza? Non sarebbe stato difficile: era un bell'uomo, dopo tutto. Ancora relativamente giovane, in piena forma a parte per qualche escoriazione, biondo e con due occhi chiari e grandi. 

Sarebbe tornato a Minas Tirith dopo dodici sanguinosi anni, e magari avrebbe cercato la vecchia abitazione dei suoi genitori. Forse erano ancora vivi. In quest'ultimo caso, il problema sarebbe stato riconciliarsi con loro. Specialmente con sua madre, che era andata su tutte le furie al suo annuncio di volersi unire a un esercito mercenario. 
Diventerò ricco, mamma. Talmente ricco da potervi comprare una residenza più bella di questa casa. Aveva promesso alla donna.

E quanti uomini dovrai uccidere per diventare ricco, Ben? Io non voglio il tuo denaro. Sarebbe sporco, guadagnato disonestamente. Aveva replicato sua madre. Azzardati a uscire da questa casa, e non rientrerai più, hai capito? Non ti voglio qui, se diventi un assassino!

Suo padre non aveva detto nulla durante quella discussione. Messo all'angolo da sua moglie, come sempre. In tutti gli anni passati con i suoi, se c'era una cosa che Benjamin aveva capito era che in quella casa non era il vecchio signor Hammon a portare i pantaloni.

E cosí se n'era semplicemente andato, sbattendo la porta.

Adesso poteva tornare. E di soldi ne avrebbe avuti a bizzeffe. Sí, erano soldi sporchi come aveva detto sua madre, ma erano un capitale di tutto rispetto.

C'era solo un piccolo particolare: lui non voleva andare a Gondor. Più ci pensava, più veniva assalito da una strana angoscia, all'idea di non vederla più. Già quei giorni di separazione erano stati una tortura per lui.

Dieci anni con lei. Ogni giorno. Sotto il sole, di notte, sotto alla pioggia, nella nebbia, in mezzo alle battaglie, in mezzo al fango, davanti ai tramonti, nel freddo del mattino. Tutti momenti che aveva vissuto con lei, al suo fianco. Qualche volta soli nella sua tenda da campo, a scambiarsi confidenze e opinioni sulle battaglie.

Con nessun'altra donna aveva avuto un rapporto cosí stretto, quasi morboso. Non conosceva nessuna bene come conosceva lei. Gli bastava guardare Goneril in faccia per capire cosa stesse pensando. Sapeva interpretare ogni smorfia, ogni sguardo, ogni inflessione della sua voce.

E Hammon era piuttosto sicuro che nessuna donna conosceva, o avrebbe mai conosciuto lui, come lo conosceva Goneril.

Non ci sarebbe mai stata un'intesa del genere con nessuna bella ragazza di Gondor.

"Non te ne sei andato." disse una voce femminile. Hammon sobbalzò sulla sedia e sollevò il capo.

Vestita d'azzurro, Goneril entrò lentamente nella sala. Aveva i capelli bagnati, e sembrava infreddolita.

"Quella veste, l'hai rubata." mormorò Hammon. "Ti sta molto bene."

La ex guerriera afferrò una sedia e la trascinò vicino alla scrivania di Elrond. Si sedette proprio davanti al capitano.

Rimase in silenzio per qualche secondo, scuotendo tristemente il capo. "Cosa devo fare con te, Benjamin?"

Hammon si sorprese. Non l'aveva mai chiamato per nome. "Sai che non me ne andrò." le disse.

"Sei preda di qualche delirio, soldato. Io non so che diavolo ti abbia preso, ma te lo dico ancora: te ne devi andare. Questo posto é mio adesso. E qui io voglio stare per conto mio." disse lei pazientemente.

"Questo regno non é tuo affatto. Dama Arwen é ancora viva. Finché vive, é lei che governa Gran Burrone, in assenza di suo padre." replicò Hammon.

"Chi, quella specie di fantasma? Sarà scomparsa entro domattina. E tutto questo, sarà mio. E in quanto mio, decido io chi può stare qui con me. Ho deciso che per te non c'é posto." continuò Goneril. "Ti prego di essere ragionevole."

"Dimmi perché non mi vuoi qui. Almeno dimmelo." rispose Hammon.

"Perché tu mi ricordi il mio passato. E io voglio dimenticarmi di tutto. Benjamin, quando ci siamo parlati prima hai detto una grande verità: io ho sofferto da bambina. Non voglio raccontarti le penose storie della mia vita, ma é meglio che tu sappia questo: non esiste un solo minuto del mio passato che io ricordi con gioia. E questo vale anche per i miei anni nella legione. Qui ho l'opportunità di cancellare tutto, ricominciare. É il giorno zero, per me. Ma tu, con la tua presenza, rovini tutto." spiegó, sforzandosi di non innervosirsi. "Tu sei legato a quella vita miserabile di cui voglio sbarazzarmi."

"Posso capire questo. Ma mi sembra che tu non stia considerando una cosa: sono arrivato prima di te, qui. E lord Elrond mi ha dato il suo consenso affinché abiti nel suo territorio. Al contrario di te, che sei sbucata d'improvviso e reclami diritti mai avuti su queste terre." replicó freddamente Hammon.

Lo sguardo di Goneril divenne arcigno: "...non vorrai farmi arrabbiare, soldato. Sai che non é una buona idea."

"Sto solo dicendo la verità. E a dirla tutta, sarei io quello autorizzato a cacciarti via, se mi andasse di farlo." proseguí il capitano. "Se Arwen muore, io posso reclamare questo regno tanto quanto te...piú di te."

Goneril lanció ad Hammon uno sguardo carico di esasperazione. Ma poi sembró rilassarsi. Un sorriso sardonico accompagnó le parole successive. "...allora dovró modificare la proposta."

Con un gesto languido, abbassó le spalline dell'abito, lasciando scoperti entrambi i seni. Bianchi, sodi a furia di cavalcare, lisci come il marmo di quel palazzo. Una visione che avrebbe mandato fuori di testa qualsiasi maschio con gli ormoni funzionanti.

Hammon stesso, dopo l'iniziale stupore, avvertì qualcosa risvegliarsi ai piani bassi del suo corpo. "Che fai?"  chiese.

"L'hai capito benissimo. Tu mi desideri. É questo ció che vuoi, alla fin fine. Te lo concedo. Ti concedo me stessa. Qui, subito. Solo una volta, e dopo...dopo giurami che te ne andrai." gli propose, con quello stesso tono freddo e calcolatore con cui, da Generale, proponeva accordi a regnanti e governatori. Una contrattazione bella e buona.

"Smettila. E rivestiti." le rispose.

"Tu sei preda di un'ossessione, nient'altro. É l'unico modo per fartela passare e poi salirai di tua volontà su quel cavallo e te ne andrai a casa tua. A Minas Tirith. Approfittane. Usami. E poi dimentica." continuó lei. "Sei un uomo, e voi uomini siete tutti uguali. Scambiate per amore ció che è solo smania di sesso."

Se Hammon fosse stato Degarre, o Aran, avrebbe accettato l'offerta senza attendere un secondo. Avrebbe afferrato Goneril per un braccio, l'avrebbe spinta sul tavolo con la veste sopra la testa, e avrebbe fatto i suoi comodi.

Ma lui non era Degarre, né Aran. 
"Copriti, forza. É imbarazzante. Sembri una prostituta." le disse.

"E non lo sono? Non lo sei, anche tu? Mercenari...era questo il nostro mestiere. Ci siamo venduti per soldi." replicó Goneril. Poi si spinse sul tavolo e fu quello il momento in cui Hammon rischió di cedere. Quando vide il suo seno strisciare sul legno. "Non dare inutili dimostrazioni di classe a buon mercato, adesso. Prendi quello che vuoi, e va' via. A me basterà tornare in quella fontana e lavarmi, e ogni traccia di te se ne andrà. E non credere che mi mancherai, Hammon. Non mi ricorderó neanche il tuo nome, l'anno prossimo."

Hammon a quel punto balzó in piedi. Giró attorno alla scrivania, afferró Goneril e poi la sollevó in braccio.

"Lasciami giù!! Lasciami!" protestó lei.

Ma il capitano la portó verso la scalinata a chiocciola che conduceva alle camere di Lord Elrond, e inizió a salire i gradini. "....oh sì, ti ricorderai di me. Da domattina saró nei tuoi pensieri più che mai. Come tu continui a essere nei miei, benché nemmeno io capisca il motivo. Ma forse hai ragione: una come te va trattata così. Mai più subiró il tuo sarcasmo. E ascoltami bene, perché non te lo ripeteró: non mi lascerai fuori dalla tua vita, Goneril."

 

   
 
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