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Autore: Jeo 95    26/09/2019    0 recensioni
[Saga del Filo Rosso; Storia 1- Destino Maledetto]
***
La leggenda del Filo Rosso del Destino è una romantica leggenda che racconta di come al mondo, per ogni persona, ve ne sia una predestinata, la cosiddetta Anima Gemella.
Eppure non è l'unico Destino che il Filo Rosso può creare. Ve ne è uno più cupo, crudele, che da secoli colpisce determinate persone, accomunate tutte da particolare accessori.
Lo sanno bene Tikki e gli altri Kwamii, o almeno dovrebbero, poichè quello stesso destino sta per bussare alla porta dei loro Prescelti, ancora una volta.
Memorie perdute, passati remoti, mentre le vecchie e le nuove generazioni di Eroi si incontrano, Marinette dovrà trovare il modo di sfuggire ad un fato che non desidera.
Perchè lei è Ladybug, ed il suo destino è scritto col sangue.
***
Spero che vi incuriosisca almeno un po? :3 non so quante saghe saranno, dipenderà dall'audience xD
Bacioni e ringraziamenti a chiunque mi seguirà
Jeo 95 =3 (o ArhiShay)
p.s. La storia verrà aggiornata ogni Mercoledì u.u
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Sorpresa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
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Fil Rouge


Livre 1

~ Destin Maudit~

  

Quando aveva deciso di andare dal Maestro Fu per affidargli la custodia della strana pietra che aveva trasformato Sabrina in Dame du Feu, Marinette aveva preparato una lista di domande che potessero essere utili per chiarire quella strana e spaventosa situazione in cui si era ritrovata solo poche ore prima: ripensandoci, tenerle a mente senza nemmeno farsi un appunto era stata una pessima idea.

Sabrina era stata portata d'urgenza in ospedale, priva di sensi, con una bruciatura non indifferente dove fino a pochi momenti prima vi era incastonata la pietra rossa che ora era tra le sue mani, rinchiusa in una scatolina simile alle box dei Miraculous: anche attraverso il materiale della custodia nera in cui quella pietra infernale era stata sigillata, Marinette poteva giurare di sentire il calore emanato da essa.

Era la prima volta che si trovava a dover affrontare qualcosa del genere, un akumatizato -sempre che di akuma si stesse ancora parlando- che anche dopo l'intervento del suo Miraculous Ladybug portava con se i segni della trasformazione era una novità spiacevole e terrificante, che le causava un misto di ansia e paura nella stomaco che non era stata capace di calmare: se c'erano cose che nemmeno il suo potere poteva sistemare, Marinette non aveva più certezze su quali rischi era necessario correre pur di sconfiggere i nemici.

Per questo aveva deciso di andare da Fu il più presto possibile, in cerca di qualche spiegazione che potesse metterle in pace l'animo, farle sperare che questo fosse un caso isolato, che non avrebbero -né lei né i suoi compagni- rischiato la vita più di quanto già non facessero ogni giorno contro Papillon e le sue akuma.

Tikki non aveva aperto bocca dal momento in cui si era ritrasformata -era ovvio che sapesse cosa fosse quella cosa, l'aveva capito dalla sua reazione appena il Maestro aveva nominato quella creatura- e Marinette non aveva avuto cuore di forzare la piccola kwami a darle una spiegazione: il benessere della sua piccola amica sarebbe sempre venuto prima di ogni cosa, e se parlare di quel mostro le crava disagio, allora avrebbe cercato le sue risposte altrove.

Tuttavia, ogni domanda che si era preparata con cura svanì dalla sua mente non appena varcata la porta della casa del Maestro -era entrata nella porta giusta? Eppure la voce che l'aveva invitata ad accomodarsi era proprio quella di Fu- dove ad attenderla vi era una delle scene più bizzarre a cui avesse mai avuto il piacere di assistere: sul pavimento, contorto in una posizione zen a lei sconosciuta ma che non doveva essere per nulla comoda, vi era un giovane dai capelli verdi, probabilmente poco più grande di lei, tenuto sotto stretta sorveglianza da Wayzz, che non perdonava al ragazzo il minimo movimento.

«Avanti ragazzo, è tutto qui quello che sai fare?! Fammi vedere più concentrazione!»

«C-Ci sto provando W-Wayzz... non è facile concentrarsi q-quando stai per... romperti il c-collo...» aveva ridacchiato il ragazzo, mentre cercava di aggiustarsi nella sua posizione a gambe incrociate... con la testa verso il basso... e le braccia... no ok, come era fisicamente possibile riuscisse a resistere in quella posizione?!

Wayzz -realizzò Marinette con stupore- era un kwami serio e assolutamente senza pietà: teneva strette tra le piccole mani verdi una lunga asta, con cui raddrizzava i movimenti del ragazzo ogni qual volta lo vedeva vacillare, mentre quando sbagliava un qualche movimento lo colpiva leggermente con il guscio che aveva sulla schiena, lasciandogli segni rossi sulle parti lese, principalmente collocate sul viso: il ragazzo non sembrava però prendersela per il duro allenamento -era un allenamento quello?- a cui stava venendo sottoposto, ridacchiando e divertendosi quasi intenzionalmente a provocare l'ira del piccolo kwami tartaruga.

Forse era un sadico, forse era un'idiota: Marinette non aveva abbastanza informazioni sul ragazzo per poterne essere certa.

Rimase a fissare la scena per diversi secondi, impietrita, così come sembrava esserlo Tikki, appollaiata sulla sua spalla a godersi lo spettacolo inaspettato in cui erano incappate: era talmente concentrata sulla scena davanti ai propri occhi che non si era nemmeno posta il problema della sua kwami in bella vista davanti ad un perfetto sconosciuto.

«Oh Marinette, benvenuta.»

A distrarla dalla dell'intera situazione surreale a cui stava assistendo fu la voce del Maestro Fu, seduto poco distante a sorseggiare una tazza di tè fumante -era sempre stato lì?!- come se nulla fosse, come se Wayzz che torturava un ragazzo fosse qualcosa di quotidiano.

«M-Master?! C-Che succede?! E-E chi è lui?!»

Le sue urla improvvise resero nota la sua presenza anche a Wayzz e al ragazzo, interrompendo così qualunque cosa stessero facendo in quel momento: il piccolo kwami verde la salutò con un piccolo inchino, rivolgendo poi a Tikki un cenno con la zampetta che quest'ultima ricambiò allegramente, rendendo finalmente noto a Marinette che la sua amica era lì con lei, in bella vista, con un perfetto sconosciuto a testimoniarne la presenza.

Si paralizzò di colpo, mentre il ragazzo riacquistava con spaventose capacità atletiche una posizione quantomeno umana e si avvicinava a lei sorridendo: questo era male, molto male, ma come poteva sapere che il Maestro aveva ospiti?!

Mentre nella sua mente già si formavano le più catastrofiche possibilità a cui quell'errore poteva portare -tutte che si concludevano con una nuova Ladybug a sostituirla, mentre l'intero team prendeva a calci la sua triste versione akumatizzata per la disperazione di aver perso il proprio Miraculous- il ragazzo aveva continuato ad avvicinarsi, rendendo sempre più evidente la differenza in altezza che lo divideva da Marinette.

Forse -se invece di lasciarsi andare ad improbabili fantasie- si fosse fermata a riflettere con calma, Marinette avrebbe notato che il Maestro Fu non sembrava arrabbiato, che il ragazzo parlava tranquillamente con Wayzz come se fosse una cosa normale: forse, se si fosse fermata ad osservare bene, avrebbe notato il braccialetto che sfavillava sul braccio destro del misterioso intruso, e avrebbe capito che non c'era nulla di cui preoccuparsi.

Ma Marinette non era certo famosa per la sua calma e la sua pacatezza, quanto più per le sue reazioni eccessive e poco realistiche, per cui lasciò a dormire la parte razionale del proprio cervello e fece semplicemente ciò che le riusciva meglio in quelle situazioni: paralizzarsi, preoccuparsi e uscire di testa mentre cercava una soluzione a come spiegare perché uno spirito coccinella fosse appollaiato sulla propria spalla anche se lei non era assolutamente Ladybug.

Prima che il suo cervello potesse escogitare una qualche scusa brillante, lo spilungone era chino su di lei, gli occhi scuri puntati sulla piccola kwami, un enorme sorriso stampato in faccia.

«Wow, che carina! Così è lei il kwami di Ladybug eh?» a quel punto, gli occhi del ragazzo si posarono su di lei, studiandola da capo a piedi, aprendosi in un nuovo sorriso mentre con una mano le scompigliava i capelli.«Questa quindi è Ladybug? Ahahah anche lei è parecchio carina!»

Marinette fu colta alla sprovvista: arrossendo leggermente si ritirò il più alla svelta possibile, nascondendosi dietro il maestro che intanto continuava a sorseggiare la propria bevanda calda, osservando con divertimento le interazioni tra il nipote e la sua protetta.

«M-M-Maestro chi è lui?! E-E-E le giuro che non è colpa mia! Non so come faccia a sapere dei kwami, ma io non so nulla!! La prego non mi porti via Tikki!»

Il vecchietto dilatò gli occhi, chiedendosi come potesse essere arrivata ad una conclusione così drastica: era vero però che era stato lui a dirle che le identità di Ladybug e Chat Noir dovevano restare un segreto, quindi non era poi così inverosimili che Marinette avesse creduto di aver commesso un terribile errore.«Sta tranquilla mia cara, non ho intenzione di portarti via il Miraculous.»

Marinette sgranò gli occhi, guardandolo ora con stupore, ora con sollievo.«Ah no?»

Sorridendo, Fu scosse il capo e cercò di tranquillizzarla, offrendole del tè e invitando entrambi i ragazzi a sedersi con lui per parlare: era tempo di qualche presentazione.

«Marinette voglio presentati Wen Nguyen, mio nipote e nuovo portatore del Miraculous della tartaruga.»

Il ragazzo -Wen, si appuntò di ricordare- la salutò con un sorriso ed un cenno del capo, indicando il proprio bracciare come a voler confermare la versione appena espressa dal nonno: al suo fianco Wayzz annuiva, chiarendo una volta per tutte almeno uno dei dubbi che si stavano formando nella mente di Marinette.

«Yo! È un piacere fare la tua conoscenza Boss!» rise Wen, e cavolo, dovette ammettere a sé stessa che quello era proprio un signor sorriso.

Nulla in confronto a quello abbagliante e dolce di Adrien, ma comunque era sicura che questo giovane asiatico dai capelli verdi avrebbe fatto strage di cuori ovunque sarebbe passato.

Inaspettatamente ricevette subito un ennesimo rimprovero da parte di Wayzz, accompagnato da un leggero colpetto di guscio sul capo di Wen. «Non è così che ci si presenta! E non è così che ci si rivolge ad una ragazza, così la spaventi!»

No, Marinette era sicura che non avrebbe spaventato nessuno, piuttosto rischiava di lasciarsi dietro una strada di cuori non indifferente, ma preferì tacere e lasciare che il kwami continuasse la sua ramanzina.

«Ehm... Maestro, ma va davvero bene presentarci in questo modo? Insomma credevo che le nostre identità segrete dovessero rimanere... beh, segrete.»

Fu annuì, posando la tazza e fissando intensamente la ragazza: ora anche Wen e Wayzz stavano prestando attenzione, curiosi quanto Marinette sui motivi per cui il maestro avesse fatto una tale scelta. O meglio, Wen era curioso di sentire le ragioni del nonno, mentre Wayzz già sapeva cosa passava per la testa del suo ex-portatore, poiché dopo quasi duecento anni passati assieme era diventato per loro estremamente facile capirsi anche senza bisogno di parlare.

«Hai ragione, inizialmente avrei voluto che le vostre identità restassero un segreto, tuttavia Wen vivrà con me da oggi in poi.» spiegò, passando lo sguardo ora su uno ora sull'altro.«Non credo sarei riuscito ad impedire che voi due vi incrociaste per sempre, quindi l'unica soluzione era lasciare che vi incontraste subito.»

Marinette capiva il ragionamento del Maestro, probabilmente al suo posto avrebbe preso la stessa decisione: con tutte le volte che lei andava a trovarlo senza preavviso ed il fatto che Wen avrebbe vissuto con lui da quel momento in avanti sarebbe stato impossibile per loro non incontrarsi, e viste le circostanze non ci sarebbe voluto molto prima che scoprissero l'uno la vera identità dell'altro.

Si, era senz'altro la scelta migliore... se non che in quella perfetta equazione, Marinette non poteva evitare di pensare a Chat Noir, a quanto fosse ingiusto nei confronti del suo partner che qualcuno all'infuori di lui conoscesse la sua identità.

Non era leale, quasi come se stesse tradendo la fiducia del suo più caro amico.

Il Maestro sembrò leggerle nel pensiero, poiché le posò una mano sul braccio in segno di conforto, sorridendole come soltanto un nonno poteva fare.

«So che ti può sembrare ingiusto, ma c'è un motivo per cui ho bisogno che la tua identità resti segreta a tutti gli altri. Ti prometto che al momento giusto tutto ti sarà chiaro, e nel caso Chat Noir avesse qualcosa da dire, mi assumerò la responsabilità delle mie decisioni.»

Annuendo, Marinette sorrise leggermente al vecchietto, mentre pensava dentro di sé che quando il momento della verità sarebbe arrivato, non avrebbe lasciato che Fu si caricasse da solo della responsabilità di aver tenuto nascosta la verità agli altri: lui non l'aveva costretta a fare nulla, era una sua colpa tanto quanto lo era del maestro.

«Inoltre c'è anche un altro motivo per cui ho deciso di lasciare che tu e Wen vi incontraste prima di tutti gli altri.» sorrise, rivolto ad entrambi.«Mio nipote sta studiando per diventare il prossimo Guardiano dei Miraculous, affidargli la tua identità segreta era una buona scusa per mettere alla prova la sua capacità di tenere un segreto e proteggere coloro che sono stati scelti dai gioielli.»

C'era anche un altra ragione, ma per il momento Fu decise di conservarla per il futuro, quando anche gli altri fossero stati pronti a caricarsi quel peso sulle spalle.

«Sarà fantastico vedrai! Saremo una grande squadra e faremo faville insieme!» gridò eccitato Wen, calmandosi l'istante in cui vide lo sguardo indifferente -probabilmente contrariato- che la ragazza lanciava in giro per la stanza, evitando accuratamente di soffermarsi su di lui.

Non sembrava per nulla felice, e nonostante capisse i sentimenti di lei, non poté negare di esserci rimasto male: voleva fare qualcosa, qualunque cosa pur di farsi accettare almeno un minimo dalla ragazza che era la leader del suo nuovo team.

Wen per una volta era incerto su come procedere, su quali fossero le parole giuste da dire a quella ragazza che non sembrava contenta di affidargli il segreto che aveva custodito gelosamente per tanto tempo: fece un profondo respiro, raccogliendo tutto il coraggio che sapeva -sperava- di avere e le sorrise dolcemente. «Ehi, so che sono nuovo e che preferiresti avere Chat Noir al tuo fianco. Lo capisco, davvero! Però ecco... sono molto felice di poter lavorare con te! Spero potremmo diventare amici un giorno.»

Marinette si intenerì vedendo come Wen -un ragazzo più grande di lei- si stesse impegnando per metterla a suo agio, cercando di capirla e concedendole un po' di spazio per accettarlo e considerarlo come un amico. Con un sospiro allungò una mano verso di lui, consapevole di essere stata tutt'altro che amichevole: aveva lasciato che i suoi sentimenti personali offuscassero ciò che aveva davanti -ancora una volta, doveva davvero iniziare a controllarsi- ovvero un ragazzo dal cuore d'oro e gentile, solo in un paese straniero lontano milioni di chilometri dalla sua famiglia, con un disperato bisogno di amici su cui contare.

«Ti chiedo scusa, non sono stata molto amichevole. Ricominciamo a capo ti va? Molto piacere, io sono Marinette Dupain-Cheng.»

Wen sorrise di cuore, stringendo forte la mano di Marinette -forse un po' troppo forte- e ricambiando il saluto.«Wen Nguyen! Spero diventeremo buoni amici Mari!»

Arrossì all'improvviso soprannome che le aveva affibbiato con confidenza, ma capì che quello era semplicemente il carattere di Wen e si lasciò andare ad un sorriso, massaggiandosi la mano stretta con troppa forza e dichiarandoli ufficialmente amici.

«Wen frequenterà la tua scuola, il secondo anno di Lycée al Collège Françoise Dupont, vorresti accompagnarlo il primo giorno? Sai, mio nipote non è molto pratico con... l'orientamento.»

Wayzz si mise in mezzo al discorso, mettendosi davanti a Marinette quasi in ginocchio:«Oh ti prego Marinette! Non credo di farcela un altro giorno ad impedire che quella testa dura rischi di perdersi ad ogni passo che fa!»

«Ehi! Non sono così pessimo!» protestò Wen ridacchiando.

Il kwami lo guardò con dubbio e malafede:«Sì... sì, sei così pessimo.»

Marinetti coprì le labbra per nascondere la leggera risata che i due le avevano causato, facendo l'occhiolino a Tikki affinché stesse al gioco.

«Che ne dici Tikki? Dovremmo dare una mano a questi due maschietti?»

Tikki rise, facendo finta di ponderarci,«Mmmm non lo so, forse dovremmo abbandonarli al loro destino.»

Wayzz era praticamente in lacrime, mentre Wen continuava ad insistere di non essere poi così pessimo con le indicazioni stradali, il tutto condito dalle risate genuine di Tikki e Marinette, che si stavano divertendo un mondo a prendere in giro i nuovi amici.

Fu li guardava e sorrideva, chiedendosi perché non potessero essere semplicemente dei ragazzini normali, che ridono e si divertono come ogni giovane della loro età dovrebbe fare: poi si ricordò di essere lui la causa di tutto quel disastro, lui e l'errore che l'avevano portato a perdere due Miraculous, ma non poteva lasciare che il senso di colpa lo divorasse, non ancora, non in quel momento.

Avevano ancora bisogno di lui, ed intendeva dare loro tutto il supporto ed il sostegno di cui avevano bisogno: a tal punto, Marinette era andata da lui con un compito preciso quel giorno, il prossimo punto sulla sua lista di cui voleva parlare con il nipote e la ragazza.

Lasciò che ridessero ancora un po', erano soltanto ragazzini dopotutto, ed era sicuro che qualche minuto di svago in più non avrebbe messo a rischio Parigi più di quanto già non fosse.
 

***
 

Sbattendo violentemente un pugno contro il muro, Papillon aveva bloccato Le Paon al muro nel momento stesso in cui quest'ultima aveva avuto il coraggio di ripresentarsi davanti a lui con quel suo ghigno compiaciuto, ridendo sguaiatamente del caos che aveva portato a Champ du Mars poche ore prima, vantandosi di aver stanato ognuno dei portatori a cui il Guardiano aveva affidato un Miraculous.

Mentre la sentiva avvicinarsi -il ticchettio fastidioso dei tacchi rimbombava in tutto il covo- Papillon non riusciva a smettere di fremere per la rabbia: se c'era una cosa che non tollerava, quella era l'essere preso in giro, deriso ed umiliato da qualcuno che lui considerava inferiore, ma che sembrava rivelarsi sempre un passo avanti a lui.

Era una macchia al suo orgoglio, e a quello di Gabriel Agreste.

«Credi forse che io stia giocando?!» sapeva che doveva restare calmo, che i suoi sentimenti non dovevano prendere il controllo sulla ragione -respira Gabriel, concentrati- ma con il ghigno di Le Paon davanti era impossibile persino per lui mantenersi lucido e razionale.

Anche bloccata al muro con la mano di Papillion stretta alla gola Le Paon non smetteva però di sogghignare arrogantemente, per nulla intimorita dallo scatto d'ira che il suo cosiddetto alleato stava avendo: ci voleva ben altro per spaventarla, non dopo tutti gli anni passati al servizio del suo padrone, più temibile di quanto Papillon potesse mai sperare di diventare.

Usando il ventaglio riuscì a scacciare la mano dell'uomo che le bloccava la gola, senza mai smettere di guardarlo con sufficienza.«Cerca di stare calma, farfallina. Dimmi, cosa ti turba?»

Digrignando i denti furioso, Papillon rafforzò la presa sul collo della donna -avrebbe voluto vedere le lacrime solcare quel suo viso beffardo, ma sembrava che niente potesse farle perdere quel ghigno canzonatorio- sempre più irato dall'indifferenza che Le Paon sembrava mostrare.

«Quel potere... voglio che tu mi dica tutto!»

La donna sorrise, liberandosi con maestria dalla stretta di Papillon, costringendolo ad indietreggiare e ad alzare il bastone per difendersi dall'ennesimo calcio che Le Paon gli aveva rivolto contro.

Una volta assicurata la distanza tra loro, la donna si rilassò di nuovo, nascondendosi dietro il ventaglio e guardando l'uomo davanti a lei con sufficienza e pietà, uno sguardo che fece ribollire il sangue a Papillon più di quanto avrebbe voluto.

«Ogni donna ha i suoi segreti, non credi?» aveva sussurrato, sventolandosi con grazia.«Ti basti sapere che sono dalla tua parte, e che questo potere serve a far si che il tuo sogno di realizzi.»

Stringendo i pugni fino a quasi farsi sanguinare, Papillon fulminò Le Paon con lo sguardo, chiedendosi ancora cosa l'avesse convinto ad allearsi con una persona a lui estranea, che non sembrava condividere nulla con lui se non il desiderio di possedere i Miraculous della Coccinella e del Gatto Nero. Forse quell'alleanza era stata un errore, forse era stato accecato dalle possibilità di avere un altro eroe al suo fianco per contrastare quei mocciosi fastidiosi che non aveva riflettuto abbastanza alle conseguenze.

«Oh su, non essere triste farfallina, ora sai che tutti i Miraculous sono a Parigi no? Dovresti essere allegro.» rise Le Paon, lasciandosi alle spalle l'uomo e sparendo nel buio dal quale era arrivata.

Una volta rimasto solo, Papillon sciolse la trasformazione, ritornando ad essere il solito, indecifrabile e pacato Gabriel Agreste.

«T-Tutto bene, padrone?» domandò incerto Nooroo, vedendo il volto corrucciato del proprio portatore, stanco e provato da quegli ultimi giorni insonni nel vano tentativo di sconfiggere Ladybug e Chat Noir, uniti al lavoro che compiva nelle sue vesti civili, al quale non voleva assolutamente rinunciare.

«Sto bene, non preoccuparti.» ma sapevano entrambi che era una mera bugia.

Le Paon aveva ragione, avrebbe dovuto essere felice di sapere che tutti i Miraculous erano lì, a Parigi, alla sua portata e pronti per essere presi: tuttavia non riuscì a trovare nel suo cuore ormai di ghiaccio la forza per essere compiaciuto di quella scoperta.


 


 

   
 
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