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Autore: Menade Danzante    01/10/2019    3 recensioni
«Tata, tata!» esclamò il ragazzino alzando gli occhi sulle lenti scure dopo qualche respiro profondo.
«Dimmi, carissimo» cinguettò lei.
«Fratello Francis ha fatto crescere le zucche in giardino!» spiegò Warlock tutto eccitato. «Ha detto che posso intagliarne una per Halloween!»
Crowley sollevò le sopracciglia e tentò di trasfigurare il ghigno che le stava spuntando sulle labbra nel più innocente dei sorrisi: Aziraphale era astuto, non c'era che dire, e stava sfruttando probabilmente l'unica vera arma a suo favore per quella festività: il gioco. «Ha detto questo, mio diavoletto?»
Il bambino rise: gli piaceva tanto essere chiamato così, lo trovava divertente ed elegante.
«Sì, sì, ha detto che posso! Posso, tata Ashtoreth, vero? Posso?»
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Warlock Dowling
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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carve

Do you want to carve a pumpkin?








Crowley si sentiva particolarmente fiera di sé stessa: per la prima volta da quando aveva messo piede in casa Dowling aveva istruito Warlock su Halloween. Riteneva di aver svolto un ottimo lavoro: aveva accuratamente tralasciato tutti i cenni storici sulle tradizioni celtiche, i raccolti e l'inverno e si era concentrata esclusivamente su tutto ciò che di macabro gli Americani erano riusciti a tirar fuori dalla loro goliardia. La tata gli aveva parlato dei fantasmi, dei vampiri, dei licantropi, imbastendo le narrazioni di particolari truculenti, anche se con moderazione. Aziraphale si era raccomandato di non esagerare troppo: dopo un attento esame della faccenda, infatti, l'angelo aveva dovuto ammettere di non avere idee sufficientemente intriganti da sottoporre a Warlock per mitigare il fascino dell'orrore in un mese come quello, perciò Crowley avrebbe dovuto fare attenzione a non eccedere nel suo campo per non turbare troppo l'equilibrio tra Bene e Male.

Il bambino si era rivelato particolarmente ricettivo a quel gusto dell'orrido a cui la tata lo esponeva. Questo all'inizio aveva preoccupato Crowley: forse si era lasciata prendere troppo dall'entusiasmo e aveva potenzialmente suggerito all'Anticristo mille nuove idee per distruggere la Terra al compimento degli undici anni. Tuttavia, dal confronto degli appunti combinati di tata e giardiniere era venuto fuori che l'atto più maligno compiuto da Warlock nella prima metà di Ottobre era stato piangere a ugola spiegata perché il cuoco aveva preparato biscotti a forma di pipistrello e non di ragno. Per una questione di mera sicurezza, comunque, la rossa aveva cominciato a fargli ritagliare i festoni di carta a forma di zucca da appendere in giro per la casa, giusto per unire un po' di sano divertimento alle storie di paura. Il risultato era stato eccellente: una settimana dopo l'introduzione di quella novità, seduto allo scrittoio della libreria, Aziraphale si era visto costretto a complimentarsi con l'abilità di Crowley perché il giovane Anticristo non aveva più fatto niente che eludesse dalla routine.

«Che posso dire, angelo?» aveva ribattuto il demone, ammiccando. «Sono il migliore»

Tutto procedeva per il meglio.



-


Mancavano due giorni ad Halloween quando Warlock si gettò in grembo alla tata con la stessa irruenza che di solito lo caratterizzava nel giorno del suo compleanno. Dal fiato corto Crowley dedusse che avesse corso probabilmente per tutta la casa prima di trovarla senza farsi acchiappare dai domestici. Questo la fece sorridere: la tata era stata chiarissima in proposito e correre senza farsi vedere dagli altri abitanti della villa era un comportamento perfettamente accettabile, persino auspicabile da qualsiasi bambino cattivo di buona famiglia.

«Tata, tata!» esclamò il ragazzino alzando gli occhi sulle lenti scure dopo qualche respiro profondo.

«Dimmi, carissimo» cinguettò lei.

«Fratello Francis ha fatto crescere le zucche in giardino!» spiegò Warlock tutto eccitato. «Ha detto che posso intagliarne una per Halloween!»

Crowley sollevò le sopracciglia e tentò di trasfigurare il ghigno che le stava spuntando sulle labbra nel più innocente dei sorrisi: Aziraphale era astuto, non c'era che dire, e stava sfruttando probabilmente l'unica vera arma a suo favore per quella festività: il gioco. «Ha detto questo, mio diavoletto?»

Il bambino rise: gli piaceva tanto essere chiamato così, lo trovava divertente ed elegante.

«Sì, sì, ha detto che posso! Posso, tata Ashtoreth, vero? Posso?»

Warlock brillava di energia. Crowley considerò vagamente l'idea di negargli il permesso solo per fargli fare più capricci, ma all'ultimo ci ripensò: l'intervento di Aziraphale l'avrebbe rassicurata ancora di più sull'esito della parentesi "Halloween" e non avrebbe avuto senso prolungare l'attesa.

«Sssì, va bene»

Warlock batté le mani felice e subito dopo afferrò quelle dell'altra. «Vieni con noi, tata Ashtoreth!»

Crowley rimase interdetta. L'angelo avrebbe sicuramente avuto da ridire: se si fosse messa in mezzo le probabilità di ostacolare involontariamente il giardiniere nello svolgere la sua parte del piano anti-Armageddon sarebbero state altissime.

«Dài, per favore!» insistette il ragazzino.

Crowley sospirò: quelle erano le parole magiche che la inducevano a fare qualsiasi cosa. Aziraphale l'avrebbe metaforicamente uccisa, lo sapeva, ma dire di no ad un cucciolo d'uomo di quattro anni che le chiedeva qualcosa per favore le risultava sempre più difficile.

«E va bene, demonietto» acconsentì, l'indice a premere la punta del naso di Warlock. «Ma solo se Fratello Francis sarà d'accordo»




«Il giovane Warlock ha insistito perché fossi presente, Francis» disse Crowley sbrigativa. «Spero di non essere d'intralcio, ma in tal caso-»

«Affatto, Miss Ashtoreth» la interruppe il giardiniere con un sorriso. «Mi auguro piuttosto che non l'abbia distolta dalle sue attività: non me lo perdonerei»

Con grande disappunto della rossa, nulla nell'atteggiamento di Aziraphale lasciava intendere che volesse dire l'esatto opposto di quello che gli era uscito dalle labbra. Si rese conto di non avere scelta: non vi erano scuse adeguate perché lei non si unisse a loro. Crowley si limitò a scuotere la testa scoraggiata e a dirigersi verso una delle sedie della modesta serra, la più lontana dal tavolo da lavoro su cui l'angelo aveva già posizionato la zucca più geneticamente modificata che la rossa avesse mai visto.

«Vieni qui, tata!» la richiamò Warlock battendo la mano sulla porzione di tavolo accanto a sé. Lo sguardo di Crowley si spostò su Aziraphale e si permise di ammiccare in direzione del ragazzino, come a dirgli: Vedi che è colpa sua? Io non ne sono responsabile.

«Prego, Miss» fornì il giardiniere senza esitare, affabile come sempre.

«Non voglio disturbarvi» tentò Crowley a parole, sperando di essere riuscita a comunicare con il tono anche solo una piccola parte della sua preoccupazione per il piano: quello era il territorio di Aziraphale, Crowley non c'entrava niente, non aveva il diritto di mettersi in mezzo. Era l'Accordo, d'altronde.

«Insisto»

La rossa assottigliò le palpebre dietro le lenti: se Aziraphale le avesse rinfacciato qualcosa – qualsiasi cosa – di quella giornata, Crowley giurò che l'avrebbe disintegrato, perché adesso qualunque fallimento sarebbe stato anche colpa sua.

La tata si obbligò ad accettare il consiglio e a piazzare la sedia vicino a Warlock, seduto a capotavola.

«Bene» fece Aziraphale, fregandosi le mani tra loro. «Cominciamo, che ne dici, piccolino?»

Warlock annuì entusiasta e subito sporse la mano sul piano di legno per raggiungere il set di coltelli che sarebbero serviti per la realizzazione della zucca.

«NO!» tuonarono all'unisono Crowley – che nell'atto aveva perso buona parte della grazia della tata – e Aziraphale, protesi l'una a tenere il braccio del bambino e l'altro a coprire con una mano le lame.

Il ragazzino li guardò con sospetto. «Dobbiamo intagliare la zucca» disse in modo logico.

«Senza farci del male, però, signorino Warlock» spiegò il giardiniere. «Sono strumenti affilati, vanno maneggiati con estrema cura per prevenire ogni rischio»

Il moro dovette capire ciò che vi era di sottinteso in quel discorso, e cioè che non avrebbe intagliato personalmente alcunché, perché si voltò verso Crowley che ancora teneva stretto il suo braccio.

«Tata, ma io so essere prudente. Per favore»

Piccolo infame che non sei altro, pensò lei, ma stavolta non avrebbe funzionato.

«Francis ha ragione» scandì avvertendo su di sé lo sguardo durissimo del bambino.

«Ma voglio faro io! Non me lo farà fare!» protestò Warlock, la voce acuta.

«No» confermò Crowley, calma e autoritaria. «È per il tuo bene, Warlock. Quei coltelli possono farti molto male, lo capisci?»

Il ragazzino corrugò la fronte e la tata sapeva che stava cercando altre argomentazioni da sciorinare in suo favore.

«Possono fare male anche a Fratello Francis. Perché a lui lo lasci fare? Non ti importa di lui?»

Maledetto piccolo demonio.

«Francis sa quello che fa» il più delle volte e solo se non ha fame, ma questo ebbe cura di non rivelarlo.

«Anch'io!»

«Non ne dubito, signorino Warlock» intervenne Aziraphale. «Ma servono forza e perizia per non rovinare la zucca. Lascia che ti mostri». L'angelo cominciò ad illustrare quello che aveva voluto dire posizionando le dita a diverse altezze sulla superficie dell'ortaggio, rendendo evidente per il piccolo quanto sarebbe stato semplice effettuare il taglio sbagliato e distruggere un ottimo disegno in un batter d'occhio. Per convincerlo ancora di più sulla durezza della zucca, poi, prese uno dei coltelli e ne incise la parte superiore, che ne risultò scarsamente scalfita.

«Serve un po' di manualità, mio giovane amico» concluse. «Più tardi potrai provare ad esercitarti, ma solo quando sarà più sicuro. Che ne dici?»

La logica del discorso sembrava aver colpito Warlock, anche se Crowley poteva sentire il lieve fremito che lo stava attraversando: sarebbe tornato all'attacco, lo captava.

«Se non ti stanno bene queste condizioni,» si intromise allora, «torniamo in casa e non faremo più niente per Halloween»

Il ricatto funzionò definitivamente: il bambino annuì mesto.

«Bravissimo. Ora, diavoletto, vieni qui e lascia lavorare Francis in pace»

Warlock obbedì, ritrovando il sorriso: si accomodò subito sulle sue gambe e questa gli cinse il busto con le mani guantate per tenerlo in tutta sicurezza. Quando Crowley rialzò gli occhi dal bambino per incrociare quelli di Aziraphale si accorse che questi la stava guardando in modo particolare, avrebbe osato dire tenero, e la rossa si sentì improvvisamente vulnerabile senza saperne il perché.

Fu l'angelo a distogliere lo sguardo per primo: cominciò ad ispezionare con cura la zucca per sceglierne il lato migliore da scolpire. Quando l'ebbe trovato, avviò la rimozione del picciolo con movimenti fluidi e accorti. Se Crowley non avesse visto le nocche dell'altro sbiancare ogni volta che la mano affondava nella polpa, avrebbe considerato quello come il lavoro manuale più rilassante di tutti. Di sicuro era ipnotico da guardare: Aziraphale ripeteva lo stesso movimento più volte su un lato e quando doveva ruotare la zucca per continuare su tutta la circonferenza lasciava il coltello infilzato nella linea del taglio per non perdere l'angolazione corretta e poi ricominciava come prima.

Era così assorta a fissare l'angelo in silenzio che quando Warlock parlò rivolgendosi a lei si ritrovò a sussultare.

«Tu dici sempre che non devo dare retta a Fratello Francis» mormorò il piccolo quando il cerchio superiore era quasi del tutto sollevato. «Però solo quando ti pare»

Crowley sentì la risata di Aziraphale prima ancora che il suo cervello potesse elaborare una replica.

«Miss, dice davvero questo di me?»

La rossa considerò la possibilità di posare il bambino a terra e assaltare alla vita dell'angelo con uno di quei coltelli affilati: cos'era, scemo?1

«Anche tu dici sempre la stessa cosa» si intromise ancora Warlock. «Che non devo sentire tata Ashtoreth»

Grazie, diavoletto.

«Ah, è così? E perché mai, Francis?» trillò, il tono offeso che mascherava il trionfo.

«Mia cara, temo che sia scortese rispondere ad una domanda con un'altra domanda» fece notare Aziraphale, uno sguardo infuocato ad accompagnare la ripresa.

La tata sbuffò. «Trovo ancora più scortese prendere tempo per non rispondere affatto. Sei d'accordo, Warlock?»

Il bambino annuì. «Lui ha chiesto per primo, però»

Crowley inspirò dal naso risentita: da che diamine di parte stava il ragazzino?

«E va bene» si arrese, guardando Aziraphale in tralice: gliel'avrebbe fatta pagare. «Credo che noi due abbiamo una visione molto diversa della vita. Adesso va meglio?»

«Non ne dubito» concesse l'altro. «Ma ammetto di essere molto felice oggi: almeno sulla sicurezza di Warlock siamo d'accordo». Crowley aggrottò la fronte mentre l'angelo faceva pressione con il coltello dalla lama più ampia del set: il cappuccio della zucca saltò fuori con relativa fluidità e un battito di mani del bimbo. «In fondo, devo proprio dirlo, lei è una brava persona»

Crowley scoprì i denti in un sibilo minaccioso, ma si trattenne dal fare di più: aveva pur sempre un bambino in braccio.

Il giardiniere sorrise prima di cominciare a scavare l'interno della zucca munendosi di guanti e, inaspettatamente, di racconti: parlò di forze della natura, di fantasmi, di storie inventate di sana pianta sulla presunta bontà di vampiri e licantropi. Warlock ascoltava affascinato e probabilmente gli importava poco che tutte le nuove fiabe entrassero in contrasto con il repertorio di Crowley. Faceva domande, obiezioni e si agitava sulle gambe della tata ogni volta che doveva ribattere o partecipare attivamente alla chiacchierata. La rossa doveva ammettere che l'angelo aveva sempre una buona risposta per Warlock, era convincente e capace, non deludeva mai la curiosità del ragazzino e nemmeno la sua. Più di una volta Crowley si ritrovò ad ascoltare le storie di Aziraphale con la stessa attenzione di Warlock. Se non dava retta alla fantasia dell'angelo, comunque, lo osservava lavorare con una precisione che non riservava nemmeno alla sua libreria. Era qualcosa di nuovo e la tata si appuntò nella mente di chiedere spiegazioni in un secondo momento.

Quando Aziraphale ebbe finito di estrarre la polpa, si ripulì per poi rivolgersi a Warlock perché gli desse indicazioni su che tipo di figura intagliare sulla zucca. Il bambino, rinvigorito dall'improvvisa consapevolezza di essere l'individuo più importante del gruppo, quello da cui sarebbe dipeso l'esito del gioco, disegnò la sua idea su un foglio miracolato appositamente dalla tata. Quello che venne fuori fu la faccia più assurda che Crowley avesse mai visto: un occhio era tondo, grande e aperto con una mezzaluna orizzontale come pupilla, l'altro era triangolare con la pupilla verticale e la bocca replicava la stessa asimmetria formando un chiasmo con le forme superiori.

Crowley alzò gli occhi su Aziraphale, allarmata, ma l'angelo sorrise e annuì.

«Bravo il mio demonietto» si complimentò la tata, scompigliando i capelli di Warlock: se per Aziraphale andava bene, evidentemente qualcosa stava sfuggendo a lei.

«Vuoi vederlo lavorare più da vicino?» chiese, vedendo il bambino fremere.

«Sì, tata Ashtoreth» ammise Warlock già con i piedi a terra per scattare verso Aziraphale.

La rossa annuì. «Sta' lontano dai coltelli»

Crowley si stirò le pieghe dell'abito per poi accavallare le gambe; poggiò il gomito sul tavolo e adagiò il mento sulle dita, del tutto intenzionata ad osservare il quadretto per tutto il tempo necessario alla realizzazione della scultura.

Non sapeva chi dei due si stesse divertendo di più. Aziraphale, come promesso, lasciava che Warlock intagliasse di tanto in tanto qualche piccolo angolo e questo inorgogliva non poco il ragazzino. A volte la chiamava perché ammirasse i suoi progressi, ma Crowley rimaneva in disparte e garantiva che avrebbe visto tutto alla fine: il territorio del giardiniere meritava la giurisdizione del giardiniere, non la sua. Inoltre sentiva che se si fosse intromessa avrebbe rovinato il momento di Aziraphale e Warlock insieme: se la cavavano benissimo anche senza di lei, in più all'angelo sembrava piacere interagire con il bambino ed era divertente guardarlo così preso dal gioco.

Quando ebbero finito Crowley mantenne la parola: si avvicinò per ispezionare la zucca completata. Ancora non capiva come quello scherzo della natura potesse essere uscito dalla mente di Warlock, ma trovò che, continuando ad osservarla, la zucca sembrava sempre meno schizofrenica e sempre più soltanto buffa.

«Uh, abbiamo dimenticato una pupilla, signorino Warlock!» esclamò Aziraphale avanzando per aprire la fessura verticale dell'occhio maligno con un coltellino sottile. «Non vogliamo che il serpente sia cieco, no?»

Crowley sorrise impercettibilmente per poi concentrarsi sull'operazione di rifinitura. L'ortaggio tornò pazzo in un secondo, ma in qualche modo continuò ad essere anche incredibilmente strambo. Forse si era solo abituata a vederlo.

«Adesso sì che mi sento tranquilla, angelo» scherzò Crowley, sbuffando una risata dal naso.

Aziraphale fece in tempo a rivolgerle un'occhiata falsamente accusatoria prima che entrambi si accorgessero dell'errore: la rossa lo aveva chiamato angelo.

La tata fu attraversata da un'improvvisa ondata di panico. Nessuno all'Inferno le aveva detto cosa sarebbe accaduto se accidentalmente si fosse lasciata sfuggire il particolare di essere lei un demone e l'altro un angelo, ma questa forse non era stata negligenza da parte dei superiori: quale idiota avrebbe rischiato di mandare a monte la copertura in un modo così sciocco e imprudente?

Merda, imprecò tra sé, cercando di cogliere in Aziraphale una qualche rassicurazione, ma con ogni probabilità erano entrambi sulla stessa barca: gli Arcangeli non lo lodavano abbastanza per quello che faceva, ma di certo non lo ritenevano così folle da rivelare la sua identità segreta al ragazzino che doveva sorvegliare.

Come diavolo era potuto accadere? Cosa le era passato per la mente? Era stato per qualcosa che aveva detto Aziraphale? Forse... Forse sì: serpente. L'angelo aveva nominato il serpente e Crowley si era sentita stupidamente chiamata in causa. Non c'erano altre spiegazioni, ma quello non giustificava la disattenzione: Aziraphale non aveva sovvertito i ruoli, aveva solo nominato un animale, per amor di Qualcuno!

Ma adesso il problema era un altro: il marmocchio che aveva davanti era il figlio di Satana. Magari lei non avrebbe subito alcuna ripercussione, rimaneva pur sempre un demone, ma Aziraphale era un angelo, il nemico, qualcuno da combattere e da annientare. Crowley si sentì stringere lo stomaco in una morsa di terrore: aveva messo in pericolo il suo migliore amico? Aveva condannato Aziraphale senza rendersene conto?

Guardò il biondo con insistenza, cercando di spiarne la figura in cerca di qualche cambiamento, di qualcosa di allarmante, di terribile, qualsiasi cosa. Per un folle momento temette di vederlo sparire sotto al suo sguardo in un battito di ciglia. Ma lei non aveva davvero bisogno di chiudere gli occhi, si disse, quella era solo un'abitudine umana: avrebbe potuto fissarlo in eterno se questo fosse servito a lasciarlo intatto, vivo e vegeto. Oh sì, l'avrebbe fatto, avrebbe-

«È bella, vero, tata Ashtoreth?»

La voce di Warlock si insinuò nei suoi pensieri con prepotenza, ma Crowley era così distratta da Aziraphale che per un attimo non comprese subito a chi si fosse rivolto il ragazzino. Impiegò qualche istante per recepire la totale assenza di allarme nella voce del piccolo: sembrava del tutto normale.

«È molto evocativa» si costrinse a rispondere, le iridi ancora incollate all'angelo.

Il bambino sembrava radioso, come sempre quando realizzava qualcosa che gli piaceva particolarmente. Batteva le mani e saltellava intorno a loro con entusiasmo, come se Crowley non avesse detto niente di compromettente, come se avesse pronunciato una parola uguale a tante altre, un nomignolo.

La tata si impose di ragionare: angelo era davvero una parola come un'altra. Si chiese se l'avesse mai nominata prima in presenza del bambino, ma fallì nel trovare una risposta, il cervello troppo angosciato per supportarla del tutto. Le probabilità che avesse parlato di angeli e santità con Warlock, tuttavia, erano scarse: non era la sua area di competenza. La sua specialità era la fazione opposta: aveva mai affrontato l'argomento demoni con il piccolo? Ancora una volta non riuscì ad arrivare alla conclusione del ragionamento.

Angelo, angelo, angelo.

Una parola come tante, sì, ma non per Crowley.

«Con quella cosa facciamo?» continuò Warlock indicando la polpa di zucca accantonata in una ciotola.

«Puoi portarla nelle cucine» propose Aziraphale e Crowley sussultò nel sentirlo parlare. Sembrava tutto a posto, nessuna difficoltà, nessuna traccia di paura. Questo le diede fastidio: si era almeno accorto di quello che era appena successo? Aveva capito oppure anche per lui angelo era una parola vuota, né più né meno di tutte le altre?

Crowley si trattenne dal rilasciare un sospiro. Quello era ingiusto da parte sua: lo sapeva che Aziraphale immaginava quanto lei i risvolti negativi di un errore come quello e in quattro anni aveva protestato per molto meno sulla crescita del bambino. La rossa doveva darsi una calmata e cercare di tornare lucida il prima possibile.

Warlock afferrò la ciotola. «Grazie, Fratello Francis! Quando accenderemo la zucca?»

«Oh, tra un paio di giorni. Non manca molto ormai»

Il bambino si avvicinò a lei e le prese una mano. «Andiamo dal cuoco, tata Ashtoreth?»

Con riluttanza, Crowley fu costretta a staccare le iridi serpentine dall'angelo e ad abbassare lo sguardo sul piccolo: guardarne gli occhi illuminati dalla gioia, gli occhi di un bambino come tutti gli altri fu un toccasana, dovette ammetterlo. Di fronte a lei vi era un ragazzino di quattro anni, niente di più. Un normalissimo bambino. E anche Aziraphale continuava ad essere lì con loro, ne sentiva il profumo, ne intravedeva il grembiule, ne percepiva lo sguardo.

Forse stava esagerando con la preoccupazione.

«Mio diavoletto,» iniziò, bloccandosi subito dopo, improvvisamente conscia del fatto di avergli affibbiato un nomignolo pericoloso tanto quanto angelo. Si maledisse mentalmente - se non altro adesso aveva la conferma di aver parlato dei demoni al marmocchio - per poi ricominciare da capo: «Mio diavoletto, devo scambiare qualche parola con Francis. Ti dispiace se ti raggiungo più tardi?»

Warlock guardò prima lei, poi lanciò un'occhiata ad Aziraphale che fece tremare la tata. «Va bene» disse semplicemente senza perdere l'allegria prima di schizzare via sventolando una mano.

«Non correre, signorino!» lo ammonì Aziraphale, ma il ragazzino aveva già lasciato la serra. L'angelo schioccò le dita e il suo viso tornò glabro come sempre. Fu da lei in un attimo: «Cara, tutto bene? Ti vedo provata»

Provata era riduttivo. Crowley volse la testa verso l'altro con l'intento di trafiggerlo con gli occhi.

«Tu che dici, angelo?» disse, troppo calma perché fosse credibile. Angelo.

Aziraphale batté le palpebre nel sentire quella parola, ma non si allontanò: si tolse i guanti e il grembiule scuotendo la testa. «È piccolo, Crowley. Non si è reso conto di quello che hai detto. Non ha motivo di sospettare alcunché»

«È pur sempre quello che è. Come fai a esserne così sicuro?»

Aziraphale sospirò. «Non lo sono, ma se avesse voluto farci - o farmi - del male l'avrebbe fatto, no?»

A quello Crowley non sapeva rispondere. Non aveva mai gestito un Anticristo prima, non aveva la più pallida idea di quando i suoi poteri avrebbero cominciato a manifestarsi perché per lui fosse possibile manipolare la realtà a suo piacimento. Sapeva solo che al compimento degli undici anni sarebbe entrato in pieno possesso delle sue doti, ma il resto era per lei un completo mistero. Tuttavia, doveva ammettere che l'angelo in un certo senso aveva ragione: quantomeno, Warlock avrebbe dovuto reagire in qualche modo, senza continuare a sorridere con gioia e felicità.

«Può darsi» fornì alla fine, sperando di potersi fidare del giudizio di Aziraphale.

«Ma sì, Crowley». L'angelo sorrise amaramente e nei suoi occhi non vi era nessuna traccia di derisione per il timore che la rossa stava mostrando: solo sostegno. «Il problema si presenterà tra sette anni e a quel punto, se avremo fallito, sarà del tutto indifferente che abbia capito le nostre vere nature adesso, non ti pare?»

La tata allargò le braccia, allibita: «Oh, be', se la metti in questi termini mi hai proprio tolto ogni preoccupazione, angelo!». L'occhiataccia di Aziraphale la fece desistere dall'aggiungere altro in modo sarcastico. Piuttosto, sospirò stancamente. Rilassò le spalle e, dopo attimi di disturbato silenzio, annuì. «Lo terrò d'occhio». Avrebbe voluto chiedere scusa, ma le parole le rimasero incastrate in gola: l'angelo lo sapeva, in fondo.

«Ma certo che lo farai» ribatté il biondo, sicuro. «Come sempre»

Crowley trovò quella scelta di parole bizzarra, soprattutto se unita alla ricomparsa di quello sguardo particolare che le era già stato rivolto durante quel pomeriggio. Di nuovo, la rossa si sentì esposta, fragile e il disagio che provò non le piacque affatto. Avvertì la necessità di riportare la conversazione su un terreno più familiare, decisamente. Inoltre, aveva qualcosa da chiedergli, no?

«Comunque...» iniziò, stampandosi in faccia uno dei suoi migliori ghigni prima di indicare l'ortaggio arancione. «Adesso intagliamo le zucche per Halloween, eh? I tuoi capi lo sanno?»

Aziraphale si indispettì: irrigidì le spalle e chiuse la linea delle labbra in un cipiglio di biasimo. «Suvvia, Crowley: è solo una zucca, non un rito satanico»

La rossa ridacchiò. «Nondimeno, mi sorprendi. Il Principato integerrimo che addobba la casa dell'Anticristo con le zucche per Halloween. Un cambiamento notevole, mi pare»

L'angelo la guardò con una punta di astio nelle iridi blu. «E che cosa mi dici di te, allora?»

«Di me? Diamine, hai visto cos'è diventata questa festa o i mostri li vedo solo io?»

L'angelo sorrise e senza quel furetto morto in faccia che si ostinava a definire barba Crowley riconobbe la sagacia. Ebbe appena il tempo di preoccuparsene prima che Aziraphale tornasse a parlare: «Permettimi di riformulare, vuoi? Intendevo dire: che cosa mi dici di te con Warlock? Una creatura demoniaca che protegge un bambino dai coltelli? Notevole»

Touché.

«Che vorresti insinuare, scusa?» berciò la tata, che per la seconda volta quel giorno sembrò assumere tutta la sgraziata arroganza del demone.

«Sei stata molto premurosa, cara»

Crowley sentì l'onta della vergogna insinuarsi dentro di sé: non era possibile! Aveva cambiato argomento per non sentirsi scoperta sotto lo sguardo di Aziraphale e adesso l'angelo le giocava brutti tiri anche lì?

«Non dirlo nemmeno per scherzo!» ribatté, livida. «Stavo solo facendo il mio lavoro. Se succede qualcosa all'Anticristo la colpa ricade su di me, vorrei ricordartelo»

Aziraphale annuì senza rinunciare a quel suo stupido sorriso. «Ovviamente»

Bastardo. «Come ti pare» chiuse la faccenda in tono brusco. Tentò un'altra via: «In ogni caso, questo disegno che significa? Non è strano?»

L'angelo guardò la zucca e vi passò sopra la mandritta: una patina lucida si formò sull'ortaggio perché potesse conservarsi intatto fino al grande giorno. «A me sembra perfettamente bilanciato»

«Bene e Male?»

Aziraphale annuì.

«A me sembra inquietante» rimarcò la rossa. «Non che me ne lamenti: a me piacciono le cose inquietanti»

«E allora è un'ottima zucca di Halloween e una testimonianza del nostro lavoro»

Crowley sporse il labbro inferiore e annuì: non ne era soddisfatta, ma almeno era qualcosa. «Non sapevo fossi bravo in queste cose. Dove hai imparato?»

Vide un leggero rossore farsi strada sulle gote di Aziraphale. «Credo che si chiami... tutorial»

La tata impiegò qualche secondo per capire veramente quello che aveva sentito. Poi sgranò gli occhi e spalancò la bocca. «T-Tu... Tu sei andato su Internet per sapere come fare una zucca di Halloween?!»

Non poteva credere che Aziraphale, l'angelo che in libreria aveva due telefoni spaventosamente vecchi, l'amico che mai – mai – avrebbe comprato un cellulare o rinnovato quel disperato esemplare veterotestamentario di computer su cui si ostinava a fare i bilanci, avesse utilizzato Internet – Internet! – per Halloween.

«Volevo fare le cose per bene, che male c'è?»

Crowley rise. «Tutto questo per fare una zucca con Warlock?! Con l'Anticristo?!»

Aziraphale arrossì ancora di più e lo guardò con gravità. «Smettila»

«E poi hai il coraggio di dire a me certe cose!» continuò la tata, sempre più incredula. «Angelo, hai imparato a usare Internet per far divertire un bambino di quattro anni!»

Il biondo si voltò verso di lei, imbarazzato. «Dovevo pareggiare i conti, Crowley! Non è come sembra»

La rossa scosse il capo. «Sei incredibile, angelo»

Aziraphale rilasciò un lungo sospiro. «E comunque non ho imparato ad usare quello strumento. Non accadrà mai più»

Crowley si appoggiò al tavolo e incrociò le braccia al petto, divertita. «Hai fatto tutto da solo, quindi?». Quando l'angelo annuì gli riservò un'occhiata sinceramente ammirata. «Avresti potuto chiedere aiuto a me, lo sai? A differenza tua, io vivo in questo secolo»

Se possibile, il colorito dell'altro divenne ancora più acceso. «Volevo fosse una sorpresa»

«Andiamo, angelo! Non l'avrei mai detto a Warlock»

Aziraphale la guardò. «Oh no, no di certo»

Quello la sorprese: mosse la testa di lato e aggrottò la fronte, un sorriso incerto sulle labbra. Se non aveva temuto un'eventualità del genere, allora perché non coinvolgerla? Il suo amico era davvero così orgoglioso – o ottuso – da non voler contare su di lei per la buona riuscita di un piano organizzato insieme? Ma l'angelo non aggiunse altro: cominciò a recuperare tutti i coltelli utilizzati e a portarli al lavabo per pulirli prima di rimetterli a posto, lontani dalle manine curiose di Warlock. Anche quello era strano: uno schiocco di dita e quei coltelli sarebbero tornati intonsi in un baleno. Perché Aziraphale stava perdendo tempo? Che diavolo-

Fu quando gli occhi di Crowley caddero sulla sedia che aveva utilizzato che ebbe l'illuminazione: l'angelo aveva voluto sorprendere anche lei. Ecco perché aveva insistito per farla rimanere con loro: sarebbe comunque venuta a conoscenza dell'impresa tramite Warlock, ma sicuramente Aziraphale aveva ritenuto che darle la possibilità di assistere avrebbe giocato di più a suo favore, le avrebbe dimostrato apertamente la sua dedizione alla causa.

Crowley non riuscì a reprimere un ghigno di fronte all'evidenza: l'angelo si era pavoneggiato per tutto il giorno e aveva fatto di lei il suo pubblico d'eccellenza, la destinataria di una rivincita personale. La tata si sentì inaspettatamente lusingata; si chiese persino se l'idea di farla scendere fino alla serra non fosse stata innestata in Warlock dallo stesso angioletto innocente che adesso le dava le spalle pur di far attecchire la logica del suo comportamento. La risposta le risultò così ovvia che si ritrovò a scuotere la testa, profondamente colpita.

A Crowley venne da ridere: le era bastato definirsi la migliore dei due per scatenare la reazione immediata dell'altro. Aziraphale aveva fatto ricerche – per Satana, su Internet! – e le aveva dimostrato senza alcun preavviso che non era la sola a sapere come muoversi in quel gioco.

Il solito subdolo bastardo, pensò, ma la rossa non poté fare a meno di sorridere.

Crowley si sfilò un guanto e schioccò le dita: i coltelli con cui stava armeggiando Aziraphale si ripulirono istantaneamente e levitarono fino all'apposito astuccio di stoffa, ognuno nel proprio scomparto. Il biondo non sembrò sorpreso.

«Competitivo, eh, angelo?» provocò lei, gonfiando il petto.

Per un attimo gli occhi dell'altro la guardarono con freddezza, poi si addolcirono insieme al resto del viso. «Non dire sciocchezze. Ti pare?». Le iridi blu dell'amico si illuminarono. «Ho solo giocato le mie carte al meglio, cara, nessuna sfida»

La tata mosse le labbra dipinte di viola in un muto “Oh” prima di annuire. Indossò di nuovo il guanto e si staccò elegantemente dal tavolo.

«Davvero bravo» fornì sincera, fiera. «Complimenti, angelo»

Aziraphale occhieggiò la sua creazione ancora sul piano di legno ed esibì un'espressione compiaciuta. «Oh, grazie, Crowley»

La tata storse il naso, ma per una volta decise di non puntualizzare. «Ah, sì: anche per la zucca»

Si godé il sopracciglio alzato e il tenue rossore dell'angelo prima di girare sui tacchi e abbandonare la serra per tornare da Warlock: aveva lasciato l'Anticristo solo per troppo tempo.









Note:
[1]: In realtà non era pensata come una citazione a Death Note, ma rileggendo prima di pubblicare mi sono resa conto di avere la voce di Flavio Aquilone in testa che, riferito a L, dice candidamente "Cos'è, scemo?". Evidentemente ho interiorizzato l'anime a tal punto da citarlo senza pensarci. Mi è tuttavia sembrato corretto evidenziare il richiamo.
   
 
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