Non aveva senso, no davvero, continuare a cercarlo quando era chiaro come il sole quanto la sua presenza lo infastidisse.
Non aveva senso, nemmeno, seguirne gli spostamenti da lontano, immaginarne le forme da vicino o carezzare con un dito la silhouette che si stagliava sul cielo limpido di quell'inverno mai così freddo.
Non aveva senso e, a detta di chi, ancora, lo desiderava accanto a sé, era anche un tantino masochista da parte sua continuare con quella sua silenziosa testardaggine.
“Zucca contro zucca, prima o poi una si rompe e si apre. Non so quanto possa aiutarti” gli ripetevano.
A dire il vero era disposto anche a perdere un braccio, di nuovo, se questo fosse servito ad avere la sua attenzione. Forse era davvero masochista.
Perché ricevere insulti, sfuriate rabbiose, occhiate che ogni volta riducevano in cenere ogni sua speranza... e persistere?
Eppure, eppure...
“Se c'è rabbia, se mi odia – o dice di odiarmi – e ha ancora il desiderio di scatenare tutta l'energia del suo corpo contro di me... non c'è forse speranza che qualcosa, di buono, giaccia sotto tutta quella sua furia?”.
Non li vedeva, non li poteva certo vedere gli sguardi sconcertati dei compagni a quelle parole, perché il suo sguardo non era mai su di loro, quando parlava di lui.
I suoi occhi erano su di lui, sul suo peccato che era anche la sua vittima.
Sull'oggetto del suo amore che era anche la sua ossessione.
Erano su di lui, il suo leoncino, che nascondeva delle feroci zanne, pronte a scattare sul suo ignaro persecutore.
Ingenuo, fiducioso, folle.