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Autore: Discontinuous Qualia    07/10/2019    1 recensioni
[Implied!ShuAke |2 anni post-canon]
L'indirizzo sulla cartolina raffigurante il quadrante di un orologio è quello del Café Leblanc; la riga inferiore recita il nome del destinatario, scritto in kanji così frettolosi da dare quasi l'impressione di essere opera di una persona diversa. Ren conosce quel modo di scrivere, lo ha visto nell'angolo di un cruciverba lasciato a metà, abbandonato a se stesso tra i tavoli del locale in attesa di trovare chi avrebbe risolto il suo mistero.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Goro Akechi, Ren Amamiya/Akira Kurusu
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Note dell'autrice: Mi sento un po' blasfema nel dare come titolo ad una fanfiction un'abusatissima (ma bellissima) citazione de "Il Piccolo Principe", ma, visto che gran parte della storia è fatta di sottintesi e citazioni pseudo-colte che probabilmente faranno rivoltare gli autori nella tomba, ho ritenuto giusto essere blasfema fino in fondo.

E' una storiella quasi senza capo né coda nata da un piccolo momento di sclero/chiacchiere con QwertyFromWilde - alla quale voglio dedicarla - in cui ho pensato "se non metto per iscritto quest'idea mezza assurda me ne dimenticherò sicuramente". Il risultato è che sono rimasta incollata al PC fino a mezzanotte e mezzo e buttato giù parole ad una velocità inquietante.

Io amo la ShuAke/AkeShu ma non sono brava a scrivere di loro, perché sono personaggi dalle tante sfaccettature, ma ho fatto del mio meglio e mi ritengo tutto sommato soddisfatta di aver dato il mio banale contributo al bellissimo hashtag di AO3 #AkechiGoroLives. Perciò niente, voglio inaugurare questo account così.

 


 

"Oui, le monde est trop petit pour qu'ils ne se rencontreront pas."

 

La grafia con cui le parole sono vergate è appena disordinata, vagamente incerta ma possiede una nota di eleganza che non potrebbe mai passare inosservata ad un occhio attento. 

L'indirizzo sulla cartolina raffigurante il quadrante di un orologio è quello del Café Leblanc; la riga inferiore recita il nome del destinatario, scritto in kanji così frettolosi da dare quasi l'impressione di essere opera di una persona diversa. Ren conosce quel modo di scrivere, lo ha visto nell'angolo di un cruciverba lasciato a metà, abbandonato a se stesso tra i tavoli del locale in attesa di trovare chi avrebbe risolto il suo mistero. 

Non conosce, però, il significato di quelle parole appartenenti ad una lingua sconosciuta, ma una parte di lui non riesce a reprimere l'insistente sensazione di averle già sentite.

Sōjiro, che sembra sempre essere un passo davanti a lui nell'afferrare le cose, gli ordina di staccare prima, adducendo la scusa del locale semivuoto. Forse, da quel freddo giorno di dicembre, ha capito che anche lui si diverte a giocare a fare il detective. 

 

§

 

La seconda cartolina arriva quasi un mese dopo. In quel pomeriggio autunnale, fortunatamente, Makoto è con lui, tornata a Tokyo per trascorrere un weekend con i suoi amici e sua sorella. La bella immagine raffigura una palazzina con una porta verde scuro e dei numeri in ottone affissi al muro: 221B. 

Ancora una volta è di familiarità la sensazione che risale dal suo petto e riscalda il suo corpo - forse dovrebbe coprirsi di più, per evitare questi bizzarri fenomeni. Lo sguardo di Makoto si accende della luce del ricordo e le parole che fuoriescono dalla sua bocca sono illuminanti come sempre. 

"I tuoi genitori sono a Londra?" 

Ren la guarda confuso per un istante e Morgana - che sbuca dalla sua borsa piena di testi universitari - inclina appena il capo in una maniera che sa essere non dissimile dalla sua. 

"Londra?" 

"Quello nella foto è il 221B di Baker Street, a Londra. La casa di Sherlock Holmes, il detective scritto da Arthur Conan Doyle. Non immaginavo che i tuoi genitori fossero così contenti della tua carriera universitaria."

Per quanto la sua famiglia non abbia stranamente avuto da ridire sulla sua volontà di darsi allo studio della psicologia criminale, Ren crede di non avere la forza mentale di dire a Makoto che, stando alla data del timbro postale, in quei giorni i suoi genitori erano in Venezuela, in pausa dopo essere stati svegli per due giorni di fila per salvare un bambino da una morte per tetano. 

 

“The best way of successfully acting a part is to be it.”

 

Non ha bisogno di fare un confronto per sapere che troverebbe quelle stesse lettere scritte strette e un po' inclinate anche dietro quella bella foto del museo D'Orsay nell'affascinante Parigi. 

Di gente che ha assunto mille volti per far valere la propria giustizia Ren ha letto in abbondanza, ha vissuto la vita del criminale in più di una delle sue sfaccettature, ma ciò che più gli rimane oscuro è cosa si celi dietro la figura di un detective. Forse anche loro perseguono una giustizia che è diversa da quella convenzionale allo scopo di portare alla luce la verità. 

 

Forse per incastrare la loro preda anche loro devono farsi un po' fuorilegge. 

 

§

"Pensi che sia davvero lui?" 

"Beh, di certo non sono i miei genitori o Sōjiro. E direi che possiamo escludere anche Morgana, considerato che senza pollici opponibili non può scrivere. "

"Ren."

"Non lo so, Ann. A rigore di logica è impossibile, lui è… "

Lo sguardo ceruleo di Ann si riempie di comprensione. "Non possiamo esserne certi. E poi, scusa, da quando la parola 'impossibile' è nel tuo vocabolario?" Le labbra leggermente tinte di un pallido rosso si incurvano all'insù e Ren crede che il sorriso della sua amica meriti le copertine di tutte le riviste del mondo. "Hai letteralmente sparato ad un dio, dopotutto, quindi non vedo perché lui non possa essere vivo."

Forse perché quando sono sfuggiti al crollo del Palace di Shido Masayoshi lui non c'era davanti al Palazzo della Dieta con quel suo sorriso stanco e il sarcasmo nella voce. Forse perché Niijima Sae e tutti i suoi confidant, nonostante le ricerche, non sono riusciti a reperire alcuna traccia di lui. Forse perché il mondo ha dimenticato il nome di Akechi Goro come se questi non fosse mai esistito in primo luogo. 

"Ma Futaba…" 

"Futaba è un genio, ma rimane comunque un essere umano. Inoltre non abbiamo mai avuto occasione di capire fino in fondo come funzionasse il Metaverse, visto che la ricerca di sua madre è andata distrutta per non finire nuovamente in mani sbagliate. Non sappiamo cosa succeda ad un umano che rimane intrappolato in un Palace o i limiti del potere del Persona di Futaba."

Non sa perché si ostina a non dare ragione ad Ann, che è riuscita a placare perfino i bollenti spiriti di Ryuji nei suoi momenti peggiori. Una discussione con lei o con Makoto è una sconfitta certa, ma Ren non vuole cedere, non vuole credere.

“Non fare quella faccia, sembri Ryuji quando prova a bere il caffè”, lo punzecchia spingendo verso di lui la cartolina incriminata.

Questa volta il suo misterioso “corrispondente a senso unico”, come Sojiro si diverte a chiamarlo, ha prodotto qualcosa di diverso dagli standard a cui lo ha abituato nei tre mesi trascorsi. La sua cartolina non è che una foto con un francobollo maldestramente incollato sul retro e tanto l’indirizzo quanto le significative parole sono solo inchiostro nero su bianco, leggermente sbavato agli angoli.

 

“Libertà va cercando, ch’è sì cara,

come sa chi per lei vita rifiuta.”

 

La foto, per quanto sia evidente il sentimento messo nello scattarla, è palesemente qualcosa di amatoriale. L’inquadratura è leggermente storta e, a detta di Ann, avrebbe reso meglio con un po’ di lavoro su luminosità e contrasto, oltre che sull’intensità dei colori ma Ren per qualche motivo crede che sarebbe stato molto peggio se fosse stata una rappresentazione di artificiale perfezione. C’è qualcosa nel modo in cui il cielo al tramonto si riflette sull’acqua torbida del fiume e rende più tiepidi i colori delle case che si affacciano su di esso che gli infonde un misto di solitudine e conforto.

“Firenze, eh?”, riflette ad alta voce Ann torturandosi una ciocca di capelli con aria assente, lo sguardo perso in qualcosa che Ren non può vedere. “Ci sono stata una volta da bambina con i miei genitori, ma ricordo ancora quanto fosse bella la vista dell’Arno da Ponte Vecchio.”

Una foto scattata su un ponte e un paesaggio privo di persone. Potrebbe essere una metafora della vita, pensa: a volte essere in cima al mondo significa essere soli ma a volte la solitudine è un mezzo per trovare la libertà. Dopotutto lui stesso, due anni prima, si era ritrovato solo in una città enorme e sconosciuta, con la sua reputazione di criminale violento come marchio indelebile sul volto ma quella forma di isolamento è stata il collante che ha creato lo splendido legame che condivide con i suoi amici. 

E per quanto Akechi Goro ne avesse potuto dire e avesse espresso con un certo rammarico il desiderio di averlo incontrato prima, Ren non ha mai smesso di pensare che siano legati in una maniera più profonda ed indissolubile di quanto immaginano: anche se il Metaverse non esiste più riesce ancora a percepire la forza della Arcana che li ha uniti, quella stessa forza che, come un pungolo al cuore, fa male ogni volta che ripensa alla sorte ingiusta e crudele che gli è toccata.

Almeno, in un modo o nell’altro, adesso sono finalmente liberi entrambi.

 

§
 

“Ho trovato questa nella cassetta della posta.” Sojiro gli porge un pezzo di carta dai colori brillanti, un vortice di azzurri, verdi e gialli. Gli angoli sono leggermente accartocciati e bagnati dalla pioggia torrenziale che si è abbattuta su Tokyo, ma per il resto non sembra aver subito ulteriori danni.

“Oh, quale meraviglia osservano i miei occhi!” Yusuke, nell’imponenza della sua statura, osserva estasiato l’immagine tra le sue mani, un cielo stellato che è sicuro di aver visto da qualche parte in televisione o su internet.

“Lo conosci?”

Yusuke emette un suono indignato, ricomponendosi dopo un istante sotto lo sguardo curioso suo e di Sojiro. “Si tratta della ‘Notte Stellata’ di Vincent Van Gogh, attualmente esposta al Museum of Modern Arts di New York. Colui che ti ha inviato un simile dono ha un gusto eccelso, se mi è permesso giudicare.”

“È meraviglioso, anche se guardarlo mi provoca emozioni contrastanti.”

Un’espressione carica di approvazione sostituisce quella di disappunto sul volto dell’artista. A volte non può fare a meno di restare sorpreso dal modo in cui le emozioni sembrano essere interiorizzate e vissute con immenso fervore dall’altro. “L’arte nasce per smuovere qualcosa negli animi delle persone. Se questo dipinto suscita in te un certo qual subbuglio probabilmente chi ha scelto questo dipinto sapeva di poterti comunicare qualcosa con esso.”

“Comunicare qualcosa?”, domanda aggrottando appena le sopracciglia.

“Non devi dimenticare come l’arte sia anche una forma di comunicazione, Ren. Chi dipinge mette a nudo su tela il proprio animo nella speranza di potersi capire ed essere capito guardandolo. Non c’è soddisfazione più grande per un artista del vedere le proprie emozioni comprese da coloro che osservano le sue opere.” Yusuke si interrompe per un momento, socchiudendo gli occhi come a volersi concentrare su qualcosa. “Tuttavia sono anche dell’opinione che nell’arte ognuno riesca a vedere un pezzo di se stesso, perciò non è da escludere che il mittente desiderasse mostrarti qualcosa di sé. Cosa vedi tu, in questo dipinto?”

“Guardarlo mi rende inquieto”, confessa piano. Se Sojiro, apparentemente impegnato nel mettere in ordine la cucina, è in ascolto, non lo dà a vedere. “Da un lato è come vedere il Metaverse, una versione distorta della realtà ma dall’altro, in questa percezione distorta, c’è ancora un legame concreto con ciò che vedo. È come se l’autore del dipinto avesse riconosciuto e accettato la propria distorsione, decidendo di non scendere a compromessi con la verità.”

Non si è accorto di aver abbassato lo sguardo, ma quando lo alza Yusuke lo osserva con un sorriso che ben rispecchia la cripticità della sua personalità. “Come pensavo la tua prospettiva è assai interessante. Sarebbe senza dubbio illuminante poter intrattenere una conversazione al riguardo con te e il mittente di questo dono, ma temo di dovermi affrettare a raggiungere Futaba prima che il tempo peggiori ulteriormente.”

Quasi a voler sottolineare le parole del suo amico, un lampo illumina ulteriormente la saletta del Leblanc, seguito immediatamente dal fragore di un tuono. Il tifone annunciato da giorni in televisione ha colpito Tokyo dal pomeriggio e le condizioni meteorologiche si sono fatte via via più severe con il passare delle ore.

“Dove credi di andare senza ombrello, ragazzo?”

“Credo di averlo già detto, sono diretto da sua fi-”

Sojiro sospira frustrato, strappando un sorriso a Ren. La bontà di cuore del suo padrone di casa non si smentisce mai. “L’ho capito. Sto dicendo che ti offro un passaggio a casa mia perché se già non approvo particolarmente la tua relazione con Futaba, ancor meno approvo la possibilità che tu… smoccioli nelle sue vicinanze.”

Una risata è sul punto di sfuggire dalle sue labbra, ma viene stroncata dalla raccomandazione un po’ brusca di chiudere il locale.

 

È solo quando lo scampanellio della porta del Leblanc si perde tra gli ululati del vento e della pioggia che Ren si ricorda di osservare il retro della fotografia. Leggermente sbavati dall'acqua, in nero su bianco, ci sono degli ideogrammi in una grafia che ormai gli è familiare.
 


目に見えてる

ものだけが

全てじゃない

 

“Le cose che l’occhio è in grado di osservare non sono tutto.”

 

§


Quella notte viene svegliato da un Morgana decisamente agitato. I suoi occhi brillano come lanterne azzurre nel buio dell’attico periodicamente illuminato dalla luce dei lampi, ma il suo pelo nero come l’ombra della notte è ritto sulla schiena, così come le orecchie tese sul capo.

“Ren, qualcuno sta cercando di fare irruzione nel locale.”

“Eh?”

“Ci sono dei rumori strani al piano di sotto, come se qualcuno stesse cercando di forzare la porta del Leblanc. ”

La risposta fa scivolare via ciò che rimane dell’intontimento del risveglio, rendendolo vivo e all’erta. 

“Sei riuscito a vedere chi fosse?”

L’interruttore della luce scatta più volte sotto la pressione delle sue dita, ma sono sufficienti pochi tentativi per fargli comprendere come la corrente sia andata via a causa del tifone.

“No, sembra che tutta Yongen sia al buio e anche con la luce dei lampi non riesco a vedere bene il suo viso.”

“Va' ad avvertire Sojiro”, ordina quasi perentorio. Per un attimo è come essere di nuovo nel Metaverse. “Io cercherò di catturare l’intruso.”

Riconosce l’avventatezza del gesto, ma per lui il Leblanc è casa e non permetterà a nessuno di violarlo un’altra volta. Le sue dita si stringono attorno ad una mazza da baseball, la stessa che il proprietario della gabbia di battuta gli ha regalato dopo aver segnato il suo primo homerun.

“Sei sicuro?”

“Puoi stare tranquillo, Mona.”

 

§

 

La scale di legno scricchiolano sotto i suoi piedi, ma già dagli ultimi gradini è in grado di intravedere la sagoma scura che la luce dei lampi definisce contro la vetrata della porta. Ren si muove cauto, rasentando i tavoli, usando l’oscurità a proprio favore.

Chiunque si nasconda nel buio della notte di certo non sta cercando di infiltrarsi nel locale, nota con una certa sorpresa. La figura bussa con rinnovata urgenza, quasi si fosse accorta della sua presenza. I piccoli colpi che Morgana ha scambiato per un tentativo di effrazione annegano nel ruggito di un tuono che squarcia il silenzio con una violenza tale da far vibrare il pavimento, la luce che per un istante illumina a giorno le stradine di Yongen-Jaya.

La mazza da baseball cade a terra con un rumore sordo ma Ren è alla porta quasi prima che possa toccare il pavimento. Forse sta finalmente impazzendo. Forse anche lui, come Van Gogh, è in preda ad una follia allucinogena che distorce la realtà senza bisogno di misteriose applicazioni ma quando apre la porta e una figura fradicia e tremante entra con timore quasi reverenziale nel Leblanc, decreta che non gli importa. 


Alla luce quasi accecante della torcia del suo cellulare Akechi Goro non è troppo diverso da come lo ricorda. Adesso sono alti allo stesso modo e la divisa di chissà quale prestigiosa scuola di Tokyo ha lasciato il posto ad un trench coat che probabilmente è bagnato quanto uno straccio per lavare i pavimenti. I capelli castani grondanti di acqua, leggermente più corti rispetto alle sue memorie, incorniciano un viso pallido, più spigoloso. Se prima bisognava essere ciechi per non affermare che il Principe Detective fosse senza ombra di dubbio un bel ragazzo, adesso è di una bellezza più raffinata, meno abbagliante, come se il tempo e gli eventi l’avessero trasformata in qualcosa che solo un certo occhio può apprezzare.

“Sono a casa.”

Un rivolo d’acqua scende dai capelli, solca uno zigomo affilato per percorrere una guancia, seguendo delicato la curva del mento per poi infrangersi nell’oscurità. Il volto di Goro non sorride, la sua espressione è diversa, più matura rispetto a quella del diciottenne ammaliatore delle folle di due anni prima ma è indubbiamente sua, vera, autentica. Basta solo quello a dargli la certezza che quello davanti a lui è il vero Akechi Goro.

Ren fa un passo avanti, i piedi nudi sul pavimento in legno tirato a lucido. Nonostante la luce spettrale gli occhi di Goro sono fissi nei suoi e per una volta quasi non sa che dire, che fare. Ingoia il groppo amaro nella sua gola per abbozzare un sorriso, Joker e Ren insieme nel favore dell’oscurità.

“Sei… terribilmente in ritardo.”

 
Note dell'autrice (2): e, infine, qualche breve delucidazione.

- Per la descrizione di Post-canon!Akechi mi sono ispirata al suo artwork del terzo semestre di P5R (I'm watching you, Atlus.). L'idea delle cartoline anonime è nata da un piccolo dettaglio su di lui inserito nel primo artbook del gioco: dopo il liceo Akechi sognava di viaggiare e girare il mondo. Dal momento che ritengo che viaggiare sia, oltre che una bellissima esperienza, qualcosa che faccia sentire libere le persone, ho immaginato che potesse essere un buon "punto di partenza" per Goro, per accettarsi.

- Le citazioni usate sono rispettivamente tratte da: "Arséne Lupin vs. Herlock Sholmes" di Maurice Leblanc, "The Adventure Of The Dying Detective" di Arthur Conan Doyle, il "Purgatorio" di Dante Alighieri e, dulcis in fundo, il testo di "Hoshi To Bokura To", l'ending theme di Persona 5. Mentre i luoghi raffigurati nelle cartoline sono: l'orologio del Museo D'Orsay a Parigi, la porta del 221B di Baker Street a Londra (la famosissima casa di Sherlock Holmes), la vista sull'Arno dal centro di Ponte Vecchio a Firenze e, ovviamente, la "Notte Stellata" di Vincent Van Gogh.

- Nel mio personale immaginario i genitori di AkiRen sono medici in missione umanitaria sempre in giro per il mondo. Sono persone abbastanza assenti e abbastanza prone a soffermarsi sulle apparenze, ma dopo lo scagionamento di RenRen sono divenuti un po' più aperti mentalmente.

- Ann e Ryuji stanno insieme, così come Yusuke e Futaba. Makoto, invece, ha preferito concentrarsi sugli studi.

- Sojiro sa tutto - o quasi -  prima dei diretti interessati. E no, non è un headcanon.

 
   
 
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