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Autore: Ofeliet    08/10/2019    1 recensioni
Tutto sommato quando viene trasferito all'ambasciata di Roma Ludwig si scopre a non protestare in alcuna maniera, e dopo una settimana ha già il biglietto aereo in mano. Una nuova vita lontano da casa in un condominio forse un po' troppo fuori dalle righe, un ambiente completamente diverso, tutto stravolgeva i suoi piani.
Ma, nonostante tutto, si era innamorato.
{ GerIta | HumanAU }
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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A Elena,
la mia Italia Veneziano parecchio romana.



Grandine estiva





Era iniziato tutto come un imprevisto temporale di metà luglio. Quando Ludwig si era visto convocato nell’ufficio del capo dipartimento aveva passato tutto il percorso preso in un mulinello di pensieri che cercava di catalogare eventuali sbagli fatti durante il tirocinio o qualche danno all'ambiente lavorativo, senza però trovarlo.
Invece era stato trasferito in Italia. Aveva cercato di argomentare, o almeno di capire la motivazione di quella decisione così radicale, ma il suo superiore non sembrava capire la sua preoccupazione. Era stato lui stesso a raccomandarlo, lodando le sue capacità e commentando sul quanto fosse disposto a farlo avanzare con la carriera. Ludwig non poteva che essergliene grato, ma un simile imprevisto sembrava far deragliare ogni suo piano di una vita a Berlino. Tutto sommato si era scoperto a non protestare apertamente e si era ritrovato a fare le valigie con un biglietto per Roma. Gilbert aveva speso i suoi ultimi giorni a casa a prenderlo in giro sulla sua futura italianizzazione, ma l'ultima sera lo aveva portato fuori a bere insieme e lo aveva rassicurato sul fatto che se la sarebbe egregiamente cavato a vivere da solo. Lui non ne era molto convinto, ma aveva lasciato correre la cosa a favore della birra che non avrebbe avuto occasione di bere per un po'.
Nonostante i suoi foschi pensieri, però, si era sbagliato.
Si era innamorato.
Roma era un'antica signora che non ci aveva impiegato molto a conquistarlo. Nel giro di tre anni era riuscito ad ambientarsi ai suoi ritmi, ad apprezzarne le qualità e a riconoscerne i difetti. Il suo lavoro gli dava molta più soddisfazione ora che si trovava lì, e lentamente aveva lasciato morire i suoi timori in braccio alla vita romana che conduceva. Aveva trovato un appartamento non troppo lontano dall’ambasciata, un piccolo condominio infilato in un vialetto quasi anonimo e escluso dal caos cittadino che si consumava a pochi passi da lì. La tranquillità era stato il primo requisito che aveva concordato con l’agente immobiliare quando si erano avventurati alla ricerca e questi, affabile, sembrava aver colto in fretta le sue aspettative, presentandogli il luogo che ormai abitava da tre anni.
Certo era molto più piccolo rispetto a quello che condivideva con il fratello, ma una volta arredato a suo piacimento era riuscito a renderlo quanto più familiare e confortevole. Le sue finestre erano tutte rivolte verso il cortile interno, garantendogli il massimo del confort che poteva richiedere a una capitale. Il quartiere era piuttosto grazioso e non sembrava essere soggetto alla criminalità, aveva più volte girato l’isolato per tenere conto dei servizi e nonostante i continui paragoni con Berlino la sua perlustrazione era terminata a pieni voti.
Anche il vicinato non era male. Certo, non andava d’accordo con tutti, ma la persona con cui condivideva il piano era degna di rispetto e considerazione. Il signor Romolo era un romano fiero e valente, nonostante sbottasse scherzosamente quando lui usava qualche onorifico per parlargli, e Ludwig non avrebbe mai chiesto di meglio come vicino. Certo aveva un’età, che non gli ha mai rivelato, ma era sempre cordiale nei suoi confronti e ben disposto a scambiare racconti di fronte a una bottiglia di vino. Probabilmente era grazie a lui che Ludwig aveva iniziato ad apprezzarlo, collegando il sapore alcolico ai racconti dell’uomo. Questi erano a volte rocamboleschi e talvolta al limite del surreale, ma Ludwig non si era mai spinto a metterne in dubbio nemmeno una parola. Gli piaceva passare qualche serata in una simile maniera, con un uomo così ricco di esperienza e carisma.
Era un qualcosa che il nipote non aveva ereditato da lui.
Conosceva Lovino solo di vista, quando questi veniva a trovare il nonno. Inizialmente aveva trovato simile iniziativa encomiabile, almeno finché Romolo non aveva bonariamente commentato – di fronte al nipote stesso, tra l’altro – che questi venisse da lui solo pe spizzasse la pischella del piano di sotto. Aveva visto l’uomo avvampare, probabilmente perché colto in pieno fallo, e aveva accantonato anche il minimo interesse che poteva avere per un simile soggetto. Sapeva da Romolo che ci fosse un altro nipote, fratello minore di quello di prima, ma nella sua mente si era formata l’immagine di un Lovino più piccolo ma probabilmente con la stessa indole, il che l’aveva spinto a non interessarsi oltre.
Poi c’erano le visite di Gilbert.
Quelle erano spesso una tragedia, che faceva lievitare la sua bolletta per tutte le chiamate oltre confine che il fratello faceva al canile che teneva loro i cani, senza contare le perenni diatribe con la coppia che abitava al piano di sopra. Sembravano obbligatorie ogni volta che si presentava a casa sua senza preavviso ed era costretto ad accamparsi sotto la porta in attesa del suo ritorno, non avendo imparato dopo anni quali fossero i suoi orari lavorativi. Sembrava che infastidire i suoi vicini ormai era diventato uno sport.
Nonostante questo, la sua vita procedeva tranquilla.
Almeno finché il signor Romolo non era morto. Era successo in un tranquillo giorno di primavera, senza alcun segnale che lo preavvertisse. L’uomo si era spento sereno nel sonno, trovato quasi subito dalla sua famiglia che doveva venire a pranzo per la giornata di festa.
Una simile notizia l’aveva scioccato. Non ricordava molto dei giorni successivi, se non la veglia e poi il funerale. Si era presentato tutto il condominio, e curiosamente era stato Lovino a prendere le loro difese di fronte ai commenti materni sul come la loro presenza non fosse adeguata. Ludwig non aveva compreso niente delle loro strilla in romano stretto, ma alla fine era riuscito a dare il suo saluto a quel vicino così singolare che sarebbe rimasto impresso nella sua memoria per sempre.
Da quel giorno in poi, il suo piano era rimasto completamente in silenzio.

Un improvviso boato lo aveva fatto saltare dalla sedia, facendogli andare la sua colazione di traverso. Ludwig tossisce, cercando di darsi dei colpi al petto per riprendere a respirare. Guarda verso la direzione del corridoio, come se potesse vederlo attraverso la porta, chiedendosi cosa potesse averlo prodotto.
Forse era l’ascensore, bloccato da tempo immemore, che era finalmente caduto a causa della nulla manutenzione. Avrebbe dovuto farlo presente all’ultima riunione condominiale. L’ascensore era paragonabile a un reperto storico, e lui non l’aveva mai visto funzionare. Da quello che era riuscito a cogliere, non funzionava già dai tempi in cui Roderich ed Elizaveta si erano trasferiti lì ma nessuno aveva mai accennato a ripararlo. Sembrava quasi trattato come una reliquia che semmai fosse ripartita avrebbe portato distruzione al mondo intero. A poco erano valsi i suoi tentativi di chiamare un tecnico o sobbarcarsi totalmente i costi di un’eventuale riparazione. Nessuno sembrava essere ben disposto a farlo ripartire.
Sicuramente doveva andare a dare un’occhiata. Abbandonando la sua colazione Ludwig si trascina alla porta, aprendola e vedendo davanti a sé la porta dell’appartamento confinante aperta. Era passato circa un mese dalla morte di Romolo, e l’opzione più probabile erano dei nuovi inquilini. Sapeva che doveva presentarsi o almeno controllare che quel rumore provenisse dall’altro appartamento e non, come aveva pensato, dall’ascensore.
Ludwig socchiude la porta, ripassando mentalmente ciò che doveva dire, ma Lovino lo anticipa apparendo sulla soglia dell’appartamento.
« Che vuoi? »
« Ah, sei tu. » il suo tono sembra non piacere a Lovino, che assottiglia gli occhi. « Ho sentito un rumore, pensavo- »
« Pensavi male. »
« Non si è fatto male nessuno? »
« No. » quando era con lui Lovino sembrava essere di poche parole, il che era strano se ripensava a come Romolo lodasse i monologhi del nipote, definendoli degni delle grandi commedie. Ludwig non era d’accordo ma non aveva mai manifestato il suo pensiero ad alta voce. Di fronte a simile muro, in fondo, non aveva alcuna voglia di continuare.
« Allora ti saluto. » dice, prendendo la maniglia della propria porta.
« Tu quando te ne vai? » una simile domanda lo coglie di sorpresa, spingendolo a voltarsi nella direzione dell’altro uomo.
« Come scusa? »
« Quando te ne vai. Nel senso. Ti trasferisci e vai altrove. » ripete Lovino, scandendo le parole. Ludwig cerca di mantenere la calma, mantenendo la presa sulla maniglia.
« Non credo me ne andrò presto. »
« Peccato. » concluso simile scambio di battute Lovino sparisce nell’altro appartamento, lasciandolo da solo. Simili parole continuano a tornargli in mente tutta la giornata, rendendolo piuttosto confuso a riguardo. Non si spiega il perché Lovino gli abbia rivolto una simile domanda. La risposta gli giunge solo nel tardo pomeriggio quando torna a casa.
Roderich si trovava all’altezza del secondo piano quando lo trova. Ludwig si avvicina, venendo presto notato dall’altro uomo che muove la mano per farlo avvicinare.
« Buon pomeriggio. » dice allora lui, mentre osserva l’altro riprendere fiato. « Roderich, ne abbiamo già parlato, non puoi fare le scale e portare con te una borsa più pesante di quella che contiene i tuoi spartiti. » l’altro gli lancia un’occhiata ma sembra essere senza abbastanza fiato per rispondergli. Non aveva mai conosciuto una persona così singolare come Roderich. Certo, era un ottimo pianista piuttosto richiesto ma la sua forza fisica rasentava il nulla, tanto che più di una volta la moglie – o lui stesso, se lo trovava sulle scale – si era ritrovata a chiamare disperata l’ambulanza a causa dello sforzo troppo elevato sul suo debilitato fisico.
Ludwig prende con calma il sacchetto di plastica, ponderando se fosse un buon momento per insistere sulla riparazione dell’ascensore, ed insieme proseguono la strada verso il quarto piano. Elizaveta era già sulla porta, probabilmente aveva intuito che il marito fosse deceduto lungo il tragitto. Lui le allunga il sacchetto che teneva in mano, provocando il cambiamento dell’espressione della donna.
« Roderich, ancora? » esclama, battendo un piede, ma non ottenendo nient’altro che un rantolio che suonava tanto come una richiesta d’acqua. La donna allora si sposta dall’uscio, permettendo a Roderich di entrare finalmente in casa e scuote il capo, sconsolata. Poi alza il viso, sorridendo a Ludwig.
« Grazie, non so come ringraziarti per averlo aiutato. »
« Non c’è di che. »
« È che con questi ultimi cambiamenti sembra che pure mio marito voglia dare prova di chissà quale stupidità. »
« Che intendi? » Elizaveta si acciglia, guardandolo seria.
« Non lo sai? Strano. »
« Non so cosa? » un simile risvolto non gli piaceva. Rimanere all’oscuro non gli era mai piaciuto. Era per quello che Gilbert aveva rinunciato a organizzare feste a sorpresa.
« Ho incontrato Lovino stamattina, sai, il nipote di Romolo. Pace all’anima sua, eh. » la donna si fa un veloce segno della croce. « Abbiamo parlato un po’, e gliene ho pure dette quattro sul casino che ha fatto stamattina. Certo che spostare mobili a quell’orario solo lui lo può fare. »
« Elizaveta, ti prego, vieni al punto. »
« Ah, giusto. Abbiamo parlato e mi ha detto che ha ereditato la casa. » non era ciò che avrebbe voluto sentire. Ora si spiegava quella mattina e quella strana domanda. « Da quello che ho capito alla lettura del testamento è scoppiato il finimondo. Un po’ lo capisco, ha lasciato una casa come la sua a solo due nipoti invece che ai figli. »
« Due? » la donna alza le spalle, per dissimulare indifferenza.
« Sì, a Lovino e al fratello minore. »
No, decisamente la situazione non stava prendendo una buona piega. Se Lovino e il fratello avessero preso residenza, non aveva idea di come sarebbe cambiata la sua situazione. Certo con il signor Romolo i suoi ritmi non erano stati cambiati o stravolti, ma stranamente l’anziano uomo non era un vicino particolarmente rumoroso. Ciò non si poteva dire di Lovino e del suo fratello più giovane.
Forse doveva seriamente pensare di cambiare casa. No, gli dispiaceva. Aveva trovato quel luogo e non se ne sarebbe andato solo perché un burino con fratello annesso si sarebbe presto trasferito di fronte a lui.
« Ludwig, stai di nuovo pensando troppo? »
La voce di Elizaveta lo riporta alla realtà, spingendolo a salutarla e a scendere verso il proprio appartamento. Il piano sembrava tranquillo, e la porta di fronte alla sua era chiusa. Non proveniva alcun rumore. Probabilmente non c’era nessuno.
Ludwig apre la porta di casa, respirando l’aria tranquilla. No, non era disposto a lasciare quel posto così presto e di certo non quell’appartamento.
Magari, come spesso commentava Elizaveta, stava pensando troppo. Non era nemmeno sicuro che Lovino andasse ad abitare lì. Forse stava spostando i mobili per poter rendere la casa affittabile, il che gli sembrava l’opzione più probabile – o perlomeno quella che la sua mente sembrava desiderare di approvare al più presto – o semplicemente voleva venderli.
No, le tasse sugli immobili erano lievitate in quegli anni, sarebbe stato stupido lasciare l’appartamento vuoto. Già il condominio ne aveva ben tre, rendendo le spese condominiali un inferno, perdere un altro contribuente sarebbe stata una scocciatura.
Nonostante cercasse di non arrovellarsi troppo sulla questione, Ludwig era consapevole che ci avrebbe rimuginato sopra per tutta la sera. Non riusciva a rimanere tranquillo e la mancanza di informazioni lo stava uccidendo. Non aveva idea di cosa potesse succedere una volta che l’appartamento accanto fosse stato nuovamente abitato. Forse avrebbe davvero dovuto cercarsi un nuovo alloggio.
No, stava vedendo la situazione in maniera troppo drastica. Magari non sarebbe andata così e la situazione si sarebbe risolta in un modo completamente diverso. Non aveva alcun bisogno di pensarci troppo.

Per tutta la settimana successiva per tutto il condominio i suoni di mobili che venivano spostati, trascinati e mossi sulle scale avevano scosso il condominio. Non aveva fatto domande, ma aveva notato dei pezzi di arredamento nuovi sistemati temporaneamente sul pianerottolo una sera, confermando la sua ipotesi dell’appartamento nuovamente abitabile.
Ora rimaneva solo una questione. Non aveva idea di chi sarebbe stato ad abitare lì. Aveva preferito non indagare, almeno per il momento, come se una sua parola bastasse per cambiare il corso degli eventi.
« Buon pomeriggio. » Arthur era nel corridoio d’entrata. Era raro incontrarlo, per quanto ne sapeva l’altro uomo faceva il professore universitario e aveva orari completamente diversi dai suoi. Questi si volta in sua direzione, mentre controlla le lettere ritirate dalla cassetta.
« Ed eccone un altro. » si scordava spesso del pessimo carattere dell’inglese, anche a causa della poca frequentazione che ne faceva. In realtà Elizaveta aveva accennato qualcosa a riguardo delle storie che giravano su di lui come insegnante – incentrate soprattutto alla poca sopravvivenza dei suoi assistenti – ma non aveva voluto prestarci ascolto. Certo Arthur era dotato di un pessimo carattere, ma oltre a quello lui non aveva niente da recriminargli.
« Un altro? » Arthur sospira, come se avesse appena detto un’ovvietà.
« È appena passato il nipote del vecchio Romolo. »
« E ti ha salutato? »
« No, intendo l’altro nipote. Lovino non ha nemmeno idea di che cosa sia l’educazione. » ora era chiaro. Finalmente era arrivato il fatidico altro nipote. Nei suoi ricordi il signor Romolo ne parlava spesso in maniera fiera, ma in quel momento non riusciva a ricordarne il nome. Sicuro aveva un suono singolare. « Non assomiglia per niente a suo fratello. »
« Davvero? » Arthur si guarda attorno, per poi avvicinarsi.
« Sì. Sembra essere meglio. » dice, per poi allontanarsi. « Ma io non ti ho detto niente! » esclama, sparendo dentro il suo appartamento e chiudendo la porta sbattendola.
Ludwig non sapeva cosa pensare. Essere “meglio” negli standard di Arthur era un parametro bizzarro. Si parlava della stessa persona che durante una disinfestazione aveva proposto di sgomberare l’appartamento di Francis. E per quanto lui non avesse grande apprezzamento per l’altro uomo, aveva trovato simile proposta piuttosto drastica.
Pieno di pensieri raggiunge il secondo piano, trovandoci però Basch armato e la sorella che cercava di trattenerlo. Era uno scenario insolito. Entrambi strillavano in qualche dialetto strano, rendendogli impossibile comprendere la situazione. Non aveva idea se intervenire o meno, ma alla fine il senso civico prevale con prepotenza.
« Cosa è successo qui? » dice, rivolgendosi alla ragazza, sull’orlo delle lacrime. Questa si aggrappa con ancora più forza al fratello.
« Mio fratello dice che quelli al piano di sopra stanno pattinando! »
« Lo fanno!! » strilla allora Basch, tentando di farsi strada nonostante i tentativi di Erica di trattenerlo. « Quest’ultima settimana non hanno fatto altro che portare caos, io non posso più portare pazienza! »
La pazienza di Basch, però, non era tra le sue qualità e Ludwig questo lo sapeva.
« Lo so, Basch, ma sono qui da una settimana e probabilmente non hanno ancora ricevuto una copia del regolamento. Se ora tu andassi da loro, armato, saresti dalla parte del torto e non credo tu lo voglia. » Basch allora abbassa l’arma, guardandolo negli occhi.
« Ciò non toglie che pattinano. »
« Andrò io a parlarci, e li farò smettere se lo stanno facendo. » l’uomo assottiglia lo sguardo, ma abbassa definitivamente il fucile.
« D’accordo. » borbotta, tornando dentro casa, seguito da un’Erica che gli sorride grata per aver temporaneamente sbrogliato la situazione. Ludwig sospira, osservando le scale che l’avrebbero condotto al confronto con Lovino e probabilmente anche col fratello. Non voleva farlo, ma ormai la situazione lo costringeva.
Ogni gradino che faceva sembrava pesargli, ma gli permetteva di costruire un discorso diplomatico e conciliante che avrebbe perlomeno impedito un omicidio per quella sera. Giunto avanti alla porta lo aveva già ripassato due volte, e si sentiva pronto a parlare.
Prova a suonare il campanello.
Questo non emetteva alcun suono. Forse era rotto, Romolo non faceva mai caso a simili dettagli. Doveva bussare.
Una simile attività non lo attraeva, ma doveva almeno provarci. Tenta dando due colpi secchi al legno, che riecheggiano, e rimane in attesa. Passano diversi istanti ma non sente alcun rumore. Decide di riprovarci, ottenendo però lo stesso risultato.
Era strano. Forse Basch si era immaginato i rumori, troppo stressato dal lavoro. Dall’appartamento che aveva di fronte proveniva solo un assordante silenzio. Ritenta una terza volta, ottenendo comunque lo stesso risultato. Doveva desistere.
Non riusciva a spiegarsi quell’improvviso trambusto. Certo dei nuovi vicini avrebbero portato dei cambiamenti, ma non aveva mai immaginato che questi sarebbero stati così drastici. Decide di cenarci sopra, lasciando che le sue congetture scivolino nuovamente nell’oblio.
Solo quando ormai si stava preparando per dormire sente dei rumori di chiavi che giravano. I suoi nuovi vicini erano rientrati. Non sapeva se tentare un approccio nonostante l’orario. Lo sbattere della porta, però, gli fa intuire che non era un buon momento.
Era come aveva immaginato. I suoi nuovi vicini non avevano niente da spartire col precedente proprietario. Sicuro avrebbe dovuto acquistare dei tappi con le orecchie.
Al di là della porta si fa la quiete per cinque minuti, poi iniziano le urla. È un qualcosa che lo coglie di sorpresa, facendolo sobbalzare dal divano. Non aveva mai sentito qualcuno urlare in una tale maniera. Nell’altro appartamento stava succedendo qualcosa.
Con una certa urgenza Ludwig si alza, per poi fermarsi. Forse stava fraintendendo. Insomma, probabilmente era un litigio e non era affare suo mettercisi in mezzo – già doveva pensare alle beghe di Gilbert con Elizaveta, mettersi in mezzo ad altre discussioni sarebbe stato decisamente troppo –. No, questa volta non era affare suo. Se i suoi vicini non potevano rimanere tranquilli, non era affare suo mettere quiete.
Rimpiangeva tanto i tempi di tranquillità.
Ritorna sul divano, cercando di riprendere la sua lettura nonostante il rumore al di là del muro si stesse facendo sempre più insistente. Il suo cervello percepiva ancora il suono, ma aveva rinunciato a qualsiasi forma di interpretazione rendendo quindi il litigio come una sorta di molesto sottofondo che sarebbe presto finito.
Questo, però, non sembrava accennare a terminare, aumentando invece di volume. Ludwig era piuttosto sorpreso dalla vitalità che le due persone avevano per discutere furiosamente così a lungo in quell’orario. Era certo che stavolta non avrebbe fermato Basch se questi avesse voluto fare un raid nell’appartamento.
Certo anche lui aveva litigato diverse volte con Gilbert, ma mai così furiosamente e nemmeno così a lungo. Il più delle volte era perché i loro cani si mettevano ad abbaiare, facendo quindi in modo da terminare definitivamente ogni loro tentativo di alzare la voce. I due fratelli, invece, sembravano inarrestabili.
Ora che ci prestava attenzione, riconosceva la voce di Lovino e sentiva anche un’altra voce, dal timbro più pacato ma dai toni decisamente alti uguale. Probabilmente era il fratello.
Il suo orecchio non era ancora in grado di cogliere gli argomenti della discussione, ma intuiva che fossero tutt’altro che pacifici. Più sentiva le urla farsi acute e più desiderava infilarsi nel letto e fingere di non aver sentito niente.
Si stava apprestando ad eseguire ciò che si era preposto, quando l’improvviso rumore di un qualcosa di rotto non desta la sua attenzione. C’è improvvisamente il silenzio. Non era niente di buono.
Certo, forse lui era stato un po’ condizionato dalle sue ultime letture thriller che riguardavano per lo più intricate situazioni familiari e omicidi sanguinolenti, ma non riusciva più a sentirsi sereno. Forse avrebbe dovuto almeno bussare, per sincerarsi che fosse tutto a posto. Era il minimo che poteva tentare nel caso lì accanto fosse davvero successo qualcosa di grave.
Un altro rumore, un altro oggetto rotto, nuovamente il silenzio. Non stava prendendo affatto una buona piega. Ludwig abbandona il suo libro, alzandosi in cerca delle ciabatte e avviandosi a grandi passi verso la porta. Non riusciva a sentirsi tranquillo.
Sul pianerottolo c’era silenzio, come se niente di quello che aveva sentito fosse mai successo. Era tentato di andare a bussare da Francis, al piano di sopra, ma probabilmente avrebbe dovuto fare i conti anche con le battutine maliziose e domande inopportune, e non lo voleva.
Non gli rimane altro che bussare alla porta. Ludwig picchia piano le nocche contro il legno, sperando di riuscire ad attirare l’attenzione, ma di nuovo il silenzio è come un muro. Bussa ancora, ma ottiene sempre la stessa risposta.
Le urla riprendono, facendogli accapponare la pelle. Non era un buon segno. Stavolta riprende a bussare con più foga, cercando di farsi sentire, ed è tentato di urlare per richiamare l’attenzione, ma non sa chi chiamare. Non sa chi siano le persone che sono dentro, o se sia successo qualcosa di grave, se almeno deve chiamare l’ambulanza. I suoi tentativi non ottengono niente. Le persone al di là della porta sembrano non prestargli attenzione.
Ludwig si allontana dalla porta, indeciso sul che cosa fare. Chiamare la polizia gli sembrava affrettato, e l’ambulanza non si sarebbe fatta bastare le sue sommarie descrizioni. Visto il suo stato non era nemmeno certo di riuscire a parlare correttamente l’italiano. Le cose che poteva fare erano poche e le aveva già tutte esaurite. Tranne una.
Forse era l’opzione più rischiosa, ma doveva tentare anche quella. L’uomo prende un lungo respiro, cercando di caricarsi. Non sarebbe stato facile ma era quello che poteva fare. Era un suo dovere accertarsi che lì dentro stesse andando tutto bene.
Ludwig fissa la porta davanti a sé, osservandola quasi come fosse una rivale. Non era particolarmente massiccia, ma non sapeva ancora se sarebbe stato in grado di abbatterla con un solo colpo. Doveva provarci.
Fa un passo indietro, prendendo la carica e sbattendo contro la superficie di legno. Questa cigola, ma miracolosamente cede al primo colpo, permettendogli di entrare. Ludwig corre in direzione delle voci, stranamente più basse, nella speranza che non sia troppo tardi e finalmente trova la scena del crimine.
C’erano due uomini, che stavano ridendo, e dei cocci sul pavimento. Non sembravano essere feriti e, anzi, piuttosto divertiti. Uno di loro è Lovino, mentre l’altro gli assomiglia. Ha un’aria più delicata e meno aggressiva rispetto all’altro, e si tiene ancora l’addome, probabilmente per le risate.
E lì che finalmente entrambi lo notano, nel loro appartamento, con una spalla arrossata per l’impatto di poco prima. Ludwig arrossisce, rendendosi conto di aver con tutta probabilità frainteso tutta la situazione.
Aveva fatto un danno.

   
 
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