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Autore: Semperinfelix    12/10/2019    4 recensioni
Attenzione: materiale piccante.
Per i miei fedeli ed affezionati lettori, ecco la raccolta di novelle tragicomiche sui personaggi del mio romanzo principale, e che risate a volontà siano! Badate bene però: potrebbero avere una carica di sensualità in più rispetto al romanzo, non abusatene.
Genere: Comico, Erotico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rinascimento
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Deus non vult - Novelle Disoneste

Era un piovoso pomeriggio di Marzo come tanti altri ed il sole, nascosto dalle nubi, simulava un tramonto precoce. Una carretta si muoveva lesta per le trafficate vie milanesi, proseguendo lungo la strada che dal castello conduce a Porta Comasina, per poi imboccare, prima del termine, una viuzza d'infima importanza.

Allorché terminò la sua corsa ed il carrettiere, disceso dalla propria postazione, ebbe aperto la portiera, ne venne fuori una donna incappucciata, minuta di statura ma non meno di bella presenza. Altre due dame, come lei vestite da donne del borgo, le vennero presto dietro, ma quella, desiderando rimanere da sola, ordinò loro « aspettatemi qui, vedrò di far presto » e, detto ciò, bussò con decisione alla porta dell'abitazione dinnanzi alla quale s'era fermata, sino a che non le venne aperto.

Si trattava d'una piccola casa come tante altre, povera di mobili ma ricca di curiosi oggettini d'ogni genere. Un forte odore d'erbe medicinali e di vario altro tipo subito investì la curiosa visitatrice, non appena ebbe messo piede all'interno. « Desiderate? » la voce della vecchia che le aveva aperto la riscosse dai suoi pensieri.

Beatrice la scrutò con lieve diffidenza, non sapendo ancora con certezza se avesse commesso o meno uno sbaglio nel presentarsi lì da lei, e tuttavia, già che c'era, le rispose « ho bisogno dei tuoi servigi, è vero che sei capace di fare malie e simili sortilegi? » La vecchia maliarda, sazia d'anni e d'esperienza, le fece un sorriso sdentato. « Se è vero? Per mia fe'! Ne faccio da quando avevo la tua età, ragazza! Avanti, avanti, non perdiamo tempo, di': che ti serve? »

La giovane mosse qualche passo avanti, mettendosi ad osservare la stanza con fare curioso, attirata com'era dalla grande varietà di erbe strane, unitamente a quelli ch'un tempo dovevano essere state serpi e ramarri. « Mio marito mi tradisce, di continuo », prese a raccontarle, « ho provato con l'acqua di rose, credevo sarebbe stata utile, invece nulla, perciò ho bisogno di qualcosa che abbia l'effetto di renderlo impotente, non per sempre, ma giusto per il tempo necessario a farlo penare un po', affinché gli serva da lezione ».

« Ah, l'acqua di rose! Utile coi giovinetti forse, ma se si tratta di uomini... troppo scarso effetto », le spiegò la vecchia. « Quanti anni ha vostro marito? Oh, non importa, non importa, fa lo stesso. Con gli impenitenti so io che ci vuole per farli stare freschi, eh! Ma dimmi piuttosto, chi sarebbe questo tuo marito? »

Beatrice sorrise lievemente e, scopertasi il capo dell'ampio cappuccio, rispose « il tuo signore, il duca di Milano ». La vecchia donna, rimasta a bocca aperta, profuse tosto in reverenze, ma la duchessa la fermò. « Non sia mai che ora che ne sei a conoscenza », le disse, « tu abbia timore di operare come sei solita ». Pertanto la maliarda, ben presto rimessasi dalla sorpresa, le assicurò « oh, non temete, mia signora, farò in modo che vostro marito non vi tradisca più, avete la mia parola ».

Di comune accordo stabilirono che la malia sarebbe dovuta avvenire con la prima luna piena, di modo da durare fino alla successiva e prolungare la pena del marito fedifrago ad un mese intero. Si dà il caso che fosse piena la luna proprio nel ventinovesimo giorno di quel mese e che Ludovico, allora allora che la maliarda operava l'artifizio, fosse tutto piacevolmente intento a trastullarsi con Lucrezia.

Quando perciò venne interrotto, suo malgrado, proprio sul più bello da una forza più grande di lui, se ne rimase, tutto confuso, per lunghi istanti attonito. Quella era in assoluto la prima volta che faceva cilecca e proprio non riusciva a capacitarsi di come ciò fosse potuto accadere.

« Non fa nulla, tranquillo », lo rassicurò subito l'amante, carezzandogli da dietro la schiena, vedendo che l'uomo, veramente sconcertato, s'era messo seduto sul bordo del materasso, rivolgendole le spalle. « Capita a tutti ogni tanto ».

« A me non è mai capitato però... » ribatté Ludovico, mortificato. Lucrezia, come a volerlo consolare, gli lasciò un bacio sulle labbra sottili e sorridendo maliziosa gli disse « dai, non fare così, adesso ci penso io a te... » Realmente convinta di poterlo aiutare, subito si mise all'opera, ma per quanto vi tentasse e ritentasse, non vi fu verso di rianimare la sua virilità tramortita.

Quando s'accorse che la situazione, oltre che imbarazzante, era più grave del previsto, Ludovico sgusciò fuori dal letto e, recuperati i propri indumenti, si rivestì in fretta. « Lascia perdere... » le disse scontroso, « oggi non è proprio giornata ». Avvertendo come un peso dentro al petto che non gli dava pace, lasciò il palazzo del genero, luogo prefissato ai suoi incontri amorosi, e se ne ritornò ai propri appartamenti al castello, arrivando giusto in tempo per cenare con la moglie.

Per tutta la sera parlò quasi per niente e sfuggì allo sguardo dei commensali, apparendo più pensieroso del solito. Mangiò poco e nulla e poi, calata la notte, si ritirò in camera in compagnia della moglie, ma neppure allora trovò ristoro ed anzi, sistematosi dinnanzi all'ampia finestra semiaperta, un bicchiere di vino semivuoto alla mano, si mise a picchiettare col grosso indice sul davanzale, palesemente nervoso.

Beatrice, seduta dinnanzi all'alta specchiera, rideva nascostamente mentre spazzolava con cura la lunga chioma ondulata. Conosceva perfettamente il male che affliggeva l'animo del marito e parimenti sapeva che quella notte per lui sarebbe stata un inferno, proprio per questo, riconoscendosi tutto sommato crudele, deliberò di farlo penare ancor di più. « Ludovico, che ne dici, andiamo a letto? » gli propose allora, poggiando la spazzola sul mobile.

Quello, come colto alla sprovvista, si volse a guardarla con aria spaurita, quasi temesse invero quella richiesta. « Sì... sono sfinito, sarà meglio... » prontamente andò a sistemarsi a letto, sotto le coperte, attendendo che anch'ella venisse. Trattenendo le risate a stento, Beatrice lo raggiunse, sedendo al suo fianco. « Spero tu non sia troppo stanco anche per me, però... » soggiunse maliziosa, poggiando il capo sulla sua spalla possente.

Il marito deglutì silenziosamente. « Io... Beatrice, io ho molto da fare domani... » Quella fece mostra di non starlo a sentire ed anzi si sfilò lentamente la camicia dalle spalle, scoprendo il florido seno. « Avanti... » lo provocò, piegandosi sui ginocchi di modo d'accostarsi ancor di più a lui, « non mi dire che non ti va... sarebbe la prima volta, Ludovico... »

Già, la prima volta... il Moro si morse la lingua. In un'altra occasione già solo quella vista sarebbe bastata ad infuocarlo in una maniera tale da non potersi affatto contenere, ma dopo la terribile disgrazia che gl'era capitata dubitava che sarebbe mai più potuto tornare a godere dei piaceri di Venere come una volta, donde tutta la sua disperazione.

Svelando la sapienza nascosta d'una cortigiana, Beatrice gli carezzò sensualmente il capo ed accostò il seno al suo viso, come più chiaro invito a farla sua, mentre con la mano libera gli percorreva l'ampio petto, scendendo sempre più verso il basso. La sua pelle profumava degli unguenti alle erbe odorifere che la mantenevano morbida e delicata, i suoi capelli disciolti gli solleticavano il collo, rendendo ancor più atroce quella dolce tortura. Ludovico si sentì morire, ché avrebbe pagato tutto il suo oro pur di poterla possedere lì e subito, ma non ne aveva il modo.

Quando la manina della moglie, stranamente bramosa, si spinse troppo in là alla ricerca di quel che le fanciulle, arrossendo, mai non nominano, egli reagì d'istinto e con uno scatto le bloccò il polso, rovesciandola al contempo sul materasso, prima che potesse scoprire l'imbarazzante verità. In un attimo le fu addosso, si fece spazio tra le sue gambe, sicché la camicia le scivolò lungo le cosce, e si chinò a baciarle il seno così come solo lui sapeva fare.

Beatrice rimase profondamente sorpresa da quel suo gesto avventato, ch'era successo? Possibile mai che le malie di quella strega non avessero sortito alcun effetto sulla prorompente virilità del Moro? Sembrava tornato il toro ch'era sempre stato, con le grosse mani la stringeva, la cercava, percorreva ogni forma del suo corpo, ma era tutto destinato a concludersi prima del tempo.

Non ebbe infatti ancora molto a congetturare che ben presto il marito s'interruppe, impossibilitato a proseguire oltre. « Che succede, Ludovico, tutto a posto? » gli chiese lei di conseguenza, fingendo un'ingenuità che, a dirla tutta, non possedeva.

Ludovico si tolse da sopra di lei e per qualche istante se ne rimase in silenzio, come in meditazione. « Io... io ho dolore alla schiena, perdonami... » si giustificò alfine e, senza neppure concederle il tempo di replicare, abbandonò il letto e rifuggì per le scale che conducevano ai suoi appartamenti, prima che la moglie avesse modo di fargli notare l'assurdità della sua scusa.

Una volta che se ne fu andato, Beatrice rise fino a farsi mancare il fiato, tanto il gioco la divertiva, poi, ancora col sorriso sulle labbra, si coricò e prese il sonno. Anche nei giorni seguenti la situazione non migliorò affatto e Ludovico, sempre più disperato, non essendo riusciti neppure i suoi astrologi a trovare la causa del suo male, si recò nuovamente da Lucrezia per vedere se mai riusciva con la sua boccuccia magica a resuscitare la sua virilità defunta.

La povera donna lavorò senza tregua per una buona mezz'ora, mettendoci tutta la propria arte ed adoperando le migliori conoscenze, ma quando proprio non ne poté più, si fermò e gli disse « qui non succede nulla, per quanto ancora devo continuare così? »

Avvilito nel profondo, Ludovico si riallacciò le brache e le fece segno di rialzarsi. « Maledizione! » Com'era potuta accadere una simile disgrazia proprio a lui? Egli che fin dalla prima giovinezza era sempre stato sciupafemmine di mestiere e grande amatore per indole?

Quella notte stessa, avvisata che il marito stava per condursi in camera sua, Beatrice mandò via tutte le serve, benché l'avessero preparata solo a metà, accese qualche candela qua e là attorno al talamo, e poi, sentendo i passi di lui farsi ora sempre più vicini, corse a sistemarsi a letto e si fece trovare già svestita. Aveva programmato tutto fin nei minimi dettagli, affinché più crudele risultasse la tortura, vi sarebbe stato dunque lungamente da divertirsi.

Allorché Ludovico, aperta la porta, come un'anima in pena fu entrato all'interno, sollevò gl'occhi verso di lei e scorgendola che lo aspettava già nuda, mollemente adagiata sulle lenzuola intatte, rimase ammaliato. Andò diritto a sedersi sul bordo del materasso, inclinandolo tutto da una parte, e con lo sguardo si soffermò per lunghi istanti sul giovane corpo della moglie, con le sue curve sinuose e le forme invitanti, superbo spettacolo che fra tutti più preferiva.

Beatrice sorrise deliziosamente, sollevò il busto dal materasso e allungò una mano verso di lui, carezzandogli il mento. « Che ne diresti di un po' di vino? » gli propose. Caduto nella sua trappola, Ludovico s'alzò e andò a versare un bicchiere di rosso dalla brocca lasciata preventivamente sul tavolo, quindi tornò da lei.

La moglie lo prese tra le mani, ma non se lo portò alla bocca, com'egli s'aspettava, v'immerse piuttosto dentro un dito, per poi passarlo lentamente lungo le labbra sottili del marito, di modo che ne avvertisse egli stesso il sapore. « È buono? » gli domandò, e come questi le ebbe confermato di sì, ella v'immerse nuovamente le dita per poi cospargersi lentamente di vino il seno.

Ludovico ne rimase a dir poco sbalordito, ché sua moglie non era mai stata... provocante. In cinque anni di matrimonio era sempre stata donna pudica e restia a qualsivoglia atto andasse oltre i limiti ch'ella stessa si era prefissa, e proprio adesso s'era mutata a questo modo? Giusto adesso ch'egli non poteva godersela?

Non resistendo comunque alla tentazione, si chinò su di lei e prese a baciarla con desiderio, appropriandosi dell'acre sapore del vino che pian piano l'era scivolato lungo il ventre. Sperava di poter guarire in quel frangente stesso, in un modo o nell'altro, ma come s'accorse che ogni tentativo risultava vano, si discostò da lei e se ne rimase in silenzio, sentendosi sul punto di scoppiare a piangere per la frustrazione.

« Che ti prende, Ludovico? » lo interrogò allora la moglie, aggiungendo oltre al danno la beffa, « è da una settimana e oltre che non mi tocchi... forse non ti piaccio più? » Il Moro sollevò ver lei lo sguardo e con le dita tozze ripercorse lentamente il contorno del suo fianco. « Se non mi piaci? Mi fai impazzire, amore mio, mi fai impazzire ora più che mai... » sospirò, socchiudendo appena le palpebre. « Ti devo parlare, Beatrice... »

Quella corrucciò le sopracciglia sottili in un'espressione di simulata confusione e, quasi come preoccupata, afferrato un lembo del lenzuolo si coprì fino al seno. Il marito prese coraggio e solo allora le confessò « se potessi, mia adorata, se solo potessi farei l'amore con te dal tramonto fino all'alba, ma purtroppo... ecco... è successo che non... non mi funziona più ».

Beatrice rimase come di sasso a quella rivelazione. « Come? » Istintivamente strinse di più la presa attorno al lembo del lenzuolo che teneva aderente al petto, e Ludovico, temendo d'averla a questo modo allontanata da sé, con un rapido gesto le afferrò il polso e s'affrettò a spiegarle « non ti devi preoccupare assolutamente, mi hanno detto che ogni tanto può capitare che non funzioni, questione d'un paio di giorni e vedrai che tornerà come prima... »

Beatrice mise il broncio, visibilmente scocciata da quell'inconveniente. « Ed io mi dici nel frattempo che faccio? » si lamentò. Lo sguardo di Ludovico si fece furbo, a quelle parole. « Non è per nulla un problema », le assicurò, carezzandole con una mano la schiena nuda, « per il momento vedremo di fare anche senza » e, ciò detto, senza badare alle sue iniziali proteste, le strappò il lenzuolo di mano e provvide a soddisfarla coi mezzi che ancora gli rimanevano.

Sapeva però che la moglie non si sarebbe accontentata di questo poco ancora per molto e venne infatti l'ora, tre settimane e un giorno dopo il principio della tragedia, ch'egli più di tutti temeva. Nel pomeriggio del 20 Aprile la moglie lo raggiunse nelle sue camere, mandò via tutti i servitori e lo affrontò di petto. « Torno a casa da mio padre, Ludovico, e porto via i bambini con me ». Quello scosse la testa, incapace anche solo di recepire una simile notizia. « No.. no! Non te ne puoi andare, Beatrice, per Dio, non puoi! »

« Suvvia, chi vogliamo prendere in giro? » lo incalzò la moglie, in quel momento in piedi dinnanzi a lui che, viceversa, se ne stava seduto a capo chino nell'alcova della finestra, tutto mortificato. « Sono trascorse tre, e dico tre settimane, Ludovico, mica tre giorni, e ancora non sei riuscito a risolvere i tuoi... problemi... forse stare lontani ti farà bene ».

A dir poco disperato, il marito si gettò in ginocchio ai suoi piedi, le prese una mano e la trasse a sé, stringendola al proprio petto. « Ti prego, amore mio, ti supplico, ti imploro, non te ne andare... dammi ancora soltanto un altro po' di tempo e ti prometto che risolverò tutto, credimi! Soltanto qualche altro giorno di più! »

Beatrice finse di rifletterci sopra qualche istante ancora, alla fine, sfuggendo alla sua presa, incrociò le braccia al petto ed emettendo uno sbuffo gli concesse « soltanto altri sette giorni, Ludovico, poi torno da mio padre e chiedo l'annullamento (1), intesi? »

Povero sciocco, veramente la credeva capace di una simile bassezza? Abborriva l'annullamento del matrimonio esattamente come tutte quelle pratiche che andassero a ledere quel sacro vincolo che con fin troppa leggerezza in molti contraggono, ma farlo vivere nella paura che sarebbe potuto accadere era la più tagliente lama ch'aveva per spingerlo verso il pentimento e la redenzione.

Ludovico deglutì rumorosamente, assentendo di sì col capo. La moglie allora, ritenendosi abbastanza soddisfatta, gli voltò le spalle e se ne ritornò nelle proprie camere. Nella settimana di proroga che gl'era stata concessa, Ludovico, avendo visto che sia l'amante sia gli astrologi sia i medici avevano fallito miseramente, si gettò a capofitto nell'unica luce di salvezza che ancora scorgesse viva e fulgida, ossia la religione.

Ogni giorno per sette giorni, alla mattina, al meriggio e alla sera, egli si recò puntualmente a sentire la messa alle Grazie, pregando Dio e Cristo Gesù che lo reintegrassero nel pieno delle sue facoltà riproduttive, ma ogni suoi impegno si rivelò vano, poiché il male dell'impotenza perseverava ad affliggerlo.

Al declinare del settimo giorno, quando ormai il suo tempo era in procinto di scadere e i secondi e le ore lo spingevano sempre più verso il limitare estremo, in preda al più amaro sconforto si recò nella cappella del castello e lì, prostrato in ginocchio dinnanzi alla croce, pregò devotamente fino al crepuscolo.

Essendo stata informata da alcuni servitori della sua presenza lì, Beatrice s'intrufolò nascostamente nella cappella, badando bene a non farsi né udire né accorgere da lui, e ivi rimase in silenzio ad ascoltarlo pregare.

« Io lo so, mio signore, che questo male è la tua punizione per la mia sfrenata lussuria », lo sentì dire tra le lacrime, « e so anche che tu conosci quanto grande e sincero sia il mio pentimento, ora che so verso quale rovina mi sta conducendo, perciò ti scongiuro, liberamene, o Signore, ed io prometto in cambio di non peccare più. La mia Beatrice è quanto di più caro io abbia a questo mondo ed io non la voglio perdere, Signore mio, non la voglio perdere! »

Commossa infin nel profondo dalle sue parole, Beatrice s'asciugò una lacrima che, furtiva, le aveva rigato una guancia. Così com'era venuta, altrettanto silenziosamente lasciò la cappella e se ne tornò nelle proprie stanze, attendendo la sua venuta. Non molto tempo dopo difatti Ludovico si presento al suo cospetto col viso tutto contrito e lo sguardo basso, per portarle l'amara notizia del suo fallimento.

« Mi dispiace, anima mia », proruppe, allargando mestamente verso lei le braccia, « c'ho provato in tutti i modi, ma non c'è stato verso. Torna pure da tuo padre, se vuoi, non ti tratterrò, troverai un uomo migliore di me ». Sentendosi sull'orlo delle lacrime a quel pensiero, voltò il capo dall'altra banda e tacque.

Fuor dalla propinqua finestra la luna, ora nuovamente piena, effondeva i notturni raggi per la camera povera di luci, alluminandola a sufficienza, sicché ella, scorgendola, sorrise lievemente. S'accostò al marito e, presogli il viso tra le mani, lo costrinse a chinarsi verso di sé. « Veramente hai creduto che potessi lasciarti, sciocco che non sei altro? »

Prima che quello, con in viso un'espressione d'immenso stupore, potesse anche solo ribattere, la moglie lo baciò sulle labbra, per modo che questo solo bastò a ridestare in lui ciò che prima da cruda malia era mantenuto profondamente sopito.

Accorgendosi del mutamento immediato, Ludovico credette fermamente, in quell'istante, che fosse stato Dio ad esaudire i suoi accorati prieghi, e chissà che veramente non fosse stato così, si ripromise pertanto di rispettare il voto ch'aveva fatto e di rimanere fedele alla moglie fino alla fine.

Sentendosi proprio come rinato e quasi voglioso di pianto per la felicità immensa che in quell'ora provava, sollevò la moglie per i fianchi e le fece fare una giravolta. « Ti amo, oh! anima mia, ti amo da impazzire! » le disse, nuovamente sé stesso, prima di farla subito sua quella notte come in tutte quelle a venire.

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Note:

(1) È bene precisare che l'annullamento del matrimonio poteva essere concesso solo in pochissimi casi, fra questi l'impotenza o l'infertilità di uno dei due coniugi. Tuttavia dubito che, essendoci già di mezzo dei figli, sarebbe stato possibile procedere ugualmente all'annullamento, ma non avendo modo di saperlo per il momento non mi esprimo in merito. Quel che è certo è che, in ogni caso, i figli in quanto eredi sarebbero rimasti nella casa paterna, per cui non prendetemi sul serio questa volta, perché la novella è scritta per ridere.

 

 

   
 
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