Iniziativa:
Questa storia partecipa al #Writober 2019 di Fanwriter.it.
Prompt:
1000K (giorno 15).
Numero
parole: 982 (testo
canzone escluso).
Accettami
così, ti prego
non guardare
nella
mia testa c'é un
mondo da ignorare
Voglio
che tu sia mia complice
discreta
Accettami
e sarai la mia
bambola di seta
La
prima volta che ti ho vista, ho avuto paura. Forse, per la prima volta
in tutta
la mia vita.
Ho
avuto paura che tu potessi essere solo un’illusione, una
triste illusione
creata da quel luogo inospitale e terribile, che aveva deciso di
tormentarmi
inviandomi visioni effimere di una dolcezza per sempre perduta.
Invece,
tu eri reale. Ricordo ancora la prima volta che i nostri sguardi si
sono
incrociati. Mi spiavi di nascosto, mentre tuo padre mi urlava contro
insulti,
mi riempiva di lividi e graffi. Eri triste, stavi piangendo. Le ho
viste
chiaramente le lacrime bagnarti quegli occhi così sinceri e
puri, che stonavano
così tanto con quell’ambiente aspro, con
quell’aria velenosa e con quell’uomo
che pareva aver perso ogni briciolo di umanità, di
compassione.
Ti
sei avvicinata la sera o forse in piena notte. Dove vivevo io non
c’erano
finestre, era impossibile capire a che punto del giorno mi trovassi.
Sei
emersa dalle ombre e ti sei fermata, con una brocca d’acqua
in una mano e una
pezza bianca nell’altra. Siamo rimasti a fissarci per un
tempo che mi parve
infinito, finché non mi hai sorriso. Un sorriso bello, che
ai miei occhi ti
faceva brillare come il sole di mezzodì o come una luna
piena e pallida,
irraggiungibile e bellissima.
Ti
sei accostata a me con timore, forse temevi che ti avrei scacciata.
«Ciao,
io sono Esmeralda. Voglio solo prendermi cura delle tue
ferite», mi hai detto e
io ti ho lasciata fare, stringendo forte i denti per non urlare.
Avrei
voluto piangere, sai? In fondo ero poco più di un bambino,
come te. Invece, ho
ricacciato indietro le lacrime e ti ho guardato con la mia finta
spavalderia,
masticando un ringraziamento. Quel giorno non ti ho ringraziata a
dovere non
perché non avessi apprezzato il tuo gesto, ma
perché non sapevo come sdebitarmi
e perché avevo paura che tu potessi vedere cosa avevo nel
cuore: tanta tanta
paura.
Tu
mi hai sorriso di nuovo e mi hai parlato senza sosta, dicendomi che
avresti
rischiato qualsiasi cosa, anche la vita, pur di venirmi a curare le
ferite.
«Non
è giusto che tu soffra in questo modo, ma non posso farci
nulla, se non darti
un po’ di conforto», mi hai detto e sei arrossita.
Eri
così delicata e dolce, Esmeralda...
Accettami
e vedrai,
andremo fino in fondo
Non
pensare a cosa è
giusto e cosa sta cambiando
Andiamo
al polo nord o al
sud se preferisci
Accettami
ti prego, dimmi
che ci riesci
Non
ho detto mai di
essere perfetto
Se
vuoi ti aiuto io a
scoprire ogni mio difetto
Se
ne trovi di più,
ancora mi sta bene
Basta
che restiamo ancora
così insieme
Quando
mi sono innamorato di te?
Sorrido
mio malgrado, nonostante le lacrime che mi appannano la vista.
Sai
che non lo so? In mezzo a tutto quel dolore, quelle privazioni,
quell’odio che
mi corrodeva pian piano tu eri l’unico raggio di speranza che
mi dava la forza
di non mollare, che mi trascinava ancora vivo a fine giornata, certo
che tu
saresti venuta da me e mi avresti rivolto parole gentili e sorrisi
sinceri e
cure affettuose.
Hai
pianto tante volte per quelle orrende percosse che tuo padre mi
infliggeva,
chiedendomi perdono, come se la colpa fosse stata tua. Era una cosa che
non
potevo sopportare. Proprio tu, un’anima innocente, non poteva
incolparsi per
crimini non suoi!
Non
so cosa mi abbia spinto a farlo, forse l’emozione o quel
sentimento che non
riuscivo più a negare a me stesso e che nonostante
l’aridità di quell’isola era
alla fine sbocciato, ma ti ho stretto a me e ti ho proposto di fuggire,
all’improvviso, senza pensare che sarebbe stato inutile,
senza pensare che se
tuo padre ci avesse scoperti – e lo avrebbe fatto –
ci avrebbe uccidi entrambi.
Tu, però, mi hai guardato con quegli occhi grandi e
languidi, senza paura, come
se non aspettassi di sentire altro. Mi hai preso per mano e mi hai
parlato fra
le lacrime.
«Che
folle magnifica idea», hai sussurrato, lo ricordo come se mi
stessi parlando
ora, ti sento nel vento, «fuggire con te, andare lontano
senza voltarsi mai
indietro, sarebbe un sogno. Vorrei vivere con te solo, con
l’unica persona che
abbia mai amato nella mia triste vita su quest’isola
maledetta.»
«Io
non sono perfetto, Esmeralda. Io... io... diventerò come tuo
padre», ti ho
risposto con il cuore straripante di tristezza.
«No!
Tu non sarai mai come lui, mai.»
«Come
fai a dirlo?»
«Perché
c’è bontà nel tuo sguardo e
c’è... c’è amore.»
Poi,
sei arrossita e io con te. La mia mano ha tremato fra le tue, mentre le
nostre
labbra, come guidate da un atavico richiamo, si sfioravano leggere...
Amo,
amo, è qualcosa di
speciale
Su
e giù per lo stomaco è
come un temporale
Amo,
amo, è il sugo sulla
pasta
Finché
non è finito non
saprò mai dire basta
Amo,
amo, è un dono di
natura
Perchè
la nostra storia
non è solo un'avventura
Amo,
amo, è una semplice
canzone
E
serve a me per dirti
che sei una su un milione
E
io ti avrei davvero portata via con me una volta conquistata
l’Armatura della
Fenice. Era questo il mio obiettivo, ciò che mi impediva di
arrendermi, di
buttarmi giù, di soccombere all’odio e alla
violenza di tuo padre.
Una
volta conquistata l’Armatura, nessuno sarebbe mai riuscito a
contrastarmi e io
ti avrei salvata.
Tuttavia...
Tu
sei stata uccisa.
Chiudo
gli occhi per non guardare la tua tomba sotto di me, per impedire a me
stesso
di scoppiare di nuovo in lacrime. Quelle che ho versato il giorno della
tua
morte, sul tuo corpo che diveniva sempre più freddo, erano
le ultime che Ikki
di Phoenix avrebbe mai conosciuto.
I
nostri sogni si sono infranti con la tua vita schiantata da quel mostro
che ti
ostinavi a chiamare padre e che io ho ucciso. Lo so che non avresti
approvato,
ma non avevo altra scelta. Tu eri morta e a me non restava che
realizzare il
tuo ultimo desiderio, quello di andarmene da quest’isola che
ogni giorno
continuo a maledire. L’unico modo era conquistare
l’Armatura della Fenice e
l’unico prezzo da pagare era diventare un assassino.
L’ho
pagato, quel prezzo, ma non me ne vergogno. Non più. Mi
dispiace Esmeralda, ma
nonostante siano passati tanti anni, io non riesco a provare
pietà per tuo
padre. Spero, però, che tu possa provarla per me.
Non
sono mai stato l’anima innocente che credevi, mi dispiace di
averti delusa.
Tu,
invece, sei sempre stata l’unica per me e, te lo giuro su
questa Sacra
Armatura, continuerai a esserlo anche quando il mio corpo
avrà cessato di
vivere.
Angolino
dell’autrice:
Ciao
a tutti,
nonostante
siano eoni che bazzico su questo fandom, prima solo come lettrice e poi
come
autrice, è la prima volta che scrivo su Ikki ed Esmeralda.
Come avrete notato
non ho inserito la canzone per intero, ho saltato il primo ritornello,
ci tengo
a precisarlo.
Non
sono molto abile con le song-fic, ma quando ho letto il prompt, non ho
potuto
fare a meno di pensare al brano di Alex Britti, che mi ha accompagnato
nell’infanzia.
Beh,
spero che questo scorcio nei pensieri del mio Bronze preferito vi sia
piaciuto
e mi auguro di avergli reso giustizia.
p.s.:
per chi fosse masochista volesse, QUI
sul mio blog trovate tutte le altre storie scritte fino a oggi per il
writober.
Senza
alcuna pretesa,
Elly