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Autore: Cdegel    17/10/2019    10 recensioni
Questo capitolo partecipa alla Ottobre Challenge: Trick or Treat? Indetta sul gruppo facebook il Giardino di Efp.
Prompt 46: “hai paura di me?”
Non disse più nulla, ma era chiaro che nella sua mente i pensieri si rincorrevano. Dal passato al presente al futuro.
Sulla soglia della dodicesima casa si voltò di scatto verso di lei
“Hai paura di me?” le chiese improvvisamente, quasi urlandolo, con urgenza
Non si aspettava quella domanda, per la verità, non avrebbe nemmeno avuto senso porla, quella domanda. Come poteva avere paura di lui?
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Agasha, Aquarius Camus, Kraken Isaac, Pisces Albafica, Scorpion Milo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Hai paura di me?
 
Questo capitolo partecipa alla Ottobre Challenge: Trick or Treat? Indetta sul gruppo facebook il Giardino di Efp.
Prompt 46: “hai paura di me?”
 
Non disse più nulla, ma era chiaro che nella sua mente i pensieri si rincorrevano. Dal passato al presente al futuro.
Sulla soglia della dodicesima casa si voltò di scatto verso di lei
“Hai paura di me?” le chiese improvvisamente, quasi urlandolo, con urgenza
Non si aspettava quella domanda, per la verità, non avrebbe nemmeno avuto senso porla, quella domanda. Come poteva avere paura di lui?
 
I personaggi di Saint Seiya appartengono al loro autore, M. Kurumada, questa ff è scritta senza scopo di lucro. 
I soli personaggi qui inventati, e solamente accennati, sono Endien e Umbriel, presenti nella ff "Fino in Fondo". In questa ff, Agasha è reincarnazione dell'Agasha di LC, che all'epoca dei fatti di LC aveva 18 anni, coetanea di Shion. Adesso è all'incirca coetanea dei Gold Saint.
Questa one shot è parte della ff  “Fino in fondo”, ma non ne costituisce un capitolo fondamentale. E’ solo uno dei tentativi di Albafica di avvicinarsi ad Agasha, o viceversa.
Isaak è l’altro allievo di Camus, il cui ritorno è spiegato velocemente in “la ragione per cui le cose accadono”
Buona lettura!
 
Erano trascorse settimane da quei giorni al rifugio, da quella sera sul terrazzo, in cui si erano rivisti per la prima volta, dopo secoli. Dal momento in cui le sue dita avevano sfiorato delicate il suo viso.
Non si era più concesso il rischio di farle del male. Non avrebbe voluto concederselo nemmeno quella volta, ma la sorpresa lo aveva bloccato.
Da quel giorno avevano parlato spesso, avevano parlato tanto, questo sì, anche se non era riuscito a dire nemmeno a lei ciò che lo turbava di più.
Quel pomeriggio, in cui si erano incontrati per caso nella biblioteca del tempio, le sue ricerche continuavano senza posa, a quanto pareva.
Albafica non si aspettava di trovarla lì. Era andato a cercare, in quello stanzone che chiamavano il magazzino del passato, qualcosa che gli riportasse un po' di casa nel cuore. Qualcosa del suo passato, di Lugonis, in particolare.
Perché Aphrodite, al contrario di lui e di Lugonis, che non avevano eliminato completamente gli oggetti cari ai precedenti cavalieri di Pishes, lui aveva fatto piazza pulita di tutto ciò che era il passato e aveva decorato la casa con cristalli e velluti, a dire il vero poco apprezzabili ed appariscenti, almeno per Albafica, che aveva intenzione di scambiare quegli oggetti preziosi con ciò che a lui era caro, anche se più semplice. Non per mancanza di rispetto verso un successore, che si era dimostrato comunque indegno tanto della sua armatura, quanto della storia di Pishes.
Da un po' si sentiva di nuovo in forze, si allenava molto e anche nel poco tempo libero che gli restava non gli piaceva oziare, se non al mattino, in cui restava a rigirarsi nel letto almeno fino alle sette, sentendo, spesso, il cavaliere di Aquarius e Milo che già si allenavano di buona lena di fronte all’undicesima casa.
Quella mattina anche lui si era allenato con loro.
“non ti preoccupare, non abbiamo paura del tuo sangue, Pishes… fatti sotto” Milo lo aveva sfidato e lui non aveva saputo resistere. Camus si era fatto da parte e lo osservava. Le sue movenze aggraziate e velocissime erano qualcosa che lui non aveva mai osservato in Aphrodite. Sebbene Albafica non si potesse definire esile, era capace di movimenti leggeri e rapidi, che erano ciò che avrebbe voluto insegnare ad Isaak e Hyoga durante il loro addestramento. Nei suoi progetti di maestro, i suoi allievi avrebbero dovuto imparare a muoversi così, o almeno arrivarci vicino.
Hyoga era riuscito, più o meno, a raggiungere un risultato soddisfacente, Isaak, meno, era più forte, più massiccio, ma meno rapido. Quindi li aveva chiamati perché assistessero a quell’allenamento.
Quando erano arrivati, Albafica si era fermato
“chi sono?”
“I suoi allievi… hanno entrambi un’armatura. Il biondino è quello da cui si è fatto freddare, il cigno, l’altro è Isaak”
“quello che è andato a riprendersi nel regno di Poseidone?”
“esatto, custode dell’armatura dell’altare”
“argento”
“e’ decisamente un passo avanti a Hyoga… ma per lui saranno sempre allievi… sicuramente vuole che imparino qualcosa…”
“allora diamo loro qualcosa da imparare Milo”
Il loro scontro era ripreso con maggiore impeto. Milo era un avversario ideale, ed are vero, come Manigoldo, non aveva alcun timore di ferirsi o di ferirlo nello scontro.
“guardate come si muove Albafica, solo sulle punte dei piedi. Prova ad imparare da lui Isaak, visto che da me hai preso poco”
“io so muovermi…”
“ma hai comunque poca massa, sei più o meno come lui, non sei un carro armato come Milo, devi essere rapido se non vuoi che Scorpio ti riempia di buchi… osservateli, potete imparare qualcosa”
Al termine di quell’allenamento, Pishes aveva scambiato qualche parola con loro, poi era tornato alla dodicesima casa, e, una volta rinfrescatosi, si era diretto alla biblioteca, senza la sua armatura e con una pila di scatoloni stracolmi tra le braccia.
Entrò nella biblioteca aprendo la porta con un gomito ed infilandosi, attento a non far cadere tutti gli scatoloni con le chincaglierie che contenevano, che tintinnavano ad ogni movimento più dei braccialetti di cui adorava il suono, quelli di Agasha.
Entrò dirigendosi dritto dritto alla porta dello stanzone
“stai traslocando Albafica?”
Quella voce lo fece trasalire, perché la riconobbe e ne fu sorpreso. Sorpreso che fosse lì, non certo dispiaciuto.
“no, diciamo che … mi sto riappropriando di casa” le sorrise e depose gli scatoloni sul tavolo
“ti sei liberato giusto di due cosette… vedo”
“solo una parte…una piccola parte…”
Lo sguardo di Albafica era di nuovo luminoso, sicuro, fiero, come lo ricordava, anche quel velo di tristezza sembrava meno profondo, seppure presente.
Lei era seduta sul tavolo, come sua abitudine. Quell’abitudine che Camus tentava in ogni modo di sradicare e che lei, invece, aveva trasmesso anche a Milo, per somma gioia di Aquarius. Per Albafica che fosse seduta su una sedia, su un tavolo o sulla luna, restava sempre una gioia per gli occhi, e purtroppo, soltanto per quelli. Si rammaricò. Lei colse quel cambiamento nel suo sguardo.
“tutto bene?”
“si” sospirò. Vorrei tanto poterti stringere a me Agasha. Vorrei… smetti di pensarci Albafica.
Cambiò discorso “non dovevi essere all’università oggi? Endien mi ha detto che avreste dovuto fare una lezione alle nuove matricole”
“in due sarebbe stato del tutto inutile, non ha bisogno di una spalla, riesce ad affascinare gli studenti… lo ascolterebbero per ore”
“ e tu?”
“io mi occupo delle prove sul campo… a lui la teoria, a me la pratica… ci siamo divisi i compiti, così ci resta più tempo per questa ricerca”
“a che punto siete?”
“penso a buon punto” Stavolta non sarai solo. Stavolta sarai tu, a farlo a pezzi, quel burattinaio folle e non si risveglierà più. Te lo prometto. Stavolta sarò con te, in qualche modo. E annienterete il male senza nome. Voi tredici. Perché riuscirò, troverò Ofiuco, ovunque quel demonio lo abbia celato. Per te. Per voi.
“Agasha”
Si era avvicinato a lei, si era avvicinato tanto. Sei un folle Albafica, non puoi farlo.
Sembrava voler fare quel passo in più. Poi si trattenne. Niente da fare. La distanza restò comunque, anche se minore del solito. Aveva stretto i pugni e abbassato il viso. I suoi occhi erano serrati. Perché ti trattieni?
Non era sua intenzione vederlo soffrire. E stava soffrendo, era evidente, perché era chiaro che desiderasse ciò che desiderava lei, ma per ragioni ovvie si impediva di fare una mossa in quella direzione. Lo capiva, iniziava a sentirne il peso, ma capiva la ragione per cui lui si tratteneva e lei, al momento, non poteva fare nulla per cambiare le cose. Il veleno di Albafica era più potente del passato e tutto il suo lavoro per trovare un antidoto era ricominciato. Per fortuna il laboratorio di chimica dell’università, stavolta, le era di aiuto. La composizione del veleno variava costantemente, così che anche per un nemico era pressochè impossibile sviluppare un anticorpo naturale.
Questo complicava molto le cose però per lei, che, con Umbriel, stava cercando di trovare un antidoto, per potersi prendere cura di lui, se fosse stato ferito, perché chi lo avesse fatto doveva essere immune al suo veleno per non rischiare di rimetterci la vita.
Umbriel si era dimostrato attento, e lei era certa, fosse già a conoscenza di gran parte dei segreti di questo veleno. Deftero. Lui doveva essere il cavaliere di Gemini. Perché ancora non si fosse rivelato, beh, questo era parte del mistero che stava cercando di svelare. Forse Umbriel nemmeno lo sapeva, o, se lo sapeva, lo nascondeva bene.
“Albafica… ti aiuto a portare gli scatoloni, ti va?”
Scosse la testa “no Agasha…  sono troppo pesanti per te… ma… vieni con me ?”
“andiamo” gli sorrise e scese dal tavolo
Lui prese di nuovo gli scatoloni, il cui contenuto riprese a tintinnare
“cosa c’è lì dentro?”
“qui solo calici”
“calici?”
“Ne aveva un’infinità, di ogni forma e dimensione, tutti di cristallo, tutti in coppie… non so cosa ne facesse… in ogni caso non mi interessa… c’è una quantità di ammennicoli inutili nella dodicesima casa…”
Lei rise poi gli aprì la grande porta di legno. Lui depose a terra gli scatoloni, poi si guardò intorno. Individuò quasi subito ciò che stava cercando, era ammassato in un angolo, deposito alla rinfusa, quasi gettato a terra senza alcun riguardo.
Si chinò e raccolse una ciotola, ormai inservibile, spaccata in due. Ricordava quante volte la vista di quell’oggetto gli aveva fatto venire l’acquolina in bocca. Lugonis infatti, di tanto in tanto, gli preparava delle mele dolci, probabilmente cotte con il miele e delle spezie. La posò con cura a terra. Poi sotto stracci e oggetti sbeccati e rotti, ormai inutilizzabili, trovò un ritratto di Lugonis e sfiorò quel quadro impolverato, in cui il volto ritratto era ormai quasi indistinguibile dal fondo, ma lui ne distinse perfettamente i contorni e percorse il viso amato con la sua mano. Pianse, seppure senza emettere un solo singhiozzo. Lei vide le lacrime scorrere sulle guance. Quanto ti manca. Quanto avrebbe voluto abbracciarlo e stringerlo forte. Cosa darei per poterti stare vicino come vorrei.
“lo riportiamo a casa?” gli chiese, con dolcezza, quasi come una carezza, la sua voce
Annuì e si sollevò. In cambio di tutta quelle chincaglierie, aveva riavuto una parte di sé. Uscirono e lui stringeva quel ritratto tra le mani.
Non disse più nulla, ma era chiaro che nella sua mente i pensieri si rincorrevano. Dal passato al presente al futuro.
Sulla soglia della dodicesima casa si voltò di scatto verso di lei
“Hai paura di me?” le chiese improvvisamente, quasi urlandolo, con urgenza
Non si aspettava quella domanda, per la verità, non avrebbe nemmeno avuto senso porla, quella domanda. Come poteva avere paura di lui?
“no Albafica” rispose tranquillamente
“ma io sono pericoloso” era agitato
“e’ ovvio. Sei un Saint di Atena. Tu DEVI essere pericoloso”
“non hai capito”
“ho capito benissimo. Non ho paura di te. Né del tuo sangue. O di starti vicino”
“E adesso una persona qualsiasi…” non finì la frase e fissò il suo sguardo per terra, stringendo il ritratto come avrebbe voluto stringere lei
“tu non sei una persona qualsiasi… Albafica”
Era vero, erano lì a guardarsi come fa chi è innamorato. Erano uno di fronte all’altra. E sarebbe bastato così poco. Ma era impossibile e in quel momento lei si rese conto che attendere quel momento per secoli e non poter fare ciò che era così ovvio e semplice la faceva sentire così impotente. Fu lui a spezzare quel silenzio.
“Grazie per essere venuta con me…” abbassò lo sguardo sul quadro “quasi non si vede più il volto di Lugonis…”
“e’ qui il suo volto e anche tutto ciò che ti ha dato, e lo porterai sempre con te” gli posò una mano sul petto. Istintivamente cercò di tirarsi indietro, ma accettò quel tocco sulla sua maglia. Sentendosi il tessuto premere sulla pelle. Doveva accontentarsi di questo. Poteva farlo? E per quanto tempo prima di impazzire?
“domani tornerò in biblioteca… verrai?”
“si” le sorrise. E quel sorriso era  capace di aprirle il cuore.
“a domani Albafica”
“a domani Agasha” le donò una rosa.
   
 
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