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Autore: Nike90Wyatt    31/10/2019    1 recensioni
Un Halloween davvero da brividi attende i nostri eroi mascherati di Parigi.
Un vero incubo li imprigionerà e sarà davvero dura arrivare alla vittoria sull’akumizzato. Papillon, questa volta, ha fatto leva su una persona che non desidera altro che vivere di orrore e vendicarsi su chi quest’orrore lo teme sino al punto di deriderlo.
Il potere dei Miraculous di Ladybug e Chat Noir riuscirà a prevalere?
E come vivranno questo Halloween la dolce Marinette e l’introverso Adrien?
Genere: Azione, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Incubo a Parigi

Marinette Dupain-Cheng diede un’ultima occhiata allo specchio, nella sua camera. Ritenne che i suoi capelli corvini, raccolti in uno chignon, avessero bisogno di un’ulteriore sistemata. Voleva essere perfetta quella sera.
In occasione di Halloween, la scuola aveva organizzato una piccola festa a tema, a cui erano invitati tutti gli studenti, a patto che si presentassero mascherati. Non vi era alcun vincolo sulla scelta del costume, ma sarebbe stata oltremodo apprezzata la fantasia e l’originalità.
La ragazza era euforica ma contemporaneamente agitata. Alla festa avrebbe preso parte anche Adrien Agreste. Suo padre Gabriel gli aveva concesso il permesso di andare ed il giovane non aveva perso tempo ad informare i suoi compagni. Un evento più unico che raro.
Per Marinette era un’opportunità da sfruttare: passare del tempo con lui, magari strappargli la promessa di un ballo, prendere più confidenza nei propri mezzi. Sperò solo che quel programma perfetto che si era prefissata non sarebbe stato ostacolato da Chloè o, peggio, da Lila. Quell’arpia non perdeva mai l’occasione per screditarla di fronte ai compagni, trascinandola in un vortice di menzogne e sotterfugi. Le uniche armi che era in grado di usare. Per fortuna, l’unico che sembrava non prestarsi mai ai subdoli giochetti dell’italiana era proprio Adrien. E, forse, era questa l’unica consapevolezza che alimentava l’ottimismo di Marinette quella sera.
Scosse il capo per liberare la mente da questi pensieri e tornò a concentrarsi sulla sua acconciatura. Adagiò sulla testa una coroncina nera con le punte argentate ed osservò la sua immagine riflessa. Su suggerimento di Alya, aveva disegnato e confezionato lei stessa il costume da indossare: era un vestito completamente nero, privo di spalline, con scollo a cuore; uno stretto corpetto le avvolgeva il busto aprendosi, in basso, in un’ampia gonna sulla cui estremità vi era una striscia di piume, anch’esse nere. Il bel volto, delicato e definito, era ricoperto da un leggero trucco sfumato di un pallido bianco. Gli occhi erano contornati da un paio di grandi ali di cigno, disegnate con un eyeliner.
Finalmente fu soddisfatta del suo look, esibendosi in un energico cenno del capo, accompagnato da un mormorio d’assenso.
Volteggiò su sé stessa per mostrarsi a Tikki. «Come sto?»
«Sei bellissima, Marinette.» rispose il kwami rosso.
Un raggiante sorriso si dipinse sul volto della giovane. Preparò la pochette, abbinata al suo aspetto, e Tikki vi svolazzò all’interno. Afferrò, dunque, il suo cellulare. Una sfilza di notifiche intasava lo screensaver del dispositivo, tutte con lo stesso mittente, Alya.
Marinette emise un acuto strillo di panico. Era in ritardo. Come al solito.
Si affrettò ad infilarsi la giacchetta di pelle scura, su cui aveva opportunamente incollato diverse piume, e corse via. Per fortuna la scuola si trovava sul lato opposto della strada rispetto a casa sua.
 
L’edificio scolastico era addobbato a modo per la ricorrenza del 31 ottobre. Un enorme festone verde, lacerato intenzionalmente sui lati, troneggiava sull’ingresso. Sulle scale erano poggiate in fila, in modo alternato, zucche intagliate e candele accese.
Marinette attraversò l’incrocio a passo svelto.
Nel percorrere quel breve tratto, si stupì nel vedere i dintorni deserti, sebbene, ogni anno, le strade fossero affollate in quel preciso giorno. Inoltre, era tutto tremendamente silenzioso. Si aspettava di sentire il baccano proveniente dal cortile della scuola o la musica suonata dalla band composta dai suoi amici, i Kitty Section. Nulla. Solo una quasi impercettibile melodia gorgheggiata dalla voce di una bambina, in lontananza.
Decise di raggiungere il cortile.
Anche in questo caso, le decorazioni a tema abbondavano. I corrimano delle scale e le ringhiere del piano superiore erano avvolte da finte ragnatele. In alto, lunghi festoni neri reggevano lanterne arancioni. Lo spazio era illuminato anche da luci al neon verde fluorescente. In fondo, era stato allestito un piccolo palco per la band, sul quale vi erano due sculture a forma di fantasma, vari insetti e pipistrelli di gomma e un gioco di luci e riflettori rendeva l’effetto più di impatto. Sulla destra, invece, campeggiava un lungo bancone con una tovaglia nera, ricco di dolci gentilmente offerti dalla pasticceria dei coniugi Dupain-Cheng.
Gli studenti dell’istituto avevano contribuito con le decorazioni ed avevano svolto tutti un eccellente lavoro. In quel momento, però, l’ambiente era tetro e spaventoso e non a causa degli addobbi ma perché completamente deserto.
Marinette si guardò in giro sorpresa e preoccupata. «C’è nessuno?»
Silenzio totale.
In un primo istante pensò ad uno dei soliti tiri mancini di Lila, ma notò il disordine nei pressi del bancone dei dolci e gli strumenti abbandonati sul palchetto. Come se tutti avessero abbandonato il cortile in fretta.
Determinata ad andare a fondo nella faccenda, si spostò nella zona armadietti. «Ragazzi, dove siete?», la voce leggermente tremolante tradiva la sua inquietudine. «Se è uno scherzo non è divertente.»
Diede un’occhiata al locale toilette. Vuoto anch’esso.
Nel frattempo, quella cantilena udita in precedenza era aumentata di intensità, come se adesso la proprietaria di quella voce si trovasse nel cortile.
Un brivido di paura corse lungo la schiena di Marinette. Prese un profondo respiro e mosse un passo verso la porta dei bagni, intenta a tornare nel cortile per accertarsi della fonte di quella melodia.
Un braccio le cinse da dietro i fianchi, mentre il palmo di una mano fu premuto sullo sue labbra impedendole di urlare. Fu trascinata all’interno di uno dei bagni. Chiunque l’avesse afferrata fu ben accorto a richiudere la porta senza far rumore. Lei si dimenò per un po’, cercando di liberarsi dalla stretta ma invano.
«Sta calma. Non voglio farti del male.» le sussurrò una voce maschile. «È per la tua sicurezza!»
Il tono pacato, deciso e piuttosto familiare riuscì a tranquillizzarla, anche se non del tutto. Quella situazione lugubre ed agghiacciante la angosciava.
Udì la porta della zona armadietti aprirsi. Il canto cresceva di intensità. Ricordava la melodia di una ninna nanna ma, dato il contesto, il suono era raccapricciante.
La porta della sala bagni si aprì. Marinette ebbe quasi l’impulso di dare una sbirciata attraverso la fessura del cubicolo, ma sarebbe stata una mossa avventata. Sentì la mano premuta contro la sua bocca stringere la presa; si accorse che, comunque, quel ragazzo fece attenzione a non farle male.
Furono attimi interminabili.
Finalmente, la voce si affievolì, allontanandosi dal locale toilette. Passarono altri secondi prima che la corvina avvertisse la presa sciogliersi. Libera da quella morsa, tirò un lungo e rumoroso sospiro e uscì da quel posto angusto. Si voltò per poter guardare il suo “salvatore”. Come aveva intuito, era un ragazzo della sua età, anche lui invitato al party. Una bandana rossa, a cui erano attaccati dei piccoli monili argentati, copriva una folta parrucca nera, in un’acconciatura rasta, con sfumature bionde su alcune ciocche. Metà del viso era coperto da una barba posticcia dello stesso colore dei capelli, legata in due treccine all’altezza del mento. Indossava un gilet di seta scuro su una camicia bianca a maniche larghe, aperta all’altezza del petto. Una fascia rossa cingeva la vita. Infine, pantaloni marroni e stivali beige completavano il travestimento.
Sarebbe stato molto difficile identificare quel ragazzo. Ma Marinette riconobbe quegli occhi verde smeraldo. Li avrebbe distinti tra mille. «A-Adrien.»
Il giovane alzò l’indice in alto, scuotendolo. «Spiacente mademoiselle.», si inchinò con fare teatrale. «Io sono il Capitano Jack Sparrow. Ai suoi ordini.»
In un primo momento, Marinette ostentò perplessità di fronte a quella scenetta. Poi, iniziò a ridere di gusto, riuscendo a stemperare la tensione accumulata. «Sei bellissimo. Cioè, il costume è bellissimo e stai molto bene vestito così. Non che non stessi bene nei tuoi soliti abiti, ma... Oh insomma! Hai capito cosa intendo.», si schiaffeggiò col palmo sulla fronte per l’imbarazzo.
Fu il turno di Adrien di ridacchiare. «Ti ringrazio, Marinette.» Si fermò ad osservarla. Doveva ammettere che quel vestito le donava davvero tanto e quel trucco ben curato faceva risaltare l’azzurro dei suoi occhi. «Anche tu stai benissimo.» commentò, ignorando che quelle parole ebbero l’effetto di far imporporare le guance della ragazza. Per fortuna, non si notava dietro il pallido fondotinta. «Il cigno nero, giusto?»
Lei annuì e gli mostrò la fascetta al polso su cui era adagiato un piccolo cigno nero. «Ho adorato quel film. Ho voluto dare un tocco personale al look, per essere più originale.» Il suo volto tornò serio e cupo, spostando l’attenzione su quello che stava accadendo. «Cos’è successo qui? Dove sono tutti?»
Adrien si strinse nelle spalle. «Non lo so. Quando sono arrivato c’erano tutti. Alya continuava a mandarti messaggi sul cellulare. Io sono venuto qui per cambiarmi: non volevo farmi vedere conciato in questo modo da papà. Quando sono uscito. Il cortile era vuoto. Tutti spariti. Sentivo solo quella strana canzoncina.», portò una mano sulla nuca, assumendo un’espressione imbarazzata. «Mi sono spaventato e sono corso a nascondermi nei bagni. Stavo per chiamare aiuto al cellulare quando ho sentito la tua voce. Ho pensato che potessi essere in pericolo e ti ho trascinata nel bagno. Scusa se ti ho spaventata.»
Marinette scosse il capo. «Pensi si tratti di un’akuma?»
«Credo di sì. Altrimenti come si spiega la sparizione di decine di persone nel giro di qualche minuto?»
«Cosa facciamo?» Marinette era nervosa. La presenza di un akumizzato reclamava l’arrivo di Ladybug. Ma non le era possibile trasformarsi in presenza di Adrien.
Per sua fortuna, il ragazzo suggerì una soluzione agevole per scansare il problema: «Tu ritorna a casa. Sarai più al sicuro lì, in attesa che arrivino Ladybug e Chat Noir.» Anche lui aveva bisogno di una via di fuga per poter ricorrere al potere del suo Miraculous senza che la corvina lo vedesse.
«E tu cosa farai?» chiese Marinette d’istinto.
«Chiamerò il gorilla e mi farò riaccompagnare a casa. Mi nasconderò di nuovo se dovessi risentire quella cantilena.»
La ragazza assentì. Non le piaceva l’idea di lasciare solo Adrien in quella situazione, ma trasformarsi in Ladybug avrebbe alzato esponenzialmente le possibilità di proteggerlo ed evitargli qualunque rischio.
Con le orecchie tese e i sensi all’erta, i due attraversarono il cortile e raggiunsero il portone d’ingresso. Uno sguardo circospetto ai dintorni indicò loro la totale assenza di individui.
«Fa presto!» esclamò Adrien. «Corri e non fermarti fino a che non sarai dentro casa.»
«Fa attenzione, ti prego.» replicò Marinette.
Al cenno affermativo di lui, corse come un fulmine in direzione della pasticceria. Il negozio era chiuso data l’ora tarda, perciò dovette circumnavigare l’isolato per raggiungere l’ingresso dell’abitazione.
Adrien restò accanto al portone della scuola, accovacciato dietro ad un muretto. La vide svoltare l’angolo e tirò un sospiro di sollievo. Nonostante il richiamo dei suoi doveri da supereroe, non avrebbe mai permesso che Marinette corresse rischi.
Rientrò immediatamente nella zona armadietti, aprì il suo e vi gettò dentro bandana, parrucca e barba, liberando la sua chioma bionda. Scostò leggermente il gilet e dal taschino spuntò Plagg.
Il kwami nero esordì con un lungo e pigro sbadiglio. «Non mi hai preso nemmeno uno di quei deliziosi dolcetti.»
«Ti sembra il momento di pensare a mangiare?» sbottò Adrien. «Siamo in una situazione di emergenza.»
Plagg uggiolò. «Nemmeno a Halloween abbiamo un attimo di tregua.»
«Dopo potrai mangiare tutti i dolci che desideri. Per ora... Plagg, trasformami!»
 
Marinette appoggiò le spalle al muro, recuperando fiato dopo la breve corsa. Era il momento di mettere da parte angoscia e panico. Marinette poteva permettersi di avere paura, Ladybug no. Aprì la pochette.
«Stai bene, Marinette?» le chiese Tikki.
La ragazza esitò un istante, per poi esprimere la sua determinazione con un vigoroso cenno del capo. «Tikki, trasformami!»
I capelli corvini furono legati in due codini bassi. Il vestito fu ricoperto dalla tuta rossa a pois neri. La trasformazione cancellò dal volto ogni traccia del trucco.
Ladybug utilizzò il suo yo-yo per spostarsi rapidamente sul tetto della scuola. Da lì poteva osservare il cortile deserto. Conscia che la vista le sarebbe stata di poco aiuto, chiuse gli occhi ed affinò l’udito. In lontananza, sentì di nuovo quel canto.
Balzò sull’asfalto e giunse in prossimità della fonte della melodia. Si stupì nel non vedere comunque nessuno.
«Fatti vedere!» urlò minacciosa.
In tutta risposta, il canto crebbe d’intensità. Ladybug iniziò ad avvertire un fortissimo capogiro. La vista si annebbiò e una sensazione di nausea la pervase. Si sforzò di ignorare quel malessere, ma più la ninna nanna si intensificava più il corpo sembrava abbandonarla, i muscoli si irrigidivano. Cadde sulle ginocchia, tenendosi la testa tra le mani, mentre le pupille azzurre scomparvero dai suoi occhi, lasciando spazio alla sclera bianca. Infine, sbatté al suolo, priva di sensi.
 
Ladybug riprese conoscenza, stesa sull’asfalto. La nausea e il capogiro erano spariti, ma era ancora leggermente stordita. Si alzò in piedi e si guardò intorno. Una leggera foschia era calata sulla città, rendendo il tutto più cupo. Anche le luci artificiali sembravano più fioche. Un’ambientazione da film horror.
La cantilena era sparita. Tornò sui suoi passi e raggiunse la scuola. La scena che le si parò davanti era raccapricciante: tutti i suoi compagni erano stesi a terra, privi di conoscenza. I loro occhi erano spalancati ma vacui, le loro pelli colorate di un verde olivastro.
Si precipitò subito accanto ad Alya, chinandosi sul suo corpo: sul torace aveva una profonda ferita da artigli.
«Alya! Alya, svegliati!» urlò, la voce strozzata dall’agitazione. La castana era immobile, come se fosse un manichino.
Ladybug percepì un respiro cavernoso alle sue spalle, seguito da un acuto rumore metallico. Si voltò di scatto ritrovandosi a guardare la schiena del suo partner di battaglia. Le sue braccia erano in alto, reggendo il suo bastone posto come arma di difesa contro dei lunghi artigli metallici.
L’eroina guardò oltre la spalla del suo compagno e scorse la sagoma dell’akumizzato. «Chat!»
«È sempre un piacere vederti, insettina.», Chat Noir arretrò di un passo, spinto dall’avversario, ma tenendo ancora stretta la presa sul bastone, a contatto con quegli artigli. «Che ne dici di aprire le danze?»
Ladybug strinse i pugni, pronta a combattere.
Chat strattonò in avanti il bastone ed indietreggiò abbastanza per creare un paio di metri di spazio. Dunque, si inginocchiò.
Ladybug intuì al volo le sue intenzioni e corse rapidamente verso di lui. Saltò con un piede sulla sua schiena e si proiettò con tutto il corpo in avanti. La sua spalla incontrò lo sterno dell’akumizzato, il quale barcollò all’indietro. Non ebbe il tempo di reagire poiché si ritrovò lo yo-yo della coccinella dritto sul volto.
Chat Noir affiancò Ladybug ed entrambi si fermarono ad osservare l’aspetto mostruoso dell’akumizzato: era alto e longilineo, con un cappello borsalino marrone ed un maglione a strisce orizzontali verde scuro e rosso, sfilacciato ai margini. Il volto era deturpato da terribili cicatrici da ustione, mentre, dall’estremità delle dita delle mani, spuntavano lunghi artigli metallici, simili a lame di katane.
Un brivido scrollò le spalle di Ladybug. «È terrificante. Ricorda il mostro di un film.»
«Freddy Krueger.» ribatté Chat. «Stavolta Papillon si è superato.»
«Chat, pensi che loro siano...»
«Sono certo che il tuo potere rimetterà tutto a posto.»
Rincuorata dalle parole del ragazzo, Ladybug tornò a fissare l’akumizzato. Aspettò il momento giusto per lanciare il suo yo-yo, avvolgendo in un stretta gli artigli del mostro, bloccandone i movimenti.
Chat impugnò il suo bastone e si lanciò all’attacco. Piantò il piede destro a terra, utilizzandolo come perno, ruotò il busto seguendo il movimento della gamba sinistra ed effettuò uno swing, puntando al torace dell’avversario.
Quando il bastone si trovò a pochi centimetri da lui, Krueger svanì ed il colpo di Chat finì per impattare lo stomaco di Ladybug. La dinamica fu talmente rapida da non dare ai due ragazzi il tempo di reagire.
Ladybug emise un verso di dolore.
Chat corse subito accanto a lei. «Accidenti! Perdonami, Ladybug.» disse mortificato.
La giovane si appoggiò a lui e strinse i denti. Quindi, scosse il capo sorridendo. «Non preoccuparti, gattino. Ha sorpreso anche me.»
«Non era questo che intendevo quando ho detto di voler fare colpo su di te.»
Mantenendo il sorriso, lei roteò gli occhi al cielo.
Il volto allegro e malizioso di Chat lasciò spazio allo sgomento.
Krueger riapparve proprio alle spalle di Ladybug, in alto una mano artigliata pronta a colpire.
«Attenta, Ladybug!», Chat si gettò sulla ragazza cingendole i fianchi e trascinandola lontano da lì. Rotolarono sul pavimento e si ritrovarono stesi al suolo, lui sopra lei.
«Stai bene, M’Lady?» chiese Chat.
Lei annuì.
«Dobbiamo smetterla di trovarci in questa situazione.»
Ignorando il commento del biondino, Ladybug si concentrò sul loro avversario: lo vide intento a sferrare un altro attacco. Istintivamente, abbracciò Chat e rotolò di lato. Il fendente andò nuovamente a vuoto. Con una spinta delle mani, tornò in posizione eretta e caricò Krueger con una ginocchiata a mezz’aria. La braccia dell’akumizzato pararono il colpo, ma lei fu lesta a piantare un piede a terra, roteare su sé stessa e sferrare un calcio che lo colpì alla tempia.
Anche Chat, rialzatosi nel frattempo da terra, preparò un’offensiva deciso ad aiutare la sua partner. Notò che Ladybug aveva portato la sua mano destra dietro la schiena, indicandogli ad ampi gesti di attendere. Restò, dunque, sulla difensiva.
Krueger, stordito e furioso, azzardò un altro fendente laterale.
Ladybug si fece scudo facendo roteare lo yo-yo e parò il colpo. Sfruttando quell’apertura gli assestò un gancio al mento e scivolò sotto le sue gambe, stendendo il cavo dello yo-yo in modo da legarlo. «Ora, Chat!»
Chat alzò il bastone oltre la sua testa e caricò il colpo dall’alto. Anche stavolta, però, Krueger scomparve a pochi istanti dall’impatto. Il bastone scheggiò il pavimento mentre il cavo si adagiò al suolo.
«Comincia a darmi sui nervi.» commentò Ladybug.
«Hai idea di dove possa trovarsi l’akuma?»
La ragazza scosse il capo. «Sono indecisa tra il cappello e i suoi artigli.»
«Forse dovresti ricorrere a  un po’ della tua fortuna.»
Ladybug abbozzò una risposta ma si bloccò quando vide Krueger riapparire proprio alle spalle del ragazzo. «Chat!», lo spinse di lato ma non poté evitare che fosse colpito di striscio dall’artiglio, all’altezza del fianco destro.
Lanciò lo yo-yo dritto sul volto di Krueger, il quale respinse il colpo. Ritenne, quindi, necessario un approccio fisico. Si lanciò in avanti saltando a piedi uniti. Krueger si spostò di lato evitandola. Proprio quello che lei voleva: mentre era ancora in volo, cinse il collo del mostro con entrambe le braccia, fermando il suo scatto in avanti. Facendo leva su quell’appoggio, inarcò il corpo all’indietro eseguendo una capriola. La forza del suo peso unita a quella dello slancio, proiettò Krueger a terra, sbattendo il viso sul suolo.
Ladybug, stesa accanto a lui, gli sferrò una gomitata alla bocca dello stomaco e si impossessò del suo cappello. Lo strappò, sperando che da lì svolazzasse l’akuma, ma esso si dissolse nell’aria. Contemporaneamente, anche Krueger scomparve.
La supereroina tornò accanto a Chat, per sincerarsi delle sue condizioni. «Come stai?»
«Sa essere molto pungente il nostro amico.» replicò sarcasticamente il giovane, emettendo un leggero rantolio.
Ladybug riuscì a rilassare il volto. Chat non perdeva mai il suo buon umore e lei pensò che non potesse avere un compagno migliore. La spalla ideale per fronteggiare Papillon.
Corrucciò il volto. Krueger sarebbe potuto riapparire da qualsiasi direzione per attaccare a sorpresa. Non si sarebbe fatta cogliere impreparata. Non stavolta. «Schiena contro schiena!» disse a Chat. A lui non servirono ulteriori spiegazioni per capire cosa dovesse fare. Avevano un’intesa solidissima.
Quando le loro schiene furono a contatto, entrambi iniziarono a roteare le loro armi, creando una sorta di cupola protettiva. Non c’era possibilità per Krueger di penetrare le loro difese.
Come previsto, infatti, egli riapparve a diversi metri da loro. Era difficile leggere le sue espressioni dietro quelle spaventose ustioni, ma sicuramente era adirato per le contromosse attuate dai suoi oppositori.
«Ha di nuovo il cappello sulla testa.» considerò Ladybug.
Una risata malefica risuonò dalla bocca di Krueger. «Non potete sfuggire all’incubo.», la voce era dura e gracchiante, quasi demoniaca.
Ladybug mosse un passo in avanti, pronta a riprendere le ostilità, ma Chat la afferrò per un braccio. I suoi occhi indicavano un’idea balenata nella sua testa. «Occorre una ritirata strategica.»
Ladybug lo fissò perplessa, ma decise di fidarsi del suo giudizio.
Un cenno d’intesa e i due condussero un attacco frontale, costringendo Krueger a svanire. Il momento giusto per fuggire da lì.
 
Ladybug e Chat Noir atterrarono sulla piattaforma del secondo piano della Tour Eiffel. Speravano di avere qualche minuto per pianificare una strategia prima di essere trovati da Krueger. Sulla strada avevano notato numerosi altri corpi nelle stesse condizioni dei loro amici.
«A cosa hai pensato?» chiese lei.
«Credo che ci troviamo nel mondo onirico.»
Il volto confuso e sconvolto della ragazza lo indusse a spiegarsi meglio. «Nei film in cui è protagonista, Freddy Krueger tortura e uccide le sue vittime nei sogni. Poco fa l’akumizzato ha parlato di “incubo”. E se il suo potere fosse di condurre le persone nell’incubo?»
Ladybug iniziò ad unire le tessere del puzzle. «La ninna nanna! Quando l’ho udita ho sentito la testa girarmi vorticosamente e poi sono svenuta. Al risveglio non la sentivo più.»
«È successa la stessa cosa a me. Usa quella cantilena come una sorta di ipnosi per condurci nell’incubo. Credo che nel mondo reale sia invisibile ed è lì che va quando scompare. Ecco perché quando hai strappato il suo cappello, è ricomparso poco dopo intatto. Qui lui è imbattibile. È nel mondo reale che dobbiamo trovare l’akuma.»
«Il problema è uscire da questo mondo.» Ladybug corrucciò la fronte. Ritenne che, arrivati a quel punto, occorresse un suggerimento magico. Lanciò in aria il suo yo-yo, gridando: «Lucky Charm!»
Da un fascio di luce rossa comparve un paio di occhiali: erano molto grandi, rossi ed a forma di farfalla.
«Cosa ci dovrei fare con questi?» sbottò Ladybug.
«Sembrano quelli di Gamer.» commentò Chat. «Eccetto per il colore.»
Ladybug si guardò intorno ma nulla le suggeriva una soluzione o un modo per usare quegli occhiali. «Non so come usarli.»
«Forse nel mondo onirico il tuo potere si è indebolito.»
Le loro riflessioni furono interrotte dall’arrivo di Krueger, il quale sfoggiò un ghigno diabolico.
Chat si frappose tra lui e Ladybug. «Pensa in fretta, insettina. Io proverò a tenerlo impegnato.» Ingaggiò un feroce duello con l’akumizzato, stando ben accorto all’eventualità che sparisse per un attacco a sorpresa.
Ladybug, nel frattempo, si sporse accanto alla ringhiera. Un’idea le affiorò nella mente, osservando gli occhiali che stringeva nella mano. Scosse il capo. «È una follia.», si voltò verso Chat e lo vide respingere con destrezza due affondi di Krueger.
Lanciò il suo yo-yo oltre una trave. Dopo un giro completo, lo riagguantò e mirò a Krueger, riuscendo a legarlo saldamente per la spalla. Uno strattone violento lo fece volare al piano inferiore. Si era creata così una finestra di tempo per agire. «Chat, ho bisogno che imposti il timer del tuo bastone a 5 minuti.»
«Sapevo che avresti pensato ad un piano.» replicò lui, ammiccando.
Ladybug scosse di nuovo il capo. «Non sono per nulla convinta di quello che sto per fare. Ti chiedo solo di fidarti di me.»
«Affiderei la mia vita a te.»
Un tenero sorriso si dipinse sul volto di lei.
Indicò il piccolo schermo sul bastone, con il timer già impostato. «Avvialo al momento giusto. Allo scadere, usa il cataclisma sulla Tour e costringilo a svanire.»
«E come farò a sapere qual è il momento giusto?»
«Lo capirai.», gli accarezzò un mano. «Ricordi quando abbiamo affrontato la seconda volta Gamer?»
Chat annuì.
«Stavolta tocca a me.» Si avvicinò alla ringhiera e vi salì sopra. Guardò il ragazzo sorridendo, allargò le braccia e chiuse gli occhi.
Chat iniziò a comprendere le sue intenzioni. «Ladybug! No!»
La ragazza si lasciò cadere nel vuoto.
Chat strinse con rabbia il bastone, avvertendo la presenza di Krueger alle sue spalle. “Devo fidarmi di lei.” ripeté nella sua mente.
Avviò il timer.
 
Ladybug si risvegliò nel punto in cui era svenuta, poco prima. La sua intuizione si era rivelata corretta: la sensazione di cadere nel sonno le aveva provocato il risveglio istantaneo. Aveva rischiato molto, ma, finalmente, era un passo avanti all’akumizzato.
Avendo fatto ricorso al Lucky Charm era necessario ricaricare le energie: terminò, dunque, la trasformazione e porse un biscotto, raccolto dalla sua pochette, a Tikki. «Fa presto! Non abbiamo molto tempo.»
Una volta riacquistate le energie, Ladybug tornò a saltare per i tetti di Parigi, raggiungendo nuovamente la Tour.
Preso un lungo respiro, ricorse nuovamente al suo potere. «Lucky Charm!»
Un sacco rosso a pois neri pieno di farina cadde accanto ai suoi piedi. Fu consolata dal fatto che, stavolta, il suo potere era stato meno sibillino. Aprì il sacco e sparse metà del contenuto sul pavimento del piano. Ora doveva attendere la mossa di Chat.
 
Chat Noir riuscì a tenere testa all’akumizzato, nonostante si fosse ritrovato da solo ad affrontarlo. Probabilmente era stato sottovalutato oppure le sue motivazioni lo spingevano al di là dei suoi limiti. Iniziava, però, ad avvertire tanta fatica: la ferita gli doleva e il suo colorito stava diventando sempre più simile a quello degli altri colpiti da Krueger. Doveva guadagnare tempo.
Schivò un fendente dall’alto e colpì Krueger sulla fronte con il bastone. Dunque, sfilò la sua coda e vi avvolse gli artigli, chiudendolo in una presa.
Finalmente un trillo lo avvertì che il timer era giunto al termine.
«Cataclisma!», poggiò la mano sul pavimento, che iniziò a sgretolarsi, mentre un sorriso beffardo ricoprì il suo volto.
Comprese le difficoltà della situazione, Krueger fu lesto a svanire.
 
Ladybug vide delle impronte sulla farina ed udì di nuovo la cantilena. Krueger era tornato nel mondo reale e, come ipotizzato da Chat, lì era invisibile.
Riversò il resto della farina nel punto in cui vi erano le impronte. La sagoma di Krueger adesso era ben visibile.
Ladybug notò un dettaglio che era certa di non aver visto prima, nel mondo onirico: un braccialetto sul polso sinistro. Seguendo il suo istinto, lanciò lo yo-yo e lo ruppe. Una farfalla nera si librò in volo e subito fu catturata e purificata dalla supereroina. «Ciao, ciao farfallina.», lanciò in aria il sacco. «Miraculous Ladybug!»
Uno stormo di coccinelle invase Parigi e la città fu finalmente libera dall’incubo. Le strade si ripopolarono.
Accanto a Ladybug ricomparve Chat e, poco lontano da loro, un fascio nero liberò una ragazza dai lunghi capelli lisci neri. Non poteva avere più di 16 anni. Si guardò intorno confusa.
Ladybug le poggiò teneramente una mano sulla spalla. «Tutto bene?»
La ragazza annuì. «Qualunque cosa abbia fatto, mi dispiace. Ero furiosa con i miei compagni. Mi hanno invitata alla festa di Halloween solo per prendere in giro la mia passione per l’horror. Ma non volevo fare del male a nessuno.»
«L’importante è che tutto sia finito per il meglio.» sentenziò Chat. «Ignora quelle persone. Se non ti accettano per come sei, non ti meritano.»
«Chat ha ragione.» intervenne Ladybug. «Qual è il tuo nome?»
«Terry.»
Chat allungò una mano nella sua direzione. «Terry, permettici di riaccompagnarti a casa.»
 
I due paladini di Parigi si ritrovarono su un tetto, dopo aver condotto a casa e tranquillizzato l’ultima vittima di Papillon.
Ladybug tese il pugno per il solito gesto di vittoria con il partner, ma Chat la tirò a sé e la strinse in un abbraccio. «Ho avuto tanta paura.» le disse.
«Grazie per la sconfinata fiducia che riponi in me, Chat.» replicò lei, ricambiando l’abbraccio. «Talvolta ne hai più tu che io stessa.»
«Che partner sarei, altrimenti?»
Lei ridacchiò. «Sai che sei molto più che un banale partner per me. Sei un grande amico su cui posso sempre contare.», si alzò sulle punte e gli scoccò un affettuoso bacio sulla guancia. Poi, gli pizzicò il naso. «Non farci l’abitudine gattino. Passa un buon Halloween.», balzò via e scomparve nella notte.
Chat accarezzò il punto in cui si erano posate le labbra di Ladybug. Fu travolto da una sensazione familiare, gioiosa ed incantevole.
 
Marinette si ritrasformò dietro un muretto accanto all’ingresso della scuola. Raggiunto il cortile, fu lieta di rivedere tutti i suoi amici allegri e spensierati mentre festeggiavano a modo loro Halloween. Un’immagine lontana anni luce da quella spaventosa ed angosciante vista quella sera.
Anche Adrien si era unito ai festeggiamenti, dopo aver indossato nuovamente bandana, parrucca e barba. Il suo entusiasmo si spense di colpo quando vide palesarsi il gorilla sul portone d’ingresso. Sconsolato ma sereno per la felice conclusione della battaglia, si avviò all’uscita.
Udì una voce squillante e cristallina chiamarlo: «Adrien!»
Lui si voltò e vide Marinette corrergli incontro.
«Volevo ringraziarti per l’aiuto che mi hai dato prima, in una situazione di difficoltà.» esordì la giovane, massaggiandosi nervosamente il braccio. «Ero molto spaventata.»
Adrien decise di replicare in modo comico e giocoso nella speranza di rasserenarla. «Papillon ricorderà questo giorno come il giorno in cui ha quasi catturato Capitan Jack Sparrow.»
Seguì una raggiante risata di Marinette. Senza pensarci, imitò il suo alter ego eroico, e scoccò un bacio sulla guancia di lui. «Buon Halloween, Adrien.»
«Buon Halloween, Marinette.» rispose lui. Si voltò, rivolgendo un saluto ai suoi compagni e lasciò il cortile.
Salito in auto, si accorse di provare la stessa sensazione di prima, quando era stata Ladybug a baciarlo sulla guancia. Si toccò nuovamente in quel punto. Si sentiva confuso ma, allo stesso tempo appagato. Si passò una mano nella sua chioma bionda e sospirò. Un unico pensiero invadeva la sua mente. «Sono un grande idiota.»
 
 
Angolo Autore:
Halloween mi ha dato molta ispirazione quest’anno.
Prima di passare alle mie considerazioni su questa one-shot (abbastanza lunga devo dire), è opportuno precisare che essa si pone temporalmente all’incirca a metà della terza stagione. Non tiene conto, dunque, di ciò che succede negli episodi che si avviano verso il finale.
In questa storia ho deciso di inserire numerose citazioni a film e soprattutto a personaggi iconici: partendo ovviamente dall’akumizzato, ispirato al famoso killer Freddy Krueger, colui che uccideva le sue vittime nei sogni. Look e modus operandi sono ispirati ai film, mentre il suo potere – la ninna nanna – è preso da un videogame in cui lui è un personaggio sbloccabile. La sua capacità di teletrasportarsi dal mondo reale a quello onirico e l’effetto dei suoi artigli sulle persone, invece, sono una mia invenzione. Un film che io adoro mi ha dato l’ispirazione per la fuga di Ladybug dal mondo onirico.
Penso che tutti abbiate riconosciuto i costumi che indossano per la festa i due protagonisti: la grazia e l’eleganza del cigno nero era la scelta adatta per la dolce Marinette, mentre il celeberrimo Capitan Jack Sparrow dona ad Adrien un tocco di comicità che solitamente sfoggia nei panni di Chat. Lascio a voi le considerazioni sul finale di questa shot e sulle riflessioni del biondino.
Prima di salutarvi, desidero salutare con grande affetto My-Bagaboom, alla quale dedico questa storia.
Vi aspetto Sabato per il capitolo di “Per Amore e per Vendetta”.
Alla prossima.
Nike90Wyatt
 
   
 
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