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Autore: Mahlerlucia    03/11/2019    4 recensioni
{Sequel di “Buon viaggio”}
Non c’è migliore medicina, per chi è nel dolore, della parola di conforto di un amico sincero.
(Euripide)
[Bokuto x Akaashi]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Kozune Kenma
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'A mano a mano'
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Anime: Haikyuu!!
Genere: Introspettivo, Romantico, Sportivo
Rating: verde
Personaggi: Koutarou Bokuto, Keiji Akaashi, Kenma Kozume
Pairing: BokuAka
Tipo di coppia: Shonen-ai


 
 
 Il mondo nuovo

 
 

È meglio una delusione vera
di una gioia finta
ma quando la delusione cresce
la pressione aumenta


sarà che la pioggia batte forte
sulla mia finestra
sarà che alla fine della notte
mi chiedo cosa resta... 

 

Novembre

Resteresti per ore ad ascoltare il rumore della pioggia, l’unico in grado d’insonorizzare il consueto caos edochiano che non hai mai tollerato più del dovuto. Piccole goccioline trasparenti si avventano sulla superficie liscia della vetrata del locale in cui attendi l’arrivo di chi sta tentando di offrirti un’alternativa valida alla solitudine dentro la quale ti stai chiudendo da diverse settimane. Ti soffermi ad osservare il modo in cui quelle particelle d’acqua tendono a scivolar via unendosi alle loro simili, allo scopo di creare una piccolo rivolo utile a raggiungere il suolo, la tappa definitiva fino alla prossima apparizione solare. Ben consce del destino a cui stanno andando inesorabilmente incontro, tentano disperatamente di restare aggrappate a quel vetro inospitale, finendo per arrendersi di fronte a quella forza di gravità messa in gioco dal loro peso inconsistente. Ti portano a pensare a tante flebili lacrime che scorrono lungo le guance di un viso infreddolito dalle raffiche di vento che si alzano per le strade e capaci di rovesciare flotte di foglie ingiallite e stormi di fragili ombrelli. D’altronde, le sequenze di proteste contro il nulla sono esilaranti da poter osservare con occhio esterno, specie quando gl’ignari pedoni si ritrovano a dover fare i conti anche con le numerose pozzanghere da scansare al bordo di ogni carreggiata che si rispetti.

Una ragazza dai lunghi capelli ramati e raccolti in una stretta coda ben allineata si avvicina al tavolino rialzato che hai scelto; trattiene tra le mani un taccuino e una penna a sfera di colore blu. Ti sorge spontaneo chiederti per quale motivo scriva usando proprio quel colore e non il nero. Non molto tempo addietro ti era capitato di leggere un libro di Psicologia Sociale all’interno del quale vi era un’intera sezione dedicata alle differenze sostanziali riscontrabili quando si ha a che fare con persone dalle abitudini più svariate. Rimembri di esserti soffermato con interesse sul capitolo dedicato alla Grafologia, ed in particolar modo sulla scelta dei colori da usare per scrivere o disegnare. Avevi letto che coloro che solitamente optano per il blu risulterebbero essere persone dotate di una buona creatività, tendenzialmente calme e alla costante ricerca di relazioni stabili e rassicuranti. Di contro, il nero rappresenterebbe il rigore personale, l’autoaffermazione, il desiderio di distacco dalle opinioni altrui allo scopo di portare avanti le proprie con ferma convinzione.
Tutto quello che tu ancora non puoi essere, esattamente come quella giovane donna che ti sorride in segno di benvenuto. Il blu presente nelle vostre anime vi verrà ancora in soccorso ogniqualvolta sentirete la necessità di prendere le distanze dalla vostra inconfutabile vulnerabilità affettiva.

“Buon pomeriggio. Desidera ordinare?”

Ti senti in imbarazzo per la cortesia palesata. Quella ragazza avrà di sicuro qualche anno in più di te, ma non troppi. Sarà iscritta all’Università più vicina e lavorerà in quel posto per potersi pagare l’affitto di un claustrofobico monolocale in pieno centro. Con ogni probabilità, lo stesso destino a cui andrai incontro tu stesso tra meno di sei mesi.
Tutto calcolato.

“Buon pomeriggio. Sto aspettando una persona e preferirei ordinare al suo arrivo. Spero non sia problema.”

“No, no. Assolutamente. Passo più tardi. Buon proseguimento.”

“Grazie.”

Sì, è decisamente un’anima blu.
Nel momento in cui si volta per ricevere una coppia di signore appena entrate, ti sopraggiunge l’insolito desiderio di alzarti per andare a scusarti con lei per il prezioso tempo che le stai facendo perdere. Sposti il peso della gamba dall’asse dello sgabello al pavimento, ma prima di poterti completamente alzare il suono del telefono distoglie la tua attenzione da qualunque altro intento.
Kozume-san. Probabilmente non verrà.

Sospiri pensando subito al peggio. L’idea di dover passare l’ennesimo pomeriggio in compagnia dei soli libri di testo – con interi paragrafi da memorizzare per il giorno seguente! – sta iniziando a sconfortarti ancor più dell’infausta prospettiva di dover tornare a casa sotto quel diluvio. In fondo, la pioggia non ti è mai dispiaciuta.

“Pronto, Akaashi? Mi senti?”

“Kozume-san. Sì, ti sento, dimmi pure.”

“Sono riuscito a prendere solamente ora l’autobus. Farmi l’intera strada a piedi sarebbe stato da suicidio con questo ‘meraviglioso’ temporale con i controfiocchi. Sarò lì fra una decina di minuti, volevo solo avvisarti.”

Ti volti di nuovo verso la vetrata puntando lo sguardo alla parte opposta della strada. Una donna sta malamente rincorrendo il proprio figlio – un bimbo di non più di cinque anni – intento a saltare da una pozzanghera all’altra. Indossa i suoi stivaletti blu a pois bianchi e una mantellina gialla che ricorda quelle che forniscono le maestre alla scuola materna. Ride di gusto roteando sotto il diluvio, come se nulla stesse accadendo, come se l’acqua che sta irrefrenabilmente colando sul suo piccolo impermeabile a fungo fosse la cosa più naturale del mondo.
Ed in effetti è così; peccato solo che varcata la soglia di quella che tutti definiscono con il termine improprio di ‘maturità’ diventi tutto terribilmente prevedibile, analizzabile, spiegabile. Si corre ai ripari in cerca di soluzioni per ostentare sicurezza, senza considerare che sarebbe bello lasciarsi andare ai propri istinti primordiali di tanto in tanto.

“Akaashi, sei svenuto?”

“Eh? Svenuto? No, no. Stavo solo guardando un bambino che correva per strada. Sua madre lo stava sgridando in maniera esagitata, ma lui continuava imperterriti a ‘godersi’ la pioggia... divertendosi da matti...”

“Mi ricorda qualcuno...”

Sì, Bokuto-san.

“Anche a me. Comunque, ti aspetto.”
 
***
 
Kenma si presenta con la base dei pantaloni inzaccherati da un mix di acqua e fango. La sua espressione contrita esprime al meglio la sua volontà di trovare quell’automobilista indisciplinato – e che nemmeno si è accorto della sua presenza lungo il marciapiede! – per fargli un paio di appunti sul rispetto dei limiti di velocità da tenere in caso di maltempo, soprattutto quando si sta guidando in pieno centro e all’ora di punta.
Le ciocche bicolore dei suoi lunghi capelli non ne vogliono minimamente sapere di restare ferme all’interno del piccolo codino che si era creato prima di uscire dalla palestra della Nekoma High School. Non impazzisce per quel suo nuovo look, ma dovrà pur ammettere di sembrare quantomeno più ‘adulto’. I tratti del suo viso si sono distesi, così da conferirgli sembianze più similari a quelle di un ragazzo di diciotto anni appena compiuti.

Posa l’ombrello trasparente accanto all'ingresso, sperando di non dimenticarsene all’uscita.
Si avvicina al tavolo e inchioda i suoi occhi color ambra ai tuoi. Ti prepari mentalmente ad attutire il colpo che, quasi sicuramente, arriverà a seguito di qualche parola sentenziata con toni non esattamente amichevoli. Oramai sei la vittima designata sulla quale dovrà sfogare la propria frustrazione quotidiana. E sai bene che, seppur con modalità più ortodosse, ti ritroverai a fare lo stesso passando in rassegna ogni tua singola paturnia degna di nota. A partire dalle tue mancanze, soprattutto la più considerevole.

“Non mi metterò mai qui sopra conciato così. È troppo alto.”

Sorridi appena, mentre annuisci alla sua richiesta. Gli domandi se il tavolo nell’angolo più interno può andar bene e ti risponde con un distaccato cenno del capo. Non ti sta più guardando negli occhi, il ché significa che comincia a realizzare di essere giunto a gamba eccessivamente tesa a quell’incontro programmato e voluto da entrambi. D’altronde, non sei di certo tu il diretto responsabile della ‘lavata’ che ha subito per strada.

“Ho i pantaloni della mia tuta nel borsone, se vuoi cambiarti.”

“Dovrei andare a casa con quei cosi bianchi della Fukurōdani? Sei impazzito?”

“Va bene, resta con i tuoi bellissimi pantaloni rossi della Nekoma... sporchi di fango!”

“Tu...”

“Io...”

“Cos’è? Un ripasso di grammatica?”

“No, un ripasso di buone maniere, almeno con gli amici.”

Deglutisce lentamente, come se stesse tentando di attutire con nonchalance il colpo morale che gli hai appena inferto. Non smette di guardarsi intorno fino al momento in cui decide di darti tregua e di fartelo notare mediante un sonoro sospiro con il quale tenta di inaugurare la resa di un miglior atteggiamento nei tuoi riguardi.
Poggia entrambi i gomiti sul tavolo – sempre restando in tema di buone maniere! – mentre finge interesse per la carta dei dolci presente dinnanzi ai suoi occhi. Anche i muri sapevano che avrebbe ordinato il suo solito pudding alla vaniglia accompagnato da un frullato alla fragola.

“Non è giornata oggi!”

“L’avevo notato. Vuoi parlarne?”

Lev! Perché esiste quell’idiota?!”

“Per lo stesso motivo per cui esistiamo tutti.”

Kozume alza lo sguardo e ti scruta con aria dubbiosa. Il sopracciglio sollevato è eloquente quanto l’occhiolino che t’imponi di mostrargli per cercare di risollevargli il morale. Un nuovo sospiro sopraggiunge assieme all’ennesima ciocca ribelle che sfugge al piccolo elastico sistemato alla bell’e meglio. Avverti un flebile “Che palle pure questi capelli!”, prima di essere richiamato dalla graziosa inserviente con cui avevi avuto modo di parlare pochi minuti prima. Ordini un drink analcolico, insieme ad una portata d’immancabili onigiri. Al neo-capitano della Nekoma non rimane altro da fare che confermare le sue preferenze.

Una volta riempito lo stomaco con le vostre ordinazioni, stabilite di poter riprendere ancora una volta in mano le redini di quella discussione rimasta in sospeso. In fin dei conti, Kenma sembra essersi rasserenato, al punto d’aver trovato sollievo persino giocherellando con la cannuccia rossa del suo beverone.

“Che ha combinato Haiba-kun?


“Che ha combinato? Esiste, e già questo è un dramma! Ma anche peggio, molto peggio! Non ne fa una giusta! Come diavolo faceva Tetsurou a sopportarlo?”

“Era il capitano.”

“E quindi? Essere il capitano vuol dire farsi andare bene ogni cosa?”

“No. Essere il capitano significa farsi carico dell’intera squadra, nessuno escluso. Anch’io sto facendo degli allenamenti extra con i tre studenti del primo anno, ma ci vuole pazienza. Non tutti nasciamo con la stessa predisposizione. Il talento è cosa rara.”

Le tue parole si lasciano accompagnare da un velo di indomabile nostalgia nei confronti di chi, meno di un anno fa, ricopriva con orgoglio e naturalezza quel ruolo sul quale stai ancora vorticosamente arrancando. I tuoi compagni ti rispettano, ti consultano per ogni evenienza, sanno bene che possono contare su di te in qualunque momento. Ma in cuor tuo senti che manca qualcosa alla squadra, se paragonata all’anno precedente. Non si tratta di risultati: quelli sono arrivati senza particolari problematiche, così come la qualificazione al torneo nazionale.
Ciò che manca è una guida, un punto di riferimento, una scia da seguire. L’entusiasmo, le grida, i salti, gli abbracci. Le parole di conforto, i richiami, le pacche sulle spalle – sì, anche quelle che a volte risultavano essere un po’ troppo ‘calorose’ –, i complimenti, i gesti da tenere nascosti agli avversari, le pose statiche, le risate... sì, le risate.
Detto da te può sembrare paradossale, ma ti mancano soprattutto le risate che ti procuravano alcuni atteggiamenti incorreggibili di Koutarou, alcuni vezzi ai quali ti eri ormai abituato, per non dire ‘affezionato’.
Ora sei tu il punto di riferimento per chi è appena arrivato, per chi già lo scorso anno ti osservava con una certa ammirazione e ti usava simbolicamente come termine di comparazione ogniqualvolta capitava di raggiungere nuovi ed inaspettati traguardi. Buona tecnica, ottima visuale di gioco, perfetta gestione dei tempi e della sincronia tra i diversi elementi presenti in campo. Strategie spesso e volentieri funzionali e rinnovabili a seconda dell’avversario di turno. Studio continuo, allenamenti pomeridiani e serali, innumerevoli colloqui con mister Yamiji per ultimare tutti i dettagli prima dell’inizio di ogni match.
Sembrava esserci tutto, ma mancava la cosa più importante: il divertimento. Tu stesso hai più volte provato la mera sensazione di eseguire semplicemente un compito, tutt’al più un dovere. Un must che se non veniva rispettato rischiava di diventare la sconfitta della vita, il pegno da pagare fino al prossimo match, inevitabilmente vissuto con maggiori timori e ancor più variabili da tenere in considerazione.
È più forte di te, non c’è niente da fare. Così come non c’è nulla di sbagliato nell’essere sé stessi fino in fondo.
Keiji Akaashi non potrà mai essere come Koutarou Bokuto. Eppure, in qualche maniera, tu stesso sei consapevole di essere la stella negli occhi di qualche kōhai appena giunto alla Fukurōdani Academy. E tanto ti basta per andare avanti a testa alta.

“Sì, ma... non è facile. Oltre al talento, lo sanno tutti che ho sì e no un quarto del carisma di Kuroo-san!”

Same here! A proposito di Kuroo-san... mette piede in Università ogni tanto?”

Kozume alza gli occhi al soffitto, ben conscio a proposito del punto preciso a cui vuoi arrivare. Tira fuori il suo nuovo iPhone per aprire WhatsApp. Probabilmente vorrà mostrarti qualche novità riguardante l’ex gatto nero di Tokyo.

“Sì, qualche volta presenzia ad alcune lezioni che prevedono la frequenza obbligatoria. Ma diciamo che lo si può trovare con maggiore frequenza a Miyagi.”

“Perché la cosa non mi sorprende?”

“Perché c’è forse di mezzo un ragazzo più giovane di noi, biondo, con gli occhiali, alto quasi due metri e... il resto lo sai?!”

“Quindi la liaison prosegue?”

“La... cosa?”

Sorridi nuovamente, ricordando tutte le volte in cui era stato Bokuto a chiederti il significato delle parole che sovente tirava fuori dal suo personale ‘cilindro’. E non si trattava solamente di lemmi appartenenti a lingue diverse dal giapponese.
Ma qui la questione è leggermente diversa. Kenma, nonostante la sua ossessione per i videogiochi e la tecnologia in senso lato, non ha mai avuto problemi a scuola. Anzi, spesso si era ritrovato nella tua stessa situazione: aiutare il suo senpai a sopravvivere di fronte alle ‘distrazioni’ più eloquenti della vita. E a quanto pare, quella che comunemente si fa chiamare ‘Kei Tsukishima’ non è stata ancora accantonata.
Buon per loro se la questione è diventata ben più seria di ciò che si poteva pensare in un primo momento.

“La loro frequentazione, se così la vogliamo chiamare. A volte mi dimentico che la lingua francese non è prevista nel piano di studi della Nekoma High School. Scusami.”

Butta un occhio sul telefono e lascia scorrere il dito su una chat in particolare. Vedi dei capelli arancioni spuntare da una foto profilo messa di traverso.

“Shouyō mi ha scritto di averlo visto dalle sue parti diverse sere di seguito, soprattutto verso la fine settembre. Se non erro è il periodo del compleanno del loro centrale.”

Attendi qualche secondo prima di porre quella domanda che ti si sta sciogliendo sulla punta della lingua, tanta è la curiosità che ti suscita la risposta che ne conseguirà. Schiarisci la gola con un colpo di tosse alquanto forzato e decidi di provarci.

“Kuzome-san, ma su questa cosa tu...”

Ecco, lo sapevo!
Sapevi che non avresti formulato quella domanda tanto delicata e personale nella maniera con cui avresti dovuto e voluto. Senti di non avere sufficiente carisma nemmeno per farti bonariamente gli affari dei tuoi amici. Tanto meno per poter porgere loro una mano a cui potersi aggrappare in momenti di difficoltà come quello.

“Ehi, Akaashi-kun! Frena la lingua prima del tempo! Guarda che io non sono geloso! Per me Tetsurou può fare quello che vuole, purché sia felice. Gli devo tanto, è vero. Ma questo non significa che dovrà starmi dietro per il resto dei suoi giorni. Il suo interesse per Tsukishima mi è sembrato evidente sin dai primi tempi in cui si sono conosciuti. Sai, arrivava a dimenticarsi cose che normalmente considerava importanti, era spesso assorto nei suoi pensieri, si era comprato dei vestiti eleganti. Kuroo. Dei vestiti eleganti. Capisci cosa intendo? Sì, insomma... era ufficialmente impazzito! E la situazione non è cambiata neanche per sbaglio. Mi chiede spesso di accompagnarlo a far compre.”

“E tu ci vai?”

“A volte. Sai... al centro commerciale c’è troppa gente.”

D’impeto cala uno strano silenzio. Non sai se credere fino in fondo alle sue parole, anche se ti è parso fin da subito piuttosto sicuro. Certo, avvertirà la mancanza del rapporto esclusivo che si era creato col tempo tra lui e Kuroo-san; che si trattasse anche solo di ‘semplice’ amicizia poco importava. Kenma non è certo quel tipo di persona incapace di vivere dignitosamente in assenza di un partner; ma qualcuno che si possa occupare come si deve dei suoi limiti, dei sui timori e della sua solitudine non gli dispiacerebbe affatto. Sì, una mano tesa a cui potersi appigliare in caso di necessità, come avevi ben pensato.
 
***
 
Una notifica da Instagram. Bokuto-san ha appena aggiornato il suo profilo con una nuova immagine.
Apri immediatamente l’applicazione e non resisti alla curiosità di sapere cos’abbia pubblicato.
Il setter di punta della Nekoma ti osserva con un’espressione dubbiosa quanto indiscreta. Non hai alcun dubbio sul fatto che sta perfettamente immaginando cosa tu stia andando a guardare con tanta bramosia ed impazienza.

La foto è stata scattata in un giardino, i soggetti ritratti sono seduti su una panchina. Koutarou è al centro, con indosso una tuta grigia che non avevi mai visto prima, nemmeno nelle due occasioni in cui ti sei recato personalmente alla Nittaidai University per aiutarlo a preparare un esame piuttosto ostico. Alla sua destra è seduto un ragazzo dai capelli castani a te ignoto. Mostra il sorriso mentre tiene un braccio sulle spalle del tuo senpai, a dimostrazione di quella che sembra essere una bella amicizia sbocciata tra le aule accademiche. A sinistra, invece, vi è una ragazza che conosci piuttosto bene: Shirofuku-san. Porta i capelli leggermente più lunghi rispetto ai suoi trascorsi da manager sportiva e indossa un camice da laboratorio che le dona un’aura piuttosto impostata e seriosa. Sta sorridendo timidamente in direzione dell’obbiettivo, mentre l’ex capitano della Fukurōdani le cinge un fianco, attirandola a sé.
Il definitivo colpo di grazia arriva con la lettura della didascalia scritta dal diretto interessato: La mia Yukippe curerà tutte le mie piccole e grandi ferite.

La-mia-Yukippe...
Avevi passato due anni a detestare in silezio quel ridicolo soprannome che le aveva affettuosamente rifilato a seguito di un periodo in cui lo aveva aiutato a recuperare alcune gravi insufficienze ottenute in matematica e fisica. E ora sta tornando prepotentemente a farsi sentire... e a farsi vedere.
Quel braccio...

“Ah, la vostra ex-manager.”

Kenma.
Quasi ti sei dimenticato della sua presenza al tuo stesso tavolo. E quasi arrivi ad ignorare il fatto che anche lui può visualizzare le foto postate da Koutarou, essendo un suo follower ricambiato.
Solleva più volte lo sguardo dal display del suo smartphone in cerca di una tua reazione, ma percepisce solo quiete e devastazione. Un cocktail che, compensato nell’anima di chi solitamente non ama lasciar trapelare la propria essenza, può rivelarsi realmente micidiale.
Non gli sfugge un particolare: la tua mano sta tremando mentre tenti di pigiare il pollice sul tasto che ti permetterebbe di tornare alla schermata principale, dove mantieni ancora lo screen con la foto di squadra scattata durante i festeggiamenti per la vittoria ottenuta ai campionati nazionali dello scorso anno. Ci provi più volte, ma non ci riesci; i tuoi occhi non riescono a staccarsi da quell’immagine, studiandone ogni minimo dettaglio.

... curerà-tutte-le-mie-piccole-e-grandi-ferite.
Quali ferite? È forse successo qualcosa? E perché parla solo di lei nel commento? Perché non fa alcun cenno all’altro ragazzo presente nella foto? Non doveva esserci? Chi è? Chi ha scattato la foto? Perché l’ha scattata?
La tua mente è un soliloquio di domande senza alcuna risposta. Questioni a cui non potrai dare sollievo se non alzando il telefono e componendo il suo numero.
Ma per dire cosa, poi? Per fare la parte dell’idiota geloso?

“Akaashi-kun, che ne dici se ci facessimo anche noi una foto insieme?”

Alzi gli occhi ormai lucidi dal telefono, cercando di comprendere appieno il senso di quell’assurda richiesta.
Nel frattempo il giovane Kozume si è premurato di richiamare la ragazza che vi ha servito al suo arrivo. Ordina altro pudding e dei nuovi onigiri. Peccato solo che il tuo stomaco ora sia più chiuso del compartimento stagno di una nave.

Il piccolo setter della Nekoma non ti lascia il tempo necessario per dire la tua. Gira la sedia e si mette al tuo fianco. Afferra una polpetta di riso e inizia a gustarsela a piccoli morsi. Tenta di attirare la tua attenzione passandoti il piattino contenente il budino. Non ne vai matto, ma inizi a staccarne un pezzettino flaccido col cucchiaino. Nel momento esatto in cui quella porzione di dolce finisce nella tua bocca, senti un click che ti lascia intuire di essere stato letteralmente paparazzato nel frangente della degustazione.
Un’istantanea da dimenticare e cestinare quanto prima.

“Cancella.”

“No, siamo venuti bene. Siamo spontanei.”

“Siamo...?”

L’immagine viene pubblicata in un batter di ciglia sul profilo di tale Applepi, username oramai piuttosto noto.
E devi ammetterlo: siete anche piuttosto fotogenici.

Captain Neko & Captain Fukurō vi salutano e vi augurano buon appetito, ovunque voi siate. ♥
 
 
 
… però poi arrivi tu
ti siedi dove vuoi e butti giù
la mia malinconia di vivere
e tutto sembra già possibile per me...










 

Angolo dell’autrice


Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno voglia di leggere e recensire questa mia piccola one-shot! :)

Il #Writober2019 è ufficialmente finito, ma il mio amore per la BokuAka continua e continuerà a lungo! Ho deciso di proseguire la precedente shot creando una serie dal titolo ‘A mano a mano’ (traendo ispirazione dalla celebre canzone di Rino Gaetano). Prossimamente avremo nuovi aggiornamenti, garantito! ;)

In questa seconda fase sono passati diversi mesi rispetto al punto in cui ci eravamo lasciati con ‘Buon viaggio’. Akaashi e Bokuto si stanno pian piano abituando alla loro distanza, per quanto non risulti facile per nessuno dei due. Proprio per questo cercano di colmare quei vuoti interiori come meglio riescono. Akaashi approfondisce la sua amicizia con un Kenma sempre su di giri per quel ruolo di capitano che si ritrova a dover improvvisamente affrontare (come lo stesso Akaashi del resto). Bokuto cerca di socializzare al meglio delle sue possibilità all’interno del nuovo contesto accademico, senza però perdere di vista le persone a cui era già affezionato. Shirofuku-san (una delle due ex manager della Fukurōdani) ne è un esempio lampante.
Cenni speciali e dovuti vanno a Kuroo-san e Tsukishima. Sì, sto iniziando a shipparli pure io... Mannaggia alle fan-art! E dite che ad ‘Applepi’ la loro frequentazione non tange neanche un po’? Suvvia! Su Instagram mica c’è solo Koutarou da far ingelosire a dovere, eh! ;)

Il titolo della one-shot riprende la canzone di Neffa ‘Il mondo nuovo’ (della quale riporto la prima strofa e parte del ritornello all’inizio e al termine del testo).
Il testo è scritto in seconda persona e al tempo presente (salvo qualche piccolo riferimento al passato).

Grazie a tutti coloro che passeranno di qua! **

A presto,

Mahlerlucia
 
   
 
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