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Autore: Miryel    09/11/2019    33 recensioni
Non sa chi sia Peter, che scuola frequenti, che film gli piacciano, quale sia il suo piatto preferito, ma forse, dentro di sé, Tony sa già tutto, di lui. Forse lo ha sempre saputo. Non si capacita come ma, per ora, accantona la razionalità e segue il suo cuore. Sa che, per una volta – una soltanto, può fidarsi ciecamente di lui.
[ Young!Tony x Peter - Minilong - Introspettivo/Romantico ]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bruce Banner/Hulk, Peter Parker/Spider-Man, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Tales About a Spider Kid and an Iron Guy'
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Questa storia fa parte della raccolta di One Shots “Tales About a Spider Kid and an Iron Guy”.
 

 

[ Young!Tony x Peter - minilong - wc: 2685 ]

Almeno Tu
Nell'Universo



•••

«Tu, tu che sei diverso. Almeno tu nell'universo. Un punto sei, che non ruota mai intorno a me
Un sole che splende per me soltanto. Come un diamante in mezzo al cuore.
»
Mia Martini - Almeno Tu Nell'Universo




 

2. Peter. 
 

         «Mia madre dice che puoi fare una specie di saggio. Cioè, non una specie, vuole che tu faccia un saggio di piano. Così che tu possa prendere una certificazione di livello uno.» 

Peter arriccia le labbra. Tony gli ha parlato mentre controlla degli spartiti che Maria deve avergli dato e, distrattamente, si passa una mano tra i capelli, concentratissimo. Forse li sta studiando. Forse sta cercando quello giusto per lui. Dopotutto ha deciso di proseguire le lezioni, anche dopo che il suo goffo piano di attirare l’attenzione di Tony ha più che funzionato, inaspettatamente. Apre la bocca, ma non esce alcun suono, se non qualche balbettio sommesso. Tony allora alza gli occhi dai fogli, lo guarda, e sorride. 

  «Che c’è? Guarda, Debussy, che secondo lei sei pronto», dice.

  «E secondo te?», riesce a chiedere, mentre una spina invisibile gli buca il cuore e sente una fitta. Ha paura di non esserlo e, sinceramente, si fida più della schiettezza di Tony, che della bontà di Maria. 

  «Anche secondo me», ammette l’altro, poi appoggia gli spartiti sul tavolo del bar dove sono seduti – il solito, quello che da un paio di mesi è il loro luogo d’incontro dopo la scuola – e puntella i gomiti sulla superficie. Si prende il viso tra le mani, e piega la bocca in una specie di ghigno irresistibile. «L’idea di mia madre è che tu non lo faccia da solo. Non sei in grado di suonare qualcosa senza un accompagnamento.» 

  «Oh, be’. Non ne ho alcun dubbio», risponde, poi beve una lunga sorsata del suo solito frappé alla fragola. Ne riemerge, pulendosi la bocca con il lembo del maglione. «Ho paura, Tony. E se faccio una figuraccia? Non sono ancora così bravo, dopotutto.» 

  «Oh, santo cielo! Ti stai autocommiserando un’altra volta, Pete? Sei fastidioso, quando lo fai.» Tony alza gli occhi al cielo, ma il suo sorriso non abbandona il suo viso. Peter lo sa, quanto accidenti è irritante la sua insicurezza, eppure il fatto che infastidisca Tony, non lo scalfisce più da tempo. Ha imparato a vederci altro, in quelle che sembrano accuse, ma che non lo sono mai. Ha imparato a vederci un tentativo più diretto e meno premuroso di dargli una sicurezza a cui aggrapparsi; e Peter, il suo appiglio, non lo molla. Non ora che Tony lo guarda e lo fa sentire parte del suo mondo. Del suo universo. L’unico in cui Peter vuole vivere. Perciò sorride e cerca di cambiare argomento. Dà un altro sorso al suo frappé e resetta il cervello.

  «Mi accompagnerà lei? Con un altro pianoforte?», chiede e con quella domanda gli sta tacitamente dicendo che sì, accetta, anche se ha una paura fottuta di non essere all’altezza delle loro aspettative. 

  Tony sbuffa una risata. Alza le spalle e fa il vago, ma gli occhi gli brillano di una infantile soddisfazione. Sorseggia del caffé. «No, ti accompagno io con il violino.» 

  Peter sbarra gli occhi. «Suoni anche quello?», pigola, incredulo. Si muove eccitato sul divanetto del bar. 

  «Suono un sacco di strumenti, in verità. La chitarra, il basso, l’armonica… il piano è il mio strumento ma se suonassi quello, immagino che ti farei sfigurare, quindi evito», borbotta e Peter gli lancia un tovagliolo appallottolato, trattenendo una risata che poi esplode.

  «Ma smettila!», esclama, e vorrebbe vederlo ridere a quel modo per sempre, chiuso nelle spalle, mentre gli rilancia indietro l’oggetto del crimine, per dispetto. Tony ha un modo di fare tutto suo, che riesce a conquistarlo ogni volta. Peter si sente coinvolto in qualcosa di gigantesco, da quando stanno insieme, e non riesce ad abituarsi a ciò che Tony è in grado di dargli, di donargli, con quel suo affetto palesato sempre come se non ci fosse davvero. Come se mostrarlo, lo rendesse meno reale. I gesti sono le loro parole d’amore e, per quanto lo riguarda, è meglio così. Tony è genuino, a modo suo, e non lo fa sentire solo, in un mondo che spesso si dimentica della sua esistenza. Peter era nessuno e forse lo è ancora per il resto del mondo, ma per Tony è il suo universo. Gli basta questo. 

 

 

  Maria non lo sa cosa c’è tra di loro. Peter però è convinto che, in qualche modo, nelle loro occhiate ci abbia visto più di quel che vogliono far passare. Teme che possa giudicarli, e prendersela con Tony perché non si sta assicurando un futuro stabile con una ragazza, ma è anche vero che Peter non pretende che quella loro storia duri per sempre, anche se vorrebbe. Finché tra loro brucerà qualcosa, vuole viverla fino in fondo. Dal canto suo è convinto che non si stancherà mai di Tony; che, per quanto lo riguarda, quella relazione durerà per sempre e che lo amerà fino alla fine dei suoi giorni. Non è davvero sicuro che sarà così, perché sono ancora giovani, e anche se l’amore è autentico, non è eterno; però quella finta convinzione lo tranquillizza, e gli toglie dalla testa quelle paranoie inutili che altrimenti gli bloccherebbero il cuore in una morse dolorosa. Non ha bisogno di dubbi, anche se li ha, e allora li affoga nel mare profondo del suo inconscio, sperando che vi restino finché avrà fiato nei polmoni. 

  Il saggio lo terrorizza a morte. Ha continuato a prendere lezioni da Maria – e lei non ha mai voluto soldi, sebbene Peter avesse sempre avuto la volontà di darglieli, per correttezza e, al tempo, perché si sentiva in colpa, siccome era lì per suo figlio, e non per suonare. Tony, comunque, lo ha supportato e alla fine ha imparato ad apprezzare quello strumento, anche se in un primo momento lo aveva usato solo come mezzo per raggiungere un obiettivo. Peter non è mai fiero di aver fatto quello che ha fatto, ma ha scoperto due cose importanti da quando ha iniziato a suonare: una è che Tony è esattamente chi credeva che fosse e che il suo istinto non lo ha gabbato; la seconda è che da quella scusa, ne ha tratto una passione che non credeva di possedere.

  «Non esiste non lo so fare. Esiste devo ancora imparare a farlo! Smettila di pensare che tu non abbia alcuna attitudine per la musica, perché non è così!» Ed è con questa convinzione che Tony gli ha insegnato, buttandogliela lì in un pomeriggio di paranoie, che poi Peter ha deciso di affrontare il suo saggio. Ha tremato fino all’istante precedente alle dita che hanno toccato le prime note della Danse Macabre, di Camille Saint-Saëns¹. Il brano che hanno scelto insieme; qualcosa che nessuno suona mai, ma che vale la pena di ascoltare e dove è il violino a predominare ma, per il suo livello ancora inesperto, è di certo meglio così e magari quel fatto nasconderà qualche suo inevitabile errore. È difficile non lasciarsi ammaliare dal suono stridente – e allo stesso tempo dolce, di quello strumento. Il pianoforte è più austero, più elegante, meno ribelle. Il violino affascina e inganna; risucchia l’anima e sembra tirarti giù, nelle fauci del diavolo. E Tony è un po’ quel demone ammaliante, mentre lo suona. Vestito con un completo nero, la giacca aperta e una cravatta rossa che risalta i suoi zigomi e le sue ciglia lunghe e irresistibili. Gli occhi chiusi e concentrati, dietro le lenti dei suoi occhiali tartarugati, che gli danno quell’aria di distratta eleganza. Peter suona e si perde a guardarlo. Ringrazia ogni divinità del cielo che abbia imparato a suonare senza guardare la tastiera; ringrazia il cielo che quello spartito lo abbia imparato a memoria, così che possa deliziarsi, come il pubblico, della visione di quel ragazzo che suona e perde un po’ se stesso, in quelle note. 

  È assurdo, poi, come quella musica venga fuori da sé; incredibile, come il silenzio circostante, la renda più bella di quello che già non sia. Peter si perde con Tony, lo ammira, si innamora ancora, e arriccia le labbra. Ingabbia nelle guance un desiderio di alzarsi in piedi, quando concludono, e stringergli le mani che hanno permesso a quei suoni di scaldargli dolorosamente il cuore e chiedergli di non lasciarlo mai. Non vuole perderlo. Non vuole più perdere nessuno.

  Il pubblico applaude, ma a Peter non importa niente della gloria, mentre Tony fa un inchino e sorride sornione; soddisfatto di quella esibizione che non l’ha mai spaventato, e che ha affrontato come se non fosse stato niente. Invece, per Peter, ha significato tutto. In primis, la convinzione che è Tony che vuole, per una vita intera, per l’intera esistenza che verrà. Lo sapeva già, ma ora ne è sicuro. E lui, di solito, non è mai sicuro di niente.

 

 

  È buio pesto, nella stanza da letto che li ospita. Tony canticchia la melodia di Camille Saint-Saëns, tra un bacio che gli regala e una carezza sotto la maglietta, mentre Peter è sotto di lui, inghiottito dal materasso e dal cuscino, succube del suo ginocchio tra le gambe e dei suoi occhi frizzanti puntati addosso. Vorrebbe dirgliele, tutte quelle cose che ha capito guardandolo suonare. Vorrebbe dirgli tante cose, in realtà, tra cui la verità assoluta che si porta dentro da mesi e che, per quel che lo riguarda, deve rimanere sopita in lui per tutta la vita. Tra tutte quelle bugie troppo personali per poterle palesare. Tra tutte quelle mezze verità che gli assicurano un futuro e un destino diverso da quello che aveva paura di dover affrontare, tempo fa, e che ora sembra solo un brutto ricordo lontano. 

  «Sei stato bravo», gli dice, in un soffio di labbra; alza una mano per passargliela tra i capelli.

  «Lo so», sbuffa Tony, divertito, e tra quell’arroganza Peter ci legge un anche tu lo sei stato. «Molti pensano che dovremmo duettare più spesso. Farne un lavoro.» 

  «Non sono ancora così bravo.» Risponde col cuore che batte, perché quella prospettiva sembra palpabile e vera. Perché quel fatto gli assicura già il futuro felice che Peter ricerca. Un'utopia? Non lo sa ancora, ma spera di no. Sarebbe meraviglioso passare la vita a suonare il pianoforte, mentre Tony Stark ammalia il pubblico pizzicando corde velenose di uno strumento maledetto, come il violino. 

  «Lo diventerai.» Tony ne è assolutamente certo; è difficile però stabilire se sarà davvero così. Tony sembra quasi dia troppe cose per scontate, quando si tratta di loro due. Sembra quasi che sappia esattamente quali passi compiere, quali tasti toccare, quali strade intraprendere; invece Peter non sa un bel niente e forse non vuole sapere per non rimanere deluso. 

  «A te piacerebbe? Intendo lavorare con me e suonare?» 

  «Tra le tante cose che mi piacerebbe fare, c’è anche questo, sì.» 

  «Che altro vorresti fare, nella vita?», gli chiede, anche se Peter lo sa benissimo, dentro di sé, quali sono i desideri di Tony. «A parte la prima donna, intendo!» 

  «Oh, da dove accidenti viene tutta questa sfacciataggine, Parker?», gli chiede, e Peter si guadagna un pizzicotto su un fianco che gli fa male, ma che gli provoca un brivido lungo la schiena. Si inarca leggermente, e Tony si butta di lato, sul letto, ma continua a guardarlo. «Meccanica, nanotecnologia, chimica… dopotutto non mi sto laureando al MIT così, per sport! E nemmeno tu stai studiando le tue sciocchezze per finire a fare solo il pianista, no?» 

  «Io non lo so ancora, cosa voglio fare», sorride Peter, e alza le spalle, dove poi si chiude. Arriccia le labbra e Tony si sporge per rubargli un bacio. «Però anche a me piacciono un sacco di cose. Mi piace l'arte. La fotografia. La scienza, la matematica, l'astronomia… troppe ambizioni, per una vita così breve», dice, e ha abbassato la voce. Le parole gli sono quasi morte in gola; la vita è davvero troppo breve. 

  «La vita è una. Dovremmo cercare di fare il possibile, per coronare almeno la metà dei desideri che abbiamo. Ovvio che non si può fare tutto, ma nemmeno niente, no?» 

  «È vero», ammette poi si trascina più vicino a lui e si lascia andare ad un sospiro stanco, che non nasconde la paura di quell’ignoto che lo aspetta e di tutto ciò che si è lasciato alle spalle, per coronare i propri sogni. «Però l’idea di suonare ancora insieme è accattivante, no?» 

  «Non è male, lo ammetto, ma io potrei fare tutto, lo sai! Tu, piuttosto: sei consapevole, però, che verrai oscurato per sempre dal mio ineguagliabile genio?» 

  «Certo che sì. Poi, soprattutto, sei così modesto che mi riesce difficile credere che non sarà così», lo canzona, e ancora cerca di fare rumore per celare alle orecchie di Tony il battito del suo cuore che ha iniziato a tamburellare dolorosamente tra le mura della sua gabbia toracica. Ha le orecchie colme di rumore, di esplosioni, di sangue che gli pulsa nelle tempie. Quel per sempre lo ha destabilizzato e gli ha dato troppe cose a cui credere, di cui ha paura di desiderare solo lui. Che quell’amore sia gigante, ne è certo, ma è terrorizzato all'idea che possa esserlo solo da parte sua. 

  Tony non risponde a quella provocazione. Gli pianta gli occhi addosso e poi gli prende i fianchi tra le dita. Se lo spinge contro, e sembra una punizione a quell’insolenza che si è permesso di dedicargli. No, non è così e Peter lo sa. Quando il petto di Tony tocca il suo, i loro cuori battono forte, allo stesso modo; ingestibili e ribelli, come i due adolescenti che sono. Peter ora sa, e non può far altro che lasciarsi baciare, mentre ogni singola cellula del suo corpo implora l’altro di dargli di più. Si scambiano un bacio bagnato, pregno di intimità, dolcezza, passione ma soprattutto disperazione. Non azzardarti a sparire dalla mia vita, dice Tony, con quel gesto. Non lo farò, risponde Peter, facendosi strada nella sua bocca con impellenza. 

  Si separano da quel bacio, e la voglia di fare l’amore brilla negli occhi dell’altro, specchio dei suoi. Tony gli accarezza il naso col proprio con lentezza, è quasi un'agonia, poi gli sorride machiavellico e sbuffa una mezza risata. 

  «Chi accidenti sei, Peter?», gli chiede in un sussurro, per l’ennesima volta, dopo mesi che hanno intrapreso quella relazione solida e reale, che è nata quasi dal niente, e che ora significa tutto. Peter sorride leggermente; nasconde le sue bugie dietro a una carezza che gli regala. Si perde nei suoi occhi per l’ennesima volta e vorrebbe dirgli la verità, ma non può, Il suo è un voto; qualcosa che, se viene svelato, può distruggere tutto ciò che è riuscito a creare. L’unica certezza, in un mare di incertezze².

  Sorride con gli occhi. «Nessuno.» 

  «No. No, decisamente, non lo sei», dice Tony, «Non è che domani sparisci da questa realtà, e scopro che non sei mai esistito? Tipo una creatura leggendaria?» Ma ha già perso interesse per quella domanda, quando Peter gli infila le mani sotto alla maglia del pigiama e gli accarezza la pelle calda, bollente, dei fianchi; un po’ per istinto, un po’ per dissuaderlo da domande troppo scomode. Tony chiude gli occhi e sospira, perso in quel tocco e in segreti che appartengono solo a loro, poi gli bacia il collo; lo morde, gli tira la pelle con i denti, e Peter smette di sentirsi nessuno, ancora una volta. Deglutisce un sospiro. Gli graffia la gola. Lo sovrasta, in una mossa gli sale a cavalcioni e si china su di lui. Lo bracca, con l'intraprendenza che non palesa sempre, ma che un po’ gli appartiene. Tony approva quella dominazione con un sorriso furbastro, infilandogli le mani tra i capelli e tornando a baciarlo, poi gli sfila via la maglietta e la getta da qualche parte. Peter fa lo stesso con la sua, e un istante dopo sono condensati, in un rituale che li rende sempre una cosa sola. Un’unica entità, che a ritmo di una danza macabra, si dona amore e una supplica di restare, senza mai andare via, con una disperazione quasi ignobile.

  Forse non ci sarà bisogno di fuggire. Peter lo spera con tutto il suo cuore e oggi, lo spera un po' più del solito.

 

Fine Capitolo II

 

¹vi invito ad andarla ad ascoltare qui, e ad immaginarli mentre la suonano ♥
²frase di un’altra mia storia che si chiama «Are You Still There?»

 
 
 

______________________Angolo Autore:

Buonsalve a tutti,
E complimenti per il vostro coraggio, se siete ancora qui ♥
Sono felice per il riscontro ricevuto nello scorso capitolo e sono altrettanto felice di poter pubblicare ancora questa storia, che ho amato scrivere e che, col prossimo capitolo, si prepara ad attraccare al porto della conclusione. 
Sperando che vi sia piaciuto anche questo, sperando che il POV di Peter vi abbia lasciato qualcosa, vi invito con tutto il fluff possibile a lasciarmi un pensiero, se vi va, perché ne sarei immensamente felice ♥
Grazie mille a tutti per il supporto che sempre mi date, rendete felice questa vecchia bacucca ♥

Nota bene: Durante la pubblicazione del primo capitolo, avrete notato (se la seguite, ma ne sono certa e se non lo fate ancora, vi prego di farlo ♥) che la mia cara Cosa, lì, shilyss, ha pubblicato una storia – "Un'altra Volta Ancora" – anch'essa contenente il tema della musica presente in questo fandom. C'è solo una vaga suggestione riguardo la tematica in comune, nulla più, unico e solo punto di contatto tra i due racconti, che ha generato due storie diverse, d
i cui eravamo a conoscenza prima di pubblicare e che abbiamo sostenuto reciprocamente anche se ci piacere che fossero due universi collegati, non lo neghiamo, né io né Cosa XD E, comunque, entrambe vi assicuriamo che nessun Loki, nessun Peter e nessun Tony sono stati costretti a intraprendere la carriera dei musicisti dannati, giuriamo sul cupolone, a noi tanto caro ♥
Detto questo vi saluto, e al prossimo capitolo ♥
Miry

P.s.: dati gli ultimi avvenimento accaduti a me e ad altre persone, ci tengo a sottolineare che le mie storie sono qui, su wattpad e su altre piattaforme e che in ALCUN MODO ho mai dato il permesso di pubblicarle ad altre autori. So che la cosa può sembrare lampante, ma a quanto pare non per tutti e, data la sorpresina che io e altre autrici ci siamo ritrovare a dover contestare recentemente, ribadisco che le mie storie mi appartengono e che mai e poi mai ho dato – e mai darò – l'autorizzazione di pubblicarle da terzi su altre piattaforme – dove, per giunta, sono già presenti.
Chiarito questo, vi auguro una buona giornata e soprattutto di fare attenzione alle vostre storie. Il pericolo, a quanto pare, è dietro l'angolo.
Miry
 
 

 

 



























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