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Autore: Claireroxy    10/11/2019    4 recensioni
Neo non avrà la voce, ma gli altri sensi compensano per la mancanza. È facile, per lei, dare un gusto a quanto accade nella vita, e lo fa da quando lo ha conosciuto. Ma c'è uno che rimane un vero e proprio mistero: di cosa sa il perdono?
[Storia partecipante al contest "Storie racchiuse fra le pagine di un libro", indetto da Aledic sul forum di EFP] [Gelato] [Qualche headcanon]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cinder Fall, Neopolitan, Roman Torchwick
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La solitudine sapeva di gelida acqua piovana. 

Era quella che Neo riusciva a procurarsi più facilmente vagando per Anima, e una delle poche per cui non doveva lottare, sola contro tutti. Aveva quindi imparato ad apprezzare i giorni di pioggia: in più, osservare le gocce cadere era affascinante, e faceva scordare la fame.

Ma, a volte, anche nascondersi a osservare attirava le ire di qualcuno. Per quello aveva trovato un'unica soluzione: rimediare un ombrello sotto cui ripararsi, in modo da sembrare una persona rispettabile e non creare più disturbo.

Lui l'aveva trovata mentre rovistava tra i mucchi di oggetti abbandonati. "Le boutique sono dall'altra parte della città, piccolina" le aveva detto, sollevando la falda del suo cappello troppo grande. 

Lei non rispose, ormai abituata a stare in silenzio. Evitò gli occhi verdi del ragazzo, continuò la sua ricerca e si preparò a piazzargli un pugno sul grugno se l'avesse attaccata.

Lui non lo fece. Si limitò a sedersi su una scatola afflosciata, e a fare ogni tanto dei commenti irritanti ma innocui. Fu quando Neo trovò, finalmente, un ombrello che le piaceva, che il ragazzo chiarì le sue intenzioni.

"Era quello che cercavi? Persino nel mercato più scrauso se ce sono di migliori!" 

Fu quando lei alzò il viso, arrabbiata e, per la prima volta da quando era scappata, non impaurita, che il ragazzo precisò: "E sai, in quei posti è facile sgraffignare. Specialmente se si è in due."

La solitudine sapeva di acqua piovana. Ma fu quella sera, seduta accanto a quel gentile sconosciuto con un ombrello rosa e una crocchetta in mano, che Neo decise di averne bevuto troppa.

 

 

Il rispetto sapeva di cioccolato fondente.

Era quella che mangiava ogni volta dopo un grande colpo. come in quell'occasione: un Roman sorridente infilava le gemme di Madama Roskrow nella cassaforte del nascondiglio segreto.

"E credere che c'era così poca gente a guardia di una tale fortuna" commentò, mentre li serrava con la combinazione nota solo a loro. "O almeno, lo diventerà per noi."

Neo alzò gli occhi al cielo a quella battuta. Roman si lasciava sempre più andare a quei giochi di parole in sua presenza, soprattutto dopo aver imparato che lei non avrebbe neanche fiatato. Così facendo perdeva così il suo fascino da terribile criminale... 

O meglio, lo aveva già perso. Dalla prima volta che lei gli aveva salvato la vita, infilzando quei tre ragazzi col suo ombrello. Era da lì che aveva smesso di chiamarla "piccolina" e aveva imparato il suo nome.

"Un tale traguardo, Neo" la tirò fuori dai suoi pensieri lui, "Merita un grande festeggiamento." Chiuse la cassaforte e si diresse verso il tavolino coi bicchieri, in cui versò il vino e glielo porse. "Prima le signore."

Neo prese il bicchiere, e scosse la testa divertita. Anche dopo che lui l'aveva eletta come sua vice, la condiscendenza non era sparita e si manifestava in momenti privati come questo. Certo, occasionalmente le piaceva riceverla, ma a lungo andare sarebbe stato un imbarazzo per gli altri sottoposti. Qualcosa che era stato lui a realizzare per primo, quando avevano assaggiato il primo quadratino di rispetto.

Fu il rumore di un elicottero che atterrava poco distante a sorprenderli. Si guardarono negli occhi, entrambi pienamente coscienti di quello che significava.

Fu una delle nuove reclute a entrare. "Capo! È arrivata la strega del fuoco, e vuole assolutamente incontrarla!"

"Strega? Meglio che non ti senta, potrebbe prenderlo come un complimento. E tu ci rimarresti." 

Roman sollevò il suo bastone, pronto a dare ordini. "Falla entrare, solo lei, e conducila qui. Neo, ci sono ancora quegli ottimi biscotti da vino?"

Il rispetto sapeva di cioccolata fondente. Ma quel pomeriggio, sentendo il discorso del lato oscuro di Remnant, accanto all'uomo che l'aveva introdotta a quel mondo, Neo capì che da molto tempo aveva smesso di sentirne l'amarezza.

 

 

La sconfitta sapeva di sangue ferruginoso. 

Era quello che rimaneva sui vestiti dopo un combattimento disastroso, come in quella notte, e che la costringeva a ingabbiarsi in vecchi stracci in cui a malapena stava. 

E questo, in qualche modo, non era neanche il peggio di quelle serate.

"Dannazione!" Roman battè i pugni contro l'hangar, riempiendolo di rimbombi. "La prima mossa, un tale fallimento... perché nessuno ha controllato i condotti segreti in quel punto?!"

I loro sottoposti e quelli di Cinder stavano ben lontani, pronti ad intervenire nel caso qualcuno venisse a curiosare. Fu per questo che Neo poté dargli qualche colpetto sulla spalla senza rischiare occhiate curiose.

"Va bene. Va bene." Roman esitò solo qualche attimo sotto il suo tocco, per poi allontanarsi dal muro e avanzare verso il centro della sala. "Era una piccola quantità di Polvere: domani arriveranno i camion degli Schnee, e potremo rimediare al danno. Ovviamente" proseguì lui, appoggiandosi sul suo bastone, "Esigo da tutti la massima preparazione e organizzazione. Portate i vostri uomini migliori" calcò la voce, indicando i Fauni con la sua arma, "e siate puntuali. Vale per tutti" precisò a voce più alta, un'aggiunta per non far imbizzarrire troppo gli alleati. "Quindi, dovreste proprio andare a riprendere le forze."

Dopo quella frase, non un singolo sottoposto rimase nell'hangar. Roman sbuffò un "Me lo aspettavo" e tornò alla sua mappa. Evitò gli occhi di Neo con movimenti calcolati.

Un vero braccio destro lo avrebbe lasciato a riflettere. Neo si pose di fronte alla mappa e lo squadrò compiaciuta, perché era quello che lui aveva fatto alla discarica, tanto tempo fa.

Roman tentò ancora di evitare il suo sguardo, ma poi ci rinunciò. Sbuffò, e si tirò un ricciolo che usciva da sotto il cappello. "Non so davvero cosa mi passi per la testa, nell'ultimo periodo" si lamentò, e Neo si piegò verso di lui. "Qualcosa mi rode il cervello, ma appena provo a capire che cosa sparisce dalla mia testa." Il suo sguardo si soffermò qualche secondo sul décolleté di Neo, ma poi passò al suo viso come se niente fosse. "Hai presente?"

La sconfitta sapeva di sangue ferruginoso, come quello che sentiva nella sua bocca dopo aver morso l'interno della sua guancia. Neo lo detestava, e fu per questo che lo baciò.

 

 

La passione sapeva di tè nero bollente. 

Quello dolce amaro, che lui aveva incominciato a offrirle come scusa per farla entrare nella sua camera. Roman ci teneva a fare le cose discretamente: passava ancora molto tempo con Cinder, e meno quella strega sapeva meglio era.

Neo non era gelosa: se c'era una cosa che aveva imparato dal sopravvivere col Roman era che lui detestava ogni autorità, e Cinder faceva chiaramente parte questa categoria. E se avesse fatto solo un gesto in più del dovuto, Neo le avrebbe torto il collo. Dubitava che Roman se la sarebbe presa.

Era una cosa che gli ribadiva quando s'avvinghiavano nella prima stanza disponibile, e quasi gli faceva sanguinare le labbra nei loro baci focosi: un disperato tentativo di lasciare un marchio, di dirgli che lui era suo come lei era sua.

E Roman capiva. Ricambiava, con un sorriso ironico sulle sue labbra ma non con meno enfasi. Poi si staccava e parlava con la sua voce suadente.

"Non fare così, Neo" le sussurrava al suo orecchio mentre le sue mani scivolavano nei pantaloni di lei. "Non andrò da nessun'altra parte, promesso" continuava, mentre lei lo spingeva suo letto e lui iniziava a stuzzicarle con la lingua le orecchie, il suo punto sensibile.

Quello che diceva era vero. Era uno dei punti fissi nei molti discorsi che le faceva dopo l'amplesso, e che più o meno si sintetizzavano in: la suprema felicità della vita era essere amati per quello che si era, o meglio, essere amati a dispetto di quello che si era. 

E in quella stanza buia, sotto le lenzuola aggrovigliate e con lui che le passava una mano tra i capelli, Neo assaporava quei monologhi, perché lui era troppo orgoglioso per una vera e propria dichiarazione.

Ma pochi minuti e qualcuno avrebbe bussato alla porta. O ci sarebbe stata una chiamata sullo scroll, o sarebbe giunta l'ora della missione, e loro si sarebbero rivestiti e allontanati, senza parlare di quello che era successo. Le voci circolavano, ma nessuno cercava conferma: la missione era ancora la loro priorità numero uno, e loro due ancora pezzi importanti.

Neo detestava tutto questo. Detestava l'attenzione che doveva mostrare per eventi inutili, la cura che bisognava mettere per non fare un passo falso, quei ridicoli Cacciatori che riuscivano ad ostacolarli ogni volta. 

Abbandonare quanto costruito fino ad ora? Neanche per sogno: l'idea di una vita tranquilla e lontana da tutto era ridicola per due come loro. No, il loro posto era tra le ombre, lui a condurre rapine e lei a frantumare ossa.

Avrebbe desiderato comunque un attimo per riprendere fiato, fare ordine fra i suoi pensieri e comprendere l'evolversi della situazione.

La passione sapeva di tè nero bollente, ma ormai il suo gusto non la soddisfaceva più: bisognava studiare un modo per comunicare davvero quello che provava.

 

 

Il perdono sapeva di gelato fragola e cioccolato. Era quello che le avrebbe offerto Roman dopo la battaglia, pagando di tasca sua. E lei lo avrebbe accettato, e ringraziato a bassa voce, perché sarebbe stato strano parlare dopo tutto quel tempo.

Poteva immaginarselo. Il tono sorpreso del capo, l'incredulità che pian piano scompariva di fronte alla faccia seria del braccio destro. E alla fine, la realizzazione. "Ah, allora sai parlare. Potevi dirlo anche prima!"

Gli avrebbe finalmente detto quanto odiasse i giochi di parole.

Ma questa volta non c'era la passeggiata fino al gelataio. Non c'erano le chiacchiere sul tutto e il niente, per evitare quell'argomento che sempre più spinoso ogni volta che lo ignoravano. Avrebbe accettato persino le riflessioni solitarie che faceva mentre lui era prigioniero, perché almeno sapeva dove si trovasse e come poteva aiutarlo.

Ora le era rimasto solo il suo cappello.

Neo se lo infilò in testa: le calzava alla perfezione. 

Era quello il modo giusto per sfidarla. Lei e i suoi occhi brillanti e maliziosi, non solo rivolta agli alunni e ai professori della Beacon. Cinder, la fanciulla ideatrice di questo piano.

Il perdono, ora Neo lo capiva, non sapeva di gelato fragola e cioccolato, dato che le sensazioni non avevano mai davvero avuto un sapore. Erano quelli com le vivevi che davano gusto.

Queste delicatezze lei le aveva vissute con Roman. Ultima ma non ultima quella mano tesa verso di lei, mentre veniva trascinata via dal vento. Aveva visto la preoccupazione sul suo volto, la tardiva conferma che anche lui era stato assalito dai suoi stessi dubbi sulla loro relazione.

Ma Roman era morto, e ogni delicatezza con lui. Tutto quello che rimaneva a Neo era l'amarezza della vendetta.

 

Angolo Autrice

E fuori il primo testo che dovevo pubblicare! E anche il primo a cui ho pensato, dato che questi sono i primi personaggi che ho mai conosciuto su RWBY. E la prima ship. Oh, well.

Solo una precisamente: Cinder è "fanciulla" perché è uno dei significati di "maiden" in inglese. Strega come soprannome mi piaceva e basta.

Dimenticato lo specchietto: Titolo: Di cosa sa il perdono? Fandom: RWBY Personaggi&coppia: Cinder, Neo, Roman, Neo/Roman Avvertimenti: Missing Moment, Lime (se per te è troppo esplicito dimmelo) Pacchetto: I Miserabili Parole: 1768

  
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