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Autore: Sonrisa_    13/11/2019    2 recensioni
[FroyHika]
Hikaru scosse la testa e si portò istintivamente una mano al petto, stringendo la stoffa della felpa all’altezza del cuore. Non aveva messo in conto la reazione che avrebbe avuto nel dover tornare in determinati luoghi che gli avrebbero riportato alla mente certi ricordi, ma inspirò profondamente e solo quando fu certo di essersi tranquillizzato recuperò il cellulare per chiamare Froy che rispose dopo appena due squilli.
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao ♥
Piccola precisazione: i fatti narrati si collocano dopo ciò che viene raccontato nella seconda drabble della mia raccolta del Writober. Liberi di passare direttamente alla lettura della one-shot, ma nel caso in cui vi foste persi/non ricordaste il capitolo e vi andasse di recuperarlo --> https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3863144 tanto si tratta di 110 parole giuste, giuste, lo si legge in meno di un minuto xD
 
 

 

 
It comes naturally and it takes my breath away

 
 

Hikaru giocherellò con il trolley trainandolo avanti ed indietro per qualche minuto, quasi pentito di quell’improvvisata. Dopo quanto accaduto in aeroporto alla fine del Football Frontier International –quel bacio-non-bacio il cui ricordo lo aveva tormentato per tutto il volo di ritorno in Giappone– loro due non si erano sentiti più di tanto: banali messaggi e rare chiamate, alcuna menzione alla loro situazione dopo quel saluto. Hikaru non avrebbe mai tirato in ballo l’argomento, già diventava rosso quando ci ripensava –e sì, dopo quarantasei giorni continuava ad averlo fisso in testa-, non sarebbe mai riuscito a parlarne a voce; nemmeno Froy, dal canto suo, ne aveva mai fatto menzione, lasciando Hikaru in un limbo di incertezza: non è che aveva frainteso tutto quel giorno?
«E quindi perché mi trovo qui?» mormorò a se stesso, sospirando pesantemente mentre si passava una mano sul volto. La tentazione di prendere il primo aereo per tornare a Tokyo fu grande, ma il pensiero di trovarsi vicino a Froy –stesso Paese, stessa città, stesso fuso orario- gli diede la spinta giusta per imboccare finalmente l’uscita dell’aeroporto. Anche perché il Football Frontier sarebbe ricominciato di lì a qualche settimana e lui non credeva che, con l’inizio del campionato, sarebbe riuscito facilmente ad allontanarsi così tanto da Tokyo.
 
 
Ritrovarsi davanti la sede della vecchia squadra in cui avevano militato insieme anni prima gli fece uno strano effetto. Aveva ricordi agrodolci di quel periodo, all’epoca era e non era lui, sospeso in un continuo equilibrio instabile che lo aveva condotto quasi ad un punto di non ritorno. Hikaru scosse la testa e si portò istintivamente una mano al petto, stringendo la stoffa della felpa all’altezza del cuore. Non aveva messo in conto la reazione che avrebbe avuto nel dover tornare in determinati luoghi che gli avrebbero riportato alla mente certi ricordi, ma inspirò profondamente e solo quando fu certo di essersi tranquillizzato recuperò il cellulare per chiamare Froy che rispose dopo appena due squilli.
«Scusami, ma non posso parlare, tra poco iniziamo il riscaldamen-»
«Sì, lo so.» lo interruppe il minore, che conosceva perfettamente i suoi orari «Ma… non è che potresti uscire un attimo?»
Il nipponico non seppe come interpretare il silenzio che ne seguì e si mordicchiò il labbro inferiore in una febbrile attesa.
«Hikaru, se è uno scherzo, io…»
«Non lo è.»
Il giapponese sussultò quando sentì che l’altro aveva interrotto la chiamata e portò lo sguardo blu sullo schermo del cellulare quasi come se vi avesse potuto trovare una risposta. Forse non era stata una buona idea tornare in Russia, forse semplicemente Froy non gli aveva creduto, forse l’aveva disturbato, forse… Il respiro gli si mozzò quando si ritrovò stretto in un abbraccio famigliare e la mente di Hikaru abbandonò tutte le supposizioni, concentrandosi sulla sensazione delle braccia di Froy che lo avvolgevano stretto. Per lui sarebbero potuti rimanere in quella posizione per la prossima ora, ma l’altro fece un passo indietro e lo guardò con gli occhi che brillavano:
«Quando sei arrivato? Perché non me lo hai detto prima?!»
«Sono atterrato meno di due ore fa, volevo farti una sorpresa…»
Froy sorrise felice, ma non poté pronunciare alcunché perché una voce lo chiamò e il russo si ritrovò placcato da Yuri che lo prese per le spalle.
«Ma che…?»
«Mi hai fatto prendere un colpo!» lo rimproverò l’altro ragazzo «Ti sei messo a correre come una furia senza nemmeno finire di cambiarti, credevo fosse successo qualcosa di grave!» esclamò, senza accennare ad allontanarsi da lui.
Fu solo allora che Hikaru si rese conto che Froy indossava, sì, la maglia scura della squadra, ma che le sue gambe erano ancora avvolte da un paio di semplici jeans.
Anche l’albino parve realizzarlo solo in quel momento e ridacchiò, passandosi una mano fra i capelli: «Scusami, ma Hikaru mi aveva chiamato…»
Solo con quelle parole Yuri parve accorgersi della presenza del nipponico: «Oh… ciao Hikaru.»
Il blu ricambiò un po’ impacciato, scusandosi per aver creato tanto trambusto: «Non volevo disturbarvi, mi dispiace, ma…»
…ma morivo dalla voglia di rivedere Froy?
Hikaru non terminò la frase e serrò le dita sul manico del trolley: la presenza di Yuri –o forse più semplicemente le sue braccia ancora ancorate al collo di lui– lo stavano facendo sentire leggermente a disagio, quindi decise di andarsene.
«È meglio che vada ora, così potrete tornare ad allenarvi.»
Froy si irrigidì e Yuri lo salutò prima di fare qualche passo indietro.
«Non ti va di assistere? Potresti anche unirti a noi.» propose il minore dei Girikanan.
«Non ti preoccupare, il viaggio è stato stancante e preferisco andare a riposare.»
Dieci ore di volo per vederlo e poi me ne vado via dopo cinque minuti?
Froy articolò un verso indefinito e poi infilò la mano nella tasca posteriore dei jeans, estraendone un paio di chiavi che porse ad Hikaru.
«Froy, cosa d-»
«Aspettami a casa, tanto sai dove si trova, no? Ti raggiungo il prima possibile, anche perché solitamente mercoledì finiamo sempre prima. Fa’ come se fossi a casa tua, ok? Puoi metterti tranquillamente a riposarti a letto, tanto Bernard è a Rio.» gli disse e, prima di affiancare Yuri che lo stava aspettando all’ingresso, rivolse ad Hikaru un ultimo sorriso: «Sono felice che tu sia qui.»
 
 
 
Hikaru non sapeva se pentirsi o meno di quel viaggio. Rivederlo era stato bello, aveva ancora l’impressione di sentire le braccia di Froy stringerlo forte fino a fargli dimenticare tutto il resto, ma se chiudeva gli occhi rivedeva ancora Yuri appiccicato all’albino e avvertiva un sapore aspro in bocca. Un verso di stizza sfuggì dalle sue labbra e lui si lasciò cadere sull’enorme letto, rannicchiandosi contro il cuscino che portava lo stesso odore di Froy ed inspirando a pieni polmoni. Rimuginarci su fino a fondersi il cervello era inutile, quindi decise di provare davvero a riposarsi un po’, tra le dieci ore di volo e le sei di fuso orario si sentiva davvero intontito. Si allungò verso il comodino per prendere il cellulare ed assicurarsi che non fosse azionata la modalità silenziosa, cosicché se Froy l’avesse chiamato per farsi aprire lui avrebbe sentito la telefonata.
«Tanto mi riposo giusto qualche minuto…» mormorò, chiudendo gli occhi.
 
 
Froy recuperò la chiave di scorta, nascosta sotto il tappetino d’ingresso, e la infilò nella toppa aprendo il più silenziosamente possibile la porta. Abbandonò il borsone all’entrata e si tolse le scarpe, cercando con lo sguardo Hikaru nella zona giorno e, non trovandolo, si diresse in punta di piedi nella propria camera: lui era lì. Froy si appoggiò allo stipite della porta e si prese qualche secondo per osservarlo dormire prima di avvicinarsi, nel modo più silenzioso possibile. Dapprima si sedette in ginocchio sul materasso, poi si stese accanto a lui così da poterlo guardare indisturbato per un altro po’, finché il desiderio di baciarlo non divenne impellente. L’albino si tese verso di lui e gli sfiorò le labbra con le proprie in un tocco estremamente delicato che, però, fece svegliare Hikaru che, schiuse lentamente le palpebre e trovatosi il volto del russo ad una manciata di centimetri dal proprio, scattò immediatamente verso dietro, finendo per sbattere la testa contro la tastiera del letto. Il nipponico si massaggiò la parte lesa sotto lo sguardo vagamente divertito di Froy che gli si avvicinò per controllarne le condizioni.
«Solitamente questo non succede alle principesse.»
Hikaru credette di aver capito male e che le proprie conoscenze della lingua russa si fossero improvvisamente azzerate, perché alle sue orecchie quella frase era totalmente priva di senso. Froy dovette rendersi conto della sua confusione perché si affrettò ad aggiungere: «Beh, le principesse non sbattono la testa contro la tastiera del letto dopo il bacio del principe che le ha risvegliate.»
«E io sarei la principessa?!» fece Hikaru con voce acuta, evitando di soffermarsi sulla parte “bacio”.
«Se vuoi facciamo a cambio, io mi metto steso qui e tu mi risvegli con un bacio. Mondainai[1]
«F-Froy!»
Il rimprovero, molto blando e più simile ad uno squittio, di Hikaru risultò quasi ridicolo e il ragazzo si coprì le guance con le mani, certo del loro rossore. L’albino gattonò fino a lui, mantenendosi ad una distanza che gli avrebbe permesso di allungare il braccio fino al volto dell’altro così da spostargli le mani ed intrecciare le dita con le sue, ma che al contempo non avrebbe fatto sentire Hikaru con le spalle al muro.
«Come hai fatto ad entrare?» domandò il nipponico, aggrottando le sopracciglia.
«Chiavi di scorta.» rispose spiccio il maggiore, osservandolo bene in viso «Come va?» chiese dolcemente, facendo forza su se stesso per non allungarsi e saggiare di nuovo le labbra del ragazzo. Averle semplicemente sfiorate qualche minuto prima aveva riacceso in lui il desiderio di baciarlo, ma, avendo colto l’evidente disagio che l’altro non riusciva a celare, non avrebbe mosso solo un passo senza la piena certezza di non dargli fastidio.
«Uhm, bene. Tu come stai?» fece Hikaru che si sentiva decisamente rinvigorito dopo la dormita.
«Io sto bene.» gli sorrise «Vederti mi fa sempre stare bene.» ammise senza vergogna con una sincerità che disarmò totalmente il minore. Froy lo vide passare lo sguardo sulle loro dita intrecciate mordicchiandosi il labbro inferiore decisamente combattuto.
«Io… ecco… tu...»
«Noi.» lo corresse l’albino, cercando di seguire il filo dei pensieri dell’altro e capire il motivo di quell’agitazione. Il nipponico scosse la testa abbassando lo sguardo e Froy barcollò, colto da un pensiero improvviso: che fosse successo qualcosa e Hikaru ci avesse ripensato?
«Mi stai facendo preoccupare, Hikaru.» lo avvisò, inclinando la testa alla ricerca degli occhi dell’altro.
«C’è qualcosa fra te e Yuri?» chiese Hikaru così velocemente da mangiarsi quasi le parole di quella domanda.
«Cos.. io e Yuri?!»
Hikaru lo guardò di sottecchi e annuì, un’espressione da cucciolo che risultò tenerissima agli occhi di Froy.
«Certo che no!» esclamò «Come ti è venuto in mente?»
«Beh… oggi l’ho visto particolarmente vicino a te.» mormorò scrollando le spalle.
Froy cercò di ricordare, ma di qualche ora prima aveva presente solo Hikaru e la gioia nel trovarselo vicino, tutto il resto era passato in secondo piano.
«Non ti ricordi più il nostro saluto in aeroporto?»
«Certo che me lo ricordo!» esclamò Hikaru, le guance imporporate al solo pensiero.
«Ma nonostante questo hai pensato che io avessi cambiato idea?»
«Non abbiamo parlato molto da quel momento in poi…» si difese il nipponico.
«Ma tu eri preso dal trasferimento alla Outei, ti sentivo sempre così impegnato che non mi sembrava il caso di disturbarti più di tanto. Poi il fuso orario non aiutava.»
Hikaru biascicò parole incomprensibili e arricciò le labbra sotto lo sguardo più sereno di Froy che, posando i palmi delle mani sulla porzione di letto fra loro due, si allungò fino ad essergli ad una distanza irrisoria.
«Quindi non ti darebbe fastidio se ti baciassi?»
Hikaru assunse una sfumatura di rosso ancora più intenso e sgranò gli occhioni blu.
«Devi essere per forza così diretto?!» esalò il giapponese, deglutendo.
«Io so che voglio baciarti.» mormorò Froy inclinando lievemente la testa e arrivando a sfiorargli il naso con il proprio «Ma voglio essere sicuro che lo voglia anche tu.» soffiò sulla sua bocca.
Hikaru, rimasto fermo a quel “voglio baciarti”, si sporse naturalmente verso di lui: se non riusciva a dar voce ai propri desideri, li avrebbe dimostrati con i fatti. Chiusero gli occhi nel medesimo momento, ovvero quando le loro labbra si incontrarono, dapprima esitanti e poi più audaci. Hikaru si tese ancor di più nella sua direzione, prendendogli il volto fra le dita per assicurarsi che quel contatto non si interrompesse troppo presto come era già successo. Froy sorrise, bocca a bocca, e fece scivolare una mano sul suo fianco per avvicinarlo il più possibile a sé e non lasciarlo più. La bellezza di averlo finalmente tra le braccia, poterlo baciare, inspirare il suo profumo e giocherellare con i ciuffi dei suoi capelli era indescrivibile. Il russo si sentiva così colmo di gioia che, tra i baci, non riuscì a trattenere una risata nata dal cuore.
«Perché ridi?» chiese Hikaru curioso, separandosi da lui lo stretto necessario per poter formulare quella domanda.
Froy gli si riavvicinò strofinando il proprio naso con il suo, incapace di stargli lontano.
«Perché sono proprio felice che tu sia qui con me.» mormorò, intervallando ad ogni parola un bacio su un punto diverso del volto dell’altro.
Hikaru sorrise di rimando e posò le mani sui suoi fianchi sussurrando un “anche io” prima di unire di nuovo le loro labbra, assecondando quella che avvertiva come una pura necessità. Froy lo strinse a sé, trascinandolo mentre si spostava per appoggiare la schiena alla tastiera del letto, per poi trasferire la sua attenzione dalle labbra del minore alla sua mandibola in una scia di baci leggeri che poi lo condusse fino al collo. Il nipponico si rese conto di avere la mente quasi totalmente annebbiata: era totalmente succube di quelle labbra e delle mani di lui che lo accarezzavano; si ritrovava a desiderare un contatto sempre maggiore, ma al contempo ad essere spaventato di quello che sarebbe potuto accadere di lì a poco se avessero continuato in quel modo.
«Fr-ooh-y.»
«Mh.» fece l’altro, continuando a mordicchiargli leggermente il collo.
«Po-possiamo andare un po’ più piano?» balbettò ansante, sentendo la testa girare.
Froy alzò il volto portandolo di fronte a quello del minore, le labbra piegate in un sorrisetto divertito ed un’espressione vagamente maliziosa: «Possiamo prenderci tutto il tempo che vuoi, ma, la felpa, me l’hai sfilata tu. E trenta secondi fa ci stavi provando anche con la mia maglietta.»
Hikaru sbatté le palpebre e abbassò lentamente lo sguardo, sgranando gli occhi quando vide la felpa grigia abbandonata sul cuscino e la t-shirt del ragazzo pericolosamente alzata fino a lasciargli scoperto buona parte dell’addome sul quale lui, per di più, aveva ancora la mano poggiata. Il giovane dai capelli blu boccheggiò, togliendo immediatamente la mano dagli addominali dell’altro e chiudendo gli occhi.
Come aveva fatto a non accorgersi di aver iniziato a spogliarlo?
«Io… non… come… scusa!»
Froy lo trovò adorabile e gli diede un lieve bacio sulla guancia.
«Guardami.» mormorò.
L’altro scosse la testa, le palpebre ancora serrate e il volto rosso per l’imbarazzo.
«Hikaru.»
«È imbarazzante.»
«Scusa, credi che mi sia dispiaciuto? Che mi abbia dato fastidio?»
Un mugolio indefinito fuoriuscì dalla bocca del minore che non ebbe il coraggio di rispondere.
«Avresti potuto continuare, sai?» aggiunse Froy, dandogli il colpo di grazia.
Il rossore sulle guance del nipponico si intensificò.
«Iniziava a fare caldo e se avess-»
Hikaru aprì di scatto le palpebre e gli tappò la bocca: «Non dire nient’altro, ti prego.»
Gli occhi di Froy brillarono birichini, ma il ragazzo levò le braccia in segno di resa e Hikaru, ammonendolo con lo sguardo, decise di liberarlo, accoccolandosi al petto dell’altro per riprendere respiro e sfuggire a quelle splendide iridi cristalline che, ad ogni sguardo, lo incantavano.
Il russo sorrise e gli carezzò la schiena con movimenti circolari per farlo rilassare: «Detta tu i tempi.» sussurrò «Per me possiamo rimanere così anche per le prossime ore, mi basta solo averti finalmente con me.» mormorò sincero.
L’altro annuì, rimanendo fermo in quella posizione e aspettando che il respiro tornasse regolare prima di lasciargli un lieve bacio sullo spazio tra le sue clavicole e risalire lentamente fino alla bocca dell’altro. Froy lo lasciò fare, limitandosi a continuare ad accarezzargli la schiena, chiudendo gli occhi quando Hikaru iniziò a delimitare il contorno della sua bocca con una serie di piccoli baci fino a quando l’albino, incapace di resistere avendole così vicino, non si impossessò delle sue labbra.
«Piano.» mormorarono all’unisono, all’inizio di un lento bacio.
Si presero tutto il tempo possibile per assaporarsi, godendo dell’essere così vicini e lasciando che le loro lingue si riscoprissero con calma.
Hikaru gli prese il volto fra le mani per poi iniziare a giocherellare con i ciuffi chiari dei capelli di Froy, che ritornò a prestare attenzione al collo del minore mentre le dita scivolavano giù verso i fianchi, mantenendosi però sopra la stoffa della maglietta. Il nipponico si allungò nella sua direzione, strusciandosi involontariamente su di lui che si irrigidì, serrando la presa sulla sua vita per tentare di tenerlo fermo.
«Hikaru.»
Il mormorio roco del russo, flebile rimprovero soffiato sulla bocca, disorientò ancor di più Hikaru che, di nuovo, aveva scollegato completamente il cervello: non esisteva nulla oltre le carezze di Froy, i suoi baci, le sue labbra, il suo profumo. Il ragazzo mugolò e si tese ancora di più verso l’altro, strappandogli un lieve gemito e costringendolo ad allontanarlo leggermente.
«Tu non ti rendi conto dell’effetto che mi fai.» ansimò Froy, poggiando la schiena contro la tastiera del letto e posando le dita sul piumone, per prendere un attimo di respiro «Non volevi fare le cose con calma?» chiese, cercando di mantenersi lucido e regolare la respirazione.
Difficile a farsi se aveva Hikaru, seduto sulle sue cosce, con le labbra schiuse, che lo guardava con quegli occhioni languidi ad una manciata di centimetri di distanza.
Il blu inclinò la testa di lato, socchiudendo gli occhi confuso, quasi in difficoltà nel processare quella semplice domanda.
«Fai finta che prima non abbia detto nulla.» mormorò, già pentito della richiesta di qualche minuto prima, mordicchiandosi il labbro inferiore e lanciandogli un’occhiata di sottecchi. Il pensiero di dove quei baci e quelle carezze li avrebbero potuti condurre lo aveva fatto irrigidire per qualche istante, sì, ma poi il ragazzo si era reso conto che cercare di trattenersi era peggio: gli veniva naturale ricercare un maggiore contatto, stringersi a lui, desiderare ancora le sue labbra su di sé, perché privarsene? Ma soprattutto come dirgli che lo desiderava più di ogni altra cosa al mondo senza morire dall’imbarazzo nel tentativo di farlo? Perché Froy riusciva ad essere così schietto e sincero quando lui perdeva la voce al solo pensiero di pronunciare simili parole?
«Froy.» lo chiamò, prendendogli le mani e portandole sui propri fianchi, sotto la stoffa della maglietta, anelando il contatto delle dita del ragazzo con la propria pelle.
«Sei sicuro? Voglio che tu si-»
«Ti voglio.» disse tutto d’un fiato in un sussurro lieve, timido ma deciso, che si infranse sulle labbra dell’altro che riprese a baciarlo con trasporto.
«Anche io.» mormorò Froy «Anche io.» ripeté ancora mentre lo stringeva forte a sé.
Il russo lo spinse delicatamente verso dietro, fino a far aderire la schiena del minore al materasso, così da avere un margine maggiore d’azione, iniziando a sfilargli la maglia con una lentezza disarmante mentre lo guardava fisso negli occhi.
Hikaru fremette nel sentire le dita di Froy sulla propria pelle nuda e quelle iridi cristalline incatenate nei propri occhi, dimenticandosi per qualche secondo di prendere fiato.
«Respira.» gli ricordò l’albino sfiorandogli il naso con il proprio ed interrompendo il contatto visivo solo per sfilargli completamente la maglia e lanciarla via.
Il minore ubbidì, rendendosi conto di essere andato quasi in apnea in quel frangente. Froy lo guardò e si sporse verso le sue labbra, ghermendole con le proprie prima di iniziare una lenta discesa di baci, morsi e carezze per andare alla scoperta dei punti più sensibili di Hikaru, beandosi dei suoi gemiti e lasciando che lo guidassero per capire su quali zone fosse necessario soffermarsi maggiormente. Il nipponico ansimò più forte, avvertendo un deciso calore propagarsi al basso ventre, quando le labbra e la lingua di Froy arrivarono a lambire la zona in prossimità dei jeans con una lentezza misurata, una dolce tortura che lo stava annebbiando. Il blu chiamò il suo nome, il respiro spezzato e la testa che girava, e l’albino si staccò da lì, riportando il volto alla stessa altezza di quello dell’altro per poi avvicinarsi al suo orecchio: «Tutto bene, Hikaru?» soffiò, sfiorandogli il lobo con la labbra mentre le dita giocherellavano con la vita del pantalone, tirandolo leggermente verso il basso. Prossimi ad un possibile punto di non ritorno, Froy studiò la reazione del minore, attento anche al più piccolo segnale che gli avrebbe fatto capire di doversi fermare.
«Mi basta una parola e mi fermo subito.» chiarì, allontanando le dita dal bacino di Hikaru per non influenzarlo col suo tocco.
Il ragazzo scosse la testa con decisione, issandosi sui gomiti solo per raggiungere di nuovo la bocca dell’altro: «Non voglio che ti fermi.»
«Ma se dovesse accader-»
«Non succederà.» sussurrò Hikaru, sfilandogli la maglia con un unico movimento fluido.
Probabilmente, se non fosse stato tanto preso dalle attenzioni che le labbra del minore avevano iniziato a riservargli percorrendo senza pudore ogni centimetro del suo corpo, Froy avrebbe anche ridacchiato per l’audacia che l’altro riusciva a tirare fuori in certi momenti. Forse l’avrebbe anche fatto se poi non fosse stato certo di inibirlo totalmente, bloccandolo –e no, non voleva di certo farlo. Quando però Hikaru gli sbottonò il pantalone abbassandolo leggermente, Froy non riuscì a trattenere un verso di stupore che si trasformò in gemito nel momento in cui Hikaru, le mani che gravitavano ancora in quella zona particolarmente sensibile, abbassò il volto per lasciare un piccolo bacio sotto il suo ombelico mostrando l’intenzione di scendere ancora più in basso.
Lo stava uccidendo ed entrambi avevano ancora i pantaloni. Non sarebbe sopravvissuto a lungo, lo sapeva.
«Hikaru.»
Il nipponico sollevò lo sguardo, un’espressione languida, ma al tempo stesso confusa, dipinta sul volto arrossato che lo fece apparire ancor più desiderabile agli occhi di Froy: «Ho fatto qualcosa di sbagliato?»
Per lui era tutto nuovo, non aveva mai fatto niente di simile e, avendo perso lucidità già da tempo, aveva seguito l’istinto, forse…
Le labbra di Froy sulle sue spazzarono via ogni pensiero, ogni titubanza. Hikaru, preso dall’ennesimo bacio –aveva scoperto di esserne diventato dipendente dopo nemmeno qualche ora-, si rese conto con un attimo di ritardo che il maggiore gli aveva già sfilato via i pantaloni così da spostare l’attenzione sull’unica parte del corpo ancora coperta dalla stoffa. Un sussulto lo colse di sorpresa quando la mano di Froy oltrepassò quell’unica blanda barriera e Hikaru si ritrovò ad ansimare contro la spalla dell’altro. Cercò di soffocare i gemiti premendo la bocca contro il proprio avanbraccio, ma le attenzioni che le dita di Froy gli stavano riservando rendevano tutto più difficile.
«Non devi trattenerti, ci siamo solo tu ed io qui.»
Usare quel tono di voce, in un simile frangente, era giocare sporco.
Hikaru tentò di rispondere, ma dalla sua bocca uscivano solo gemiti incontrollati alternati al nome dell’albino: provare ad articolare qualsiasi altra parola pareva uno sforzo enorme. All’improvviso Froy rallentò il ritmo, strappando all’altro un lamento che fece ridacchiare il russo ed arrossire il minore che, ottenuto un leggero margine di respiro, lo spinse leggermente verso dietro finendo di sfilargli i pantaloni con movimenti febbrili. Froy lo assecondò e, quando fu liberato anche da quell’indumento, Hikaru gli si riavvicinò stendendosi su di lui e facendo aderire i loro bacini, in un inequivocabile richiesta. Voleva di più, sentiva la necessità di assecondare quel bisogno, di sentirlo ancora più vicino.
Froy gli diede un bacio per poi passare mordicchiargli lievemente il labbro inferiore mentre i polpastrelli vagavano sulla schiena nuda disegnando ghirigori invisibili che lo portarono al bordo dei boxer. Hikaru trattenne il respiro quando Froy sfilò via quell’ultimo indumento, per poi ribaltare la loro posizione così da poterlo avere sotto di sé.
«Sei così bello…»
Imbarazzato, Hikaru emise uno strano verso, sciogliendosi sotto lo sguardo di Froy che lo guardava come davanti ad un qualcosa di meraviglioso.
«Tu di più.» balbettò, vergognandosi quasi per quel tono di voce utilizzato che, alle proprie orecchie, non poteva minimamente competere con quello di Froy, capace di fargli venire i brividi.
L’albino sollevò un angolo della bocca in un sorrisetto sghembo che accrebbe, in Hikaru, la voglia di baciarlo: possibile che gli risultasse irresistibile ad ogni minimo movimento?
Il minore si sollevò cercando le labbra di Froy, ma questi gli sussurrò un “aspetta” che lo confuse e il blu si ritrovò all’improvviso avvolto dalle coperte senza l’altro nel proprio campo visivo. Ebbe appena il tempo di rendersene conto che Froy ritornò, disegnando intrecci immaginari sui fianchi nudi del minore e dandogli un bacio capace di lasciarlo senza fiato.
«Non farlo più.» boccheggiò «Ad andare via.» si sentì in dovere di specificare, nel timore di essere frainteso.
Froy ridacchiò roco, le mani che continuavano ad accarezzarlo senza sosta e le labbra posate sullo zigomo per un bacio veloce.
«Era necessario prendere qualcosa per poter continuare.» mormorò, beandosi del rossore sulle guance di Hikaru -che doveva aver colto l’allusione- e spostando le dita dai fianchi del minore all’interno coscia strappandogli un gemito.
«Ma tu sei ancora vestito.» ansimò lui, deglutendo.
«Stavo per provvedere io, ma se vuoi pensarci tu…»
E Hikaru, stupendolo, allungò una mano verso i fianchi dell’albino, temporeggiando per qualche secondo lungo il bordo dei boxer prima di sfilargli l’ultimo indumento, continuando sempre a guardarlo negli occhi. Sapere che non ci fosse più nulla a frapporsi fra i loro corpi li fece fremere, aumentando a dismisura il desiderio tenuto sotto controllo fino a quel momento. Froy continuò per tutto il tempo a lasciargli carezze sul corpo, godendo dei sospiri di Hikaru che sembrava sciogliersi con ognuno dei suoi tocchi, dolci ma talvolta un po’ più spinti, capaci di scatenare nell’altro una smania crescente.
Fu bello perdersi nell’altro, scivolare su un corpo che si aveva voglia di conoscere sempre più affondo, concentrarsi sui sospiri che riempivano la stanza e le orecchie, soffermarsi sulla sensazione di diventare un tutt’uno, continuare a baciarsi solo per imprimere quel sapore nella mente e nel cuore.
 
 
 
 
Sarebbero rimasti così, sdraiati sul letto a contemplarsi in una bolla di pace, per molto tempo ancora, ma Froy sapeva che non sarebbe stato possibile e il non conoscere fino a quando avrebbe continuato a disporre della compagnia di Hikaru non gli faceva godere pienamente quei momenti. Percorse con i polpastrelli delle dita il profilo dell’altro che gli rivolse uno sguardo confuso al quale l’albino rispose con una scrollata di spalle. Hikaru gli bloccò la mano con la propria e fece intrecciare le loro dita, portandosele poi sul petto.
«Smettila di guardarmi così e dimmi cos’hai.» mormorò il minore.
«Perché, come ti sto guardando?»
In un modo che lo scuoteva fin dal profondo, ma Hikaru non trovò la voce per dirglielo e rotolò su un fianco per accoccolarsi al petto dell’altro, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo.
«Dimmi cos’hai.» ripeté.
«Ti infastidirai.» mormorò Froy, giocherellando con le ciocche blu dell’altro.
«Ma non saperlo mi preoccupa.» gli fece notare, spostandosi un poco per poterlo guardare in volto senza sottrarsi a quelle carezze.
«Mi stavo chiedendo… ecco… fino a quando ti tratterai qui.»
Hikaru non rispose subito, parlarne rendeva il ritorno in Giappone reale e lui avrebbe preferito non ricordare certi dettagli al momento, però comprendeva quella domanda, quindi sospirò e rispose: «Ripartirò domenica.»
Froy metabolizzò quell’informazione trattenendo un lamento: avevano a disposizione solo quattro giorni. Una novantina di ore insieme, troppo poco.
«Ora sono qui.» mormorò il minore, lasciandogli un bacio sulla spalla nuda.
«Ma io ti vorrei sempre qui.»
Hikaru gli sorrise debolmente, allungandosi per arrivare al suo viso.
«Sarebbe bello, ma lo sai che per il momento non è possibile.» disse, carezzandogli il volto «Non pensiamo alla mia partenza, okay?» propose «Non voglio vivere questi giorni con te pensando a quando staremo lontani.»
Froy si sporse verso di lui e lo baciò, stringendolo forte a sé come se gli potesse sfuggire da un momento all’altro e il cuore di Hikaru ebbe un sussulto: quanti baci si erano scambiati in quelle ore? Come poteva fargli provare sensazioni sempre nuove?
«Ti amo.»
Glielo disse così, all’improvviso, a tradimento, in russo, con le guance leggermente arrossate e un timido sorriso sul volto.
Froy sgranò gli occhi, il suo cuore mancò un battito e le sue braccia, ancora ben ancorate attorno la schiena del minore, ebbero un evidente fremito.
«Co-cos’hai detto?» balbettò, mentre le iridi chiare cercavano conferma nello sguardo di Hikaru che gli sorrise con una dolcezza devastante, ripetendo quella frase un’altra volta e poi ancora, ancora, ancora alternandola sempre ad un bacio, fino a quando Froy non lo spiazzò parlando in giapponese.
«Ai Shiteru.[2]»
Hikaru si bloccò, smise persino di respirare per qualche secondo.
«Tu sai cosa significa?» mormorò mentre il cuore aveva iniziato a battere così velocemente da fargli temere che potesse uscirgli fuori dal petto.
Sapeva l’importanza di quelle parole? Del significato profondo che celavano?
«Per esprimere quello che sento per te non posso che usare questa forma.»
Glielo disse con gli occhi illuminati da una scintilla d’amore, un sorriso dolce ad increspargli le labbra e una mano ad accarezzargli la guancia.
Hikaru ebbe un fremito, una strana euforia si impossessò di lui illuminandogli il volto con un enorme sorriso e si avvicinò all’albino mentre una risata che nasceva dal cuore riempiva la stanza, già colma di un amore finalmente libero di esprimersi. I loro nasi si sfiorarono e i respiri si fusero, le loro labbra si cercarono, inevitabilmente attratte le une alle altre, sfiorandosi con una delicatezza disarmante mentre i loro occhi si specchiavano rimandando il riflesso della stessa emozione.
 
 
 
 
 

 
[1] “Nessun problema”, giapponese.
[2] “Ti amo”, giapponese, nel modo più profondo possibile.
Nella mia testa Froy ed Hikaru parlano prevalentemente in russo fra loro, limitandosi solo a qualche breve scambio in giapponese nonostante lo conoscano entrambi.

Sono uscita dalla mia cara comfort zone (infatti c'ho l'ansia, aiutooo) per cimentarmi in quella che non è altro che una rossa mancata –ci ho provato, ma non era ancora il momento, quindi ho preferito virare sull’arancione sia perché non ero mai soddisfatta del risultato di una parte e sia perché stavo iniziando a sviluppare una sorta di insofferenza, quindi mi son detta “prima di iniziare ad odiare questa ff, facciamo un passo indietro”.
Grazie per essere arrivati fin qui e grazie se deciderete di impiegare un po’ del vostro tempo a farmi conoscere le vostre opinioni, soprattutto perché è la prima volta che scrivo di certe dinamiche quindi ogni consiglio/critica/parere è decisamente ben accetto ^^
Vi abbraccio,
Marty
 
 
  
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