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Autore: iron_spider    14/11/2019    1 recensioni
Peter raccoglie le ginocchia al petto, cingendole con le braccia. Non vuole morire, non vuole morire, non vuole lasciarli soli. Ma chiude comunque gli occhi.
Subito dopo, la porta si apre di schianto.
“Cristo Santo. Cristo.”
Peter riesce a malapena a pensare. Non riesce a muoversi. Ha gli occhi chiusi e non riesce ad aprirli, e tutto ribolle attorno a lui al rallentatore, come se stesse fluttuando sott’acqua.
“Ci sono io. Ci sono io, ragazzo. Sono qui, sono qui.”

[Traduzione // happy post-Endgame // Tony&Peter // whumptober: trembling]
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'whumptober'
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Spider-ghiacciolo
 
 
[whumptober 2019: #20. trembling]
 
Il freddo è così intenso che brucia, brucia ovunque. Peter non sa più quanto tempo sia passato, non riesce a ricordare come sia fatta esattamente la faccia di quel bastardo che gli ha sottratto la tuta e l’ha gettato qui, riesce a malapena a ricordare il proprio nome. Il congelatore è un paradiso invernale. Un incubo invernale. Ci sono carcasse appese attorno a lui, che oscillano come cadaveri da un patibolo. Quel che diventerà ben presto lui. Un calco ghiacciato di se stesso.

C’è della brina nelle sue sopracciglia. Sul contorno delle sue narici. Gli ricopre le orecchie. Si infiltra nelle pieghe del suo cervello.

Sa che anche Steve è qui. Li hanno presi entrambi. L’uomo più alto gli ha strappato di dosso la tuta quando ha realizzato che era riscaldata, ed è ridotto in mutande da allora. Peggio. Sempre peggio. Si è preoccupato per la propria identità, all’inizio, ma adesso la sua unica preoccupazione è lo stato in cui sarà quando troveranno il suo corpo.

Non vuole morire. Non può sfondare la porta, non può, ci ha provato quando ancora riusciva a muoversi, l’ha presa a calci e ha urlato e ha cercato di buttare giù le mura. Adesso si sta decomponendo, con dei volti che gli galleggiano in testa. May, Tony, Ned, MJ. Cade in dei ricordi che sono veri solo per metà, con tutti e cinque nel suo appartamento… a cena insieme, mentre giocano ai videogiochi, Tony che fa dei trucchi di carte, MJ che lo canzona quando gli scivola un asso fuori dalla manica. Ned è un portento al gioco dei mimi. May si arrende dopo che Tony indovina Bill Clinton al posto di Amy Whinehouse. Peter non riesce a smettere di ridere.

Gli si congela una lacrima sulla guancia.

La quantità d’affetto che sente nel cuore minaccia di farlo esplodere, e perché Steve non è ancora scappato, perché, perché loro, chiunque siano, sono riusciti a prendere prigionieri sia Spider-Man che Capitan America senza che potessero fare nulla per opporsi?

Peter raccoglie le ginocchia al petto, cingendole con le braccia. Non vuole morire, non vuole morire, non vuole abbandonarli. Ma chiude comunque gli occhi.

Subito dopo, la porta si apre di schianto.

“Cristo Santo. Cristo.”

Peter riesce a malapena a pensare. Non riesce a muoversi. Ha gli occhi chiusi e non riesce ad aprirli, e tutto ribolle attorno a lui al rallentatore, come se stesse fluttuando sott’acqua.

“Ci sono io. Ci sono io, ragazzo. Sono qui, sono qui.”

Tony.

Peter sente le sue mani addosso che lo alzano in piedi, e cade nell’oscurità per lo shock causato dal movimento. Sente altre mani, altre persone che parlano, e gli stanno rimettendo addosso la tuta. Poi c’è del calore, meraviglioso e immediato e avvolgente.

Comincia a tremare.

“Ci sono io,” dice la voce di Tony. Adesso stanno camminando, e Peter non sente le proprie gambe che si muovono, ma sa che lo stanno facendo; Tony lo attira di più a se, lo accosta al proprio petto, e Peter incastra la testa sotto al suo mento. Cerca di nutrirsi del suo calore.

Gli sembra che gli ingranaggi nel suo cervello stiano ricominciando a girare, lentamente, in modo costante, rompendo la loro immobilità forzata, e Tony non l’ha mai stretto così forte.

“Steve,” bofonchia, in un gracidio debole e patetico.

“L’abbiamo preso,” risponde Tony. “Non preoccuparti.

Peter… sente dolore. Strizza forte gli occhi e vorrebbe smettere di muoversi, deve schiantarsi a terra, ha bisogno di… Dio, anche col riscaldamento ha ancora così freddo. Adesso lo sente anche più di prima. È una scultura di ghiaccio. Trema e gli battono i denti.

“Ci siamo quasi, ragazzino, te lo giuro,” dice Tony, strizzandogli la spalla, e prendono a camminare più in fretta.

Peter emette un lamento.

“Mi dispiace,” dice Tony, con tanta preoccupazione e gentilezza che gli fornisce già così un po’ di calore.

“Anche a me,” risponde, perché le sue ginocchia sono sul punto di cedere. Cedono, e Tony lo afferra al volo. Peter cade di nuovo nel buio.

Quando riapre gli occhi, è seduto. Tony lo sta ancora stringendo, sfregandogli le braccia su e giù per generare calore. Adesso sente degli strati in più: il suo costume, un maglione, una giacca, una coperta pesante. Sente dei calzini soffici. È di nuovo accoccolato sotto al mento di Tony, e sta ancora tremando. Adesso che è sveglio e cosciente, trema anche più di prima.

“Scusa,” biascica. “È imbarazzante.”

“Piantala,” dice Tony. “Niente scuse.”

“Sono uno Spider-ghiacciolo,” dice Peter, coi denti che battono mentre cerca di parlare.

Tony soffoca una risata nel naso, scompigliandogli i capelli.
Ti servono anche dei paraorecchie: hai le orecchie congelate.”

Peter non protesta perché ogni singola parte di sé sembra congelata e non riesce a smettere di tremare, a dispetto di tutto ciò che gli hanno messo addosso. Tony continua a sfregargli le braccia e Peter chiude gli occhi, scongelandosi a poco a poco. “Dove… siamo?” chiede, suonando ancora mezzo ubriaco.

“Sul Quinjet,” risponde Tony. “Quegli stronzi ti stavano facendo morire assiderato mentre cercavano di far venire a Steve un colpo di calore. A quanto pare, avevano altri esperimenti in programma, bastardi.”

Peter sospira. “Dovevo… scappare,” dice, chiudendo gli occhi. “Ci hanno teso un’imboscata.”

“Non fartene una colpa.” Tony gli strofina la schiena, rimboccandogli la coperta addosso. Gli alza il colletto del maglione a coprirlo meglio.

Peter alza lo sguardo quando la porta si apre. Vede entrare Clint e Natasha, e sembrano entrambi sfiniti.

“Sembri proprio un paparino,” commenta Clint. “Mi ricorda quando il maggiore dei miei è caduto nel lago.”

Tony emette un sonoro sospiro, ma non contesta il commento.

“Come… sta Cap?” chiede Peter, continuando a tremare e tremare e tremare.

“Esattamente all’opposto di te,” dice Natasha. “L’abbiamo messo in una vasca piena di ghiaccio con almeno quattro ventilatori puntati contro. Con lui ci sono Sam e Bucky.


Peter non sa cosa sia peggio, ma almeno in queste condizioni rimedia qualche abbraccio. Tony è uno che elargisce abbracci solo in occasioni speciali, quindi questo è un evento atipico. Si chiede se farebbe lo stesso con gli altri membri della squadra. Sa che lo farebbe con Pepper, Happy o Rhodey. Si chiede se sia alla loro stessa altezza. No, non potrebbe mai. Ma lui e Tony ne hanno passate tante, insieme. Hanno vissuto la fine del mondo e sono ancora qui. E lui è… un ragazzino. Magari è per questo che Tony è così preoccupato. Nessuno vuole che un adolescente muoia assiderato.

Dio, ha così freddo.

“Pensavo… di morire,” dice poi, a voce bassa, così che solo Tony possa sentirlo. “È stato… orribile, così terribile e non–”

“Shh, ragazzo,” replica lui, piano. “Sai che non hai il permesso di morire. Abbiamo stilato un contratto e l’abbiamo firmato entrambi. In inchiostro rosso. È archiviato in doppia copia nel mio ufficio.”

Peter trattiene una risata. Si chiede per quanto ancora continuerà a sentire così freddo. Ripensa a quella volta in cui lui e MJ si sono persi un po’ troppo a fondo tra le pagine di Wikipedia riguardanti il Monte Everest. Tutta quella storia assurda dei corpi rimasti lassù, ibernati per sempre nel punto in cui sono caduti. È ciò che gli sembrava quel congelatore. L’Everest.

“Scusa se ci abbiamo messo così tanto,” dice Tony, sfregandogli di nuovo le braccia. “Ci è voluta un’infinità a trovarvi. Quei bastardi avevano coperto molto bene le loro tracce.”

“May… lo sa?”

“Sì, è con Pepper al Complesso. Come ti senti? Sei ancora un ghiacciolo di ragno?”

“Mh.” Va un pochino meglio. Come se… lentamente, molto lentamente… stesse riprendendo percezione del proprio corpo. Sente freddo alle gengive. Alle radici dei denti. “Sai, esiste – esiste per davvero – uh, il gelato di Spider-Man.”

“Lo so,” dice Tony. La sua voce gli rimbomba nell'orecchio. “Mi ha mandato un messaggio la settimana scorsa.”

“Oh, giusto,” replica Peter. Crede che questa sia la prima volta in vita sua in cui non ha voglia di gelato.

“Pensa a quando abbiamo mangiato quei peperoncini piccanti,” dice Tony.

Peter fa una smorfia. Una decisione terribile. Lui aveva la bocca in fiamme. Tony era in lacrime.

“O quella volta che si è rotta l’aria condizionata alla Tower.”

“Ugh, è stato… il peggio del peggio,” commenta Peter.

“O a una qualunque estate a New York.”

Forse sta funzionando un po’, perché adesso trema leggermente di meno. “Possiamo… giocare al gioco dei mimi?” chiede.

“Adesso?” chiede Tony. “Non penso che faresti faville.”

“No, dopo… quando… quando sarò… normale.”

“Certo,” replica Tony. “Tutto quello che vuoi, ragazzo.”

Peter chiude gli occhi, ed è contento di non essere morto. È contento che quando succedono queste cose Tony riesca sempre a trovarlo, a dispetto di tutto. Spera solo che Steve stia bene.

I suoi sensi potenziati stanno tornando, e capta Natasha che sussurra qualcosa a Clint:

“Quel ragazzino ha Tony in pugno.”


 
 
– Fine –



Tradotto da spider popsicle di iron_spider da _Lightning_



Note della traduttrice:

Cari Lettori,
oggi, un capitolo veloce veloce, per così dire, per coincidenza in linea con il crollo delle temperature :')
Spero che apprezziate traduzione e storia, e come sempre vi invito a commentare e lasciare kudos sulla storia originale, il link della quale è a piè di pagina <3

Alla prossima, probabilmente la settimana prossima,

-Light-
   
 
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