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Autore: Nadynana    15/11/2019    3 recensioni
[Baby Netflix]
[Per lo più Brando centric] [Brabio]
"E adesso, dopo qualche settimana dal suo rientro a scuola, dopo giorni passati a guardare Fabio da lontano, aveva deciso che forse poteva riprovare a chiarire, stavolta avrebbe tirato fuori le palle per davvero e gli avrebbe detto tutto quello che doveva dirgli tempo prima, non con l’intenzione di chiedergli riprovarci, ma solamente di chiarire e dirgli la verità come si deve... Almeno questo glielo doveva."
[Possibile OOC] [2.548 parole]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Run the risk

Incipit: immaginatevi un Brando che dopo gli avvenimenti del finale della seconda stagione riesce a parlare a cuore aperto con Fabio, mettendo da parte l’orgoglio e il suo caratteraccio. Un sogno, forse una favola, ma io sono riuscita ad immaginarlo e questo ne è il risultato. Ci vediamo in fondo, gente, e buona lettura!

 

Brando è davanti al cancello, sotto casa di Fabio, per smorzare la tensione decide di accendersi una sigaretta… Anche se, in realtà, si rende conto che non lo sta aiutando per niente e sta solo aumentando il nodo allo stomaco che si era creato da dieci minuti a questa parte: aveva citofonato cinque minuti fa e lui gli aveva detto che stava scendendo… Okay si era preso quei buoni cinque minuti prima di citofonare, perché si stava preparando tutto il discorso mentalmente, anche se era da ore che se lo preparava, e poi aveva anche una paura fottuta, ma questo non lo avrebbe mai detto ad alta voce.
“Ma come cazzo fa ad essere in ritardo anche quando qualcuno gli dà appuntamento sotto casa sua?” si ripeteva in testa, intanto picchiettava il piede sul pavimento, altro segnale del suo evidente stato d’ansia.
Dopo la sua quasi morte data a causa dell’alcol, aveva tante domande che gli frullavano per testa, pochi ricordi frammentati che non lo aiutavano per niente a capire cosa fosse successo quella sera… Ricordava solo di essere andato da delle prostitute, che una di loro era entrata nella sua macchina, poi delle urla udite in lontananza, dopodiché buio più totale, aveva riaperto gli occhi in una stanza d’ospedale ed era completamente solo in un primo momento, poi vide entrare infermieri e a raffica e suo padre che prima ringraziò il cielo per aver risparmiato suo figlio, poi cominciò a prendersela con lui perché era un irresponsabile, una testa calda, che non pensa a quello che fa e alle conseguenze che potrà avere. “Grazie, papà...” pensò mentalmente.
Gli spiegarono che era andato in coma etilico ed aveva quasi sfiorato la morte, è stato fortunato che una ragazza, che passava lì per caso, lo abbia visto in quello stato e abbia chiamato i soccorsi appena in tempo. “Grazie anche a lei, prostituta, forse un giorno ricambierò il favore.”
A quanto pare, da quanto aveva capito nei giorni seguenti, suo padre lo aveva tolto dai guai con la polizia per “la guida in stato di ebbrezza”, ma a Brando poco importava di quello.
Rimase in ospedale per qualche giorno e poi lo lasciarono tornare a casa, i suoi amici andarono a trovarlo, Nic era quello visibilmente più preoccupato, tante volte gli aveva detto che era un coglione ma mai quanto in quei giorni. Si volevano davvero bene, anche se lo dimostravano poco e a modo loro, ma andava benissimo così.
La domanda più frequente era sempre quella: “ma perché lo hai fatto?” e lui rispondeva sempre dicendo che non si era reso conto di quanto aveva bevuto, nessuno ci avrebbe mai creduto, semplicemente facevano spallucce e annuivano perché sembrava la scusa più plausibile, trattandosi di Brando che di cazzate ne faceva un giorno sì e l’altro pure.
Il perché vero e proprio, però, c’era e aveva un nome: Fabio. Brando non è il tipo che sa reggere un rifiuto, soprattutto se questo rifiuto era più che comprensibile e se solo questo rifiuto non avrebbe fatto così tanto male magari avrebbe potuto gestirlo in una maniera più razionale, invece era andato completamente nel pallone e si era buttato su una delle sue poche certezze nella vita: l’alcol. E aveva fatto una cazzata.
Brando sapeva di essere in torto marcio con Fabio e si vergognava da morire: lo aveva ferito tanto e in tante occasioni. Fabio si era stancato di tutto questo, e Brando lo capiva. Davvero. Quel pomeriggio era andato da lui perché voleva scusarsi, voleva dirgli che lui era importante e che non voleva perderlo… Ma questo non è esattamente il genere di cose che sa fare meglio e quindi gli era uscito un discorso orribile: “Hai ragione sono un cazzo di mostro, ti prego, dimmi cosa posso fare.” e Fabio era stato chiaro nel dirgli che aveva bisogno di qualcuno che non aveva paura di stare al suo fianco, qualcuno con cui sentirsi protetto, al sicuro e che lo supporti. Per farlo, però, doveva uscire allo scoperto; ma Brando è un tale codardo e non ha la forza necessaria per farlo, non è forte come Fabio, anzi è esattamente il contrario: un debole, risucchiato nella società che ti impone di essere una persona che non sei; uscire da quello schema sarebbe stato la sua rovina e Brando sapeva che non avrebbe potuto assicurare niente di niente a Fabio, quale protezione avrebbe potuto dare a Fabio, lui, che era un tale disastro? Così rimase semplicemente zitto, immobile, a guardare il basso. E Fabio se ne andò dicendo solamente: “Lascia perdere… Come non detto...” in quel momento Brando realizzò molte cose. La prima era che quel faccino dolce, da bravo ragazzo lo aveva completamente fottuto e mai avrebbe immaginato una fine del genere, se qualcuno qualche mese prima gli avesse detto che si sarebbe innamorato di Fabio Fedeli probabilmente gli sarebbe scoppiato a ridere in faccia, mandandolo a cagare in quattordici modi diversi; la seconda, faceva un male cane, era che lo aveva perso; la terza, che se possibile faceva più male della precedente, era che Fabio lo vedeva per il mostro che davvero era e che ormai non c’era più niente da fare per loro due. Tutto questo era una pugnalata al cuore di Brando. Dapprima scoppiò a piangere, dalla rabbia e dalla tristezza, poi pensò che la risposta a tutto fu l’alcol e ci si buttò a capofitto.
Era un cazzaro.
Quei giorni passati in ospedale, li aveva trascorsi con la speranza che si sarebbe fatto vivo Fabio, ma nulla. Ci rimase male. Era un altro colpo da incassare che lo invogliava a pensare, sempre di più, al fatto che a Fabio non gliene importava più un accidenti. Per davvero. E faceva schifo, dannatamente schifo.
Si ritrovava a pensare che aveva paura di soffrire come un cane al pensiero che poteva esserci qualcuno al suo posto col quale Fabio poteva avere tutto quello che desiderava e che meritava, insomma qualcuno migliore di lui, perché Brando è abbastanza sostituibile praticamente con chiunque. Forse era egoistico da parte sua pensare una cosa del genere, ma pensare a Fabio con qualcun altro che non fosse lui, gli lasciava un dolore lancinante al cuore. Perché sapeva, oh eccome se lo sapeva, che con Fabio aveva una delle cose più vere e belle della sua vita e solo con lui stava davvero bene e poteva sentirsi sé stesso al 100%… lo stesso non poteva dirlo di Fabio, perché lo sapeva che aveva scelto di ricominciare davvero con Alessandro, e lasciar perdere lui... e non poteva biasimarlo. Gli mancava davvero tanto e si maledì da solo per essersene accorto solo in quel momento.
E adesso, dopo qualche settimana dal suo rientro a scuola, dopo giorni passati a guardare Fabio da lontano, aveva deciso che forse poteva riprovare a chiarire, stavolta avrebbe tirato fuori le palle per davvero e gli avrebbe detto tutto quello che doveva dirgli tempo prima, non con l’intenzione di chiedergli riprovarci, ma solamente di chiarire e dirgli la verità come si deve...
Almeno questo glielo doveva, poi lo avrebbe lasciato in pace in maniera definitiva, se era questo che Fabio voleva, avrebbe fatto un male cane e lo sapeva, ma avrebbe dovuto lasciarlo andare… si preparava già a quest’evenienza. Così, verso l’orario di uscita di scuola, gli mandò un messaggio: “Possiamo vederci nel pomeriggio? Ti devo parlare.
Di tutta risposta Fabio visualizza senza rispondere.
Ti prego...
I secondi passati tra le spunte blu e la risposta erano interminabili, ma la risposta non tarda ad arrivare: “Va bene.
Alle quattro sono da te.
Fabio poi non rispose più. Ma andava bene lo stesso.
Ora si trova lì con la sua sigaretta terminata e vede Fabio che gli viene incontro. Deve resistere all’impulso di sorridergli come un ebete: non gli pare il caso. Con la mente torna improvvisamente alla sera del loro primo bacio e a quanto stava bene in quel momento, lì, con Fabio. Voleva che rimanessero per sempre come quella sera, sempre Brando e Fabio che si iniziano a scoprire così, con quel bacio. E anche se il giorno dopo lui gli disse che non era successo nulla, in realtà la sola cosa che voleva fare era risentire quel contatto con: era come droga ormai, a cui lui faceva fatica a resistere ed infatti non riusciva più a farne a meno. A riportarlo alla realtà ci pensa il rumore del cancello che si apre e Fabio, davanti a lui che lo guarda con un’espressione più che arrabbiata e le braccia conserte. Indossa una felpa grigia, sotto un paio di jeans e delle scarpe anche queste grigie come la felpa. Pensa che è davvero bello anche vestito così semplicemente. Brando è vestito con una maglietta bianca, a maniche lunghe, anche lui con un paio di jeans e delle scarpe bianche e nere.
—Che vuoi?— taglia corto Fabio.
—Innanzitutto voglio dirti che non sono qui per chiederti di riprovarci, ma per dirti le cose come stanno realmente— viene interrotto da Fabio.
—E come stanno realmente le cose, eh? Te lo dico io, Brando, tu sei un codardo che non ha il coraggio di affrontare quello che è realmente. Vuoi sapere come mi sento io? Usato, ferito, umiliato per quello che mi hai fatto, mi pento di essere stato il tuo giocattolo per tutto questo tempo e per aver pensato che forse tra me e te ci potesse essere qualcosa d’importante! Ti ho dato un sacco di possibilità, lo capisci? Ti sono venuto dietro e sono stato ai tuoi giochetti per troppo tempo! Non ne ho più voglia, basta.
Brando guarda per terra, si sente ancora una merda perché Fabio ha ragione, ma capisce che probabilmente quella sarebbe stata la loro ultima conversazione e questa volta non se ne sarebbe andato senza dire una parola.
—No, Fabio, non è così.
—Ah, no? Allora dimmelo tu, dai, ti ascolto. Ma giocati bene questa carta, perché sarà davvero l’ultima possibilità che ti do. Penso anche di meritarmela, in fondo.
—...Hai ragione quando dici che sono un codardo, sono codardo da far schifo, ma ho talmente tante domande nelle mia testa, non so ancora chi sono io davvero e sto cercando di capirlo, l’unica cosa certa che so è che con te sto davvero bene e solo con te riesco ad essere pienamente me stesso. Non sei mai stato un gioco per me, Fabio, forse non ci crederai, ma è così… Davvero.
Il ragazzo pare calmarsi un po’: —Okay, poniamo il caso che questo sia vero. Ma lo capisci che il tuo modo di fare mi ferisce? La tua paura mi ferisce. Non puoi lasciare che i tuoi amici mi facciano quello che mi hanno fatto in bagno. Non puoi baciarmi, passare interi pomeriggi con me, per poi venirmi a dire “io non sono come te” e farmi sentire come uno scemo. Perché prendi in giro me, ma sopratutto prendi in giro te stesso. E quando dico che dovresti fare coming out non lo dico per me, ma per te. Non sarai mai libero, Brando. Dovrai sempre fingere, recitare un ruolo che non ti appartiene, non sarai mai felice.
—Sì, questo lo so. E mi dispiace davvero, davvero tanto, per quello che ti ho fatto. Ma non sei mai stato un ripiego o un giocattolo temporaneo. Sono stato male anche io per come ti ho trattato, non ne vado fiero per nulla— a questo punto Brando sente un nodo salirgli in gola e quando torna a parlare, la sua voce sembra quasi rotta dal pianto: —Mi sento un mostro, sento come se fossi sbagliato, ma quando sono con te tutto ciò riesco a lasciarmelo alle spalle. É quando torno nel mondo reale che mi sento schiacciato dalle oppressioni che mi fa mio padre, dalla società e metto questa facciata da menefreghista, da stronzo e faccio una cazzata dietro l’altra... Non sai quante volte in realtà avrei voluto dirlo a mio padre, ad esempio, eppure non ce la faccio, è l’unica cosa di cui mi spaventano le conseguenze… Scusa, mi dispiace, per come ti ho fatto sentire, mi dispiace per averti fatto star male.
Brando guarda a terra ancora una volta, incapace di sostenere lo sguardo di Fabio che cambia la sua espressione arrabbiata in una dispiaciuta e comprensiva allo stesso momento. Brando gli aveva parlato a cuore aperto, per la prima volta, sapeva che quello che stava dicendo non poteva che corrispondere al vero e perché in fondo anche lui aveva passato quello che ora stava passando Brando e non voleva farglielo pesare, forse era stato più brusco di quanto avrebbe voluto… Fabio gli si avvicina e gli mette un dito sotto al mento, alzandogli il volto e costringendolo a guardarlo, ritrovandosi a un centimetro di distanza, i nasi che quasi si sfioravano.
—Non sei un mostro e c’è nulla che non va in te, te lo assicuro.
Fabio dice piano queste parole, con dolcezza e sembravano le parole più sincere di questo mondo. Forse ha capito, finalmente: ha capito cosa sta passando Brando e magari ha capito che lui è importante e non un semplice passatempo del momento. Si allontanarono un po’. Fabio ricomincia a parlare: —Devo ammettere che anche io sono un po’ codardo.
Brando lo guarda con un’espressione confusa.
—Avevo paura che se mi fossi riavvicinato a te, ci sarei ricascato con tutte le scarpe, per questo non sono mai venuto a trovarti in ospedale o non ti ho parlato in questi giorni, oppure non ti ho risposto subito a quel messaggio, oggi… E prima ero anche indeciso se scendere o meno, a dirla tutta.
Voglio dire, ovviamente ero anche incazzato con te, ma la mia principale paura era questa… E direi che era abbastanza fondata…
Fabio si porta una mano sul collo, imbarazzato e Brando si lascia scappare un piccolo sorriso che però riesce a nascondere voltandosi un secondo.
—Sei disposto a perdonarmi?— domanda Brando, una volta tornato a guardare Fabio.
Fabio in tutta risposta, lo abbraccia; Brando dapprima rimane incredulo, poi ricambia l’abbraccio, nascondendo il proprio volto nell’incavo del collo di Fabio.
—Ti perdono, piccola testa di cazzo.— gli sussurra.
Brando sorride e per la prima volta dopo tanto tempo era tornato sereno.
—Ti prometto che farò coming out, mi serve solo un po’ di tempo.
—Non devi farlo per me, ma per te.— gli aveva risposto Fabio, accarezzandogli i ricci.
—Lo so. Lo farò per me, per te, per noi.
Forse è stato un po’ troppo dire “per noi”, ma sentiva che quello che avevano non era andato perso e avrebbe lottato sul serio, questa volta, perché sapeva quanto importante era diventato Fabio nella sua vita.
Il suo Fabio lo ha capito e lo ha perdonato e per adesso questo è tutto quello che di meglio può avere. E Brando non può vederlo, ma nel sentire quelle parole, sul volto di Fabio si è formato un sorriso, uno di quei sorrisi belli e sinceri. Si sono finalmente ritrovati e adesso conta solo questo.

 

 

Angolo autrice:

Salve, salvino! (?)
Okay, è strano che io sia ritornata a scrivere, in realtà no, ma che sia tornata a pubblicare dopo anni, questo sì. Che dire? Loro due, mi hanno rapita. Una cosa dovevo fare: non innamorarmi di questi due, e invece…! Non ce la faccio ad aspettare la nuova stagione, non ce la faccio proprio, sopratutto dopo l’annuncio della terza che sappiamo essere l’ultima e che quindi non rivedrò più i miei bambini, già piango… Ma più importante di tutti è che me li devono rendere canon, ma come Dio comanda, con un’evoluzione di Brando, altrimenti io urlo.
Vabbè, scleri vari a parte, questa storia l’ho scritta così, di getto proprio. Ero presa dall’ispirazione, che volete farci? Non è che mi soddisfi molto, ma sono in mood buono per pubblicarla, quindi la pubblico. Altrimenti sarebbe rimasta semplicemente nel mio hard disk come praticamente i ¾ delle cose che scrivo.
Io potrei scrivere per 100 anni di fila, tanto non riuscirò mai a fare dei personaggi che non siano OOC, quindi bon, beccateveli così. Beh, in realtà non saprei proprio fino a quanto possano considerarsi OOC, io Brando lo vedo proprio così. Magari sono io che sono traviata, ma proprio lo vedo sotto quest’ottica, ma sarà un po’ lo spirito da mamma orsa che mi frega perché io Brando lo vedo proprio come un figlio incompreso che ha bisogno di tanto amore e tanta protezione, è piccolo e indifeso. É uno stronzetto, ma è il mio stronzetto. Poi loro non ho voluto farli troppo smielati (Ad essere tanto smielato è Brando, inaspettatamente) e non li ho fatti baciare perché non ci stava, sinceramente. Un abbraccio ce lo volevo mettere, però, ho cercato il punto più appropriato e spero non stoni, idk. Il titolo fa molto acqua da tutte le parti, lo so, ma non sapevo che titolo dare. Io e i titoli siamo acerrimi nemici da sempre.
Segnalate qualsiasi errore, inesattezza che vedete, mi raccomando!
Okaaayy, bando alle ciance e ciancio alle bande, spero col cuore che vi sia piaciuta. Un bacio.
See you soon.

//Nadynana

  
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