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Autore: JohnHWatsonxx    23/11/2019    0 recensioni
Raccolta di one-shots Johnlock in cui ogni capitolo è ispirato da una canzone dell'album 'Plus' di Ed Sheeran
1. The A Team -Post!Reichenbach
2. Drunk -Uni!lock
3. U.N.I. -Uni!lock
4. Grade 8 -post quarta stagione, What If?
5. Wake Me Up -Soulmate!AU
6. Small Bump -What If 3x3 pre-slash (Tw: aborto)
7. This -post quarta stagione
8. The City -Post!Reichenbach
9. Lego House -kid!lock AU
10. You Need Me, I don't Need You -Retirement!lock
11. Kiss Me -post quarta stagione
12. Give Me Love -Post!Reichenbach
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note: Nello scorso capitolo avevo avvertito che ci sarebbe stata un’altra storia Uni!lock, pensando che per questa canzone avrei scritto proprio di John e Sherlock all’università, poi la storia ha preso un’altra piega. Ci sarà comunque riferimento all’università, ma ci troviamo principalmente nel periodo della prima stagione in cui John non ha mai incontrato Sherlock dopo il ritorno dalla guerra. So che ci ho messo tanto ad aggiornare, ma la scuola mi ha sommerso letteralmente

 

U.N.I.

 
So am I close to you anymore if it's over
And there's no chance that we'll work it out
That's why you and I ended over U-N-I
And I said that's fine but you're the only one that knows I lied
 
 
 
Conobbi Mary Morstan il 23 maggio. Stavo lavorando nel mio ambulatorio, gestito dalla mia cara amica Sarah, quando questʼultima mi disse di aver assunto una nuova segretaria. Scorbutico e asociale comʼero, non avrei mai voluto licenziare Jane per conoscere e abituarmi ai ritmi di unʼaltra donna, piuttosto sarei rimasto a lamentarmi dei difetti della vecchia segretaria fino a che non avessero licenziato anche me.
 
Mary mi sorprese subito: era attenta, spigliata e pungente senza essere maleducata. I suoi capelli corti e biondi rendevano il suo viso più giovane e solare, ed io ne fui attratto subito. Ci innamorammo velocemente, come le coppie di adolescenti in cerca di compagnia, e nel giro di sei mesi andammo a vivere insieme, con la prospettiva di sposarci il più in fretta possibile. Dʼaltro canto cominciavo a vedere piccole rughe comparire intorno ai mei occhi e qualche capello bianco farsi spazio nella mia chioma bionda.
 
Diedi a Mary la completa libertà sul matrimonio, mentre io mi limitavo a parlare con il prete della nostra chiesa e a prenotare il ristorante che lei aveva scelto. Avevo addirittura lasciato per un giorno intero il mio telefono a lei in modo tale da invitare tutti i miei conoscenti e amici. Se lei voleva un matrimonio in grande l’avrei accontentata, in fondo vederla così felice mi faceva innamorare di lei sempre di più.
 
Non ero mai stato propenso all’organizzazione, si, ero ordinato (il mio passato militare aveva contribuito a segnare le mie abitudini), ma di organizzare feste non ero proprio capace, dimenticavo le cose ed era una fonte immensa di stress (Mary era di certo più brava di me). Arrivato al matrimonio, quindi, lʼunica cosa che sapevo erano le mie promesse, oltre a come indossare lʼabito.
 
Mary si era fissata con il festeggiare il matrimonio il giorno in cui ci eravamo conosciuti, quindi i colori di maggio erano i protagonisti dei nostri addobbi. Il giallo e il lilla dominavano ovunque nella chiesa al momento in cui io entrai salutando alcuni invitati. Allʼaltare, a fianco del mio amico più fidato, Mike, ebbi lʼoccasione di guardare tutta la gente seduta sulle panchine e rendermi conto di quanto sarebbe andato a costare il ricevimento.
Ero nervoso, Mary stava per arrivare e tutti gli spettatori fremevano nellʼattesa della sposa quando, in quel mare di sguardi, ne riconobbi uno che andava controcorrente, che guardava me. Quegli stessi occhi che mi accompagnarono per quattro anni della mia vita in tutte le mie vittorie e tutte le mie sconfitte, che erano il motivo dei miei sorrisi e, a volte, la causa delle mie lacrime. In quel momento tutto si bloccò, mentre nella mia mente riaffioravano ricordi di un tempo lontano in cui la guerra non era mai stata nei miei pensieri, ed echi di un amore affondato senza colpe.
 
Sherlock Holmes mi stava guardando, e niente aveva più senso. *
 
***
 
Gli occhi di Sherlock cambiavano colore a seconda delle emozioni: erano quasi sempre grigi, come se lui stesso avesse scelto il colore dell’indifferenza per guardare il mondo o per ascoltare le lezioni; erano verde acqua mentre lavorava agli esperimenti, con una precisione che riservava solo alla chimica; erano blu quasi scuri di notte, mentre si intrufolava nella stanza di John attraverso la finestra; e in fine erano azzurri, limpidi come un fiume alla sorgente, quando guardava lui, e solo lui.
 
Era stato il colore preferito di John dalle superiori, quando lo vedeva appena usciti dalle loro rispettive scuole e i suoi occhi cambiavano non appena lo vedeva arrivare attraverso i cancelli, e all’università, quando gli sussurrava parole d’amore direttamente sulla pelle, sfiorandogli il viso come solo lui sapeva fare.
 
Si erano amati come amici a distanza tra due scuole divise da una strada; poi in segreto, quando il padre di John non accettava comportamenti anormali all’interno delle mura di casa; infine a Cambridge, nelle loro due stanze singole, gemendo in silenzio per non destare sospetti, nudi e con solo un lenzuolo a coprire il loro amore. Si erano amati per quattro anni bellissimi, e sembrava sarebbe durato per sempre.
Come la Terra avrebbe girato intorno al Sole, come il ciclo delle stagioni si sarebbe ripresentato allo stesso modo, così loro due avrebbero continuato ad amarsi in eterno, senza ostacoli.
 
Ma l’università era una bolla di felicità destinata a scoppiare.
 
***
 
“John… pss John!” rinvenni dai miei pensieri grazie ad una gomitata di Mike, che mi guardava preoccupato. “Non dirmi che ci stai ripensando, John” mi chiese sorridendo sornione. Scossi la testa. “No, Mike, mi è solo tornato alla mente un vecchio ricordo”
 
Lui voltò lo sguardo verso la platea, accorgendosi e poi di nuovo verso di me. “Johnny –mi disse- è finita, devi lasciarlo andare”
Sospirai, mentre l’organo iniziava ad accennare la marcia nunziale.
“Pensavo di averlo fatto”
 
Non ero mai stato un tipo religioso. Credevo in Dio, avevo affidato a lui quelle che pensavo fossero le mie ultime parole, ma odiavo andare in chiesa, lo trovavo inutile e non riuscivo a capire il senso di alcune parti della funzione. Ricordo che da piccolo mi addormentavo sempre e ogni volta mio padre, a casa, mi urlava contro perché non portavo rispetto a Dio, tantomeno a lui.
 
Di certo quel giorno non potevo addormentarmi mentre il parroco sproloquiava sul senso del matrimonio e altre stronzate simili, ma decisi di deviare i miei pensieri altrove, estraniandomi dalla cerimonia il più possibile: fosse stato per me, il matrimonio in comune mi sarebbe bastato. Ma Mary quel giorno era felice, ed io avevo lavorato tanto per vedere quel tipo di sorriso su di lei, uno di quei sorrisi che sembrano dire “Sono la persona più felice e innamorata di sempre”.
 
Non riuscii a non paragonare quel sorriso a quello di Sherlock ogni volta, ogni secondo che ci trovavamo insieme. Non riuscii a non pensare alla sua risata e al modo tutto nostro che avevamo per amarci, che sembrava esser fatto su misura per noi e per come eravamo.
 
E non riuscii a non pensare a come sarebbe potuta essere la mia vita se l’università non ci avesse diviso.
 
***
 
John era stato molto stressato durante gli ultimi mesi di università, tra esami e scelte per il futuro. Davvero, Sherlock cercava di aiutarlo più che poteva, ma ogni volta i suoi tentativi risultavano inutili o addirittura controproducenti.
 
Ma John non era preoccupato solo per quello: mancavano due mesi alla fine dell’università, dopodiché sarebbe partito per l’accademia militare, mentre Sherlock sarebbe rimasto a Cambridge per altri due anni. Cosa ne sarebbe stato di loro?
 
Loro che, nonostante tutti gli ostacoli posti dall’ambiente universitario, erano riusciti a sopravvivere a tutto, riuscendo con successo a nascondere la loro reazione per quattro anni (eccetto per Mike, che li aveva beccati nella stanza di John) e che avevano bisogno l’uno dell’altra come il fuoco ha bisogno dell’ossigeno per sopravvivere.
 
“Sherlock” sussurrò un giorno John, spezzando il silenzio che assordava quella stanza. Erano stesi sul letto, il moro con la testa poggiata sulle gambe dell’altro, mentre il biondo con una mano gli accarezzava i capelli e con l’altra sfogliava il libro di chirurgia. “Tra un mese mi laureerò mentre tu rimarrai qui per la specialistica” assodò, posando il libro sul comodino e concentrandosi interamente sulla figura di Sherlock.
 
“Che succederà?”
 
Quella domanda rimase nell’aria per qualche secondo, spezzando contemporaneamente il fiato a entrambi i ragazzi. Sherlock si voltò verso John, i suoi occhi azzurri come il ghiaccio più puro, cercando disperatamente di trovare nell’altro una risposta concreta e possibile, che non implicasse la loro separazione. Non trovandola, sospirò.
 
“Ci lasceremo. Tu partirai per l’accademia e ti spediranno probabilmente in Afghanistan o in Iraq e non ci vedremo per almeno sei anni”
 
John, distrutto da quelle parole, distolse lo sguardo da quello dell’altro. “Non voglio –si fermò, per racimolare l’aria che gli mancava- non voglio imparare a stare senza di te, era una delle cose a cui non avrei mai voluto abituarmici”
 
“John va bene così. Non credo nel destino, ma se ci dovessimo incontrare tra sei anni circa allora comincerò a farlo. In caso contrario, troverai là fuori una versione migliore di me, magari una che non lascia barattoli di occhi umani come regalo di San Valentino” entrambi risero.
 
Il bacio che ne seguì aveva un altro sapore, quello amaro di un addio e dolce di una promessa.
 
***
 
 Quale razza di sposo pensa a qualcos’altro nel bel mezzo della cerimonia del suo matrimonio? Ora lì, di fianco alla mia futura moglie e di fronte allo sguardo di Gesù, mi chiedevo questo. Quale mostro rimpiange la fine di una storia di sette anni prima mentre sta per celebrare l’inizio di una nuova?
 
Nei miei pensieri la figura di un giovane Sherlock con gli occhi lucidi si contrapponeva all’immagine reale di una Mary commossa di fronte a me, mentre pronunciava le sue promesse di fronte a Sherlock (e altre trecento persone).
 
Mi voltai, per un secondo, giusto il tempo di scorgerlo nei pressi della porta, in procinto di andarsene. Come spinto da qualcosa, lui si voltò verso di me, e per un istante, un maledetto istante, tutte le emozioni tornarono a galla, fluttuando nella mia mente come aeroplanini di carta impazziti. Era davvero Mary la persona che avrei voluto a fianco per il resto della mia vita? Erano davvero le sue mani ad essere destinate a stare tra le mie fino a che morte non ci separi?
 
“Lo voglio” disse Mary in quel momento, emozionata come non mai.
 
Senza neanche accorgermene, i miei piedi si mossero in direzione del portone. Scesi le scale, sotto lo sgomento di tutti, e cominciai a camminare, prima lentamente, poi sempre più veloce, fino a che non precipitai fuori dall’edificio sbattendo il portone.
 
Sherlock era lì, di spalle, mentre si allontanava, ma era lì.
 
“Avevi sbagliato!” urlai, raggiungendolo. Lui si voltò lentamente, come se avesse avuto paura di girarsi e non trovarmi lì veramente.
 
Quando scorsi finalmente i suoi occhi, scoprii che per me non avevano cambiato colore: non erano grigi indifferenti, non erano verdi della scienza, né blu scuro della notte, ma azzurri, cristallini, come li ho sempre amati.
 
“Avevi detto che ci saremmo rivisti dopo sei anni. Ne sono passati sette”
 
Non sapevo cosa stesse provando lui in quel momento, non provai neanche a dedurlo, tutto ciò che riuscivo a sentire era il battito del mio cuore, veloce come un allegro fugato.
 
“Il tuo cuore batte fortissimo quando sei con me, John, sembra il tempo di un allegro fugato”
 
“John” sussurrò piano. La sua voce era diventata più bassa, ma sempre la sua, sempre pungente e dolce allo stesso tempo. “Che ci fai qui fuori? Dovresti tornare dalla tua sposa”
 
“Avevo il bisogno di sapere una cosa. Avevo bisogno di sapere se avremmo potuto essere noi due, oggi sull’altare, se non fosse successo ciò che è successo. Ho bisogno di sapere se il vedermi ti ha suscitato le stesse cose che sto provando adesso di fronte a te. Ho bisogno di sapere se adesso, in questo istante, posso scegliere di avere una vita con te o una vita con Mary. Dimmelo”
 
Gli ho posto una decisione, gli ho messo il cuore in mano e ho chiesto a lui di decidere per me. All’università odiava tutto questo. Davanti a me era tornato quello di sette anni fa.
 
“Non puoi chiedermelo, John, non posso sapere cosa riserverà il futuro per noi” cercai di avvicinarmi, ma lui fece un passo indietro.
 
“Mi ami, Sherlock? So che chiedo troppo, ma senti di amarmi, in questo momento?”
 
Sherlock sussultò a quella domanda, come se lo avessi scottato. Se mi avesse risposto di sì cosa avrei fatto io? Avrei lasciato Mary, oppure avrei dimenticato per sempre Sherlock?
 
“John, sei stato il primo, sei stato il solo. Abbiamo passato l’età in cui potevamo comportarci da bambini. Il tuo destino è tornare in quella chiesa, sposare quella donna e dimenticarmi. È la scelta migliore per noi due” rispose indietreggiando.
 
“Lo pensi davvero? Pensi sia la scelta migliore per noi due?”
 
“No –rispose, il suo corpo sempre più lontano dal mio- ma è la scelta migliore per te, e quando si ama una persona si mette il suo bene prima del proprio. Addio, John” non mi diede neanche il tempo di rispondere che già era salito su un taxi, diretto il più lontano da me.
 
Ero rimasto solo, fuori dalla chiesa. Da una parte Mary, la donna che amavo, dall’altra quell’amore proibito che aveva segnato quattro anni della mia vita. Mike mi raggiunse, sedendosi accanto a me sugli scalini della chiesa.
 
“Aspettano una tua mossa lì dentro, c’è un silenzio tombale. Cos’hai deciso?”
 
Quando mi alzai mi resi conto di non essere mai stato così sicuro di una mia decisione in tutta la mia vita.
 
***
 
Il piccolo William Watson nacque il 18 maggio, in una bellissima giornata di sole. Appena o vidi mi innamorai subito, trovando in lui un amore smisurato e un senso di protezione che mai avevo provato in tutta la mia vita. Aveva due piccoli ciuffi biondi in testa, quasi invisibili, e gli occhi chiarissimi, tra il grigio e l’azzurro.
 
Mary lo stava abbracciando come se volesse proteggerlo da tutti i mali del mondo: anche con le occhiaie, il viso stanco e i capelli in disordine, era bellissima come nel giorno del nostro matrimonio.
 
Mai mi sentii più felice come in quell’attimo, quando lo sguardo di mio figlio si intrecciò col mio. Tutto era finalmente al posto giusto.
 
 
 
Dall’altra parte della città Sherlock Holmes suonava il violino affacciandosi dalla finestra di un appartamento di Baker Street. I suoi occhi, azzurri come il cielo in estate, guardavano un punto imprecisato oltre l’orizzonte, verso il ricordo di qualcosa che non era mai stato veramente suo.
 
Una lacrima solitaria scivolò sulla sua guancia.
 
 
 
*Riferimento a BoJack Horseman (lo so, non ne posso fare a meno)
N.d.A.: okay, questa storia doveva essere una uni!lock al 100%, ma ho appena studiato la psicologia dietro al personaggio di Isabel in Portrait of a Woman e mi sembrava perfetto caratterizzare John così: infatti, alla fine del libro Isabel si trova ad un bivio, cioè continuare a vivere infelice ma rispettando le promesse che aveva mantenuto, oppure mandare tutto a p*****e e seguire un’amore. Ho posto a John lo stesso bivio: in entrambi i casi sia Isabel che John stesso decidono di rimanere legati ad una vita che non li rende felici del tutto. L’unica differenze è che, nel caso di John, lui riesce comunque a trovare la felicità dove pensava non ci sarebbe stata, rendendosi conto di aver fatto una “Scelta giusta” (ma solo per lui). Spero vi sia piaciuta e mi piacerebbe avere un vostro parere!
-A
   
 
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