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Autore: Nike90Wyatt    29/11/2019    1 recensioni
Una vendetta non può mai definirsi giustizia, neanche se nasce dal desiderio di onorare la memoria di un amore perduto prematuramente. Un concetto molto comune, vero, antico come antiche sono le leggende che trascinano i personaggi di questa storia in un vortice di segreti, magie, combattimenti, inganni, bugie e travestimenti che lasceranno anche spazio ad intrecci amorosi, ad amicizie divertenti, alleanze sorprendenti sullo sfondo di una sempre magnifica Parigi.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 27

Nadja Chamack ottenne una lunga intervista, per telefono, con Ladybug, durante il suo talk show serale. L’eroina raccontò del periodo in cui era fuori dai giochi, perché rimasta ferita durante l’attacco all’hotel Bourgeois. Assicurò ai cittadini che lei, insieme ad altri suoi collaboratori, di cui tacque l’identità, stavano indagando riguardo Papillon ed erano preparati ad un eventuale secondo attacco. Volle opportunamente evitare domande riguardo Chat Noir e sui suoi sospetti sulla sua identità e quella di Papillon, limitandosi ad invitare i cittadini ad avere fiducia di lei.
Tramite alcune testimonianze della polizia, era stato accertato che Chat Noir fosse un alleato di Ladybug e non di Papillon, come, invece, sospettavano in molti.
A telecamere spente, Nadja la invitò a prendere parte all’inaugurazione della nuova ala del Louvre, presieduta dal direttore Norvich Nursef, come ospite d’onore. L’insistenza della giornalista costrinse la ragazza ad accettare, seppur con riluttanza.
Chiusa la chiamata con la supereroina, Nadja compose un numero di telefono. «Tutto procede come stabilito. Lei ci sarà.»
«Posiziona le telecamere in modo che tutti possano godere dello spettacolo.» replicò una voce maschile.
«Sarai accontentato.»
Non ci fu risposta. L’uomo chiuse la chiamata, mentre Nadja entrò nel suo camerino, chiudendo a chiave la porta. Fissò la sua immagine riflessa nello specchio: calde e copiose lacrime iniziarono a rigarle il volto. Era consapevole di ciò che stava per accadere e sapeva che lei aveva un ruolo cruciale. Lo faceva solo per sua figlia, Manon. E pregò che, un giorno, lei sarebbe riuscita a perdonarla per aver collaborato nell’uccisione di Ladybug.
 
Marinette guardava insistentemente l’orologio: ancora un’ora all’inizio della cerimonia.
«Ma perché ho accettato?» sbuffò coricandosi sul divanetto della sua camera.
Tikki si adagiò accanto a lei. «Viste tutte le emozioni degli ultimi giorni, questa può essere un’occasione per distrarti un po’.»
«Ho una brutta sensazione, Tikki.»
«È perché non ti piace quell’uomo, il direttore del museo?»
«Probabile.» si portò una mano al mento, pensierosa. «È strano. Appare lui, ci manda in una sala tutt’altro che affollata, come, invece, ci aveva assicurato, e poco dopo Adrien viene rapito.»
«Sono sicura che sarai attenta come sempre.» considerò Tikki.
Marinette continuò a riflettere su quell’uomo. Erano passati diversi mesi da quel giorno, eppure nessuno degli inquirenti era riuscito a dare una motivazione valida al rapimento di Adrien: i rapitori si erano chiusi a riccio ed era stato escluso un tentativo di estorsione.
Il suo istinto le suggeriva di non fidarsi di Nursef perché era convinta che, in un modo o nell’altro, fosse coinvolto.
«Dopo la cerimonia voglio scambiare due parole con lui, Tikki.»
 
Quel giorno, sorprendentemente, Plagg fu l’ultimo a raggiungere il covo, a causa di un importante riunione di lavoro.
Adrien e Angelina si trovavano già lì: la ragazza saltava da una pagina web all’altra, senza avere un preciso obiettivo. Lui, invece, era alle prese con un’intensa sessione di allenamento sulla sbarra posta a mezz’aria.
«Neanche di domenica mi lasciano in pace.» esordì Plagg. Infilò, poi, una mano nel taschino della giacca e ne estrasse una busta. «C’è posta per te, Adrien.»
Il ragazzo interruppe il suo allenamento e, dopo aver asciugato il torace imperlato di sudore, afferrò la busta. Era completamente rossa, sigillata con un timbro di ceralacca bianco raffigurante un dragone. Intuì immediatamente il mittente.
 
“Adrien,
Questi mesi trascorsi insieme a te sono stati i migliori della mia vita. Con te ho provato emozioni che non avevo nemmeno idea che esistessero.
Ma non posso sopportare di vederti abbandonare così alla sofferenza, al dolore. Meriti di meglio.
Ho deciso di tornare in Giappone perché è struggente per me vederti correre dietro ad un amore impossibile. Ed io non sono disposta a fare altrettanto con te.
Spero che un giorno ci rincontreremo e spero che, per allora, tu abbia preso la giusta decisione.
Ti auguro ogni bene.
                                       Katami”
 
«Ci sono problemi?» chiese Angelina vedendo il volto incupito di lui.
Adrien mostrò la lettera che aveva in mano. «È di Katami. È tornata in Giappone.»
«La cosa ti dispiace?» incalzò nuovamente Angelina.
«Era una buona amica. Ma lei sperava diventassimo qualcosa in più.» scosse la testa. «Per questo è andata via.»
«C’est la vie.» commentò Plagg.
Adrien ripose con cura la lettera nella busta e la poggiò in un cassetto.
Raccolse, poi, la sua maglietta e decise che era opportuna una doccia rinvigorente, che Plagg aveva fatto opportunamente installare nel rifugio.
«Che ha?» domandò Angelina.
Plagg si strinse nelle spalle. «I soliti problemi.»
«Marinette?»
Lui annuì. «Mi ha raccontato quello che è successo alla festa. La complicità tra Marinette e Luka, il bacio che gli ha strappato a forza Katami, la delusione sul volto di Marinette quando li ha visti insieme. Credo che sia veramente innamorato di quella ragazza. E credo che abbia iniziato a vedere in lei le qualità che mostra Ladybug. Il fatto che abbia baciato quest’ultima non è un caso.»
«Chissà cosa farà quando scoprirà che sono la stessa persona.»
Plagg ridacchiò. «Forse inconsciamente lui lo sa già. Ma l’informazione deve ancora arrivare a quel suo cervello contorto. A volte è davvero esasperante.»
Angelina si unì alle risate. «Questi ragazzi si complicano troppo la vita.»
 
Adrien uscì dalla doccia più determinato che mai. Aveva gli occhi che sembravano emettere scintille. «Devo dirglielo!»
Plagg ed Angelina si scambiarono uno sguardo confuso.
«Dire cosa a chi?» chiese lei.
«Devo dire a Marinette che la amo! Non m’importa se adesso sta con Luka. Lei deve sapere!»
Plagg lo fermò con veemenza. «Stai di nuovo prendendo decisioni avventate, ragazzo. Riaccendi il cervello. Non puoi andare da lei e vomitarle addosso una tale dichiarazione. Come pensi reagirebbe?»
«Ha ragione, Adrien.» intervenne Angelina.
Adrien sbuffò sconsolato e si lasciò cadere su una sedia. «Cosa dovrei fare allora?»
«Innanzitutto, smettila di essere così impulsivo.» replicò Plagg. «Rifletti prima di agire e gioca bene le tue carte. Vedrai che tutto si sistemerà.» concluse colpendolo con due pacche sulle spalle.
Angelina sorrise ed esclamò: «Concordo.»
«Ora, se non vi dispiace, vorrei seguire l’inaugurazione della nuova ala del Louvre.» disse Plagg, accendendo la tv. Indicò lo schermo e si rivolse ad Adrien ridacchiando: «C’è anche la tua amica dalla cinquina facile.»
Davanti all’ingresso del museo era stato allestito un piccolo palco, dal quale il direttore Nursef avrebbe tenuto un breve discorso. La piazza era gremita di gente, tutti muniti di biglietto per l’ingresso alle nuove sale. Il perimetro, stabilito da alcune transenne, era sorvegliato da diversi agenti di polizia, mentre quattro telecamere, poste ai lati, si occupavano delle riprese.
Ladybug si trovava accanto a Nursef. Appena arrivata aveva stretto la sua mano con palese indifferenza ed aveva continuato a squadrarlo durante le foto di rito. Nessun sorriso fu concesso alla folla da parte sua.
Sperò con tutto il cuore che Nursef non le chiedesse di intervenire nel discorso.
«Quel tipo non mi è mai piaciuto.» commentò Adrien nel momento in cui l’inquadratura si fermò su Nursef.
Plagg mugugnò, trovandosi d’accordo con l’amico.
Alle loro spalle, si udì un forte tonfo. I due si voltarono di scatto e videro Angelina stesa a terra, svenuta. Entrambi balzarono di scatto accanto alla ragazza e provarono a rianimarla: Plagg la colpì al volto con leggeri buffetti, mente Adrien le posizionò sotto al naso una boccetta di sali, recuperata velocemente dalla cassetta del pronto soccorso.
Lentamente, Angelina riprese i sensi ed indicò, tremolante, lo schermo. «Q-Quell’uomo...»
Adrien inarcò un sopracciglio, voltandosi verso la tv. «Norvich Nursef? È il direttore del Louvre.»
Sostenuta da Plagg, la ragazza si rialzò col busto, scuotendo con forza la testa. «No. Quello è Noel Norren!»
Adrien e Plagg spalancarono gli occhi, profondamente stupiti.
«Noel Norren?» questionò Plagg. «Il tizio che voleva rubare l’anello del Gatto Nero? Mi avevate detto che era morto nell’esplosione.»
«È lui, ti dico! Non potrò mai dimenticare quegli occhi e quel volto. Non so come abbia fatto, ma sono certa al 100% che sia lui.»
«Com’è possibile?»
«Chirurgia plastica suppongo. Ma io lo conosco troppo bene per non riconoscerlo. Può ingannare chiunque, non me.»
Adrien si avvicinò al televisore, poggiando entrambe le mani sul tavolo col busto inclinato in avanti, e fissò intensamente l’uomo inquadrato. «Quindi si è salvato.» Angelina annuì. «Ecco spiegato il motivo della cicatrice. Se l’è procurata dopo l’esplosione. Ed ecco perché quel tizio non mi è piaciuto dal primo momento.»
«Pensi abbia a che fare col tuo rapimento di dicembre?» chiese Plagg.
«Ne sono certo.»
«Adrien, se quello è Norren, Ladybug è in pericolo! Vorrà il suo Miraculous.»
Adrien non perse tempo e si fiondò subito verso la teca col suo costume. In pochi istanti, il modello lasciò spazio a Chat Noir.
«Dovrei andare anche io.» considerò Angelina.
In tutta risposta, Plagg le lanciò le chiavi della sua duetto. «Non rigarmela. E fa attenzione.»
La ragazza sorrise mentre lui le ammiccò.
 
Dieci minuti di discorso ininterrotto. Ladybug era già esausta: non vedeva l’ora che quel monologo finisse. Nursef aveva raccontato della storia del Louvre, della sua importanza a Parigi e di quanto fosse fiero della sua carica. Una noia mortale, considerando anche il tono basso e lagnoso della voce dell’uomo. La ragazza si guardò intorno in cerca di una piccola distrazione che le impedisse di crollare per la noia.
Improvvisamente, un botto acuto risuonò nell’aria. Tutti i presenti emisero un verso di stupore.
Ladybug si voltò verso Nursef e lo vide barcollare all’indietro. Una rosa di sangue sbocciò all’altezza del petto, macchiando la camicia bianca.
Ladybug allungò una mano verso di lui, nel tentativo di soccorrerlo. Un secondo botto.
I presenti intuirono la situazione ed urla di panico si innalzarono tra la folla. Gli agenti di polizia persero completamente la gestione dell’ordine.
Il terrore si espanse a macchia d’olio: urla e spintoni invasero la platea. In molti furono schiacciati dalla calca e rimasero gravemente feriti.
Ladybug, dopo il secondo botto, avvertì una fortissima fitta al fianco. Si toccò con la mano e notò che era ricoperta di sangue. Il suo sangue.
Era stata colpita, probabilmente da un cecchino appostato sul tetto di un palazzo nei dintorni.
Arrancò, con la vista leggermente appannata. Vide il fuggifuggi della folla e, accanto a lei, il corpo di Nursef, senza vita.
Provò a librarsi in volo: dopo due tentativi falliti, riuscì a sollevarsi da terra, nonostante il dolore atroce.
Esaminò i dintorni e scrutò l’ambiente. Infine, lo vide: un uomo alto e robusto, con una giacca a borchie viola scuro e una maschera integrale grigia sulla testa. La descrizione combaciava con quella fornitale da Chat Noir: Papillon.
L’uomo si stava allontanando rapidamente dalla zona, imboccando vicoli stretti, mentre imbracciava un pesante fucile a canna lunga, dotato di mirino laser. Probabilmente avrebbe raggiunto presto il suo veicolo per la fuga.
Ladybug si lanciò all’inseguimento.
 
«Plagg cos’è successo?» domandò Chat all’auricolare, a bordo della sua moto.
«Un cecchino! Ha colpito Nursef e Ladybug.»
«Maledizione!» imprecò l’arciere.
Era quasi giunto al Louvre, ma sapeva che non sarebbe stato facile avvicinarsi, vista la mole di persone che si allontanava da lì e le numerose volanti della polizia, accorse sul posto a seguito degli spari.
Svoltò in Rue de Rivoli ed accelerò per superare un paio di vetture. Guardò verso l’alto e vide un puntino rosso saettare verso Quai du Louvre: era claudicante, il volo non era lineare come sempre. Era palesemente ferita in maniera seria.
Giunto all’incrocio con Rue de l’Amiral, vide uno stuolo di persone riversarsi nella place du Louvre, bloccandogli il passaggio e costringendolo a inchiodare. Si guardò intorno in cerca di una soluzione.
Un’idea gli balenò in testa: scese dalla moto e sollevò una delle transenne, poggiandola di lato su un’autovettura parcheggiata. Saltò nuovamente in sella alla sua moto e, dopo un feroce rombo, la impennò ed utilizzò la transenna come trampolino. Strinse con tutta la forza le gambe sul sellino e sparò il rampino, che si ancorò ad un palazzo, sorvolando le teste degli ignari che fuggivano da lì.
Atterrò, finalmente, nello spiazzale e indugiò nel guardare il cadavere di Nursef. «Norren è morto! Stavolta per davvero.»
Ruotò di nuovo il polso ed accelerò: doveva aiutare Ladybug.
 
Ladybug assalì Papillon, piombandogli dall’alto. Rotolarono entrambi sull’asfalto. Il primo a rialzarsi fu proprio il terrorista, il quale estrasse subito una pistola dalla fondina della sua cintura.
Ladybug si rialzò a fatica, tenendosi stretto il fianco ferito. Impugnò il suo yo-yo e lo lanciò verso l’uomo, colpendolo alla mano armata.
Con un urlo di battaglia, Papillon si lanciò con tutta la sua foga verso Ladybug, sferrandole un diretto in pieno volto. Lei lo parò con entrambe le braccia, ma, facendo ciò, lasciò scoperta la sua ferita. Proprio quello che voleva Papillon.
Bloccò in una presa le braccia dell’eroina ed assestò due ginocchiate sul suo fianco ferito. Seguirono strilli di dolore da parte di Ladybug, senza la possibilità di poter rovesciare la situazione. Era troppo debole. Papillon ghignò malefico e la colpì con una poderosa testata che la fece svenire. L’uomo roteò il corpo, tenendo stretta la presa sulle braccia di lei, e la gettò ad un paio di metri di distanza come se fosse un sacco.
Il corpo della ragazza rotolò un paio di volte a terra. In quel momento, la trasformazione terminò e Ladybug tornò ad essere Marinette.
Tikki cadde priva di sensi sul petto della ragazza, mentre una piccola pozza di sangue fluì sotto al fianco ferito.
Papillon rise sprezzante, dando un’occhiata ai dintorni, completamente deserti. «Game over, Ladybug.»
Raccolse da terra la pistola e la puntò al cuore della ragazza.
Si udì un sibilo. Poi, uno sparo echeggiò nell’aria.
 
 
Angolo Autore:
Ok. Avete il diritto di odiarmi dopo un finale così. Ma ormai lo sapete: senza cliffhanger non mi diverto.
Adesso dovete raccogliere tutta la pazienza che avete e aspettare Mercoledì per sapere come andrà a finire. Manca poco ormai e non date nulla per scontato, perché non lo è affatto, nel bene e nel male.
Terrò da parte altri commenti, conservandoli per la prossima pubblicazione.
A presto.
Nike90Wyatt

 
 
 
 
   
 
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