A tutti coloro che come me tifano
per la Lenny/Midge dalla 1x01 e, a costo di dover aspettare altre sei stagioni,
non hanno proprio intenzione di perdere le speranze
You owed me a date
L’altoparlante della
radio, posto sulla colonna di legno a mezzo metro di distanza dallo sgabello su
cui Midge era mestamente seduta a bere il suo gin tonic, grattò leggermente
prima di far risuonare nel piccolo e fumoso bar l’ultimissimo successo di Shy
Baldwyn, registrato solo pochi giorni prima in un qualche esclusivo studio di
Londra.
Midge gemette
riconoscendo immediatamente la voce del suo ex datore di lavoro, buttando giù
in un solo colpo il contenuto del bicchiere, e ritrovandosi poi a tossicchiare
leggermente e a sbattere le palpebre sugli occhi stanchi e lacrimanti.
Alla tua Midge, sei
veramente uno spettacolo stasera!
Sbuffando la donna
appoggiò la guancia su un pugno chiuso, in una posizione procura rughe che
avrebbe fatto rabbrividire d’orrore sua madre Rose, e rimase a fissare il vuoto
davanti a sé. Che giorno era? Il 26 maggio? No, probabilmente era già il 27,
anzi, certamente era già il 27: in quel momento lei avrebbe dovuto essere
diretta verso le meravigliose coste dell’Italia e della Francia, con i suoi
milioni di bagagli trasportati in una meravigliosa suite di un qualche lussuoso
hotel a Montecarlo da un facchino tirato a lucido che parlava con la erre
moscia.
Invece, a causa della
sfortuna che sembrava averla presa di mira, unita alla sua straordinaria
capacità di sparare a raffica una marea di commenti inopportuni senza nemmeno
rendersene conto, si trovava in un claustrofobico bar del Queens -del Queen)-
a bere da sola, con il trucco sbavato e il morale sotto i tacchi.
Era tornata nel suo
appartamento da nemmeno mezza giornata e già era riuscita a discutere con sua
madre e suo padre a cena: per qualche tempo si era tenuta sul vago riguardo le
ragioni che l’avevano vista esclusa dallo sfavillante tour europeo di Shy, ma
dopo un po’ era stato impossibile nascondere i dettagli del suo epocale
fallimento alle occhiate minacciose di sua madre e agli interrogatori
sfiancanti di suo padre.
Aveva completamente
perso il controllo, aveva mal interpretato le parole di Reggie e aveva
combinato un vero disastro. A voler ben vedere, la colpa era almeno per la
maggior parte imputabile alla pessima retorica del dannatissimo Reggie, che non
aveva spiegato affatto cosa intendesse con “Parla di Shy: questa è casa sua”
prima di buttarla sul palco dell’Apollo -dell’Apollo- in balia di una
folla che, Midge aveva scoperto a sue spese, poco in realtà sapeva della star
di casa.
Col senno di poi
forse avrebbe fatto bene a farsi un paio di domande e a darsi un paio di
risposte sensate prima di sciorinare liberamente il contenuto del diario
segreto della vita complicata di Shy di fronte a migliaia di fan: in fondo
anche lei a casa sua, con la propria famiglia, non rifilava abitualmente balle
colossali? Certo, alla fine in qualche maniera uno dei suoi tanti -troppi-
famigliari trovava un modo imbarazzante e umiliante per mettere a nudo la
verità, ma all’Apollo ingenuamente non aveva pensato di correre rischi.
Non è che ci fossero
molte speranze di rivedere la signora con la crocchia a banana seduta in prima
fila al tavolo di casa Weissman per celebrare lo shabbat, no?
Invece no, come al
solito sul palco aveva tolto il freno a mano e si era messa a sparare qualunque
cosa le passasse per la mente. Ma cazzo.
Ci voleva altro
alcool.
Alzò la testa e fece
per ordinare, quando una voce la precedette «Uno scotch per me e un gin tonic
per la disoccupata più famosa di Uptown» Midge rimase qualche secondo con la
bocca leggermente aperta, girandosi poi lentamente alla sua sinistra senza
nascondere lo stupore.
Lenny Bruce, con i
capelli scuri spettinati come al solito le si sedette a fianco, la sigaretta
che gli penzolava a lato della bocca; Midge batté un paio di volte le palpebre «Tu
non eri in Florida?»
Lenny si strinse le
spalle e assunse un’aria incurante «Sì, ma ora sono tornato a New York»
«Ah, direi che è
impossibile contraddirti su questo punto» commentò ironica Midge, prendendo il
drink che le porgeva il barista «Vedo che le belle notizie nel mondo della
commedia corrono in fretta» aggiunse mestamente.
«Non capita tutti i
giorni che la brillante comica che riscuote un successo ad ogni sua comparsa
sparisca da una serata all’altra senza spiegazione» disse Lenny con un
sorrisetto sghembo, facendo emettere un verso frustrato a Midge, che bevve un
lungo sorso di gin «Io dico che hai preso troppi appunti durante i miei
spettacoli e per imitarmi hai incominciato a farti scaricare dai pezzi grossi»
Midge arricciò le
labbra guardandolo con aria eloquente «E’ un modo sottile e intricato per dirmi
che ti copio?»
L’uomo finse di
pensarci su «Mi hai mai sentito parlare della vita sessuale dei miei genitori o
dell’amante di mio marito?» chiese ironico
Midge si portò una
mano al cuore «Non sapevo che avessi un marito fedifrago» commentò fingendosi
sconvolta «Se vuoi fondiamo un club, ho trovato un mascara che resiste
benissimo alle lacrime» si indicò gli occhi cerchiati «Come puoi vedere non lo
sto indossando ora perché è finito, ma per lo shopping terapeutico sono sempre
disponibile, anche se dobbiamo stare attenti al grande magazzino in cui andremo
perché sai, da uno mi sono licenziata prima di finire on the road con
questa cosa della commedia»
Il moro finì il
proprio scotch ordinando il giro successivo «On the road letteralmente» prese
una boccata dalla sigaretta e fece cadere un po’di cenere nel piattino di vetro
«Devi essere proprio disperata se sei venuta ad ubriacarti nel Queens»
Midge annuì,
bloccandosi un secondo «Come hai fatto a trovarmi nel Queens a proposito? Per
carità, questo potrebbe anche essere il trentanovesimo bar che giri stasera» si
fermò un secondo per poi riprendere quando vide Lenny annuire, quasi fosse
d’accordo con l’ultima affermazione «Però capirai anche tu che le chance sono
parecchio basse di incontrarsi a New York per caso»
Lenny le porse una
sigaretta che la donna accettò, cominciando poi a rovistare nelle tasche della
giacca alla ricerca dell’accendino «Quando ho saputo che non saresti stata nel
tour europeo di Shy Baldwin mi sono incuriosito e sono tornato a New York» estrasse
finalmente un piccolo accendino di metallo, sporgendosi leggermente per
accendere la sigaretta di Midge che lo ascoltava estremamente concentrata,
nonostante i numerosi drink già tracannati «E mi sono detto che perdere la
possibilità di esibirsi in Europa doveva essere una cosa abbastanza deprimente
da far venir voglia a qualcuno di ubriacarsi nel Queens»
Midge prese un paio
di boccate dalla sigaretta guardandolo in tralice prima di stringere le spalle,
non riuscendo a trovare una grinza in quella spiegazione «Dodici bar dopo sono
riuscito a individuare le spalline di un vestito rosa decisamente troppo
costoso per una topaia simile e mi sono detto ecco la fantastica Signora Maisel»
Con la sigaretta tra
il medio e l’indice, Midge simulò un applauso «Non sono andata a Londra, ma mi
sono comunque ritrovata a fianco a Sherlock Holmes»
Il moro aprì
leggermente le braccia annuendo «Modestamente…mi sembrava il momento giusto per
quell’appuntamento»
Midge sorrise
leggermente, osservando con attenzione l’uomo «In effetti, dopo che mi avevi
detto che ci saresti stato se non fossi morto prima, vedendo le settimane che
passavano, ho cominciato a chiedermi se non fossi schiattato a fianco a qualche
cassa di rum cubano a Miami»
«Non avendo
abbastanza soldi per del rum cubano originale, suppongo di essere sopravvissuto»
«Ah sì, non c’è che
dire, sembri proprio vivo» commentò con convinzione Midge.
«Sì, sono decisamente
vivo, non posso lamentarmi» i due alzarono i nuovi drink «L’chaim(1)»
brindò Lenny.
«L’chaim» rispose con convinzione Midge. I due rimasero in
secondo per qualche secondo prima che Midge si ritrovasse a ridacchiare tra sé,
facendo sorridere leggermente Lenny «Una mezza dozzina di bicchieri di scotch e
divento così bravo da far ridere anche senza aprire bocca?» contrasse le labbra
in un’espressione soddisfatta mentre Midge scuoteva la testa sorridendo.
«Lenny Bruce, hai
delle capacità che noi comuni mortali banalmente ubriachi nemmeno possiamo
immaginare» decretò solenne «In realtà pensavo che, per la seconda volta, mi
ritrovo ubriaca con te senza avere nessuna battuta fuori luogo da fare»
L’uomo annuì
comprensivo «E’ quello che succede quando si fanno battute fuori luogo per
vivere: tieni quelle buone per il palco e diventi spaventosamente banale nelle
altre situazioni» finì il suo drink e, dopo aver posato alcuni dollari sul
bancone, si alzò e porse una mano a Midge, invitandola ad alzarsi
La donna scosse la
testa con decisione, incominciando a frugare nella borsetta «Non esiste che tu
venga fino qui nel Queens e mi offra da bere» borbottò, cercando di ritrovare
il portafoglio in mezzo a tutta la sua roba.
«Ora che non hai un
impiego fisso ti conviene risparmiarli i soldi» la rimbeccò Lenny,
guadagnandosi un’occhiataccia eloquente «E tu avresti un impiego fisso?» chiese
sarcastica Midge.
«In effetti no»
concordò Lenny inclinando leggermente la testa «Ma io ci sono abituato»
Midge spalancò le
braccia, come a mostrare di arrendersi «Se la metti così» disse la donna,
infilandosi il cappotto leggero color cipria e rassettando le pieghe invisibili
a qualunque occhio non fosse suo «Dunque qual è il programma? Una passeggiata
come in Florida? Mi spiace deluderti ma qui nel Queens non troveremo spiagge
dorate»
Lenny sospirò
aprendole la porta «Non si può avere tutto…comunque se non mantieni il contatto
visivo con gli ubriachi sul bordo della strada, anche una vecchia strada del
Queens ha il suo perché»
«Cercherò di
ricordarmelo» promise con finta serietà Midge
***
Midge si guardò
intorno «Brooklyn?» chiese mentre Lenny annuiva accendendosi una sigaretta «Se
non altro non rischio di incappare in una qualche amica di mia madre conciata
in questo stato, chiaramente ubriaca e in compagnia di un losco tipo che non
vede un parrucchiere da molto tempo»
«Non ci contare» la
ammonì Lenny con una sigaretta «Mai sottovalutare la vita notturna delle brave
donnine del Tempio»
Midge storse il naso
alzando gli occhi al cielo «Mi sono passate per la mente moltissime immagini
che mai nella vita avrei voluto vedere. Ti ringrazio sentitamente»
Le labbra di Lenny si
stortarono in un sorrisetto sghembo e i due camminarono ancora un po’ in
silenzio, incrociando di tanto in tanto gli sguardi e sorridendo.
Quando arrivarono di
fronte ad una piccola casa a due piani Lenny si fermò, ripescando un piccolo
mazzo di chiavi arrugginite dalla tasca dei pantaloni mentre Midge guardava
quasi ammirata la struttura «Non è un motel» commentò come se non riuscire a
credere ai propri occhi.
«Non è un motel»
convenne Lenny, cercando di capire quale tra le chiavi fosse quella che apriva
il cancelletto d’ingresso.
«E non è nemmeno una
baracca prossima alla demolizione» continuò Midge sempre più stupita.
«Ebbene no. È la casa
di uno che conosco: da quando mi sono pseudo-trasferito in Florida la affitto
ogni volta che torno in città»
Midge annuì
sinceramente ammirata «Non c’è che dire, sai davvero come sorprendere»
L’uomo smise per un
attimo di osservare le chiavi e aprì leggermente le braccia «Se non me ne
inventassi una nuova ogni volta sarei anche io con quei barboni del Queens sul
marciapiede»
«Giusto, cercherò di
ricordamelo» convenne con la massima serietà Midge.
Lenny trovò
finalmente la chiave e aprì il cancelletto, guardando di traverso Midge come a
chiedersi se sarebbe o meno entrata nel piccolo cortile; la donna lo guardò
dritto negli occhi, increspando leggermente le labbra come se fosse indecisa
sul da farsi.
«Quindi questa
sarebbe in un certo senso casa tua» ragionò ad alta voce, facendo annuire
l’uomo «Cioè, non proprio casa tua, è la casa di…»
«Bernie Horwitz»
Midge annuì «Bernie
Horwitz, certo…però Bernie ti ha lasciato la casa, quindi presumo che ti reputi
una persona affidabile…a proposito, chi è Bernie Horwitz?»
Il sopracciglio
destro di Lenny scattò in aria «Non conosci Bernie?»
Midge ci rifletté un
attimo «No, nessun Bernie Horwitz nella rubrica, mi spiace»
Lenny scosse il capo,
passandosi una mano sul collo «Questo è grave» commentò quasi con apprensione «Tutti
nel mestiere conoscono Bernie Horwitz»
La donna annuì
lentamente pensosa «Suppongo che dovrò chiedere a Susie di organizzarmi un
incontro» rimasero in silenzio entrambi, prima che Midge muovesse un paio di
passi decisi verso la casa, fermandosi contro il portone d’ingresso.
Lenny si avvicinò
lentamente, fermandosi poi e fissando gli occhi azzurri luccicanti di Midge «Non
trovi neanche questa chiave?» lo prese in giro la donna.
«Se la trovassi cosa
faresti?»
Midge mosse un paio
di volte la testa fingendo di riflettere «Abbiamo appurato che non è un motel»
«No è un motel»
asserì nuovamente Lenny.
«E non è una
catapecchia che rischia di caderci in testa»
Dopo aver assestato
un paio di pacche al muro in mattoni, Lenny annuì «No, direi che ha una
muratura piuttosto solida»
Midge inclinò la
testa di lato, guardandolo con un sorrisetto furbo; Lenny assottigliò gli
occhi, faticando a trattenere una risata e aggiunse «Ora che ci penso la moglie
di Bernie, Dolly Horwitz…conosci Dolly, no?»
Midge scosse la testa
contrita «Purtroppo no»
«Caspita…è un
peccato…è una brava persona Dolly Horwitz»
«Sicuramente lo è»
disse Midge, che faticava sempre più a rimanere seria.
Lenny annuì «Beh vedi
Dolly vuole cambiare la carta da parati, ma non sa che colore scegliere»
«Scegliere la carta
da parati non è una faccenda semplice» disse seria Midge.
«Eh lo so…se tu entrassi
magari potresti darmi qualche buon consiglio da riportare a Dolly»
Midge annuì con
decisione «Se è per aiutare la cara Dolly Horwitz non posso proprio tirarmi
indietro»
Lenny sorrise, girò
la chiave giusta nella toppa e, prima che potesse anche solo aprire la porta,
Midge catturò le sue labbra in un bacio profondo.
Con l’ultimo barlume
di lucidità che gli rimaneva, il moro si lasciò scivolare la chiave in tasca,
spingendo la porta ed entrando in casa mentre abbracciava Midge, approfondendo
in modo famelico quel bacio che sapeva di gin tonic.
Midge richiuse la
porta con un calcio, completamente incurante del rischio di rovinare il tacco
delle decolté, le uniche che andavano bene con il cappotto color cipria,
facendo correre le dita nei capelli ricci di Lenny, lasciando che l’uomo la
sollevasse, conducendola verso la stanza da letto.
***
Con un sorriso
rilassato molto diverso dalla sua solita espressione sarcastica, Lenny
accarezzava pigramente la spalla nuda di Midge, che si era rannicchiata contro
il suo petto La donna lo guardò e sorrise a sua volta «Stavo pensando ad una
cosa» gli disse cercando di mantenere un tono serio.
«Umh?»
Midge si alzò,
appoggiandosi sul gomito e guardò il comico dritto negli occhi «Devi dire a
Dolly Horwitz che la carta da parati deve necessariamente essere rosa»
Lenny ghignò, prima
di avvolgere nuovamente Midge tra le proprie braccia facendola scoppiare a
ridere.
1 Alla vita in ebraico. Espressione
usata durante i brindisi.
Forse avrei dovuto scrivere una
rossa, lo so, ma ho troppe ore di sonno arretrato alle spalle, non posso
chiedere a me stessa di stare attenta al regolamento per evitare di essere
bandita a vita. Ho finito da poco di vedere la terza stagione Marvelous Mrs Maisel
dopo un binge-watch stellare e ho una marea di emozioni
da esprimere, in particolar modo Perché caspita Lenny e Midge non si sono
ancora messi insieme, che io, povera anima, sono qui che aspetto pazientemente
che combinino qualcosa da letteralmente il primo episodio della prima
stagione?!
Momento sfogo finito, vi giuro.
Spero che questa piccola OS via sia
piaciuta se anche voi siete amanti della Midge/Lenny; nel caso in cui invece
non siate particolarmente fan della ship, ma abbiate deciso di dare comunque
una possibilità alla mia storia, spero che queste parole possano portarvi sulla
strada della redenzione e farvi finalmente aprire gli occhi sul fatto che loro
due sono La Coppia.
Alla prossima,
Em