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Autore: Generale Capo di Urano    18/12/2019    0 recensioni
[Valkcember, day 18]
Accoccolato sul tappeto, tenendo il gomitolo di lana rossa tra le gambe incrociate, cercò di riprendere il lavoro da dove si era interrotto. C’erano ben due poltrone vicino al camino, ma nulla batteva la sensazione del caldo del fuoco sulla schiena e i dei brividi di piacere che salivano fin sulla nuca, mentre fuori dalla finestra si intravedeva la neve scendere, mischiata alla pioggia, illuminata dalla luce dei lampioni sulla strada.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mika Kagehira, Shu Itsuki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il crepitio leggero della legna nel caminetto venne interrotto da uno scoppio più forte degli altri, e la mano incerta di Mika rischiò di lasciar scivolare i ferri da maglia e rovinare completamente, per l’ennesima volta, il proprio lavoro; lo salvò appena in tempo, mentre dai suoi denti stretti usciva un debole lamento e l’orsetto di peluche accanto a lui, urtato per sbaglio, si ribaltava e finiva con il muso a terra.
A Mika venne naturale il chiedergli scusa subito dopo averlo rimesso a posto.
Stava ancora imparando come lavorare a maglia e i suoi risultati non erano esattamente dei migliori, ma arrendersi non era una parola a cui Kagehira era abituato – sarebbero stati vani, allora, tutti i fallimenti collezionati da sempre uno dietro l’altro. Aveva deciso che, per esercitarsi, avrebbe provato a fare dei piccoli maglioncini per ognuno dei propri peluche; ne avrebbe fatto uno anche per Mademoiselle, se solo Shu non gliel’avesse impedito categoricamente.
In compenso, Oshi-san aveva comunque finito per indossare il suo misero, primo tentativo che voleva essere un regalo di Natale, ma che aveva una manica troppo lunga e una troppo corta, era larghissimo per un busto così magro, aveva il collo storto e invece di essere bianco come Mika sperava era di un chiarissimo color crema che all’inizio non aveva neppure notato. Shu l’aveva messo con la scusa del freddo e dicendogli che, in quel modo, magari ogni volta che avrebbe guardato quella roba addosso a lui sarebbe stato più incline ad impegnarsi di più – e Mika, incurante del suo tono freddo, gli aveva sorriso con gli occhi che brillavano, perché il suo Oshi-san aveva indossato il maglione che lui aveva fatto, perché il suo Oshi-san continuava a spingerlo a fare di meglio nonostante lui fosse un completo fallimento.
Accoccolato sul tappeto, tenendo il gomitolo di lana rossa tra le gambe incrociate, cercò di riprendere il lavoro da dove si era interrotto. C’erano ben due poltrone vicino al camino, ma nulla batteva la sensazione del caldo del fuoco sulla schiena e i dei brividi di piacere che salivano fin sulla nuca, mentre fuori dalla finestra si intravedeva la neve scendere, mischiata alla pioggia, illuminata dalla luce dei lampioni sulla strada.
A malapena si accorse dei passi attutiti di Shu, che era uscito dalla stanza qualche minuto prima senza dirgli dove andasse e ora tornava ad avvicinarsi al calore rassicurante e familiare del caminetto, portando con sé due tazze bianche e sedendosi su una delle poltrone con l’espressione stanca di chi sembra abbia appena portato sulle proprie spalle il peso dell’intero mondo. Prima ancora di vederle, Mika ne avvertì il profumo e alzò finalmente gli occhi, puntandoli su di lui con sguardo interrogativo; si ritrovò con una tazza davanti al naso e il forte odore della cioccolata fondente su per le narici e fece per prenderla con entrambe le mani, prima che l’altro la allontanasse all’improvviso. «Scotta, stai attento.»
Shu si accorse probabilmente a scoppio ritardato della vena di preoccupazione che il suo tono di voce aveva lasciato trasparire, e distolse lo sguardo con un verso seccato; il sorriso che ricevette avrebbe potuto illuminare l’intera stanza meglio dei quanto non facesse il lampadario appeso sopra di loro.
«Grazie, Oshi-san. Starò attento, ma…» La tazza scottava davvero, ma le sue mani callose sopportavano tanto facilmente il caldo quanto le punte degli aghi con cui puntualmente si feriva per errore. «Mi dici sempre di evitare i dolci. Soprattutto la sera. Perché…?»
Non sapeva bene come formulare la domanda. Tutt’a un tratto, il suo sguardo parve passare dal confuso al preoccupato, come se temesse che il suo Oshi-san fosse malato e potesse crollare svenuto da un momento all’altro. Non sarebbe stata comunque la prima volta.
Shu si appoggiò allo schienale della poltrona, un leggero sbuffo infastidito gli uscì dalle narici. «Smettila di guardarmi così, Kagehira. Non è stata un’idea mia.» Si rigirava la tazza fra le mani, forse aspettando che il cioccolato si raffreddasse, o forse già pentendosi di averlo preparato.
«Ma mio nonno continua a dire che gli sembro troppo magro. L’ha comprata lui. Andrebbe su tutte le furie se la ritrovasse di nuovo in cucina.» Lo diceva con fare contrariato, eppure Mika aveva imparato ad accorgersi dei momenti in cui qualcosa gli faceva piacere, anche se non voleva ammetterlo.
Kagehira non aveva interagito spesso con nonno Itsuki. Era una persona solitaria, scontrosa, simile al nipote – e allo stesso tempo uno dei pochi che riusciva a stargli vicino senza avere un esaurimento nervoso. Nonostante tutto, Mika si era convinto dovesse essere una gran brava persona.
Non fece altre domande. Portò la tazza alle labbra e lasciò che il bollore gli scivolasse in gola, allo stesso tempo doloroso e dolce.
Shu continuava a guardarne il contenuto senza mostrare alcun cenno di voler bere. Quando alzò gli occhi, vide il lavoro interrotto del compagno abbandonato sul pavimento poco lontano da lui, per evitare che venisse accidentalmente sporcato. «Pensavo avresti già finito per quest’ora. Non sei stato tutto il giorno lì seduto?»
Mika emise un lieve lamento, come se avesse temuto una domanda simile fino a quel momento. «Avevo sbagliato qualcosa… era venuto male. Ho dovuto ricominciare da capo.»
Il sospiro che udì, stranamente, non gli sembrò irritato o spazientito. «Sei ancora sicuro di non voler farti aiutare?»
Scosse la testa e sorrise di nuovo, mentre gettava uno sguardo su quello strano prototipo di maglioncino che stava creando; il suo volto, illuminato dalle fiamme, pareva diviso in due – l’occhio destro, ambrato, che brillava e rifletteva la luce, e quello azzurro nascosto, in ombra. «Voglio riuscire a farlo per conto mio. Non posso sempre contare su di te, Oshi-san!»
Lo disse in modo naturale, e le sue parole colpirono Itsuki come una lancia, portando allo stesso tempo speranza e paura. Le sue dita sottili tremarono impercettibilmente.
Il fuoco scoppiettò di nuovo, mentre Shu portava finalmente la tazza alla bocca e beveva, senza più rispondere.







 
Non sono più capace di scrivere e men che meno di trovare dei titoli decenti. In ogni caso, ho una nuova ossessione e assoluto bisogno di sfogarla in qualche modo, quindi grazie ai prompt del Valkcember che mi infondono forza e desiderio di tornare a scrivere una volta per tutte (https://twitter.com/valkcember) (https://www.facebook.com/Valkcember-101221164697302/), quindi GRAZIE e perdonate la poraccitudine ma sono fuori allenamento e boh piango. Stan Valkyrie e Shu Itsuki 
   
 
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