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Regalo
Sasuke
la mattina di Natale si svegliò presto, nonostante i
festeggiamenti fino a
tarda notte della sera prima. Aveva passato buona parte della serata
giocando a
carte con Shisui e Itachi; un’attività che non gli
dispiaceva affatto, eppure si
era trovato più volte a immaginarsi al concerto della
vigilia organizzato dagli
Hyuuga – con il suo contributo, ma era meglio che Hiashi
ignorasse questo
dettaglio.
Non
era il concerto in sé a interessarlo, in realtà:
lo sapeva benissimo. Soprappensiero,
si avvicinò alla finestra. Lo accolse un mondo bianco:
durante la notte aveva
nevicato. Abbassò lo sguardo verso l’entrata di
Villa Uchiha – per un istante
pensò di essere ancora nel mondo dei sogni.
Sgranò gli occhi: la figura accanto
al portone non poteva essere Hinata Hyuuga,
giusto? Infilò una felpa e
si precipitò fuori, deciso ad accertarlo.
«Che
ci fai qui?»
Aveva
il fiatone per essere corso al cancello, ma riuscì a
nasconderlo.
«Sasuke!»
esclamò Hinata – si illuminò vedendolo.
Rimase spiazzato da quella reazione.
«Non sapevo come chiamarti, sono felice che tu sia
uscito» aggiunse lei,
gesticolando un po’. «Hai degli impegni la mattina
di Natale?» domandò poi,
come realizzando in ritardo la stranezza della situazione.
Sasuke
non sapeva se ridere o sbattersi una mano in faccia. «Ti ho
vista dalla
finestra» optò per dire, diplomaticamente, alla
fine. Le aprì il cancello.
«Dai, entra. Non fa proprio caldo qua fuori».
Hinata
esitò. «Volevo solo darti questo» disse,
tendendogli un pacchetto con renne e
stelle. «Per Natale… e per ringraziarti del tuo
aiuto con l’evento. È stato un
successo!» annunciò contenta.
«Sciocchezze
– te l’avevo promesso».
Esaminò visivamente il pacco, cercando di capire cosa
contenesse. Infine lo prese, accettandolo – a giudicare dal
tatto, doveva
trattarsi di un capo d’abbigliamento o qualcosa del genere.
Era estremamente
morbido. «Vieni dentro comunque» decise,
afferrandole una mano. Lei non oppose
resistenza, lasciandosi guidare all’interno della villa.
Dopo
averla fatta accomodare, Sasuke si mise ai fornelli. Non le chiese cosa
volesse, fidandosi del suo istinto: cioccolata per lei, tè
non zuccherato per sé.
Lei accolse la tazza fumante con un sorriso grato.
«Odi
ancora i dolci?» domandò adocchiando il suo
tè.
Mugugnò
un assenso, iniziando a sorbire la bevanda calda.
«Avevo
un’amica così, in Francia»
raccontò lei sognante, probabilmente persa in
chissà
quali ricordi con la suddetta. Sasuke poggiò la tazza.
«Se non ti sbrighi, si
raffredderà» la riprese bonario; in
realtà era non poco curioso riguardo alle
sue esperienze all’estero, ma non c’era fretta. Il
resto della sua famiglia
stava ancora dormendo e dubitava si sarebbero alzati prima di altre due
ore,
salvo forse Itachi – girò la testa verso
l’ingresso, credendo d’aver sentito un
rumore. Non vide nessuno, quindi scartò l’idea e
tornò a fronteggiare Hinata, ora
intenta a sorseggiare la sua cioccolata. «È
buonissima!» la vide esclamare, le
guance arrossate.
Si
concesse un sorriso. «Non è difficile, con il
preparato in bustina».
«In
ogni caso, sei stato gentile. Grazie – mi hai fatto un regalo
bellissimo».
Inarcò
un sopracciglio. «Una cioccolata calda pronta in cinque
minuti scarsi?» – lo
sguardo gli corse al pacchetto morbido. Non sapeva cosa fosse, ma aveva
richiesto sicuramente più impegno.
Lei
gli sorrise scuotendo la testa. «Mi stai dedicando del tempo
– questo conta
molto, per me. Persino più di una cioccolata!»
spiegò, assumendo un tono
scherzoso verso la fine. Riprese la tazza e bevve l’ultimo
sorso, mentre Sasuke
la fissava stupito in positivo. Era strano, ma bello, vederla
così spensierata,
allegra. Da bambina sembrava sempre trattenersi, soprattutto in
presenza di
Naruto. Celò il sorriso che andava allargandosi sul suo
volto tornando a
sorbire il tè.
«Allora,»
riprese tra un sorso e l’altro «come ti sei trovata
in Francia?»
Dapprima
pensò, vedendola spaesata, che non avrebbe risposto o
l’avrebbe fatto
limitandosi a balbettare un “bene”. Non fu affatto
così.
Trovato
uno spunto iniziale, il racconto di Hinata sgorgò come un
fiume in piena –
Sasuke se ne fece assorbire e non pensò a controllare
l’ora, ma era certo che fosse
durato almeno un’ora. Lui intervenne qua e là con
qualche osservazione,
talvolta un confronto, ma il maggior apporto alla conversazione lo
diede lei –
lui ascoltò interessato. Alla fine gli sembrò di
aver recuperato almeno
parzialmente quegli anni di distanza, come se Hinata si fosse
trasferita non
così lontano ma nei dintorni, facendosi viva una volta al
mese.
Non
era così, però, e le differenze tra il ricordo
della bambina Hinata con la
ragazza davanti a lui erano palesi – l’altezza, la
maturità che, nonostante
alcuni tratti ancora infantili del volto, le leggeva negli occhi. Aveva
provato
una vaga simpatia per la bambina, figlia di una
casata importante e
cresciuta in condizioni simili alle sue. Ora provava interesse
– attrazione
– per la ragazza, e stentava a spiegarselo.
Certe
cose non necessitano di logica, decise. Vanno bene
così.
Hinata
arrossì notando l’ora. «Devo
andare» affermò esitante. «Ho promesso
di aiutare
con i preparativi per il pranzo. Mi sono fermata tantissimo, spero di
non aver
disturba—»
Sasuke,
alzatosi, le posò un dito sulle labbra. «Non dirlo
neanche per scherzo» le
intimò serio. Accertatosi che la questione
“disturbo” non sarebbe stata
ripresa, fece un passo indietro e le tese una mano per aiutarla ad
alzarsi – deformazione
dovuta a decisamente troppi corsi di galateo. «Ti
accompagno fuori».
Hinata
accettò con un sorriso riconoscente, seguendolo fuori dalla
stanza. Si
fermarono sulla soglia dell’ingresso, pronti a salutarsi,
quando alle loro
spalle risuonò un colpo di tosse.
Sasuke
si girò all’istante – Itachi.
Suo
fratello gli sorrise – ghignò malizioso,
più precisamente – e indicò un
punto sopra Sasuke. «Vi lascio subito, ma più
tardi vorrei la tua opinione
sulle nuove decorazioni» dichiarò tranquillo,
voltandosi poi per sparire da dov’era
venuto. Sasuke alzò lo sguardo e avvampò,
dubbioso se maledire o ringraziare il
fratello. Per il momento un buon compromesso poteva essere effettuare entrambe
le azioni.
Sopra
la sua testa – e quella di Hinata –
pendeva una piantina di vischio. Quando
diamine l’aveva messa?!
Hinata
rise, catturando così il suo sguardo. Anche a lei si erano
colorite le guance.
«Se per te non è un problema, Sasuke»
disse, alzandosi sulle punte per raggiungergli
le labbra. Fu un contatto fugace. Hinata sapeva di vaniglia
e
cioccolata, ma a Sasuke non dispiacque – bizzarro. Semmai
quel tocco
durato forse due secondi – meno, ne era
certo – lo lasciò a desiderarne
di più. Hinata aveva mosso un passo oltre la soglia, ma si
era girata nuovamente
verso di lui e lo fissava in silenzio, forse aspettandosi un saluto, forse
un
commento – non lo sapeva.
Si
ritrovò a fissarle le labbra.
Perché
accontentarsi di un solo bacio, sotto al vischio? Stupendo
sé stesso per primo,
Sasuke si sporse per attirarla di nuovo a sé. Le passò
una mano tra i
capelli – lei lo lasciò fare, ricambiando il
contatto che stavolta durò ben più
a lungo. Non avrebbe saputo dire quanto, né gli interessava.
Lasciandola,
Sasuke prese fiato mentre la realtà di quei baci imprevisti
veniva elaborata
dal suo cervello.
In
particolare un pensiero lo colpì: lei non
l’aveva respinto in quella
follia. Se il primo incontro delle loro labbra poteva essere ricondotto
a un
mero adempiere la tradizione, era certo che il secondo fosse stato
voluto da
lei almeno quanto da lui. Si era limitato a prendere
l’iniziativa.
Immerso
in simili ragionamenti, vide la bocca di Hinata muoversi senza
distinguerne un
suono. Dovette chiederle di ripetersi.
«Chiedevo
se hai già impegni per domani»
acconsentì lei, giocherellando con gli indici.
«No»
rispose lui, scartando in automatico la promessa di una tombola con i
cugini e
il fratello. Si sarebbe inventato qualcosa.
«Allora…»
Hinata balbettò leggermente, riportandolo con la mente a
pomeriggi della loro
infanzia. Allora non si sarebbe mai immaginato
quel che era appena
successo. «…potremmo andare al parco, o qualcosa
del genere?» alzò lo sguardo
su di lui, un po’ imbarazzata. «Credo che di solito
prima si esca e poi ci si
baci, ma…»
«Va
bene». Non aveva dovuto pensarci molto per acconsentire
– decise che sì,
avrebbe ringraziato Itachi, ma si ripromise anche di ricambiargli il
tiro in
qualche modo. «Una passeggiata al parco va
benissimo. Tardo pomeriggio, o
sarai mattiniera come oggi?»
Lei
gli sorrise radiosa. «Nel pomeriggio è
perfetto!» esclamò battendo le mani. Quindi
mutò il volto in un’espressione imbarazzata;
«Ora però devo veramente scappare,
Neji si starà chiedendo dove sono finita! A domani, Sasuke
– buon Natale!»
augurò, accennando un saluto con la mano per poi voltarsi e
correre in direzione
del portone.
Sasuke
rimase sulla soglia a fissarla ancora un po’, rimuginando
sull’insolita
mattinata.
Il
ritorno di Hinata era stato una sorpresa, ma questo
– questo somigliava
più a un regalo. Un inaspettato dono di Natale,
così come il pacco che aveva
lasciato sul tavolo in cucina – ricordandosene, si
affrettò a tornare e
recuperarlo. L’ultima cosa che voleva era che se ne
impicciasse Itachi,
trovandolo.
Rientrato
in camera lo aprì e, spiegandolo, sorrise: aveva indovinato.
Hinata gli aveva
regalato una sciarpa rossa – fatta a mano,
avrebbe scommesso – con una
buffa decorazione agli angoli: uno scoiattolo da una parte, un girasole
dall’altra,
e così sull’altro lato – unendo
virtualmente le immagini uguali si otteneva una
x.
Sebbene
non avesse così freddo, l’avvolse intorno al collo
prima di raggiungere i parenti
per le attività della giornata: non se lo
confessò, ma così facendo aveva
l’impressione
che ci fosse anche Hinata.
Quando
– a pomeriggio inoltrato – riuscì a far
crollare la torre di Jenga sotto le
mani di Itachi senza che nessuno notasse il suo intervento, Sasuke
considerò
che raramente aveva avuto una giornata così perfetta.
NdA
Due piccolissime
note: da prendere con le pinze
perché l’avevo letto in giro e non sapendo il
giapponese mi sono fidata, ma che
io sappia “Hinata” vuol dire girasole,
mentre “Sasuke” dovrebbe essere scoiattolo.
Di qui la decorazione della sciarpa, che sì, mi rendo conto
essere a dir poco
insolita. L’unione di questi due simboli è un mio
personalissimo headcanon
sulla SasuHina.
Invece
“Jenga”, per chi non lo conoscesse, è un
gioco che consiste nel rimuovere un pezzetto alla volta da una torre di
tasselli
di legno per poi riposizionarlo in cima, senza far crollare
l’intera struttura.
Spero che la
lettura vi sia stata piacevole, al
momento non ho la lucidità mentale per decidere della sua
qualità – volevo scriverla
e l’ho fatto.
Grazie per aver
letto e a chi ha commentato il
capitolo precedente. Alla prossima!