Jill a volte si chiede se Wesker veda il mondo solo in nero, oppure in rosso.
Se tutto, dalla bellezza di un fiore al carnaio di un massacro, oscillasse tra quelle due sole tonalità.
Uno degli abitanti del villaggio si lamenta debolmente e Jill gli sfonda il cranio con il tallone.
Il vento è caldo sulla pelle, un refolo rovente che le asciuga gli occhi e il cuore.
L'innesto brucia sotto la battlesuit e nelle vene ruggisce tanta di quella adrenalina da lasciarle una sensazione scomoda tra le cosce e sulla lingua.
"Rapporto della missione?"
Jill inclina il mento, respira con forza sotto la maschera.
"Nessuna perdita. Tutte le minacce sono state neutralizzate."
Wesker annuisce, sembra fissare l'orizzonte.
Jill non glielo dirà mai, ma a volte le ricorda un villain da comic book; grandi piani di conquista, parlantina sciolta, arroganza ed ego smisurati, un eroe sempre pronto a combatterlo.
A volte.
Quando non ne intravede le ombre, i pochi - e disturbanti - punti di luce.
Quando non si perde negli anfratti di una mente spezzata, frammentata, grottescamente lucida nel suo delirio.
Quando non ne percepisce i moti di stizza e d'irritazione, quando non lo sorprende studiare assolutamente il nulla, gli occhiali buttati sulla scrivania e gli occhi ammorbiditi da una tonalità di carminio più debole - computer spenti e viso rilassato.
Quando.
"Bene." ed allora che capisce; che sente.
Sotto quelle lenti scure, dietro un'iride rossastra e infetta, Wesker vede il mondo esattamente come tutti gli altri.
Ed è stato proprio questo ad averlo spinto a volerlo cambiare.