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Autore: Ruta    13/01/2020    9 recensioni
Contro l'orizzonte del cielo che sta albeggiando si stagliano due figure, quella di un uomo e di una donna, uno accanto all'altra, le mani intrecciate e le teste accostate come se si stessero confidando segreti. Ridono spensierati ed è quel suono, sotto il cielo trapuntato dalle ultime stelle e dalle prime luci dell'alba, che Neja non dimenticherà mai. Non la leggenda. Non la storia come è stata tramandata. Non la tragedia. Solo un abbraccio scambiato alla fine del tempo, nel confine tra i mondi, mentre la Forza canta attorno a loro, sanando un legame di nuovo integro, profondo e complesso come la vita stessa.
[Dove Ben Solo è uno sciocco romantico nel profondo e si mostra come un Fantasma della Forza solo alla fine del viaggio di Rey.]
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ben Solo/Kylo Ren, Rey
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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troppo presto

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Ed è scomparso sin troppo presto.

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La prima volta che succede è quindici anni dopo la caduta del Primo Ordine, dopo la sconfitta definitiva dell'Imperatore. 
Sono trascorsi esattamente quindici anni e ventitré giorni dalla morte di Ben Solo.
La Nuova Repubblica, o sarebbe più accurato dire Nuova Nuova, intende festeggiare l'anniversario in pompa magna e Rey, in qualità di Primo Jedi del Nuovo Ordine Jedi, con il titolo onorifico di Maestra tra i Maestri che da allora hanno rinfoltito i loro ranghi, è tenuta a presenziare in veste ufficiale alla commemorazione.
Il suo posto è tra quelli d'onore, tra i regnanti e i nobili, le caste facoltose del pianeta ospitante, gli ambasciatori e le fazioni di giovani senatori.
I due posti accanto al suo sono ancora vuoti. Finn è rimasto all'Accademia, disinteressato a fare la sua apparizione mentre Poe è impegnato in quella che è diventata la sua missione dopo la fine della guerra: restituire a persone come Jannah le loro identità, rintracciando le loro famiglie d’origine. È un lavoro difficile, alcuni lo definiscono l’impresa di un folle, ma Poe è testardo e con l’aiuto di Lando e Chewbacca sta ottenendo risultati insperati, soprattutto dopo essere riuscito a penetrare nel deposito protetto di uno dei pianeti base del Primo Ordine ed eseguire il backup dei dati.
Rey osserva con sguardo critico il fasto dell'occasione e ripensa all'orrore della guerra, alla fame che le bucava lo stomaco durante le lunghe notti solitarie nel deserto di Jakku.
Il fruscio delle stoffe preziose, l'altezza vertiginosa delle acconciature delle dame, il cicaleccio delle conversazioni della folla radunata, il tepore del sole sulla pelle, il profumo dolce dei fiori lanciati dai balconi.
Ci sono troppo rumori, troppi odori, troppi colori. È trascorso molto tempo dall'ultima volta in cui è stata circondata da così tante persone. Forse troppo, sussurra una voce da qualche parte dentro di lei.
Di solito conduce un'esistenza appartata, limitando allo stretto necessario le uscite pubbliche. Non del tutto solitaria, non una completa eremita, non ai livelli di Luke perlomeno. Dopo i primi cinque anni trascorsi su Tatooine, tornare a una quotidianità totalmente differente da quella a cui si era abituata è stato difficile. Affiancata da Finn per rifondare l'Accademia, ha cominciato a viaggiare da un estremo all'altro della Galassia, in cerca di allievi a cui poter mostrare le vie della Forza, da poter chiamare apprendisti, a cui trasmettere il sapere dei tempi antichi e a cui passare il testimone un giorno.
"Ehi, Leggenda Jedi," dice una voce alla sua sinistra prima che una figura in blu occupi il posto che dovrebbe essere di Finn.
Rey non può evitare un ampio sorriso mentre coglie le occhiate scandalizzate che gli astanti stanno indirizzando nella loro direzione. Contrariamente all'etichetta che l’evento formale imporrebbe, Rose ha scelto un vestito che, per quanto elegante, risulta persino appariscente nella sua pratica semplicità.
"Ciao anche a te, straniera."
Gli occhi di Rose sono penetranti come al solito mentre la scrutano da capo a piedi. Il cenno che le rivolge è di completa approvazione.
Rey indossa le vestigia del suo Ordine, facilmente riconoscibili nella sobrietà che le caratterizza: una tunica di un candore quasi opalescente e un mantello verde muschio che ricorda l'erba sui dirupi di Ahch-To. Unico tratto di vanità sono le trecce che le circondano il capo come una corona, simbolo di una donna straordinaria diventata icona.
"Finn mi ha chiesto di riferirti che era troppo impegnato a fingere di avere qualcosa da fare per presentarsi perciò ha delegato me."
Contro la sua volontà, le sue labbra si arcuano di nuovo in un sorriso più discreto. Senza distogliere lo sguardo dalla cerimonia sottostante, annuisce. "Molto saggio da parte sua."
Rose fa un sospiro teatrale, sventolando la mano davanti al viso accaldato. Il sole è al suo apogeo e l'aria comincia a farsi soffocante. "Molto conveniente, è quello che intendi. Che ne è di Poe? Qual è la sua scusa invece?"
"Semplice buon senso."
Rose fa una smorfia, riconoscendo la fondatezza dell’osservazione.
Le occhiate attorno a loro sono diventate insistenti e i sussurri calano e salgono come una marea. Rey cerca di non badarci e assume un'espressione accuratamente neutra. Al contrario, Rose sembra pronta a dar battaglia. Per placarla Rey le poggia una mano sul gomito. "Lascia stare," ordina in tono fermo, tassativo.
Con la coda dell'occhio la vede sgonfiarsi, percepisce la rabbia retrocedere gradualmente, trasformandosi in blando fastidio e noia.
"Hanno bisogno di questo," risponde alla domanda inespressa, la solita, la stessa di sempre. Come fai, ma soprattutto perché ti sottoponi a tutto questo?
La risposta è facile. Hanno bisogno di lei, l'unica apprendista di Luke Skywalker, la jedi che ha sconfitto l'Imperatore. La pace, ha imparato, poggia le sue fondamenta sulle menzogne che spesso servono ad alimentarne la fiamma e sui sacrifici che vengono collezionati per ottenerla. Uno di questi è stato capire che nessuno abbia realmente bisogno di lei. Nessuno vuole Rey Skywalker, ma allo stesso tempo ne hanno assoluto bisogno. Non di Rey quando era nessuno, ma del lustro del nome che ha scelto, della grandezza e della fama intemerata che lo scortano, della leggenda che rappresenta. Non la povertà e la solitudine in cui è cresciuta da bambina, raccattando pezzi dai relitti delle astronavi e rivendendoli in cambio di cibo, ma la gloria effimera di una vittoria ottenuta a caro prezzo.
Un tempo avrebbe disprezzato tutto questo, lo avrebbe trovato insopportabile. Essere voluta non per ciò che è, ma in funzione del messaggio di cui è portatrice. Non essere accettata, non realmente. Sì, un tempo, mille vite fa, quando era giovane e nessuno era ancora morto per lei, non aveva ancora provato sulla propria pelle la libertà impagabile di un amore concesso senza condizioni, avrebbe odiato tutto questo.
Sotto il mantello, nascosta alla vista e alla curiosità, Rose poggia la mano sulla sua, nel saldo cameratismo che contraddistingue un'amicizia lunga un decennio.
Rinfrancata dal conforto che accompagna il gesto, Rey la ascolta mentre la aggiorna sui recenti sviluppi nell'Orlo Esterno, l'ultima riparazione che ha fatto, il flusso ininterrotto di notizie che girano sulle antiche rotte commerciali. Annuisce quando serve, interviene se necessario, è attiva quanto basta. Le rughe che increspano la fronte di Rose si alleggeriscono notevolmente e la tensione attorno alla sua bocca scompare come se le fosse stato tolto un peso.
"Cosa mi dici di te?"
Le sue dita hanno un leggero spasmo. Sa cosa vuole davvero sapere, cosa sta chiedendo. "Cosa vuoi sapere?"
"Rey." La voce ridotta a poco più di un sussurro, la preoccupazione che divampa nei suoi occhi come un incendio localizzato. Il frastuono del mondo che la presenza di Rose era servita ad acquietare ritorna maestoso, mangiandole il cuore, sommergendola. "Sono trascorsi venti giorni..."
No, non è vero. Sono trascorsi quindici anni e ventitré giorni. Il lutto è una massa viva, incandescente. È una larva Divvik deposta nel suo cervello, un parassita che risiede nei suoi polmoni, dentro la sua ombra, dietro il confine sicuro della sua memoria, contro il contorno delle palpebre ogni volta che chiude gli occhi.
Rose non insiste.
Il discorso di apertura è alla sua conclusione. Sul podio allestito appositamente per lo scopo, c'è un senatore di cui Rey ricorda vagamente la fisionomia. Pavla Satu, le sembra che si chiami. Di chiunque si tratti, è un oratore nato. Pause d'effetto che culminano in scroscianti applausi, contegnoso in modo appropriato e non esagerato, abbastanza da ottenere reazioni di empatia non del tutto simulate. Rey cerca di concentrarsi su quello che sta dicendo -
"Il nuovo governo ha raccolto la triste e pesante eredità lasciata dal passato regime. È nostro dovere portare avanti il patrimonio ideale dei nostri predecessori..."
- e fallisce spettacolarmente. Nonostante gli amplificatori, le parole le arrivano ovattate. È solo una macchia nell'adunanza variopinta di dignitari. È sola come lo è stata negli ultimi quindici anni. La cicatrice del legame reciso brucia come veleno, come il morso di un Neelig.
Ai margini del suo campo visivo qualcosa cattura la sua attenzione. Un disturbo nella forza. Sono come onde di calore sull'orizzonte di una landa desolata.
È questione di un istante. I fiori danzanti che riempiono l'aria, il profilo acuminato dei palazzi nella piazza in cui si trovano, i raggi di sole che si rifrangono contro gli spruzzi d'acqua costanti della fontana al suo centro e di fronte alla quale è stato costruito il podio. Tutto si immobilizza, cristallizzato in un attimo di stasi assoluta, di calma apparente. La quiete prima della tempesta.
L'attimo dopo c'è la prima esplosione, proprio sotto il podio e una cacofonia di urla e panico le riempie le orecchie. Rey è già in piedi con la spada laser attiva, il mantello giace dimentico ai suoi piedi mentre i suoi occhi saettano a destra e a sinistra cercando di individuare la fonte dell'attacco. Rose non è da meno. In meno di cinque secondi le copre le spalle e impugna un blaster.
Suo malgrado, Rey è impressionata. "Dove lo tenevi?"
Rose le fa l'occhiolino. "Ogni ragazza ha i suoi segreti."
La risata di Rey è liberatoria, come il primo sorso d'acqua sotto un sole cocente, dopo una mattinata trascorsa nella carcassa di uno Star Destroyer. Assaggia il sapore dell'adrenalina sulla punta della lingua e si sente rinfrancata. Nell'immediatezza dell'azione, ogni briciolo di concentrazione deve essere riservato al presente. I fantasmi del passato, di ciò che in un mondo più giusto, più compassionevole sarebbe potuto essere, retrocedono nella bolla di scintillante perfezione che Rey custodisce gelosamente in un angolo dentro di sé, la parte più segreta e intima, quella che difficilmente mostra alla luce del sole.
Il suo corpo freme e il sangue le ribolle nelle vene. Si sente viva e nel qui, nell'ora, l'assenza al suo fianco diventa quasi tollerabile, il dolore - attutito dalla necessità e dal dovere - non le impedisce di respirare. Si sente come si è sentita a vent'anni, quando per un attimo tutto ha avuto un senso: intera, invincibile, forte.
Rose la sta guardando con una nota di affettuosa esasperazione. Deve trasparire qualcosa dalla sua espressione perché scuote la testa. Sembra divertita. "Sei una creatura incredibilmente strana, dico sul serio."
"Non rovinarmi il divertimento," dice Rey e poi di nuovo seria, un po' più composta: "Da adesso dovrai cavartela da sola."
Rose sta per rispondere, probabilmente con qualcosa di pungente, ma una seconda esplosione tronca la conversazione sul nascere.
"Vai," dice invece con determinazione e Rey ricorda all'istante l'altro rovescio della medaglia, il terrore che si cela dietro la possibilità di una sconfitta, quando ci si scontra con i postumi della battaglia, la perdita. Non provava questa sensazione, un misto di ansia e paura, da -
"Vai," ripete Rose con la stessa urgenza, ma più gentilmente, il volto animato e fiero. "Vai e salva la galassia."
Rey scatta, non prima di notare Radek e il resto della squadra appropinquarsi verso Rose. Ovviamente. Non prova risentimento, solo una calda gratitudine. Finn non l'avrebbe mai lasciata venire da sola. Non perché è troppo preziosa, una pedina fondamentale nella Ricostruzione come un tempo lo è stata per la Resistenza, il simbolo della speranza, ma perché è la sua famiglia.
Rey si muove in fretta, parando i colpi di blaster e facendosi largo tra i rivoltosi che indossano elmetti stormtrooper. È come un viaggio nella gioventù.
Non sono addestrati. È chiaro dal modo disordinato in cui si muovono, in cui sparano a caso sui presenti. Chiunque sia l'orchestratore dell'attentato, è lampante che lo scopo principale fosse quello di creare un'atmosfera generale di confusione e allarmismo. A cosa mirano in realtà? Non sembra un attentato alla sicurezza dello Stato o alla vita dei senatori presenti. È un attentato alla morale? Al messaggio di pace? Non ne è più così sicura.
Tra le macerie attorno al podio, i corpi sono più numerosi, non solo civili, ma anche i rivoltosi rimasti vittime del loro stesso attacco. La Forza punta con insistenza al sottosuolo, c'è un brusio di avvertimento nel retro della sua coscienza che le intima di tenere le difese alzate, di rimanere vigile.
Prima di calarsi nel tunnel della rete fognaria, Rey attiva il comlink.
A rispondere è proprio Radek. "Maestro Skywalker," la saluta flemmatico e Rey rotea gli occhi. Non è il momento per i convenevoli. Succintamente gli rivela i suoi sospetti e ordina di sgombrare gli edifici limitrofi, di creare un perimetro di sicurezza.
"Cosa hai intenzione di fare?" Rose deve avergli strappato di mano il comlink.
Rey esita, ma un attimo soltanto. "Quello che devo." Come sempre.
Inspira profondamente, svuotando la mente dai ricordi, da lui. Spegne la spada laser prima di fare il salto nel buio.

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*

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Pavla Satu di Chandrila è di fronte a lei, miracolosamente indenne e armato. Da vicino Rey si rende conto perché durante il discorso abbia provato quella strana sensazione di riconoscimento. Non si sono mai scambiati più di poche parole, semplici frasi di circostanza, ma negli ultimi anni i loro passi si sono spesso incrociati nei corridoi del Senato. L'espressione di contegnoso rispetto è stata dismessa, rivelandosi per la maschera che era. Ora trasuda una baldanzosa arroganza.
Non è vecchio né giovane, esattamente come lei. Non appartiene alla generazione che è venuta con l'avvento della pace, non è neppure un figlio nato durante la guerra. Il suo sguardo, nel puntarsi su di lei, ha una luce fanatica ed esaltata.
Si tengono sotto tiro a vicenda. A differenza sua che è immobile, lui le sta girando attorno, la testa leggermente inclinata e gli occhi socchiusi che sembrano analizzare ogni dettaglio di lei, catalogarla. "Devo ammettere che le storie hanno ingigantito la grandezza delle tue gesta. In tutta sincerità mi aspettavo di meglio dalla Prima Jedi. Uccisore dei Sith. Rey Skywalker. O dovrei usare il tuo vero nome? Il nome che hai rinnegato, scegliendo di servire il nemico della tua famiglia." Il suo volto si deforma in una smorfia di rabbia e odio. "Ragazza ingrata."
Rey non batte ciglio. Non è più una ragazza da molti anni ormai. "Ho rigettato quel lignaggio. Ho fatto la mia scelta tempo fa." Credi di essere il primo ad offrirmi quanto ho già rifiutato? Non lo sei. Non sarai neppure l'ultimo. Cosa speravi di ottenere? Quel regno di caos è finito. Lei e Ben hanno riportato l'equilibrio nella Forza, la pace nella Galassia.
"Non cesserà mai," Pavla sta praticamente ringhiando. La sua assenza di reazioni deve snervarlo. "La guerra che credi di aver vinto non è davvero finita. Si era solo fermata. Presto risorgerà un nuovo Ordine, un nuovo Impero, più forte di prima, inarrestabile."
"Anche se fosse vero, non cambierebbe nulla. Abbiamo già combattuto contro di voi. Abbiamo vinto ogni singola volta. Minacciate la pace e noi ci opporremo. Non smetteremo mai di lottare per la giustizia. Resisteremo. Trionferemo. È il nostro destino."
"Non trionferanno. Non senza la loro migliore arma di difesa."
Senza spostare il braccio dal suo fianco, Rey flette l'indice, attraendo a sé il blaster che ora galleggia a mezz'aria al di fuori della sua portata. Chiude la mano a pugno, deformando il metallo con la Forza al punto da renderlo inutilizzabile, irriconoscibile. Quello che resta del blaster cade nella melma del canale con un tonfo. Rey lo calcia via, colmando in pochi passi lo spazio che li separava.
La sua spada laser è l'unica fonte di luce. Le ricorda il sacrificio che è stato necessario. Rappresenta ciascuna delle sue responsabilità. Coloro che brandiscono spade laser gialle sono considerati Sentinelle e riconoscono che la Forza non è la soluzione ad ogni problema. Come potrebbe essere altrimenti? La Forza le ha dato tutto ciò che ha, l'ha resa la persona che è diventata. La Forza e l'amore di un ragazzo solo e perso, di un uomo buono l'hanno riportata in vita. È stata sempre la Forza, però, anche se indirettamente, a renderla sola, a privarla di ciascuna delle persone che ha amato.
"Il caos che cerchi non lo causerai uccidendo me. L'equilibrio non è mai stato una persona sola. È solo nato da me."
"È nato da te e morirà con te."
Rey assottiglia lo sguardo. Dunque il bersaglio era lei. E’ sempre stata lei, sin dall’inizio.
È facile affondare la spada laser nel suo addome. Nel momento in cui la estrae, Pavla Satu si affloscia su stesso, tenendosi la zona lesa e fissandola con uno sbigottimento che lascia Rey insoddisfatta.
"Solo perché ho rinnegato quel nome, non significa che non abbia compreso e accettato l'oscurità dentro di me." Si piega sulle ginocchia e i loro occhi sono di nuovo alla stessa altezza. "Ho parlato di equilibrio. Non hai ascoltato?"
Pavla scoppia a ridere e anche quella risata rievoca sensazioni spiacevoli. Diventa così per tutti, ad un certo punto della propria vita? Si ritrovano brandelli di passato, vecchi nemici e amici, negli occhi di coloro che ti circondano, che incontri sul tuo cammino? O forse diventi soltanto più abile a riconoscere i segnali, affini le tue capacità di giudizio?
La risata si trasforma in un suono gorgogliante, come se stesse soffocando. Quando lo vede prendere il dispotivo di innesco, è troppo tardi. Il mondo si trasforma in una colonna di fuoco e nell'esplosione il suo corpo viene sbalzato all'indietro dall'onda d'urto che la colpisce in pieno. Ha la prontezza di riflessi di tenere a bada le fiamme, ma un detrito la colpisce in pieno viso, distraendola.
Cade e il resto è oblio.

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*

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Si risveglia al suono del suo nome ripetuto insistentemente. Qualcuno la sta chiamando e la voce è distorta, sembra provenire da molto lontano, come l'eco di una trasmissione su una frequenza disturbata.
Batte le palpebre e la prima cosa che vede - oltre la cortina di fumo che sta progressivamente riempiendo il tunnel e sostituendo l'aria, oltre il blocco di pietra che le è franato addosso e le impedisce di muoversi dalla vita in giù, oltre la barriera di Forza che ha innalzato tra sé stessa e il fuoco in un primordiale e innato istinto di autoconservazione - la prima cosa che vede è lui. Lui. Ben Solo. Al suo capezzale e ammantato dalla luce bluastra degli spiriti.
Sta sognando. Deve per forza trattarsi di un sogno. Eppure… Sente le sue dita flettersi contro la guancia, fredde e immateriali. La vista le si offusca mentre viene a patti con la verità inconfutabile che no, malgrado tutto, non si tratta affatto di un sogno. Non può esserlo per innumerevoli motivi. Primo tra tutti il sangue che scende copioso dalla ferita sulla fronte e il fatto che lui non la stia sfiorando. È una presenza tangibile, ma anche in un momento simile rimane fuori dalla sua portata.
Batte le palpebre, assaggiando sudore e sangue sulle labbra e Ben Solo non scompare. "Sei reale?" Allunga una mano verso di lui prima di ricordarsi che anche se è lì, non significa che possa raggiungerlo. È cambiato tutto e non è cambiato nulla. La mano le ricade contro il fianco come un peso inutile, inerme.
Lo vede deglutire, chiudere gli occhi come se lo avesse colpito. "Rey..." sospira. Sembra sopraffatto esattamente quanto lei dalla loro prossimità. Quando lui riapre gli occhi, Rey è ancora disorientata. Ben invece sembra di nuovo padrone di sé, del proprio raziocinio. Perlustra l'ambiente, si sofferma sullo scudo che tuttora le impedisce di essere schiacciata dai detriti o di essere bruciata. Annuisce, un cenno appena percettibile. Ha deciso il piano di azione da adottare, le prossime mosse.
"Riesci a muoverti?" Il tono è brusco, pratico e non conserva nulla della meraviglia reverenziale di poco prima.
"Credevo che -" non sa neppure lei cosa credeva, di preciso. Lo ha visto scomparire sotto i suoi occhi, diventare un tutt'uno con la Forza e non si è mai sentita più indifesa, più smarrita che nel momento in cui ha capito di averlo perso e che nulla, nessun tentativo sarebbe valso a riportarlo indietro. "Non ti sei mai mostrato prima. Perché?"
"I soccorsi stanno arrivando," Ben risponde come se non l'avesse sentita, come se non fosse l'unico argomento degno di considerazione per lei, come se così facendo tutte le domande nella sua testa potessero magicamente scomparire. Aveva dimenticato quanto frustrante potesse essere avere a che fare con lui, il desiderio contrastante di afferrarlo e scuoterlo o di baciarlo, non necessariamente in quest'ordine. "È di primaria importanza che tu riesca a liberarti. Insieme dovremmo riuscire a -" Ben la guarda e finalmente deve rendersi conto del suo insolito mutismo. "Mi stai ascoltando?"
Rey cerca di sollevarsi sui gomiti, ma il movimento repentino le provoca un giramento di testa. Ricade all'indietro - la sua caduta attutita da Ben attraverso la Forza -, fissando lo scudo e sentendo il mondo tremare sotto i suoi piedi per ragioni totalmente differenti. Ben è una presenza traslucida e silenziosa mentre abbassa il braccio, quasi volesse negare quello che ha appena fatto. Non si avvicina e non si muove verso di lei, ma Rey non può fare a meno di notare la rigidità del suo corpo e il leggero tremore che gli attraversa le mani.
"Tutto questo tempo," inizia e la sorpresa sta cedendo il passo a qualcosa di devastante, qualcosa che viene fomentato dalla sua esitazione, "per tutti questi anni ho creduto che tu - non capisco. Perché nascondersi?"
"Non volevo questo per te, per noi."
Rey aggrotta le sopracciglia. "Di cosa stai parlando?"
All'improvviso Ben non è più una statua ai suoi piedi, ma una creatura di carne, sangue ed emozioni. Sprigiona una tale furia che l'aria attorno a loro sfrigola, carica di elettricità statica. Il modo in cui la sta guardando è terrificante, pieno delle contraddizioni di cui è sempre stato detentore: preoccupazione e accusa, rimpianto e senso di colpa. "Dove hai trascorso i primi cinque anni dopo la mia morte?"
Trattiene il fiato e di colpo è il primo anniversario della caduta dell’Imperatore. È di nuovo su Tatooine, nella fattoria che è stata la sua casa per cinque anni, totalmente concentrata sul proprio sconforto, instupidita dal dolore e dalla ferita ancora aperta del legame reciso, al punto che la realtà che la circonda diventa un incubo a occhi aperti. Nel suo letto, raggomitolata su sé stessa, fissa imbambolata il muro per intere ore, giorni. È sorda, cieca. Il suo corpo non le appartiene più. Le è avulso.
"Ecco," lui dice inesorabile, spietato. "Ecco perché."
Rey ritrova la voce con difficoltà e quando parla, forse è appena più aspra del necessario: "Non stava a te deciderlo."
"Ti ho derubato di molte cose. Non potevo derubarti della possibilità di costruirti un futuro senza di me."
"Credi che ci sia riuscita?" Lo vede battere le palpebre velocemente e volgere verso di lei uno sguardo che, sopra qualsiasi altra cosa, esprime incertezza. "A costruirmi un futuro, intendo." Deve percepire l'indignazione e il tradimento che la stanno facendo a pezzi. Il contrasto tra il tormento dentro di lei e la pacatezza con cui ancora riesce a parlare sono la testimonianza del tempo trascorso, della donna in cui è cresciuta. "Hai la minima idea di come sia stato per me, di cosa significhi tutto questo? Quanto è stato duro imparare a -" si blocca, a corto di ossigeno e di parole da scagliargli contro. Non riesce neppure a guardarlo in faccia, a sopportarne la vista e non è assurdo dopo che per anni è stata dilaniata dal desiderio opposto? Sognarlo e svegliarsi piangendo per la paura di essere ad un passo dal dimenticare l’espressione di tenerezza con cui l’ha guardata poco prima di morire, quel tocco possessivo contro le labbra, quella morbidezza sotto le dita, la duttilità del suo sorriso.
"Ne ho un'idea molto precisa. Ero con te ad ogni passo."
"No, non c'eri!" Sta tremando, accecata dalla rabbia che si è vietata di provare fino a quel momento. Odia il potere che esercita su di lei, come si senta destabilizzata e fuori asse. "Hai scelto di non esserci! È per punirmi perché sono sopravvissuta? Si tratta di questo?" E’ pressoché impossibile, ma le sembra quasi che sia impallidito. E’ già pentita di quello che ha detto, ma come ha potuto farle questo, fare questo a loro? Quindici anni. Ha resistito quindici anni da sola, dilaniata dal rimorso, devastata dal dolore e adesso lui è qui e le sta dicendo che per tutto il tempo, tutto il dannato tempo, avrebbero potuto essere insieme, che non ha mai lasciato il suo fianco. Come può non odiarlo? E come può non amarlo tanto più tenacemente, disperatamente?
Tossisce e quando scosta la mano dalla bocca non è sorpresa di trovarla macchiata di sangue.
"Rey." Il panico nella sua voce è reale quanto la vulnerabilità con cui la sta guardando.
"Sto morendo."
"No. No. Devi ascoltarmi. Finn sta arrivando. Devi rimanere cosciente."
È stato un atto incredibilmente egoista. Eppure... lo è stato davvero in fin dei conti? Non è stato esattamente il contrario? Era talmente afflitta e in uno stato di prostrazione tale-
"Rey."
Si sente così stanca. Deve lottare per mantenere gli occhi aperti. Dovrebbe spostare i massi che le bloccano le gambe, ma ha perso troppo sangue. Tentare non significherebbe solo fallire, comporterebbe morte certa. “Capisco perché l'hai fatto,” mormora debolmente. “Non posso accettarlo, ma lo capisco.”
Nei suoi occhi balena un lampo di sorpresa, combinato a qualcosa di indefinito, qualcosa che assomiglia a rimorso. “Sei diventata saggia.”
Gli rivolge l’ombra di un sorriso. Stranamente si sente in pace. Non vuole che le ultime parole che si scambieranno siano di rabbia. Non vuole che sia questo l’ultimo sentimento che proverà, soprattutto se è destinato a lui. “Tra i due qualcuno doveva.”
Ben si inginocchia di nuovo al suo fianco. Visto da vicino, non sembra trascorso neppure un giorno dall’ultima volta che lo ha visto. Il tempo nel loro caso non è stato clemente. Nel cambiamento di lei e nella perpetua inalterabilità di lui non fa altro che accentuare la loro separazione, la differenza di esperienze a cui sono stati sottoposti. Rey sa di essere diversa in modo sottile, inequivocabile. Nuove rughe di espressione ai bordi degli occhi e della bocca, nuove cicatrici e un carattere che spera sia meno impulsivo. 
Dita fantasma le scostano una ciocca di capelli dalla fronte e Rey sa che non sta sta rabbrivendo per l’ipotermia. Sono più lunghi rispetto a quando lo ha conosciuto, sciolti le arriverebbero ai fianchi.
Gli occhi di Ben sono malinconici e carichi di affetto. “Mi piacciono.”
Lo speravo.
Quando i soccorsi arrivano, Rey alterna brevi momenti di lucidità a lunghi momenti di incoscienza. I volti preoccupati di Finn e Ben sono protesi sopra il suo ed entrambi ripetono il suo nome quasi ininterrottamente per mantenerla sveglia.
Viene trasportata all'esterno e c'è già un droide medico ad attenderla. In un barlume di completa lucidità, Rey allunga una mano verso Ben. Sa cosa vuol dire, cosa succederà una volta che sarà guarita e l'idea la sta uccidendo. (Se fosse in sé noterebbe l'orrore di Finn, come il suo sguardo sgranato stia saettando da lei a Ben. Noterebbe e ne trarrebbe le dovute conclusioni. Piccole stranezze, vezzi che Finn non ha mai posseduto prima della fine della guerra. Gli sguardi persi nel vuoto, il modo in cui a volte annuisca durante i Consigli, come se stesse portando avanti una conversazione silenziosa con sé stesso. Ma è sempre stato Ben. Ben non ha mai lasciato il suo fianco. Ha solo deciso di rendersi invisibile. A lei, non a tutti gli altri.)
Sii con me, pensa con tutte le sue forze e trasmette il messaggio attraverso il legame finché è ancora aperto. Sii con me.
La disperazione del suo desiderio si riflette e sembra amplificarsi negli avvallamenti del suo viso perseguitato, nel conflitto che gli legge negli occhi e oh, oh, quanto le è mancato. Imparare a convivere con lo squarcio nella sua mente, reale quanto un'amputazione, a sopravvivere all'idea di una vita senza di lui... è stata un'impresa ardua, sovrumana, irreale. Dopo quello niente è più sembrato impossibile.
Non posso. Non ancora.
Non è più in grado di riconoscere a chi appartenga questo dolore lancinante, di affermare con assoluta certezza se sia di lui o di lei. La verità è che è di entrambi.
Non è ancora il momento.
Quando lo sarà? Mi sei mancato. Mi manchi ogni ora di ogni giorno. Ti amo.

Ben Solo è sempre stato il figlio di suo padre. Gli occhi sono quelli di Leia Organa, vibranti e appassionati, ma il sorriso sbilenco è quello di un contrabbandiere sbruffone.
Lo so.

-

*

-

È un giorno come un altro. I soli sono tramontati da un pezzo e lo scorcio di cielo che riesce a osservare dalla sedia su cui è seduta è buio come solo l'oscurità sa essere. Dal retro della casa le arrivano il chiacchiericcio di BB-8 e Neja. Sono rumori familiari quanto lo è diventato il silenzio fragoroso nella sua testa.
Sembra essere una maledizione in questa famiglia: perdere una parte di sé. È il prezzo da pagare per scoprire la verità su se stessi.
Neja sta brontolando mentre lavora sul motore del suo speeder e BB-8 interviene con suggerimenti che Neja fingerà di non prendere in considerazione per poi seguirli alla lettera. È un'immagine che conosce così bene che riesce quasi a vederli. Neja, con i capelli che sembrano oro colato e che le piace legare con strisce di tessuto dai colori vibranti, la testa china sul compartimento, la fronte aggrottata e sporca di olio, le dita affusolate che si muovono veloci tra i fili. BB-8 che fa avanti e indietro, girandole attorno.
L'ultima tra i suoi apprendisti è una forza della natura, istintiva e appassionata. Non è sempre stata così. Ricorda una bambina intraprendente e introversa, con occhi intelligenti in un viso serio e appuntito. Ricorda, come la prima volta che l'ha scoperta, dopo aver tracciato la scia del suo potere nei vicoli di una città decadente ai confini dell’Orlo Esterno, il suo primo pensiero sia stato di nostalgia per un altro bambino, uno che ha sognato per metà della sua vita e non è mai nato, ma sarebbe potuto se solo lui - 
Le voci si affievoliscono e l'ultimo calore del giorno sembra scomparire di colpo. E’ quasi ora di cena. Rey si raddrizza e il dolore arriva, travolgendola. Cerca l'appiglio del mobile più vicino e piano, con ostinazione, conta i battiti del proprio cuore in tumulto.
È allora che lo vede. In piedi nell'angolo della stanza, circondato da un alone che non è quello blu lapislazzuli degli altri fantasmi, ma ha il colore metallico delle stelle e del Falcon.
È lo stesso eppure, quando i loro sguardi si incrociano, nuove rughe compaiono ad appesantirgli  il viso - gemelle delle sue -, una luce diversa gli trasfigura lo sguardo, rendendolo gentile come mai le è parso prima di quel momento.
Al confine tra i mondi, tra il mutevole e l'immutevole, il tempo si contrae nello spazio che li separa, impossibile da sormontare e allo stesso tempo poco più di un sospiro.
Perché lui è lì e la sola vista del suo profilo regale basta a cancellare parte degli spasmi al petto, il riverbero di una fitta che non è cominciata pochi istanti prima, ma il giorno in cui l’ha perso.
“Sei qui.”
“Non sono mai andato via.”
È il momento?
Solo se tu vuoi che lo sia.

Rey si guarda attorno, la casa che si è costruita su questo pianeta di alberi e laghi, riposo e solitudine. E’ un ambiente accogliente, confortevole, adatto alle esigenze di una persona sola. Sul tavolo c’è la ciotola con la frutta fresca che ha comprato il giorno prima e la stanza degli ospiti è raramente vuota. C’è sempre qualcuno che viene a trovarla, amici o vecchi allievi o la sua famiglia. Ci sono ancora questioni in sospeso, problemi irrisolti. Lei è pronta ad andare, ma non sa se il resto dell’universo è pronto a lasciarla andare.  
Aspetterebbe ancora se lei scegliesse di rimanere? Tempo preso in prestito. Tempo rubato.
Deglutisce. “Lo faresti davvero?” Lo vede sorridere, quel suo sorriso asimmetrico che gli riempie l’intero volto. Conosce la risposta. 
Con difficoltà, ma lo farebbe, accetterebbe la sua decisione. Non c'è niente che non farebbe se lei glielo chiedesse.
“Ho aspettato cinquant'anni,” lui afferma e scrolla le spalle. “Cosa sono dieci o cento di più?”
Il suo cuore perde un battito e questa volta è un dolore piacevole.
“Sono pronta.”

-

*

-

Si guarda indietro e il suo corpo è lì, seduto nella sua poltrona preferita, avvolto nello scialle che è stato un regalo di Rose. Il suo volto, segnato dalle intemperie, dagli anni, dalle battaglie, è placido. Sembra che stia dormendo.
Rey lo osserva un’ultima volta, sentendo montare dentro di lei un sentimento che non riconosce, qualcosa che non è rimpianto, non è malinconia, non è tristezza. E’ solo un profondo senso di compiutezza. Sapere che è davvero finito. Il suo viaggio, la sua vita, ogni promessa che ha fatto, ogni obbligo. Lo vede scomparire e si sente trasportare, richiamata dalla Forza in un posto che è lontano anni luce e allo stesso tempo incredibilmente vicino.     
“Rey.”
Si volta e lui è lì. Bello e così vicino da spezzarle il cuore per la speranza. Le tende le mani e quando di rimando lei gli tende le sue, timorosa che lo attraverseranno e tutto questo sarà soltanto un sogno, si rivelerà l’ennesima illusione, le sue dita si scontrano contro pelle morbida, ossa forti, polpastrelli ruvidi, palmi callosi. 
Rey sospira, rilasciando un respiro che non si era accorta di aver trattenuto, sollevando gli occhi dalle loro mani intrecciate e fissandoli sul volto giovane di Ben Solo.
“Ben,” dice e questa volta è lui a protendersi in avanti per baciarla.

-

*

-

"Lo so, BB-8. È quello che avrebbe voluto."
Lo sa e allo stesso tempo non può non provare sconforto all’idea di aver perso la sua Maestra, la donna che è stata per lei una madre e una sorella, che dal momento in cui l’ha conosciuta ha rappresentato tutto ciò che avrebbe voluto essere.
Neja si asciuga le guance e sfiora un’ultima volta i vestiti ripiegati con cura sul letto. Li ha trovati sulla poltrona – dopo essere accorsa per aver percepito un disturbo nella Forza, la traccia distintiva di Rey che diventava indeterminata e fioca - e ha capito subito cosa fosse successo.   
Ci sarà un funerale e probabilmente una cerimonia commemorativa. Ci sono così tante questioni in sospeso e problemi che adesso, senza la sua guida, le sembrano irrisolvibili.
Non sei sola, Jerneja. Un sussurro nella sua mente, una carezza contro la guancia leggera come una brezza di vento. Ha un groppo alla gola. Ovunque andrò, sarò sempre con te. 

-

*

-

Contro l'orizzonte del cielo che sta albeggiando si stagliano due figure, quella di un uomo e di una donna, uno accanto all'altra, le mani intrecciate e le teste accostate come se si stessero confidando segreti. Sembrano giovani e felici e quando la donna si alza sulle punte e poggia le mani ai lati del viso dell'uomo, lui che è tanto più alto di lei si protende in avanti e sembra volerla inglobare nel suo essere. Ridono spensierati ed è quel suono, sotto il cielo trapuntato dalle ultime stelle e dalle prime luci dell'alba, che Neja non dimenticherà mai. Non la leggenda. Non la storia come è stata tramandata. Non la tragedia. Solo un abbraccio scambiato alla fine del tempo, nel confine tra i mondi, mentre la Forza canta attorno a loro, sanando un legame di nuovo integro, profondo e complesso come la vita stessa.


N/a:

Spero che questo tentativo non sia un completo fallimento. Non pubblico in italiano da una vita – o così mi pare XD – perciò se doveste notare orrori grammaticali, vi prego di farmelo notare!

Che dire tranne che, nonostante abbia visto il film due volte, non sia riuscita tuttora a capire se mi sia piaciuto o meno? Ho sentimenti contrastanti al riguardo e molti headcanon. Il mio preferito è che il dolore di Rey, subito la morte di Ben, sia “attutito” dalla certezza che lo rivedrà. Nessuno ha notato il sospiro, come di sollievo, che esala dopo che lo vede scomparire per diventare un tutt’uno con la Forza? Rey sa che lo rivedrà e questa consapevolezza le permette di non lasciarsi andare completamente alla disperazione. Stando così le cose, allora, perché Ben non compare insieme a Leia e Luke su Tatooine? La risposta, per quanto improbabile, è che sia lui a non volerlo.  

Qual è il vostro pensiero? Avete già sfornato teorie? Oltre l’inconcepibile crimine che è stato uccidere l’unico personaggio di spessore e privarci del tanto sospirato lieto fine, cosa ve ne è parso del film? Riuscite ad immaginare Rey che vive da sola, circondata dai Fantasmi della Forza, che medita con Maestro Qui-Gon e Maestro Yoda, si allena con Ahsoka Tano, ripara vecchi droidi con Anakin Skywalker parlando dei rispettivi tragici amori?

  
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