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Autore: MaryMatrix    19/01/2020    2 recensioni
Mike è un ned che vorrebbe cambiare la sua miserabile vita.
Caterina è un'immigrata italiana e ha con sé tutta la sua vita.
Eilidh, invece, prega l'Angelo della Morte tutte le sere.
Mike, Caterina ed Eilidh non si conoscono, ma saranno tutti coinvolti nel solito evento, che ciascuno vivrà in un modo completamente diverso.
Storia partecipante al contest "Esercizi di stile" indetto da LadyPalma/GiuniaPalma sul forum di EFP
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Note alla lettura.

Storia partecipante al contest "Esercizi di stile" indetto da LadyPalma/GiuniaPalma sul forum di EFP". Ringrazio molto GiuniaPalma perché con questa storia sono finalmente riuscita a scrivere una storia molto breve a cui pensavo da tempo.
Le tre drabble ruotano intorno a uno stesso incendio, che assume un significato diverso per i tre protagonisti: per Mike è la speranza di una vita migliore, per Caterina è la perdita di tutto, per Eilidh è una liberazione.
Di seguito alcune note:
- quando, nella prima drabble, Mike ci racconta che era sempre pronto a far sorridere, intendeva che era sempre a procurare il sorriso di Glasgow, che è una ferita inferta con un coltello in modo da sfigurare bocca e viso.
- il cognome Armstrong non è casuale, infatti il clan degli Armstrong era noto per essere uno dei più sanguinari di Scozia, a quanto ne so.
- i due che Mike vede litigare sono Shawn e Caterina
- Shawn si pronuncia come "Sean"


Punto di vista 1 – Una nuova vita

Chi l'avrebbe mai detto che un giorno sarei riuscito a far cambiare colore al cielo?

Non credevano che sarei mai stato buono a qualcosa, nella mia vita.

“Sei solo un drogato” dicevano.

Cresciuto dalla parte sbagliata del Clyde, educato all'arte dei coltelli, sempre pronto a far sorridere.

Convinto che sarei sempre stato intrappolato in questa vita del cazzo, finché è arrivato Mr Armstrong, arrogante, quasi come se fosse stato uno di quei pidocchiosi inglesi ladri!

Avrei voluto spaccargliela, quella sua trionfante faccia di merda, ma mi ero trattenuto, forse per effetto delle pasticche che mi ero calato.

- Ti chiami Mike, vero? -.

- Dipende. -.

Aveva fatto un sorrisetto divertito e si era acceso un sigaro.

- Scusa. Te ne offrirei, ma per te sarebbero sprecati. -.

Volevo reagire, ma la roba in corpo me lo impediva. Era troppa. O troppo forte. O troppo scadente. Poi, non potevo dargli torto. Indossavo la solita tuta grigia da almeno tre giorni, perché quello stronzo del mio coinquilino, Ian, mi aveva sbattuto fuori di casa, stufo di pagare le bollette anche per me. Tsk! Avremmo anche potuto non pagarle le bollette e rubare la corrente al vicino, ma lui no, lui voleva “cambiare vita”. E vivevo in un magazzino dismesso, che cadeva a pezzi,

- Mi hanno detto che sei bravo con l'elettricità, Mike. -.

Aveva una voce schifosa. Sembrava dolce, ma suonava appiccicosa. Come le caramelle troppo dolci o quelle che sembrano buone e poi te le stacchi più dal palato.

- Ho un lavoro per te. Saprò pagarti molto bene. -.

Avevo fatto una smorfia, incredula.

- Quanto? -.

- Abbastanza da poterti dimenticare tutto questo. -.

Aveva mostrato il marcio intorno a me.

“'Fanculo Ian!” avevo pensato nella mia mente “Anche io avrò una nuova vita!”

- Che cosa vuoi? -.

 

Sono passati solo cinque giorni e ho finito il lavoro: ho sistemato i cavi elettrici del palazzo che ho davanti e adesso non riesco quasi a credere a quanto sia luminoso, a quanto brilli nel buio della notte. Non piove, stanotte, e per me è meglio così.
Prima di ritornare nel mio tugurio lancio un'ultima occhiata soddisfatta, osservo la gente che si affolla a guardare la mia opera, chi stupito, chi spaventato, chi ammirato.

Sarà su tutti i giornali il giorno successivo.

Vedo una ragazza che litiga animatamente con un uomo, prima di dargli le spalle ed entrare nel palazzo. Scrollo le spalle, non sono cazzi miei. Faccio una foto, da mostrare a Mr Armstrong e quasi spero che abbia altri compiti per me.

Sono utile, invincibile, immortale!

Volto le spalle al mio capolavoro e riattraverso il Clyde. Vedo il mio storto palazzo che cade a pezzi ma, prima che possa anche solo entrarci, sento uno sparo, il dolore, il sangue e la schifosa voce di Mr Armstrong che ride sguaiata.

- Hai fatto un lavoro eccellente. Buona nuova vita! -.

 

Punto di vista numero 2 – Tutta la mia vita

- Lasciami, lasciami, LASCIAMI! - avevo urlato con tutto il fiato che avevo in corpo.

Avevo strattonato Shawn, perché non mi trattenesse. Lo sapevo che era per il mio bene, mi amava, non voleva che io tornassi dentro il palazzo.

- Non puoi rientrare, Caterina! - la voce era decisa, dura, con enfasi, come se fossi pazza.

- TUTTE LE MIE COSE SONO DENTRO! -.

Ero corsa via, gli doveva bastare come spiegazione.

Siamo andati a cena insieme, in un buon ristorante di pesce proprio in centro, e, quando siamo usciti, abbiamo visto del fumo e levarsi da Sauchiehall Street. Nitido e oscuro come un brutto presagio. Il mio cuore ha perso un battito.

- Che cosa succede? -.

Ci siamo precipitati con fatica, aprendoci varchi tra la folla a suon di spallate, evitando giovani ubriachi che non si reggevano in piedi, arrivando in tempo per vedere la discoteca accanto a casa mia bruciare.

Uno spettacolo rosso, vivido, rappricciante. Il fuoco si levava ballerino e letale, mai sazio, e il vento sembrava spingerle in direzione di casa mia.

Casa mia.

Che avevo conquistato con tanto sforzo, immigrata italiana, partendo da zero.

Che tenevo con tanta cura, in cui avevo investito tutti i miei risparmi!

Casa mia con quella odiosa moquette onnipresente, le tende di tessuto e i mobili in legno!

Con tutti i miei documenti, i miei vestiti, i miei gioielli!

Non potevo sopportare l'idea che fossero annientati, la sola idea mi dilaniava e il cervello continuava a martellarmi nella testa la solita frase “devi portare fuori quante più cose puoi, portale fuori, portale fuori!”

Non avrei mai coinvolto Shawn in quella follia, perché sapevo da sola che di follia si trattava, così, con un fazzoletto in mano premuto in viso, per non fare la fine di un salmone affumicato, sono rientrata in casa.
Sono qui, ora, le mani tremano, l'adrenalina è a mille e la memoria mi tradisce.

Cosa salvo, cosa sacrifico?

Prendo frettolosamente il caricabatterie, il computer, butto alla rinfusa qualche vestito nella valigia.

La mia bella gonna a fiori, dov'è?

Qualche camicia, delle più costose, il vestito lungo che avevo usato la prima volta per cantare a teatro. Il mio girocollo d'oro, il mio fiorino d'argento. La mia collana d'ambra, dov'è la mia collana d'ambra? Non esco senza la mia collana d'ambra!

Mi viene da piangere, perché sono così disordinata?

Sento le lacrime che mi bruciano gli occhi, prendo ancora qualche ricordo e un urlo dal corridoio mi dice che è finita, il fuoco è qui, devo uscire.

Scendo in fretta e furia le scale, la puzza di bruciato che mi inebria, suono ai vicini per avvertirli: alcuni rispondono, altri no. Saranno già usciti o profondamente addormentati? Non lo so e non ho modo di saperlo, non posso sfondare le porte.

Esco fuori, all'aria, abbandonando alle mie spalle tutta la mia vita.

Cado per terra e piango tutta la mia disperazione, mentre il mondo impietoso mi crolla addosso, leggero come cenere.

 

Punto di vista numero 3 – Addio alla vita

C'è un gran baccano fuori.

Sento urla, rumori, passi affrettatti nel corridoio, ma lontani.

Forse sto sognando.

Mi rigiro sbuffando, ma un bussare concitato alla porta del mio monolocale mi fa spalancare gli occhi e capisco che uno, non sto sognando, due, c'è decisamente qualcosa che non va.

Mi tiro su, sul letto, intontita, e in tutta la confusione capisco la parola “fuoco”.

Deve esserci un incendio.

“Strano” penso con sarcasmo. “Non succedono mai gli incendi, in questo Paese”.

Pane per la mia vena polemica: l'incuria sulla prevenzione di incendi in Scozia è qualcosa di imbarazzante.

Mi alzo, controvoglia, e mi trascino alla finestra, scostando un po' le tende per sbirciare fuori.

Ah, il palazzo accanto al nostro che brucia. Ammetto che le fiamme hanno un che di affascinante: sono calde, belle, oserei dire avvolgenti.

In strada ci sono molte persone, probabilmente tutte quelli che erano dentro. E i miei vicini.

Beh, almeno le evacuazioni, i nostri vigili sono bravi a farle. Anche a domarli, gli incendi.

Comunque, il mio palazzo non ha scampo. Troppo fuoco e troppo vento.

Il mio viso si increspa in un sorriso un po' amaro: sembra che l'Angelo della Morte abbia finalmente ascoltato le mie preghiere di prendermi con sé.

Certo, non avevo previsto di morire carbonizzata, ma immagino che sia una fine dignitosa.

Ritorno a letto, con lentezza, e mi avvolgo nel piumone, rannicchiata, riappacificata col mondo.

“Va bene così, Eilidh” mi dico, rabbrividendo.

Mi sono sempre sentita indeguata.

Non abbastanza sveglia, non abbastanza brava, non abbastanza bella. Tutto quello che ho sempre voluto è sempre stata approvazione, ma le persone sono avare di parole gentili.
Ho sempre visto i miei tanti, troppi difetti e non sono mai riuscita a vincerli. Mi critico molto, con oggettività, ma per qualche motivo ho sempre reiterato i miei sbagli.

“Questo perché non sei abbastanza intelligente Eilidh” mi dicevo spesso. “Se tu morissi non andresti bene nemmeno come cibo per i vermi. Sei inutile”.

Non sono mai riuscita a essere perfetta come volevano gli altri. Non sono mai riuscita a soddisfare le aspettative degli altri, mai riuscita a rendermi abbastanza utile.

Soprattutto, mai riuscita a essere felice.

Ho trascorso gli ultimi anni nella tristezza, cercando un senso alla mia nascita, distraendomi solo profondendo un grande impegno nelle attività quotidiane, che mai mi hanno completamente appagata. Una vita trascorsa alla ricerca di qualcosa di diverso, di indefinito, di qualcosa “di più”, per non trovarlo mai.

In più, ho trent'anni e sono sola. Sono sempre stata sola.

No, di quello che mi accadrà stanotte non importa a nessuno, anzi, forse a qualcuno farei anche un favore.

Sento il fumo che sale, sento il caldo più vicino. Mi arrotolo ancora di più nel piumone e chiudo gli occhi, mentre mi riaddormento, serena, in silenzio, tiogliendo il disturbo.

“Grazie, Angelo della Morte”.

  
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