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Autore: sgnap97    21/01/2020    1 recensioni
SPOILER EPISODE IX|ARMITAGE HUX COMIC
«Armitage sorrise. Il fallimento era qualcosa di contemplato, non certo auspicabile ma possibile.
Passato e presente si confondevano davanti ai suoi occhi ormai ciechi. Pryde e suo padre diventavano un'unica figura che aveva lo scopo di annientarlo.»
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Generale Hux
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Non abbastanza paziente.

 

Fanfiction su Armitage Hux | by sgnap97
Fanfiction basata su Episode IX: The Rise of Skywalker e sul fumetto “Star Wars: Age of Resistance - General Hux” scritto da Tom Taylor ed illustrato da Leonard Kirk.

 

 

Non si rendeva conto di star tremando, concentrato come era ad evitare a tutti i costi lo sguardo di suo padre. Odiava quando lo utilizzavano come un mero cameriere, era ovvio che fosse un'ennesima azione volta a ridicolizzarlo ed umiliare lui, ma, soprattutto, significava umiliare anche suo padre e Brendol Hux non poteva sopportarlo. Gliela avrebbe fatta pagare.
Continuava a fissarsi nervosamente le punte dei piedi, un po' perché così non doveva scegliere dove posare lo sguardo, un po' perché concentrandosi che le sue scarpe si muovessero perfettamente parallele riusciva a distrarsi dal tremore incontrollabile delle proprie mani che stringevano convulsamente il vassoio di metallo grigio. L'Ammiraglio Brooks discuteva gli ordini con suo padre, e più si avvicinava a loro, più sentiva le gambe farsi instabili, il ginocchio fremere. Il vino nei bicchieri e nella bottiglia cominciava ad agitarsi in maniera evidente, alcune gocce iniziavano già a uscire e bagnare il bordo dei calici, mandandolo ancora di più nel panico. Tremava, ormai tremava parecchio. Tremava talmente tanto che non si accorse nemmeno che la mani non stringevano più entrambi i lati del vassoio. Si svegliò solo quando sentì il rumore del vetro che si schiantava e spargeva pezzi sul laminato lucido.
Rimase immobile, con il vassoio tra le mani ormai vuoto e sporco, lo sguardo terrorizzato, instabile, che fissava il disastro che aveva appena combinato incapace di passare ai due uomini di fronte a lui. Il vino cominciava ad espandersi, a macchiare le sue scarpe e l'uniforme grigia d'addestramento che gli andava troppo lunga e toccava terra.
Aveva 8 anni e qualunque scelta avesse preso in quel momento sarebbe stata sbagliata.
Guardò i cocci, con le lacrime che cominciavano a pungergli gli occhi. Non doveva piangere, lo sapeva. Ma ad 8 anni non era ancora capace di nascondere freddamente le emozioni, non era bravo a mantenere il viso privo di espressione. Guardò suo padre senza dire niente, e il suo primo errore. Per Brendol Hux già la sua sola presenza era poco tollerabile, ancor meno tollerabile era il suo fallimento, soprattutto se avvenuto davanti al proprio superiore.
Suo padre gli si avvicinò a grandi passi, afferrandolo furiosamente per il collo del maglione grigio e sollevandolo con rabbia da terra pur di togliergli quello sguardo pietoso dagli occhi e sostituirlo con la paura.
«Mi... Mi dispiace.» riuscì a malapena a sussurrare, ma non era sicuro che la propria voce fosse udibile. Armitage lasciò cadere il vassoio, le mani ormai troppo impegnate nell'aggrapparsi ai polsi di suo padre per cercare di non soffocare. «Non volevo.»
«Che cazzo fai?» gli sussurrò a denti stretti, spintonandolo per allontanarlo da sé. Armitage si sbilanciò e cadde a terra, i palmi finirono dritti sui vetri taglienti. Brendol non provava altro che puro ribrezzo per lui: gli faceva schifo, era evidente, ogni giorno di più. «Pulisci.» Ordinò secco, con voce autoritaria, indicando il pavimento con l'indice.
Si sentì addosso gli occhi degli ufficiali, il loro sguardo di scherno. «Per essere il figlio di una cuoca davo per scontato che il tuo bastardo sapesse servire da bere, comandante Hux.» La voce di Brooks era baritonale, bassa, fredda. Sorrideva, gustandosi quel fallimento del Comandante suo rivale.
Non fingevano nemmeno un minima di stima o sopportazione l'uno nei confronti dell'altro.
Patetico. Era questo che gli urlavano gli occhi severi di Brendol, mentre le lacrime cominciavano a sfuggirgli dagli occhi. «Sfortunatamente, Ammiraglio, devo ancora trovare qualcosa in cui non sia del tutto inutile od incapace.» Armitage sapeva che lo avrebbe picchiato, che lo avrebbe distrutto. Aveva paura, così tanta che riusciva a malapena a parlare. «Pulisco.» Sussurrò. «Adesso pulisco tutto.» Continuava a ripetere in preda del puro panico, come una litania.
Non voleva piangere, non doveva piangere. Avrebbe voluto dimostrare di essere forte, ma non lo era. Era solo un bambino spaventato, non uno spietato Generale del Primo Ordine.
Brendol gli diede un calcio con la punta dello stivale, dritto al ginocchio. Armitage squittì, cercando di rimettersi subito in piedi. Brendol Hux odiava ripetere gli ordini almeno quanto odiava lui. Il manrovescio lo colpì di sorpresa, violento, facendolo di nuovo cadere a terra.
 

Il rumore dello sparo gli rimbombò nella testa, si concentrò su quello al posto del dolore. Perché il dolore c'era, penetrante.
Cazzo.
Aveva richiesto che gli sparassero alla spalla, era sicuro che avrebbe fatto meno male. Il ginocchio era uno dei punti che suo padre preferiva colpire quando voleva che soffrisse. Si toccò la ferita con la mano, bruciava dannatamente tanto. Cercò di alzarsi, ma ogni minimo movimento gli dava fitte lancinanti. Il Generale Hux si guardò la mano, era sporca di sangue.

 

Il sapore del sangue era metallico, e purtroppo, Armitage lo conosceva bene. Si portò una mano al labbro spaccato, il ginocchio che ancora pulsava di dolore. Era sicuro che sanguinasse anche quello. Armitage avrebbe solo voluto scappare, correre lontano, sparire.
«E' un peccato sprecare del buon vino.» Brooks sorrideva, godeva nel vedere la sua pupilla farsi un punto indistinguibile nel verde dell'iride. «Dovrebbe leccarlo.»
Era così distratto dal dolore da non essere abbastanza lucido da pensare. Piangeva, ormai era impossibile anche provare a trattenersi. Guardò suo padre, con gli occhi lucidi e spaventati di una preda di fronte alla trappola mortale. «Padre...» Ti prego.
Ennesimo errore: Brendol Hux odiava essere supplicato.
«Sì, come il cane che è.» commentò il Comandante, scuotendo la testa. Guardava il superiore in cerca di approvazione, ricambiando il sorriso divertito. Quella non era solo apparenza, Brendol Hux godeva veramente nel vedere suo figlio in quelle condizioni.
Armitage si mise in ginocchio, i vetri che sotto il suo peso si conficcavano sempre più in profondità nel suo palmo. Altro sangue, gli faceva schifo il sangue, anche se era il suo.
La mano grande e forte di Brendol Hux gli afferrò i capelli rossi, strattonandoli in alto. Armitage urlò, e fu l'ennesimo errore perché il Comandante lo strattonò ancora più forte, spingendolo verso terra, con violenza. «Hai sentito? Muoviti.»
Si chinò fino ad arrivare a toccare con la bocca il laminato sporco, l'odore di vino gli inondò le narici, in una maniera pungente. Odiava il vino, gli dava alla testa e lo faceva stare male.
«Guardalo Brendol, un cagnolino obbediente!» Brooks rideva ed Armitage era sicuro che godesse nel vedere l'unico figlio del proprio sottoposto ridotto in quello stato. Ciò che non metteva in conto era che Brendol ridesse assieme a lui, godendo quando nel leccare il vino si portava in bocca pezzi di vetro che gli laceravano la lingua e gli inondavano la bocca di altro sangue. Armitage tossì, portandosi una mano alla bocca per cercare di trattenere il vomito.
«Ci è abituato.» Commentò con freddezza suo padre, mentre con lo stivale prese a premergli la faccia sul laminato sporco e pieno di cocci taglienti. «Vista la cagna che era sua madre.»
Il senso di impotenza era ciò che più gli faceva male. Il fatto di sentirsi in trappola, di non potersi opporre. Si tirò le maniche del maglione sui palmi in modo da coprire quei tagli che cominciavano a sanguinare, mentre le lacrime si mischiavano al vino versato, il sangue che ormai gli impastava la bocca.

Brendol Hux non lo chiamò mai figlio, in tutta la sua vita. Preferiva epiteti come il bastardo o il cane, prediligeva chiamarlo quello piuttosto che dire il suo nome. Se solo avesse avuto un figlio suo, non lo avrebbe mai tenuto con sé, anzi, probabilmente lo avrebbe ucciso assieme a sua madre per aver solo osato pensare di ripresentarsi davanti a lui con un figlio illegittimo. Concentrava in quel bambino tutto ciò che li accadeva, anche la sterilità della moglie, come se chissà per quale motivo Armitage con la sua sola esistenza fosse riuscito ad impedirgli di avere altri figli. Brendol aveva preso quel bambino, lo aveva osservato dubbioso chiedendosi come fosse stato possibile che da una semplice scopata potesse essere uscita quella creatura. Non lo reputava degno nemmeno di essere chiamato bambino, perché era così sottile e magro che sembrava solamente un essere storpio brutto e rossiccio, che sarebbe morto in qualche settimana.

Ma Armitage non era ancora morto, nemmeno dopo 8 anni.
Vomitò: vino, bile e sangue che finirono per macchiare lo stivale nero lucidato a specchio di suo padre.
L'ennesimo, grandissimo errore.
Brendol prese a prenderlo a calci, violenti e rabbiosi. Sapeva dove colpire per fargli male, e Armitage come ogni volta cercò di rannicchiarsi con le gambe al petto, per proteggere la pancia, con le braccia davanti al volto, chiudendo gli occhi e mordendosi le labbra per evitare di gemere.
Brendol Hux odiava sentirlo piagnucolare.
Aveva cominciato a picchiarlo quando ancora era in fasce e piangeva per le coliche, perché nessuno in quella enorme casa padronale ad Arkanis lo avrebbe mai preso in braccio. La moglie di Brendol, Maratelle, lo aveva ignorato fino a che non era morta, Armitage non ricordava nemmeno quando. Conosceva il suo nome per pura casualità, perché non gli era mai importato di lei più di quanto a lei importasse di lui. Brendol non era proprio il tipo di prendere in braccio un bambino per cullarlo, anche perché la sola idea di tenere tra le mani quell'essere gli faceva ribrezzo. Il solo fatto che fosse vivo lo innervosiva molto più del suo pianto incontrollato. Così prendeva a picchiarlo, per dargli un serio motivo per piangere, galvanizzandosi delle sue urla disperate.
Se ci teneva tanto a vivere, Brendol lo avrebbe accettato, ma alle sue condizioni.
E sì, Armitage ci teneva a vivere, nonostante tutto.
Perché solo vivendo avrebbe imparato a diventare paziente. Avrebbe imparato come vendicarsi.
 

Il colpo di blaster lo raggiunse nello stomaco, perforandolo e lasciandolo a terra in cerca d'aria. Boccheggiava, mentre tutto si faceva più sfocato, confuso.
 

L'unica cosa che davvero poteva rimpiangere della sua vita era il fatto di non aver potuto uccidere suo padre con le sue stesse mani.
Però l'Ammiraglio Brooks lo aveva ucciso. Lo aveva sottovalutato come avevano fatto tutti gli altri, definendolo debole, commettendo l'errore dei novellini che scambiano la pazienza con la debolezza. L'importante era raggiungere gli scopi, non il come e questa era un'altra lezione che aveva imparato con il tempo, vivendo.
Tradire il Primo Ordine era stato solo uno dei mezzi con cui poteva raggiungere il suo scopo.
 

Aveva fallito.
 

Aveva sempre pensato che il fatto che prima della morte si ripercorresse ogni fase della propria vita fosse uno scherzo. Il calcio di suo padre dritto nello stomaco lo aveva raggiunto nello stesso instante del colpo del blaster di Pryde. Anche il dolore era lo stesso, così come il fatto che iniziasse a mancargli l'aria. Il cuore iniziava a non essere più in grado di dare sangue ai polmoni, cominciavano a non funzionare più.
 

«Abbiamo trovato la spia.»


Armitage sorrise. Il fallimento era qualcosa di contemplato, non certo auspicabile ma possibile.
Passato e presente si confondevano davanti ai suoi occhi ormai ciechi. Pryde e suo padre diventavano un'unica figura che aveva lo scopo di annientarlo.
Pryde lo odiava, lo sapeva. Sapeva benissimo che quel colpo non poteva evitarlo perché non era solo per il tradimento verso il Primo Ordine, non era perché era diventato una spia perché di quello non ne avrebbe mai avuto la certezza. Era perché anche Pryde non era tipo da dimenticare ed era un uomo paziente che aveva imparato ad aspettare il momento giusto.
Armitage Hux era un intralcio, ormai troppo scomodo, troppo debole. Fallito. In rovina. Come era stato Brendol prima di lui. Quando un cane contrae la rabbia e diventa ingestibile, la sua uccisione non è più solo necessaria per la sicurezza dei padroni, ma è anche un gesto di clemenza.
 

La vita di un ufficiale del Primo Ordine non era lunga, lo aveva sempre saputo.


Con gli occhi fissi verso il vuoto, il dolore che consumava il suo corpo pezzo dopo pezzo, Armitage sorrise. Non era stato suo padre ad ammazzarlo alla fine, e questa era la soddisfazione maggiore.

 


ANGOLO DELL'AUTRICE

AAAHHH sono tornata! Che meraviglia essere riuscita finalmente a ritrovare ispirazione e tempo per tornare su quello che è senza dubbo il mio fandom e il mio personaggio preferito. Vi sono mancata? 
Fatemi sapere cosa ne pensate! Presto spero di riuscire a lavorare anche a qualcos'altro con il mio amato Generale, grandi cose bollono in pentola, stay tuned!

Nel frattempo queste sono le altre fanfiction che ho scritto su Star Wars e Hux in particolare:

 
>  
Anaktesis [fanfiction sull'infanzia e sulla rivalsa di Armitage Hux]
>  Just Orders.  [missing moments su Kylo Ren e Armitage Hux al termine di Star Wars VII: The Force Awakens]
>
You will never be the Supreme Leader. [kylux, missing moments di Episode VIII: The Last Jedi]
The weak-willed boy learned. [missing moments sull'infanzia di Hux]

A presto,
- sgnap 97



 
  
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