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Autore: Deliquium    05/08/2009    2 recensioni
Immaginate che il Fato decida, casualmente, di mescolare le carte in un modo diverso e immaginate quindi che sul tavolo da gioco, vengano messe giù altre carte. Alcune sono uguali a quelle che conosciamo, altre invece non sono mai state giocate prima d'ora. E immaginate, pertanto, che la storia così come la conosciamo, venga rinarrata nuovamente. E’ simile, ma allo stesso tempo diversa…
Le situazioni sono destinate a compiersi, ma non allo stesso modo…
Il filo del destino viene lentamente dipanato lungo l’asse del tempo verso, forse, un nuovo epilogo.
La storia è incompiuta. La nuova versione è in corso di pubblicazione con il titolo "Sincretismo"
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gemini Saga, Pegasus Seiya, Saori Kido, Scorpion Milo
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Sia fatta giustizia e perisca pure il mondo

Introduzione

”Sia fatta giustizia e perisca pure il mondo” è una storia ispirata interamente a “Saint Seiya” di Masami Kurumada, “Saint Seiya - Episode G” di Masami Kurumada e Megumu Okada, “Saint Seiya - Lost Canvas” di Masami Kurumada e Shiori Teshirogi. I suoi personaggi e ogni richiamo alle serie sopraccitate appartengono a Masami Kuramada, Megumu Okada e Shiori Teshirogi.
Il titolo è la traduzione di “Fiat iustitia et pereat mundus” citazione dell’Imperatore Ferdinando I.

Engel


[ I ]


1. L'uomo alla destra di Atena

Aveva quasi completato la sua vestizione.
Indossò la tunica di damasco, color blu oltremare, impreziosita da bordi d’oro e, abbassato, lo sguardo verso il suo inserviente, prese le tre collane, emblemi delle tre caste guerriere al servizio della dea.
Le soppesò pensieroso, lasciando scorrere le maglie ingemmate. Il tempo non le aveva corrotte, conservandole lucenti come quando erano state appena forgiate. Osservò la luce del sole giocare in riflessi bronzei, argentei e dorati e le indossò una a una.
Poi, Elia lo aiutò a mettere il coprispalle rigido e corse al tavolo a recuperare l’elmo classico, culminante nella raffigurazione di un’aquila che si libra in volo.
Il Gran Sacerdote tese le mani per afferrarlo, ma si fermò di scatto. Qualcuno aveva appena bussato.
Guardò il ragazzo, prese l'elmo e gli ordinò di andare ad aprire.
«Buongiorno Elia, è possibile parlare con il Gran Sacerdote?»
All’udire quella voce, ben conosciuta, il Sacerdote sorrise.
«Vieni, Saga. Entra pure.». Poi, guardando fuori dalla finestra, aggiunse: «Sei in anticipo, la Meridiana ha appena battuto le nove.»
Saga di Gemini varcò l’ingresso e lo raggiunse.
«Lo so bene, Aiolos, ma ho bisogno di parlarti prima che inizi il Torneo per l’assegnazione del Cloth...»
«E’ successo qualcosa?» domandò Aiolos, congedando Elia e invitando l'amico a sedersi.
Saga si accomodò su una poltrona di velluto scarlatto e legno intarsiato, accanto alla finestra.
«Nulla di grave. Solo che... ho appena lasciato Shaina dell’Ofiuco ed è... furiosa.»
Aiolos aggrottò le sopracciglia e un mite sorriso sornione comparve sul suo volto.
«Oh, non immaginavo che tu e...»
«No no, Aiolos.» si affrettò a dire Saga. «Per chi mi hai preso?! Shaina è furiosa con Seiya. Stando a quello che mi ha detto, l’allievo di Marin ieri sera ha tentato la fuga.»
Il volto del Gran Sacerdote si fece subito serio.
«Seiya? Fuggito dal Santuario?»
«Sì. Così mi ha raccontato Shaina. Afferma di averlo visto lasciare il Santuario insieme a Marin.»
«C’era anche Marin?»
«Così sembra.»
Aiolos si fece pensieroso. Seiya avrebbe dovuto partecipare al Torneo per l’assegnazione del Cloth di Pegasus tra poche ore e un’accusa del genere avrebbe pregiudicato il suo diritto a scendere nell'Arena.
«Le accuse sono molto gravi.»
«Sì, ma Shaina è convinta di quello che ha visto ed esige che Seiya venga cacciato dal Santuario...»
«Hai parlato con Marin? Che cosa dice la sua istruttrice?»
«Sostiene di aver portato Seiya fuori le mura per un allenamento speciale.» rispose inarcando un sopracciglio.
Il Gran Sacerdote assunse un'espressione pensierosa. Era chiaro, ad entrambi, che Marin aveva cercato semplicemente di proteggere il suo allievo. Seiya, probabilmente, si era fatto prendere dal panico alla vigilia dello scontro e aveva cercato di fuggire. Marin l'aveva sorpreso, l'aveva inseguito ed era riuscita a riportarlo indietro.
«Non è tutto qui, Aiolos... Conosci bene la piega che stanno prendendo le cose, qui ad Atene, negli ultimi anni...»
Aiolos aggrottò le sopracciglia. Lo sapeva molto bene e la cosa non gli piaceva per nulla.
«Sì, Saga. Quest’assurdo nazionalismo che agita gli animi dei soldati ... E' inconcepibile che proprio qui, nella patria della dea, gli uomini possano solo pensare a cose del genere.»
«Non possiamo farci nulla, Aiolos. I soldati non sono Saints, non possiamo pretendere che siano capaci di vedere le cose come noi le vediamo. Le loro menti sono semplici, i loro bisogni primari.»
«Tutto questo è inaccettabile! Come se Atena facesse distinzioni. Atena non si preoccupa solo dei greci... Si preoccupa del mondo intero e lotta per il mondo intero e così fanno i suoi Saints.»
«Sì, questo è vero. Ma i greci non amano che le loro tradizioni coinvolgano anche altre persone ...»
«Stai forse dicendo che non vedono di buon occhio una possibile vittoria di Seiya, solo perché è giapponese?!»
«Non arrabbiarti Aiolos. Sono indignato quanto te, ma questa è l’aria che tira ... Soprattutto per quanto riguarda l’armatura di Pegasus. Tu sai che è considerata un tesoro nazionale, dato il ruolo primario che aveva avuto il Cavaliere di Pegasus, nella precedente Guerra Sacra.»
Aiolos si alzò, e andò alla finestra. La Meridiana dello Zodiaco si stagliava contro un cielo di un azzurro così perfetto, da sembrare dipinto da un pittore dalla mano immobile.
Dopo la morte di Shion, lui era diventato Grande Sacerdote di Atena e, con l’aiuto di Saga, aveva iniziato a ricreare le tre caste guerriere al servizio della dea. La principale, quella dei Gold Saints, era già completa, mentre per quella dei Silver e dei Bronze dovettero cercare i possibili candidati per oltre dieci anni.
Ora, che la guerra contro Hades era alle porte, poteva ritenersi soddisfatto per esser riuscito a trovare quasi tutti gli ottantotto Saints.
Atena aveva da poco compiuto tredici anni e quando la guardava non riusciva a vedere solamente la dea. Vedeva la bambina che sembrava, con tutte le debolezze e la fragilità della sua persona non ancora completamente sbocciata. Spesso si era chiesto per quale ragione la dea decidesse sempre di reincarnarsi in un'infante e crescere al loro fianco, come se fosse un normale essere umano.
Sospirò.
Saga aspettava che prendesse una decisione, riguardo a Seiya.
Saga di Gemini… un amico prima che un compagno.
Con lui aveva condiviso il periodo dell’addestramento. Avevano combattuto, fianco a fianco, quando Atena non era ancora discesa e, quando lui era stato scelto da Shion come successore, avevano continuato ad agire, insieme, nel nome della dea. L'uno come pontefice, l'altro come il migliore, tra tutti i Santi devoti alla dea. Sarebbe potuto essere un ottimo Gran Sacerdote, Saga di Gemini, ed Aiolos, pur accettando la decisione di Shion con somma gioia, non aveva mai compreso fino in fondo, per quale ragione egli avesse scelto lui e non Saga…
«Parlerò con Atena di questo e insieme cercheremo una soluzione.» disse, improvvisamente, volgendosi verso Saga.
Pensare al passato non sarebbe stato di molto aiuto. Shion si era trovato davanti a una scelta difficile e con tutta probabilità doveva aver preso quella decisione tenendo conto di tutti i fattori.
«Credo sia la scelta migliore.» disse Saga.
La dea aveva potere decisionale su ogni cosa, soprattutto ora che, divenuta cosciente, aveva occupato il suo posto a capo del Santuario. Se Atena avesse ritenuto Seiya troppo indegno per partecipare al Torneo, allora ci sarebbe stato ben poco da fare.
«Riguardo a quell’altra faccenda. Cosa mi dici, Saga?»
Saga, che nel frattempo aveva distolto il proprio sguardo, tornò a fissarlo. Il Gran Sacerdote era sempre in piedi, illuminato alle spalle dalla vigorosa luce del mattino.
«La situazione è preoccupante, ma non ci è ancora sfuggita di mano. Aiolia dovrebbe atterrare a breve negli Stati Uniti.»
«Ci sono stati problemi con il Governo?»
Il Saint di Gemini si strinse nelle spalle.
«Non in modo particolare. Il presidente ha preteso che Aiolia venisse accompagnato da un negoziatore.»
«Questo non piacerà molto ad Atena...» - disse il Gran Sacerdote con rammarico.
Negli ultimi tempi, si erano verificati preoccupanti casi di diserzione. Saints considerati moralmente integri, si erano macchiati di colpe imperdonabili. E la comparsa di una schiera di rinnegati non aveva fatto altro che peggiorare la situazione. Si trattava di deboli focherelli sparsi, ma anche la più piccola fiamma, se lasciata a sé stessa, poteva crescere fino a creare un incendio.
«Tienimi aggiornato su quanto sta accadendo. Mi fido di te, Saga.» disse Aiolos, mentre il Cavaliere di Gemini lasciava la stanza.

2. Tu non meriti di essere qui!

L'aria era inerte.
Milo si passò una mano sulla fronte madida di sudore e alzò lo sguardo verso gli ultimi spalti dell'Arena. Atena sedeva sotto il baldacchino che il Grande Sacerdote aveva fatto installare per proteggerla dai raggi del sole e volgeva sovente il suo sguardo alla propria destra, occhieggiando preoccupata Zoe, la sua fedele civetta. L’animale, notturno per eccellenza, era solito accompagnare la dea in ogni sua apparizione pubblica, anche di giorno, facendo un’enorme violenza sulla sua natura. Appollaiata sul trespolo, continuava a dondolare, avanti e indietro.
Milo era sicuro che da lì a poco, la civetta di Atena si sarebbe schiantata al suolo addormentata. Come già, del resto, era capitato in svariate occasioni… Ma Zoe era una civetta tosta e fedele e non avrebbe mai abbandonato la sua dea, neppure se fosse morta di sonno…
Osservò gli spalti circondanti l'arena di combattimento. Erano gremiti di soldati, sacerdotesse, apprendisti Saints, ancelle... La maggior parte di coloro che viveva all'interno delle mura del Santuario era assiepato lì, pronto ad assistere a quello che sarebbe stato il torneo dell'anno.
L'armatura di Pegasus, e conseguentemente il suo custode, era da sempre considerata speciale. Un legame antico la univa alla stessa dea, elevandola a un grado superiore a qualsiasi altra armatura, persino a quelle d'oro. Restava solo da capire se, anche in quest'era, il Saint di Pegasus sarebbe stato degno della fama dei suoi predecessori, come Tenma, le cui gesta, risalenti al diciottesimo secolo, venivano ancora narrate ai bambini quando venivano messi a letto.
L'aumento di brusio della folla fu il segnale dell'arrivo dei due contendenti.
Milo si sporse maggiormente per non perdersi nulla.
Cassios e Seiya marciavano affiancati verso il centro dell'arena. Il primo, nonostante la giovane età, era un vero e proprio gigante, conosciuto ad Atene per la sua forza e la sua crudeltà verso i nemici. L'altro, di origini nipponiche, era piuttosto basso e di corporatura esile.
Milo aveva sentito parlare di lui da Aiolia, che nutriva una certa simpatia per questo ragazzino venuto da lontano. Simpatia che, però, non era condivisa quasi da nessuno, come dimostravano i fischi e i commenti che piovevano dagli spalti.
«Barbari.» sussurrò aggrottando stizzito le sopracciglia.
«Cosa vuoi farci? Seiya non è ben visto qui in Grecia.»
In piedi al suo fianco, Aldebaran, Saint del Toro, aveva ragione. Lo sapeva benissimo che ultimamente le cose in Grecia avevano preso una brutta piega, soprattutto per quanto riguardava l'atteggiamento dei locali per gli stranieri. Questa xenofobia era inaccettabile e il suo pensiero principale andava alla dea. Atena non voleva prendere le parti di nessuno, ed era evidente che tutto ciò la rattristava.
«Ognuno di voi ha combattuto e ha sconfitto nove tra i più valenti guerrieri del Santuario!»
La voce del Gran Sacerdote richiamò immediatamente la sua attenzione.
L'uomo si era fatto avanti, salendo sul pulpito avanti la dea.
«Siete gli unici sopravvissuti. Oggi, chi otterrà la vittoria, diventerà uno dei Saint di Atena.»
Fece una pausa, si voltò verso la dea, che annuì, e riprese: «Tuttavia, siamo venuti a conoscenza di un fatto che potrebbe pregiudicare il diritto di Seiya a partecipare a questo scontro.»
Milo si accorse immediatamente del cambiamento d'espressione del ragazzo. Rigido come una statua, se ne stava a pugni stretti, fissando il pulpito.
«Siamo stati informati che Seiya, ieri sera, si trovava al di fuori delle mura del Santuario. Secondo coloro che l'hanno visto, Seiya stava fuggendo...»
I commenti negativi aumentarono e alcuni epiteti, non certo gentili, iniziarono a piovere in direzione di Seiya.
Milo si voltò verso gli spalti, occhieggiando minaccioso quelli immediatamente sopra di lui.
«Silenzio!» ammonì severo il Gran Sacerdote. «Siete al cospetto di Atena.»
Le voci si zittirono e molti s'inginocchiarono a capo chino.
«Come voi ben sapete, la fuga è una colpa gravissima qui al Santuario. Chi se ne macchia viene severamente punito e perde ogni diritto a concorrere all'assegnazione del Cloth. Io e Atena abbiamo ascoltato sia le accuse che sono state mosse a Seiya, sia le spiegazioni riguardo il suo comportamento. Sappiamo che Seiya, ieri sera, si trovava fuori dalle mura del Santuario, ma non possiamo sapere se stesse scappando, o se stesse seguendo un allenamento speciale come afferma la sua istruttrice...»
«E' un'assurdità! Seiya stava fuggendo perché aveva paura di combattere contro Cassios!»
Il Gran Sacerdote guardò severo Shaina. La sacerdotessa accortasi di quello smacco, si affrettò a inginocchiarsi e a chiedere perdono. Le sue mani, premute a terra, graffiavano nervose il terreno.
«Farò finta che tu non abbia detto nulla, Shaina. Ma, bada, che un’altra mancanza di rispetto del genere, sarà severamente punita.» Poi, tornando a guardare la folla, continuò: «Poiché, allo stato attuale delle cose, ci è impossibile capire se Seiya sia fuggito o meno, con il benestare di Atena, si è deciso di consentirgli lo stesso di combattere...»
Shaina era furiosa e a malapena riusciva a nascondere la sua rabbia. Milo non sapeva se avesse torto o ragione, ma, per quel poco che la conosceva, era certo che non avrebbe lasciato correre la cosa, indipendentemente dalla vittoria o dalla sconfitta di Seiya.
Come aveva immaginato, i commenti che si erano spenti poco prima, ripresero immediatamente ad assiepare l'aria.
Il Gran Sacerdote richiamò nuovamente i presenti all'ordine, ma il monito, questa volta non parve ottenere l'effetto di prima.
«Solo il combattimento potrà dimostrare chi dei due è degno di indossare le vestigia. Se Seiya è un vigliacco, allora non potrà mai vincere contro Cassios, poiché il Fato non permetterà mai che un vile divenga Cavaliere di Atena.»
Milo annuì soddisfatto. Cassios non gli era mai piaciuto e assegnargli il cloth per abbandono dell'altro contendente era una cosa che lo avrebbe urtato e non poco.
«Che il combattimento abbia inizio.» Troneggiò, improvvisamente, la voce del Gran Sacerdote.
Immediatamente, Cassios, come un possente carro da guerra, si precipitò verso Seiya, sollevandolo al di sopra della propria testa. Il ragazzino, tenuto ben saldo per la vita dalle possenti braccia dell'avversario, si dibatteva nel vano tentativo di liberarsi da quella stretta d'acciaio.
«Saresti dovuto scappare ieri sera, Seiya! Desideri così tanto l'armatura di Pegasus, da offrire in cambio la tua vita?»
Milo strinse i pugni, mentre Seiya afferrava le braccia di Cassios.
«Che cosa credevi di fare, eh?! Non ti permetterò di avere quell'armatura, muso giallo... Il Saint di Pegasus dovrà essere greco…»
La stretta di Cassios si fece ancora più vigorosa. Seiya urlò di dolore. I suoi occhi si fecero vitrei. Aveva il volto congestionato per la mancanza di ossigeno.
«Quel ragazzino non ce la farà...» disse sottovoce Milo.
«Pazienza, Milo. Pazienza...»
Aldebaran nutriva ancora fiducia in Seiya.
L'attenzione di Milo ritornò al combattimento.
«Ti farò a pezzi. Lentamente... Da cosa potrei cominciare? Che ne dici se ti staccassi un orecchio, eh Seiya?»
La gigantesca mano di Cassios si sollevò verso l'alto.
«Che barbarie inutile. E quello sarebbe un futuro Saint di Athena?»
«Se il Fato ha scelto Cassios come Saint di Pegasus, allora dobbiamo piegarci al suo volere.» sentenziò Camus, mantenutosi in silenzio fino a quel momento.
Milo lo guardò, senza dire nulla. Sapeva che il Saint di Aquarius aveva ragione. Ciò non toglieva, che fosse indignato dalla crudeltà gratuita di Cassios.
Guardò Shaina che impassibile osservava il combattimento, e stentava a credere che una donna della risma dell'Ofiuco, famosa in tutto il Santuario per la sua lealtà e coraggio, avesse contribuito a creare un simile demonio.
Con un rapido gesto Cassios calò la propria mano verso l'orecchio di Seiya, come una mannaia.
Accadde tutto molto rapidamente, e quasi nessuno dei presenti fu in grado di seguire i movimenti.
«Notevole... davvero notevole...» disse annuendo il Saint del Toro.
Con un'espressione irriverente sul volto, Seiya fissava Cassios. Il gigante non si era reso conto di quello che era accaduto e attonito spostava il proprio sguardo da Seiya a terra dove un orecchio, il suo orecchio, giaceva insanguinato.
«Maledetto...»
«Allora Cassios... dopo l'orecchio cosa vuoi che ti tolga?»
Atena e il Gran Sacerdote erano rimasti impassibili. Ma un leggero sorriso era comparso sul volto di entrambi.
«Cassios, ti ho chiesto... quale parte del corpo vuoi che ti tolga? Se ti colpisco nella parte che preferisci, riuscirai a capire di essere stato sconfitto?»
Cassios non sembrava intenzionato a cedere.
Avanzò, pronto a sferrare un nuovo attacco, ma i colpi di Seiya, portati a una velocità a cui Cassios non era in grado di stare dietro, lo colpirono ripetutamente.
Milo sorrise soddisfatto, incurante del fatto che non confaceva a un Gold Saint patteggiare per un contendente in modo così marcato.
Ma il grido improvviso di Shaina cancellò il sorriso dal suo volto. La Sacerdotessa si era alzata in piedi e rivolgeva parole d'incitamento al suo allievo.
«Se non sconfiggi Seiya, un giapponese si porterà via l'armatura di Pegasus... E' questo che vuoi? Vuoi che l'armatura finisca nelle mani di quel muso giallo...»
Milo scosse la testa. Ecco da dove veniva l'atteggiamento ostile di Cassios... Odiava Seiya fino a quel punto? Le parole Shaina avevano sortito il loro effetto. Cassios stringeva i pugni e l'espressione del suo volto si era fatta truce e determinata.
«Non te la lascerò portare via. Quell'armatura appartiene alla Grecia sin dall'antichità... Tu non hai nessun diritto d'indossarla.»
Caricò il pugno destro, calandolo su Seiya, ma fu tutto inutile.
La piccola mano del ragazzo l'aveva fermato ancor prima che raggiungesse il suo volto.
«Non vuoi proprio capire, Cassios? Sei tu che non hai diritto ad indossarla. Hai solo ottenuto la forza superficiale di un Saint! Tu, l’hai mai sentito il Cosmo dentro di te?»
Milo si rilassò completamente. Per lui, il combattimento era già finito. Cassios non sapeva nemmeno di cosa stesse parlando. Guardava Seiya come se le sue parole fossero state stupidaggini. Non lo stupiva un simile atteggiamento. Uno che era abituato a usare solo la forza non sarebbe mai potuto diventare Saint di Atena.
Sentì Camus alzarsi.
«Aspetta.» lo richiamò immediatamente.
Il Saint di Aquarius si voltò. Milo lo teneva per un braccio, mentre fissava il centro dell'arena.
Seiya aveva assunto una posizione singolare e muoveva le braccia apparentemente in modo casuale.
«Sta disegnando la costellazione di Pegasus con il movimento delle braccia...» sussurrò il Saint di Scorpio.
Camus annuì.
Il Ryusei Ken, uno dei più potenti colpi destinati al Saint di Pegasus, mandò al tappeto Cassios, senza lasciargli alcuna possibilità di difesa.
Seiya aveva vinto.

3. A un passo dall’inferno.

Gli avevano detto che il suo compito sarebbe stato quello di scortare una persona fino al reattore esploso. La fuga di radioattività era stata circoscritta a quella singola area, ma se anche gli altri due reattori fossero saltati in aria, i danni sarebbero stati incalcolabili.
Aveva subito capito che non si trattava di un incidente.
Lui era un negoziatore e il suo compito era quello di aprire un dialogo con i terroristi, ascoltare le loro richieste, cercare di entrare nella loro testa e di trovare le parole capaci di scuotere la loro coscienza.
Anche se era considerato tra i migliori, John Black sapeva che non sempre la sua voce raggiungeva il "cuore" delle persone. Com'era successo a Los Angeles, in quella scuola... ma quella era un'altra storia e tormentarsi… a lungo… come aveva già fatto, non avrebbe fatto nient’altro che impedirgli di salvare altre vite.
“Non puoi mollare, perché hai fallito… Perché, se lo fai, non potrai più proteggere nessuno” gli aveva detto sua moglie e lui l’aveva ascoltata, perché lei era l’unica persona capace di negoziare con la sua anima.
Era giunto alla centrale nel tardo pomeriggio.
Dopo la deflagrazione, si era formata una bolla di idrogeno che, se fosse esplosa, avrebbe causato la morte immediata di almeno ventisettemila persone, per non parlare di coloro che sarebbero morti successivamente a causa delle radiazioni.
Ora, era lì, in piedi, dentro quella stanza e fissava perplesso il giovane che gli stava davanti. Non sembrava avere neppure vent’anni. Gli occhi verdi e limpidi lo osservavano attentamente e il suo volto, imberbe, dimostrava tutta la sua giovane età.
John rivolse il suo sguardo al sovrintendente Timothy Brown, come a chiedergli conferma a ciò che stava pensando.
"Era proprio quella la persona che doveva condurre al reattore esploso?"
Dal gesto di assenso dell’uomo, capì che, purtroppo, non si era sbagliato.
«Un momento.» disse «Voi volete che io scorti questo civile là dentro?! Non scherziamo. Questo ragazzo non avrà neppure vent’anni... Ed io non intendo …»
«Se per lei è un problema, posso andare anche da solo. Ditemi solo dove si trova il reattore.» lo interruppe il giovane.
John fece per ribattere, ma Brown, alzatosi in piedi, lo precedette.
«Ho l’ordine del Presidente di permetterle l’ingresso al reattore, purché sia accompagnato da un negoziatore.»
«Se il vostro Presidente desidera questo, per me non ci sono problemi.»
«I problemi ci sono per me.» intervenne Black «Non mi piace mettere a repentaglio la vita di qualcuno in questo modo e non mi piace neppure lavorare senza sapere cosa sta accadendo di preciso.»
«I dettagli non devono interessarti, John.»
«E’ il Presidente che ha ordinato di mandare questo ragazzo là dentro?»
Brown scosse la testa.
«Non è stato il Presidente ad ordinarlo, ma qualcuno che sta al di sopra di lui. Il Presidente ha soltanto preteso la tua presenza. Non vorrai rifiutare una sua richiesta...»
John Black serrò i pugni. C’era troppo mistero in tutta quella faccenda e lui aveva imparato che per la buona riuscita di una missione la cosa più importante era conoscere i dettagli… ma così… non poteva lavorare così.
«Posso andare da solo a parlare con il terrorista.» disse, improvvisamente.
«Non è possibile, signor Black. Lei non sa assolutamente con chi ha a che fare.»
«Ragazzo, ho impedito molti attentati terroristici nel corso della mia carriera…»
«Questa volta è diverso. La prego di non opporsi ulteriormente. Può scegliere se accompagnarmi, come ha preteso il vostro Presidente, o no. In ogni caso, io ho il dovere di entrare là dentro.»
Black alzò le mani in segno di resa.
«D’accordo ragazzo, se tieni alla tua vita così poco, sarà mia cura scortarti personalmente all’inferno.»


   
 
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