Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: Aaanatema    12/02/2020    5 recensioni
La vita non é facile. Perché l'amore dovrebbe esserlo?
[post 1x03]
Genere: Angst, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Remember me

 

 

Caro John,

 

Fidato John,

 

Mio amico John,

 

Mio John,

 

John Hamish Watson,

 

John. Sei sempre tu, John. Solo John. 

Non credo di aver mai compiuto un’azione stupida e maledettamente sentimentale come quella di annotare i miei pensieri. Ora stai facendo il tè, sento le tue mani aprire le ante sopra i fornelli per prendere una tazza. (Quella col bordo sbeccato, probabilmente.)

Immagino che, se mai avrai tra le mani queste righe, ti chiederai perché sto scrivendo tutto questo. Permettimi di illuminarti: oggi mi hanno diagnosticato un cancro al cervello. Una malattia banale ed universalmente conosciuta, per una persona che di ordinario non ha nemmeno l’aspetto. 

È molto rara: rappresenta solo l'1,6 per cento di tutti i tumori. Consolante.

Non é stata una comunicazione inaspettata, non del tutto; riesco a sentire le mie cellule morire, aggrinzire e ripiegarsi su sé stesse: inutili, fallite nel proprio scopo, limitate nel proprio compito, gradualmente, un pezzo alla volta. 

É così frustrante sapere di dover rimanere con le mani in mano, non poter fare nulla se non aspettare che la morte sopraggiunga. Non lo trovi noioso?

Se i serial killer di Londra possedessero un po’ di inventiva sarebbe tutto più divertente.

 

Dimentico sempre che per avere inventiva é necessario possedere un cervello funzionante. Cosa che, tra non molto, sarà qualcosa che io stesso non avrò

 

[ La mano trema, le lettere si confondono le una con le altre, mentre la grafite della matita sporca il foglio candido e lo modifica in modo indelebile. ]

 

Ti ricorderai di me, John?

 

Stranamente, é solo questa domanda ad assillarmi. É così frustrante non essere padrone dei miei pensieri, ma essere loro schiavo, non riuscire a fermarli. Non mi chiedo se farà male, so che sarà così; “Malattia terminale” é un termine molto chiaro. Significato elementare, limpido.

 

Mi chiedo se riconoscerai i sintomi; il fatto che non mi sottoporrò alla chemioterapia dovrebbe rendere tal compito più complicato.

 

Immagino che ora tu creda che io mi stia lasciando morire, abbandonando la speranza. Ma non è così, John: io non ho speranza, non credo in un miracolo dell’ultimo secondo. Non credo in un Dio che, anche se esistesse, mi avrebbe voltato le spalle nel momento stesso in cui sono venuto al mondo. Sono realista, oggettivo, e il risultato finale di qualsiasi essere vivente é la propria morte. Banale nella sua comunità. Complicato nelle varie possibilità.

 

Se c‘è una cosa di cui sono sicuro, in un momento in cui le certezze avrebbero dovuto abbandonarmi, é che io non morirò a causa del cancro. Morirò facendo il mio lavoro, sentendo i tuoi passi risuonare al mio fianco. 

Ammesso che tu non rimanga indietro. Confesso che é facile seminarti. Oh, non dare la colpa alla tue gambe corte, sei solo fuori allenamento.

 

[ Sherlock sorride, le rughe si increspano attorno alle labbra rosee e agli occhi chiari. Quando sente la voce di John, il sorriso lo abbandona, prosciugato dalla consapevolezza.]

 

Forse non sarai con me. È un pensiero egoista, una pretesa egocentrica.

 

Soffrirai?

 

[ Esita, le dita strette spasmodicamente al taccuino, la mascella serrata duramente. ]

 

 

Non a lungo, credo. Non secondo i miei calcoli.

 

Le persone si riprendono da tutto. Perché la mia morte dovrebbe rappresentare l’eccezione?

 

Io non faccio mai eccezioni. L’eccezione contraddice la regola.

 

 

Eppure con te è successo. Perché?

 

[Passi veloci sulle scale. Diciassette gradini. Riconoscibili, familiari.]

 

[ Sherlock nasconde il Moleskine all’interno del cappotto, volgendo lo sguardo alla televisione accesa su uno stupido telefilm giallo. ]

 

[ Grida qualcosa riguardo il risvolto dei jeans del ragazzo, subito cancellato, nulla di rilevante. ]

 

[ “Io vado da Sarah.” ]

 

[ “Mmh.” ]

 

Mi ricorderai, John?

 

Non posso proprio fare a meno di chiedermelo.

 

SH

 

 

*

 

[I passi di entrambi che rientrano in casa sono veloci uno, placidi nell’altro. Odore di cloro ovunque. Adrenalina ancora appiccicata ai vestiti.]

 

[ "Moriarty! Quel tipo... Lui ha... Era..." ]

 

[ "Se non hai intenzione di completare alcuna frase, ti sarei grato se stessi zitto. Ho bisogno di pensare." ]

 

[ Sherlock congiunge i polpastrelli sotto al mento, sedendosi nella propria poltrona con un lungo sospiro silenzioso. In contemporanea, John stringe i pugni lungo i fianchi, lo sguardo si indurisce, acceso dalla rabbia. ]

 

[ "Oh, non credere di cavartela così facilmente. Adesso voglio sapere perché. Perché mi hai mentito. Perché mi hai escluso dalle tue strabilianti e di intelligenza superiore, riflessioni. Cosa volevi dimostrare, maledizione!? ]

 

[ Sherlock lo osserva mascherando la sorpresa. Non aveva esaminato la situazione sotto quel punto di vista. L'idea non l'ha nemmeno sfiorato. ]

 

[ "Dio... Abbiamo rischiato entrambi di morire, ma non puoi, non puoi essere sorvolato sulla gravità della situazione!" ]

 

[ Passa un interminabile, estenuante, dilatato, attimo di silenzio carico di parole trattenute sulla punta della lingua. ]

 

[ "Non costringermi a ripetermi." ]

 

[ John lo guarda, il suo sguardo, dapprima confuso, si accende di una dolorosa conoscenza. ]

 

[ "Ridicolo... É davvero ridicolo." ]

 

[ Entrambi non sanno realmente a cosa o a chi sia riferito quel commento, prima che John scenda le scale con passo pesante e si sbatta il portone alle spalle. ]

 

*

 

Moriarty. Moriarty. Moriarty. Jim Moriarty. James Moriarty. 

 

 

[ Quel nome viene cancellato con rabbia, la matita stretta tanto da far diventare bianche le nocche della mano destra. ]

 

John.

Oggi hai rischiato di morire. 

 

C'è stato un momento, un unico momento, in cui il mio cervello é sembrato incepparsi, e la mia mente si é svuotata. Il nulla mi ha assalito, prima che mi rendessi realmente conto che quel vuoto era dolore. Misto a delusione. 

Ho creduto che tu fossi l'artefice di tutti quegli omicidi e che mi stessi spiando per tornaconto personale. Non posso descrivere tutto questo se non come terribile.

 

 

 

Era una giustificazione plausibile. Siamo onesti: quale individuo sano di mente avrebbe mai pensato che esistesse una persona, se non in grado di tollerarmi, perfino che mi apprezzasse?

 

La ragione é stata sopraffatta dal sentimento. 

 

Sentimento.

 

Non é ridicolo, blasfemo, associarlo a me?

 

[ Sherlock picchietta la matita sul foglio, lo sguardo che si posa sulla carta da parati scalfita, rovinata dal suo passaggio. ]

 

Sai qual é il vantaggio del non avere nulla da perdere, John?

 

 

L'audacia, il sentirsi invincibili, la consapevolezza di avere un vantaggio rispetto al proprio avversario. 

 

"Le persone hanno acerrimi nemici, a sentir lui?"

 

Ti sembra ancora così strana, quest'ipotesi?

 

Oggi ho perso cose che non credevo nemmeno di possedere.

 

Il mio orgoglio.

 

La ragione.

 

Il raziocinio.

 

Ho perso sul piano mentale, ho dovuto ricorrere alla violenza. Ho dovuto eclissare il cervello, che se ne stava nel più religioso silenzio, per adottare tattiche militari.

 

Tu, più di chiunque altro, dovresti comprendere quanto infide siano. L'ultima risorsa di una Nazione sull'orlo del collasso.

 

Non é forse questo, la guerra?

 

La perdita della speranza, della ragione, dei patteggiamenti, in via di tattiche rudimentali che

 

 

É tutto così inutile. Senza scopo.

 

Moriarty sarà la mia ultima battaglia. E non ho alcuna intenzione di perdere.

 

 

Non é un lusso che mi posso permettere. 

 

La malattia é una sconfitta sufficiente.

 

Il corpo che vince sulla mente.

 

Non mi resta che escludere il cuore.

 

SH

 

*

 

 

John, oggi non sei in casa. Tutto è estremamente noioso. 

Vorrei poter sparare al muro di nuovo.

 

Sono iniziati i tremori. Prima alla punta dei polpastrelli, adesso a tutte le dita. 

 

[ Con la mano con la quale non tiene la penna, Sherlock fa vorticare l’archetto nell’aria. Lo sguardo affranto in una muta domanda: per quanto ancora sarò in grado di suonarti? ]

 

Stamattina ho fatto cadere una piastra petri. Ho alzato gli occhi al cielo inveendo contro Dio o chi per lui, stringendo la mano a pugno. Tu hai riso vedendomi fare il broncio, l’hai raccolta e mi hai scompigliato i capelli. 

 

Ho seguito il calore del tuo palmo con un movimento della testa 

 

Sei stato irritante 

 

 

In quel momento ti ho odiato profondamente. Ho odiato l’idea che tu possa essere costretto a prenderti cura di me. 

 

Non era così che avevo calcolato le cose. 

Irrilevante. Ovviamente.

 

Non so se sia dovuto allo sbalzo dell’umore, ma provo troppo.

Sento cose che non sono pronto ad ammettere nemmeno a me stesso: una sensata paura in fretta scacciata dal raziocinio, un istinto di protezione nei tuoi confronti e qualcos’altro.

 

Cos’è?

 

Tu, che sei conduttore di luce, illuminami. 

Per favore

 

 

[“Va bene cinese stasera? Noodles e anatra all’arancia?”]

 

La tua voce viene da lontano. Non è nella mia testa.

Quando sei rientrato?

 

Dalla mia testa non esci mai MAI MAI 

 

[Sherlock solleva lo sguardo su di lui dalle mani giunte a cuspide, sbatte le palpebre realizzando la realtà che lo circonda.]

 

[John sorride, soprappensiero, come fa sempre, in qualunque contesto, anche adesso che sta armeggiando con le stoviglie nel lavello.]

 

Oggi hai Il Maglione. Quello. 

Lo sai anche tu quale.

 

[Cambiati, vorrebbe urlargli. Sei una distrazione. 

Da cosa, al momento, non saprebbe dirlo nemmeno lui.]

 

Righe bianche e nere. Attillato. 

Ti umetti le labbra. Sei odioso lo sai?

 

[“Sherlock?”]

 

[“Sì, va bene.” Tono fintamente casuale, un rombo sordo attaccato al costato.]

 

[“Fammi spazio.”]

 

[Un sorriso nel suo tono, Sherlock lo percepirebbe anche senza vederlo.]

 

[John si fa largo contro di te, sul divano, ti spinge giocosamente un po’ più in là, ma resta appiccicato. Spalla contro spalla.]

 

[Perché?]

 

 

[Prende una copia de Guida Galattica per Autostoppisti, si umetta le labbra, gira una pagina con quell’aria concentrata che gli muta tutta l’espressione facciale.]

 

La detesto, quell’espressione. 

No, non è vero.

 

[“Avevi detto che avresti fatto la spesa.”]

 

[“L’ho detto?”]

 

[“Sì, manca il latte. E dei fagioli.”]

 

Latte e fagioli, John, sul serio?

 

Solo noi possiamo dimostrare del sentimentalismo per comprare del latte.

 

Un supermercato, John. Sto per andare in un supermercato, per te.

 

[“Devo averlo rimosso.”]

 

[John sospira, combattendo l’istinto di alzare gli occhi al cielo.]

 

 

[“Avrei dovuto immaginarlo. Tranquillo, ci vado io.”]

 

[La sua mano si posa sul divano, gli sfiora il ginocchio appuntito con il mignolo. Sherlock trattiene il fiato, anche se solo per un attimo.]

 

[“No.”]

 

[“Cosa?”]

 

[John é confuso, adesso, ti guarda interrogativo. La sua mano si sposta.]

 

Maledizione. Ti odio così tanto.

Vorrei dirtelo per convincermene. 

 

[“Possiamo andarci insieme... credo.”]

 

Che proposta imbarazzante. Vorrei alzarmi e sparire facendo finta di non averlo appena detto.

Il prossimo passo quale sarà? Arrossire!? 

 

[“Certo.”]

 

[Lo dice guardandoti in tralice, confuso. Se ne rende conto anche lui.]

 

[“Tutto bene?”]

 

[“Perché non dovrebbe?”]

 

La bugia ha un gusto salato sulla lingua. Vorrei dirtelo. Vorrei condividere con te questa cosa, ammettere che è un fardello. Ma non voglio fartelo portare. 

 

[Silenzio. Seguito da un commento sul libro che tiene fra le mani. Risate. Frammenti di normalità che non potrà più avere indietro.]

 

 

*

 

[Al supermercato ci vanno sul serio, la mattina dopo. Sherlock è spaesato, John sorride come se fosse Natale o fosse comparso un nuovo serial killer a Londra.]

 

[“Be’? Che te ne pare?”]

 

[Sherlock arriccia le labbra celando il disgusto.]

 

Dio, assomiglio a Mycroft.

 

[“Affollato.”]

 

[John sbuffa, ti prende per una manica e ti trascina a farti vedere cosa gli piace e cosa vi serve.]

 

John, ti piace il latte 10 per cento scremato, le pesche mature (senza pelo), i muffin al cioccolato leggermente bruciati che nessuno vuole comprare, l’Earl Grey, i cereali per bambini che sulla confezione hanno degli unicorni.

 

Unicorni, John. 

 

Hanno un nome idiota. Lucky Charms? 

La lingua inglese permette un tale abominio? 

 

Credo che abbiano dei marshmallows ripieni di zucchero al loro interno. 

 

Hai fatto la guerra, ucciso uomini, convivi con pezzi di occhi nel microonde e resti umani nel frigo, il tuo sabato tipo consiste nel farsi imbottire di esplosivo, e ti piacciono i cereali da bambini. 

 

Ti rendi conto anche tu del meraviglioso paradosso che rappresenti, vero? Devi farlo. 

 

Ti piacciono i maglioni pruriginosi che nascondono il tuo corpo muscoloso. Si salva quello grigio. Ti piace il tè annacquato nel latte e lasciato troppo tempo in infusione. Ti trastulli con programmi di dubbi provenienza che parlano di alieni. 

 

Come l’hai chiamato? Doctor What? Doctor Who?

 

Ti rendi conto di tutto lo spazio mnemonico che sto sprecando per ricordarmi queste informazioni? Per ricordarmi tutto ciò che ha a che fare con te?

 

E tu sorridi, scuoti la testa con rassegnazione nel spiegarmi la differenza fra il succo di melograno (che non ti piace, è troppo aspro) ed uno di arancia rossa con maracuja brasiliana. 

 

Pensi che non mi ricorderò mai di tutti questi particolari.

 

Ingenuo, buono John Watson. 

 

Mi conosci e mi scavi dentro così in profondità e spesso ti fai ingannare dai riflessi della superficie. 

 

Mi appendi il cestino carico al braccio.

 

[“Pesa.” È una lamentela petulante e fine a se stessa.]

 

[John inarca un sopracciglio.]

[“Se andassimo più spesso non dovremmo comprare così tante cose. Oppure potrei partecipare meno alle indagini.”]

 

[“È fuori questione.”]

 

É nel momento in cui scoppi a ridere genuinamente che realizzo di averlo detto ad alta voce. 

Qualcosa mi si blocca in gola. 

Sento l’ingiustificato desiderio di stringerti. 

Vorrei congelare questo momento e... non so nemmeno io cosa.

 

Invece è sempre e solo sfiorandoti in finti gesti casuali durante il tragitto di ritorno che cerco di saziare questa fame indescrivibile che si fa ogni giorno in tua presenza più grande. È come tirare un filo scucito di un maglione fino a disintegrarlo completamente. Mi sta divorando dall’interno e di me non sta rimanendo niente.

 

*

 

[Il punto di non ritorno viene toccato durante un caso, ovviamente. Sherlock non ha dormito e sta inseguendo un assassino per le strade di Londra, John al suo fianco.]

 

Se ripenso a quel momento desidero fare qualsiasi altra cosa. 

 

[Sherlock perde l’equilibrio. E dentro di sé sa che non è per il sonno, che conosce quelle strade meglio di qualsiasi altra cosa al mondo.]

 

Il mio corpo mi sta abbandonando.

 

[“Sherlock!”]

 

Urli. Urli e mi corri incontro nel punto in cui sono ancora seduto per terra, non per il dolore, quello è pressoché irrilevante, ma per lo stupore di quello che è appena successo e per la paura simile a catrame che mi sta offuscando tutto quanto. 

Per un attimo temo che potrei star perdendo la vista così, senza alcun preavviso, ma poi mi rendo conto che è solo panico, totalizzante e soffocante panico.

Ansimo il tuo nome, come non ho mai fatto con nessuna preghiera. 

John? John? Dove sei? 

 

[“Sono qui, tranquillo. Sherlock, tranquillo.”]

 

Lo continui a ripetere come una cantilena, mi aggrappo alle tue braccia e riassesto l’ordine. I colori tornano e vorrei soltanto lasciarmi cullare senza vergogna, lì sul posto ed ignorare il mondo, i bisogni, il giorno e la notte ed Anderson e Donovan che vengono verso di noi con aria di trionfo.

 

Idioti. 

 

Sistemi tutto tu. Come fai sempre.

 

[John parla con Greg, fissa Sherlock apprensivo ogni dieci secondi esatti, il quale non dice più una parola, ora è solo un muro di imprenetabile indifferenza, le mani a forza calcate nelle tasche del giubbotto e lo sguardo vitreo.]

 

Ora so che dovrò spiegarti tutto.

 

[Tornati a casa, Sherlock non ha ancora detto una parola dell’accaduto.]

 

[“Cosa succede?”]

 

Senza mezzi termini, deciso. Hai la classica posizione militare di quando ti aspetti brutte notizie. Oh, spesso sei così sveglio.

 

[“Sherlock... parlami, ti prego.”]

 

Tremo, semplicemente. Sotto il tuo sguardo, sotto il peso di tutto ciò che mi sta investendo e di tutto ciò che voglio disperatamente da tempo e che ora probabilmente non potrò più avere. 

Ammiro il tuo modo di esporti, il modo in cui ti inginocchi di fianco a me, ai miei piedi, mi togli le mani dai capelli e le stringi fra le tue, registri il fatto che non riesco più a tenerle ferme. Se per paura o per la malattia non saprei dirlo. Non lo so più.

 

Ed io voglio un ultimo momento di normalità e non ragiono. Non mi interessano più tutti i motivi sensati che mi hanno fatto rimandare e ponderare accuratamente questa decisione, semplicemente premo con forza le labbra sulle tue. Tu spalanchi gli occhi, ed io resto immobile terrorizzato e sul punto di ritrarmi tu ricambi, intrecci le mani dietro al mio collo, mi tieni vicino in una stretta rassicurante che non mi lascerà più andare. 

E prima c’è gioia e sollievo ed il sapore salato della tua saliva che poi si mischia a quello dei miei singhiozzi nel mio aggrapparmi al tuo maglione con le unghie, come se questo potesse tenermi ancorato a questo mondo. A te. 

 

Ti dico tutto. E tu... lo accetti. Lo accetti perché non hai scelta, perché anche dare fuoco all’intero universo adesso non servirebbe, ma più di tutto, perché c’è solo dolcezza in te, nel modo in cui mi accarezzi con premura ogni parte del corpo e ti fai carico del mio peso, finché non crollo sulla tua spalla, addormentato. 

 

Poi, chissà. Hai pianto? Hai fissato il vuoto concedendoti di soffrire? 

Non saprei dirlo. So solo che al mio risveglio, la tua mano è poggiata pigramente sul mio stomaco e vedendomi aprire gli occhi tu sorridi, sorridi come se non avessi nessun pensiero al mondo.

 

Ti sono grato. 

 

 

Con te avrei voluto cose che non pensavo avrei mai desiderato. 

 

Voglio addormentarmi al tuo fianco, farmi rimproverare per essere stato sveglio per troppi giorni di seguito o per aver mangiato poco, inseguimenti lungo la strada in piena notte ed una vita spericolata da bilanciare da quieti carezze alla luce che filtra dalla finestra nell’intimità del nostro letto. 

Voglio vedere le rughe riempire il tuo viso, sempre fiero e composto, portarti nel Sussex forse, prendere un cottage e studiare le api. 

E niente mi impedirà di avere qualcosa che desidero, tu lo sai meglio di tutti. 

 

E tutto questo, John, era per farti entrare nella mia testa. Per farti vedere che anch’io posso e so provare tutto questo. 

Che posso ricordare, voglio farlo, la lista dei cibi che ti piacciono. Che so che non sopporti l’odore di sigaretta e che io parli della Donna. 

 

 

Io ti vedo, John.

Ti ho sempre visto e non ho mai smesso dal momento in cui hai messo piede nel laboratorio del Barts. 

 

Tu lo sai cosa provo. Ho provato a dirtelo una volta.

 

[“John?”]

 

[“Mmh?”]

 

[John mugugnava sotto le coperte, si stringeva al corpo di Sherlock nel freddo mattutino. Odore di sesso e chiuso era ovunque: addosso a loro, sulle pareti, percorreva le strade di Londra su cui avevano camminato.]

 

[“Io... sono- Insomma io-“]

 

[“Sherlock?”]

 

[“Sì?”]

 

[“Ti amo anch’io.”]

 

 

 

Ovunque tu sia John, sappi che sono lì, sarò sempre lì con te. 

 

Tuo, 

Sherlock Holmes 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NdA:

Okay. Sono pronta ad essere lapidata pubblicamente. 

Non ho idea di come questa storia mi sia venuta in mente, in genere non riesco a leggere storie di questo tipo, figuriamoci a concepirle di sana pianta. So solo che era una bozza di un paio di anni fa e che oggi mi è improvvisamente venuto in mente come completarla, quindi eccola qui, nella sua eccezione più pura. 

Spero che vi sia piaciuta e che avrete voglia di lasciare una recensione o un commento per parlarne un po’ insieme.

A presto!

-Aaanatema

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Aaanatema