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Autore: Pikky    05/08/2009    0 recensioni
Claudio, diciottenne, ha un dono che gli permette di vedere i morti. Un giorno Beatrice, diciottenne morta in circostanze misteriose che lei stessa non ricorda, si rivolge a lui in cerca di aiuto per poter ricostruire il suo ultimo giorno di vita e poter quindi passare oltre. Claudio, decide di aiutarla, incurante dell’avvertimento dello spirito di sua nonna Agnese, la quale gli dice che quella ragazza gli farà del male. [Fanficion partecipante al concorso 'La Primavera e il Morto' indetto da Eylis sul forum di Efp]
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Tre

 

Il giorno dopo, Claudio decise di raggiungere Beatrice a Primavera, dato che non l’aveva più vista da quando aveva lasciato l’archivio e gli aveva detto di voler restare sola. Il ragazzo, tuttavia, pensava che avesse avuto abbastanza tempo per stare da sola con i propri pensieri e per tentare di ricordare.

Forse vi era finalmente riuscita, e proprio per questo non si era più mostrata a lui dal giorno prima. E se fosse addirittura passata oltre, dopo aver ricordato? In cuor suo, Claudio temeva questa eventualità, più di quanto volesse ammettere.

In quel lasso di tempo trascorso insieme, aveva instaurato con Beatrice una sorta di amicizia, per quanto poco sapessero l’uno dell’altra. Passavano però gran parte del loro tempo insieme, e ciò era bastato per dare avvio a quel rapporto tra loro. La ragazza era il primo spirito della sua età con cui aveva a che fare, e ciò la faceva sentire molto vicino a lui.

Giunto davanti al cancello di Primavera, Claudio frenò la bici e sbirciò attraverso la grata, per vedere se scorgeva Beatrice. Il giardino, però, era vuoto, così il ragazzo appoggiò il veicolo al muro di cinta ed oltrepassò il cancello. Si chiese se fosse vero che Primavera era così infestata dagli spiriti come tutti dicevano, in paese. Probabilmente, però, si trattava di una diceria popolare, perché quando la volta precedente era andato là ad incontrare Beatrice, non aveva visto l’ombra di uno spettro.

Arrivò all’ingresso della casa e si sedette sugli scalini. Non voleva entrare nella casa, sapeva che là dentro non avrebbe trovato la ragazza. Una volta, in archivio, gli aveva detto che preferiva stare nel giardino, c’era qualcosa che non la convinceva, all’interno della dimora e preferiva starne alla larga: il massimo che faceva era sedersi sugli scalini. Dopo aver letto l’articolo riguardante la sua morte, aveva capito bene il perché di quella scelta; era morta là dentro, dopotutto.

Beatrice comparve dopo qualche minuto e appena vide Claudio seduto sugli scalini sgranò gli occhi per la sorpresa.

- Che ci fai qui? – gli chiese, sulla difensiva. Pensava che avesse scoperto qualcos’altro, e non era proprio certa di voler sapere di cosa si trattasse.

- Niente. Ero solo venuto a sapere come stavi, dopo che ieri sei letteralmente sparita. – rispose Claudio con un’alzata di spalle.

- Ah, ho capito… Beh, non ho ricordato nulla, se è questo che vuoi sapere, per cui sto come al solito. – disse la ragazza, sedendosi accanto a lui.

- Proprio niente? – indagò Claudio, al che Beatrice scosse la testa in segno di diniego. – Suppongo ti ci vorrà altro tempo. – aggiunse quindi.

- Già. – sospirò la ragazza, riavviandosi una ciocca di capelli castani dietro le orecchie.

- Se magari entrassimo? – propose Claudio, poco dopo. Aveva avuto modo di maturare quell’idea mentre aveva atteso l’arrivo di Beatrice, e gli era parsa abbastanza buona. Andare sul luogo esatto della propria morte l’avrebbe aiutata a ricordare, magari.

- No! – esclamò immediatamente la ragazza, voltandosi verso Claudio e fulminandolo con lo sguardo. Come diavolo gli venivano in mente delle idee così assurde? Non voleva entrare in quella casa, aveva paura. Ne aveva sempre avuto paura, fin da piccola, e non vedeva perché dovesse superare quella sua debolezza proprio ora che era morta, per lo più all’interno di quel maledetto edificio. Una volta quella casa esercitava su di lei una sorta di fascino, ma da quando era morta l’aveva perso completamente.

- Perché? – chiese Claudio, pacato. Quella reazione era abbastanza comprensibile, dopotutto. Era l’estrema negazione della propria morte, l’ultimo barlume di speranza di rimanere attaccati alla vita terrena, prima di ricordare e passare oltre. Solo, non capiva perché Beatrice avesse chiesto il suo aiuto, se davvero le cose stavano così.

A quella domanda, la ragazza non sapeva esattamente cosa rispondere. Sapeva che non era solo per paura che si rifiutava di entrare in quella casa: se poi avesse ricordato tutto avrebbe dovuto lasciare per sempre quella dimensione, e ciò avrebbe comportato lasciare anche Claudio. Solo in quel momento si era resa conto che era l’ultima cosa voleva fare. Dopo anni di solitudine, aveva finalmente trovato qualcuno con cui parlare, qualcuno che la capiva… E non voleva che tutto ciò finisse.

- Semplicemente non voglio. Non sono poi così sicura di voler ricordare tutto. – rispose Beatrice, per non esporre troppo i propri sentimenti. Quella era una mezza verità, dopotutto.

- Allora perché ti sei rivolta a me? – chiese Claudio, inarcando un sopracciglio. Più quella conversazione andava avanti, più diventava confuso.

- Perché all’inizio volevo ricordare! Poi…

- Poi cosa? – la incalzò il ragazzo.

- Non lo so. Ora ricordare la mia morte non mi importa più così tanto. Non sono ancora pronta per lasciare questo mondo. – ammise Beatrice, evitando di scendere nei particolari. Non voleva rovinare tutto con qualche parola di troppo. Non voleva esporsi, temeva la reazione di Claudio.

Il ragazzo sospirò, esasperato. Di certo non poteva più aiutarla, giunti a quel punto. Il suo compito era finito, per quanto gli dispiacesse ammetterlo.

- Allora non hai più bisogno di me. – sentenziò, alzandosi. Doveva andarsene, per quanto gli dispiacesse, ma molto probabilmente Beatrice preferiva restare sola.  – Se cambi idea, sai dove trovarmi. – aggiunse, prima di incamminarsi verso il cancello.

- No! – esclamò Beatrice, in preda al panico, alzandosi a sua volta in piedi. Non voleva che se ne andasse, sarebbe equivalso a perderlo. Lo bloccò quindi per un braccio, costringendolo a fermarsi.

Claudio si arrestò, sorpreso, e si voltò verso la ragazza. Notò che aveva gli occhi lucidi e, d’istinto, l’abbracciò. Beatrice gli restituì l’abbraccio, aggrappandosi a lui con la forza della disperazione e abbandonandosi alle lacrime. Appoggiò la testa nell’incavo della sua spalla e si lasciò andare ai singhiozzi. Non l’avrebbe lasciato andare.

Il ragazzo si limitò a stringerla fra le proprie braccia, non sapendo esattamente cosa dire per consolarla. Aspettò semplicemente che si calmasse, accarezzandole i capelli di tanto in tanto.

- Non voglio che tu te ne vada… - disse flebilmente Beatrice, una volta che le lacrime e i singhiozzi furono cessati.

- Non lo farò, tranquilla. – la rassicurò Claudio, sincero. Non voleva separarsi da lei, ora che aveva realizzato che quella sensazione era reciproca.

A quelle parole, Beatrice alzò lo sguardo fino ad incontrare quello del ragazzo. – Grazie. – gli sussurrò, sorridendo.

Claudio ricambiò il sorriso, sentendosi leggermente in imbarazzo. Era la prima volta che consolava una ragazza in lacrime e non sapeva esattamente come comportarsi in una situazione del genere, tanto più che la fanciulla in questione era un fantasma per cui pensava di provare qualcosa che andava ben oltre i ‘rapporti professionali’. Ancora non se ne capacitava, ma era così. Si limitò perciò a riavviarle goffamente una ciocca di capelli dietro le orecchie.

Quel gesto fu la molla che fece scattare tutto. Senza rendersene nemmeno conto sentì le proprie labbra che si posavano su quelle di Beatrice e fu travolto da un turbinio di sensazioni che non aveva mai provato prima di allora.  Si sentì pervadere da una calore che partiva dal proprio petto e giungeva fino alla punta delle dita, e strinse ancora più forte la ragazza a sé. Era confuso, soprattutto perché la ragazza stava ricambiando il bacio e quindi significava che anche lei provava qualcosa per lui, ma non poteva negare di essere dannatamente felice. Restarono così per quella che parve loro un’eternità, sperando che quei momenti non finissero mai.

- Ora capisci perché non voglio passare oltre? – gli chiese Beatrice, poco dopo, quando si furono seduti sui gradini di Primavera, abbracciati.

- Certo. – le rispose Claudio, con un sorriso. – Ora che lo capisco non voglio nemmeno aiutarti a farlo.

 

 

 

Trascorsero due settimane indimenticabili, nelle quali si conobbero meglio e fecero tutte quelle cose che due ragazzi normali della loro età avrebbero fatto, per quanto la situazione lo permettesse. Una volta, Beatrice aveva espresso il desiderio di voler provare a guidare una macchina, così Claudio l’aveva portata nei dintorni di Primavera e, armato di pazienza come quella volta che aveva fatto da istruttore alla sorella, l’aveva fatta sedere al posto di guida e le aveva dato tutte le istruzioni necessarie. Appena fermi, poi, erano scoppiati a ridere all’idea che se qualcuno li avesse visti si sarebbe spaventato nel notare una macchina che praticamente guidava da sola e che trasportava un passeggero.

In un occasione erano perfino andati al cinema e Beatrice, ovviamente, non aveva pagato il biglietto. Quello fu lo spunto per elencare tutti i vantaggi dell’essere fantasma, una volta usciti dal cinema e arrivati a casa di Claudio.

Furono quattordici giorni felici, ma entrambi sapevano che quello era tempo rubato e che prima o poi tutto sarebbe finito. Non potevano continuare a vivere nella speranza che la loro storia potesse durare, perché era totalmente vana. Beatrice capiva bene che prima o poi avrebbe dovuto affrontare i fantasmi del proprio passato, per quanto ironico potesse suonare.

Fu così che all’alba del quindicesimo giorno si materializzò in camera di Claudio, che ancora dormiva. Si sedette sul bordo del letto e lo osservò, accarezzandogli i capelli. Sentì le lacrime pungerle agli angoli degli occhi, tuttavia non fece nulla per fermarle.

Sapeva fin dall’inizio che sarebbe andata a finire così, d’altronde. Aveva voluto buttarsi, senza pensare troppo né alle conseguenze, né al futuro. Aveva vissuto alla giornata, provando emozioni che la sua morte prematura le aveva negato. Vedendola a quel modo, era stata anche privilegiata.

Era però giunto il momento di fare i conti con la realtà, per quanto non volesse. Avrebbe protratto quella situazione ancora per lungo tempo, ma sapeva che più andava avanti, più sarebbe stato difficile trovare la forza per passare oltre. Claudio aveva il diritto di avere una vita normale, per quanto il suo dono glielo potesse concedere.

Si fece forza con quei pensieri, mentre aspettava il risveglio del ragazzo, che avvenne poco dopo l’alba.

Claudio fu sorpreso di trovare Beatrice seduta sul suo letto, non appena ebbe aperto gli occhi. Fu solo un attimo, però, perché poi capì il motivo di quella visita.

Doveva aspettarselo, dopotutto, ma aveva preferito non pensarci per non guastare quel poco tempo che avevano avuto a disposizione. Era la cosa più giusta da fare, lo sapevano entrambi. Per quanto fosse doloroso, prima poi avrebbero dovuto separarsi.

- Hai deciso, alla fine… - mormorò il ragazzo, la voce ancora arrochita dal sonno. Si mise a sedere sul letto, cercando di non guardarla in faccia, altrimenti non l’avrebbe più lasciata andare.

- Già. – sussurrò Beatrice, fra le lacrime. – Ti prego, guardami… - aggiunse poi, avvicinandosi a lui e prendendogli la testa tra le mani.

Claudio alzò lo sguardo fino ad incontrare quello di Beatrice, e quest’ultima si accorse che aveva gli occhi leggermente lucidi.

- Sono venuta per dirti addio. Non rendere le cose più difficili di così, per favore. – lo implorò, passandogli una mano tra i capelli.

Claudio sospirò, prima di rispondere. – Sapevo che prima o poi sarebbe successo, ma speravo che questo momento non arrivasse mai. Rendiamolo rapido, perché altrimenti non riuscirei più a lasciarti andare.

- Anche io speravo che non arrivare mai… Ma devo farlo. Tu hai il diritto, anzi il dovere, di vivere la tua vita, di avere una ragazza… viva. Non posso legarti a me per sempre, e prima o poi me lo rinfacceresti anche tu. È meglio finirla qui, prima che uno dei due si faccia davvero male. Ed è già abbastanza difficile così, lo sappiamo entrambi. – gli disse Beatrice, tra i singhiozzi. Le costava pronunciare quelle parole, ma erano la sacrosanta verità.

- Lo so… E hai ragione. Ma non potremmo almeno provarci? Vedere come vanno le cose… A me non importa delle altre, davvero. Voglio stare con te, al diavolo una vita normale! Non ne avrò mai una, con questa maledizione. – la supplicò Claudio, abbracciandola.

- Ci abbiamo già provato, Claudio. Lo abbiamo fatto in queste fantastiche due settimane, lo sai. Ora però devo passare oltre e dobbiamo lasciarci tutto alle spalle. – gli sussurrò la ragazza, liberandosi dalla stretta di Claudio per asciugarsi le lacrime. Doveva essere forte, e piangere di certo non aiutava.

- Devo andare, ora. – aggiunse quindi, cercando di mantenere un tono di voce fermo.

- Vuoi che venga con te? – le chiese Claudio, ormai rassegnato. Gli costava fatica separarsi da lei, ma l’avrebbe accompagnata in quell’ultimo viaggio, se lei lo avesse voluto.

- È meglio di no. – rispose Beatrice. – Devo andare a Primavera da sola e devo essere io a trovare il coraggio necessario. Se ci fossi tu, sarebbe tutto più difficile. E maledettamente più doloroso.

Aveva ragione, dopotutto. Il teatro del loro addio sarebbe stata la camera di Claudio, dove avevano parlato per la prima volta, dove tutto era iniziato, dove avevano passato dei momenti stupendi e provato delle sensazioni altrettanto magnifiche.

E quello sarebbe stato il luogo dove tutto sarebbe finito.

 

   
 
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