Capitolo Tre
Il giorno dopo,
Claudio decise di raggiungere Beatrice a Primavera, dato che non l’aveva più
vista da quando aveva lasciato l’archivio e gli aveva detto di voler restare
sola. Il ragazzo, tuttavia, pensava che avesse avuto abbastanza tempo per stare
da sola con i propri pensieri e per tentare di ricordare.
Forse vi era
finalmente riuscita, e proprio per questo non si era più mostrata a lui dal giorno
prima. E se fosse addirittura passata oltre, dopo aver ricordato? In cuor suo,
Claudio temeva questa eventualità, più di quanto volesse ammettere.
In quel lasso di
tempo trascorso insieme, aveva instaurato con Beatrice una sorta di amicizia,
per quanto poco sapessero l’uno dell’altra. Passavano però gran parte del loro
tempo insieme, e ciò era bastato per dare avvio a quel rapporto tra loro. La
ragazza era il primo spirito della sua età con cui aveva a che fare, e ciò la
faceva sentire molto vicino a lui.
Giunto davanti
al cancello di Primavera, Claudio frenò la bici e sbirciò attraverso la grata,
per vedere se scorgeva Beatrice. Il giardino, però, era vuoto, così il ragazzo
appoggiò il veicolo al muro di cinta ed oltrepassò il cancello. Si chiese se fosse
vero che Primavera era così infestata dagli spiriti come tutti dicevano, in
paese. Probabilmente, però, si trattava di una diceria popolare, perché quando
la volta precedente era andato là ad incontrare Beatrice, non aveva visto
l’ombra di uno spettro.
Arrivò
all’ingresso della casa e si sedette sugli scalini. Non voleva entrare nella
casa, sapeva che là dentro non avrebbe trovato la ragazza. Una volta, in
archivio, gli aveva detto che preferiva stare nel giardino, c’era qualcosa che
non la convinceva, all’interno della dimora e preferiva starne alla larga: il massimo
che faceva era sedersi sugli scalini. Dopo aver letto l’articolo riguardante la
sua morte, aveva capito bene il perché di quella scelta; era morta là dentro,
dopotutto.
Beatrice
comparve dopo qualche minuto e appena vide Claudio seduto sugli scalini sgranò
gli occhi per la sorpresa.
- Che ci fai
qui? – gli chiese, sulla difensiva. Pensava che avesse scoperto qualcos’altro,
e non era proprio certa di voler sapere di cosa si trattasse.
- Niente. Ero
solo venuto a sapere come stavi, dopo che ieri sei letteralmente sparita. –
rispose Claudio con un’alzata di spalle.
- Ah, ho capito…
Beh, non ho ricordato nulla, se è questo che vuoi sapere, per cui sto come al
solito. – disse la ragazza, sedendosi accanto a lui.
- Proprio
niente? – indagò Claudio, al che Beatrice scosse la testa in segno di diniego.
– Suppongo ti ci vorrà altro tempo. – aggiunse quindi.
- Già. – sospirò
la ragazza, riavviandosi una ciocca di capelli castani dietro le orecchie.
- Se magari
entrassimo? – propose Claudio, poco dopo. Aveva avuto modo di maturare
quell’idea mentre aveva atteso l’arrivo di Beatrice, e gli era parsa abbastanza
buona. Andare sul luogo esatto della propria morte l’avrebbe aiutata a
ricordare, magari.
- No! – esclamò
immediatamente la ragazza, voltandosi verso Claudio e fulminandolo con lo
sguardo. Come diavolo gli venivano in mente delle idee così assurde? Non voleva
entrare in quella casa, aveva paura. Ne aveva sempre avuto paura, fin da
piccola, e non vedeva perché dovesse superare quella sua debolezza proprio ora
che era morta, per lo più all’interno di quel maledetto edificio. Una volta
quella casa esercitava su di lei una sorta di fascino, ma da quando era morta
l’aveva perso completamente.
- Perché? – chiese
Claudio, pacato. Quella reazione era abbastanza comprensibile, dopotutto. Era
l’estrema negazione della propria morte, l’ultimo barlume di speranza di
rimanere attaccati alla vita terrena, prima di ricordare e passare oltre. Solo,
non capiva perché Beatrice avesse chiesto il suo aiuto, se davvero le cose
stavano così.
A quella
domanda, la ragazza non sapeva esattamente cosa rispondere. Sapeva che non era
solo per paura che si rifiutava di entrare in quella casa: se poi avesse
ricordato tutto avrebbe dovuto lasciare per sempre quella dimensione, e ciò
avrebbe comportato lasciare anche Claudio. Solo in quel momento si era resa
conto che era l’ultima cosa voleva fare. Dopo anni di solitudine, aveva
finalmente trovato qualcuno con cui parlare, qualcuno che la capiva… E non
voleva che tutto ciò finisse.
- Semplicemente non
voglio. Non sono poi così sicura di voler ricordare tutto. – rispose Beatrice,
per non esporre troppo i propri sentimenti. Quella era una mezza verità,
dopotutto.
- Allora perché
ti sei rivolta a me? – chiese Claudio, inarcando un sopracciglio. Più quella
conversazione andava avanti, più diventava confuso.
- Perché
all’inizio volevo ricordare! Poi…
- Poi cosa? – la
incalzò il ragazzo.
- Non lo so. Ora
ricordare la mia morte non mi importa più così tanto. Non sono ancora pronta
per lasciare questo mondo. – ammise Beatrice, evitando di scendere nei
particolari. Non voleva rovinare tutto con qualche parola di troppo. Non voleva
esporsi, temeva la reazione di Claudio.
Il ragazzo
sospirò, esasperato. Di certo non poteva più aiutarla, giunti a quel punto. Il
suo compito era finito, per quanto gli dispiacesse ammetterlo.
- Allora non hai
più bisogno di me. – sentenziò, alzandosi. Doveva andarsene, per quanto gli
dispiacesse, ma molto probabilmente Beatrice preferiva restare sola. – Se cambi idea, sai dove trovarmi. –
aggiunse, prima di incamminarsi verso il cancello.
- No! – esclamò
Beatrice, in preda al panico, alzandosi a sua volta in piedi. Non voleva che se
ne andasse, sarebbe equivalso a perderlo. Lo bloccò quindi per un braccio,
costringendolo a fermarsi.
Claudio si
arrestò, sorpreso, e si voltò verso la ragazza. Notò che aveva gli occhi lucidi
e, d’istinto, l’abbracciò. Beatrice gli restituì l’abbraccio, aggrappandosi a
lui con la forza della disperazione e abbandonandosi alle lacrime. Appoggiò la
testa nell’incavo della sua spalla e si lasciò andare ai singhiozzi. Non
l’avrebbe lasciato andare.
Il ragazzo si
limitò a stringerla fra le proprie braccia, non sapendo esattamente cosa dire
per consolarla. Aspettò semplicemente che si calmasse, accarezzandole i capelli
di tanto in tanto.
- Non voglio che
tu te ne vada… - disse flebilmente Beatrice, una volta che le lacrime e i
singhiozzi furono cessati.
- Non lo farò,
tranquilla. – la rassicurò Claudio, sincero. Non voleva separarsi da lei, ora
che aveva realizzato che quella sensazione era reciproca.
A quelle parole,
Beatrice alzò lo sguardo fino ad incontrare quello del ragazzo. – Grazie. – gli
sussurrò, sorridendo.
Claudio ricambiò
il sorriso, sentendosi leggermente in imbarazzo. Era la prima volta che
consolava una ragazza in lacrime e non sapeva esattamente come comportarsi in
una situazione del genere, tanto più che la fanciulla in questione era un fantasma
per cui pensava di provare qualcosa che andava ben oltre i ‘rapporti
professionali’. Ancora non se ne capacitava, ma era così. Si limitò perciò a
riavviarle goffamente una ciocca di capelli dietro le orecchie.
Quel gesto fu la
molla che fece scattare tutto. Senza rendersene nemmeno conto sentì le proprie
labbra che si posavano su quelle di Beatrice e fu travolto da un turbinio di
sensazioni che non aveva mai provato prima di allora. Si sentì pervadere da una calore che partiva
dal proprio petto e giungeva fino alla punta delle dita, e strinse ancora più
forte la ragazza a sé. Era confuso, soprattutto perché la ragazza stava
ricambiando il bacio e quindi significava che anche lei provava qualcosa per
lui, ma non poteva negare di essere dannatamente felice. Restarono così per
quella che parve loro un’eternità, sperando che quei momenti non finissero mai.
- Ora capisci
perché non voglio passare oltre? – gli chiese Beatrice, poco dopo, quando si
furono seduti sui gradini di Primavera, abbracciati.
- Certo. – le
rispose Claudio, con un sorriso. – Ora che lo capisco non voglio nemmeno
aiutarti a farlo.
Trascorsero due
settimane indimenticabili, nelle quali si conobbero meglio e fecero tutte
quelle cose che due ragazzi normali della loro età avrebbero fatto, per quanto
la situazione lo permettesse. Una volta, Beatrice aveva espresso il desiderio
di voler provare a guidare una macchina, così Claudio l’aveva portata nei
dintorni di Primavera e, armato di pazienza come quella volta che aveva fatto
da istruttore alla sorella, l’aveva fatta sedere al posto di guida e le aveva
dato tutte le istruzioni necessarie. Appena fermi, poi, erano scoppiati a
ridere all’idea che se qualcuno li avesse visti si sarebbe spaventato nel
notare una macchina che praticamente guidava da sola e che trasportava un
passeggero.
In un occasione
erano perfino andati al cinema e Beatrice, ovviamente, non aveva pagato il
biglietto. Quello fu lo spunto per elencare tutti i vantaggi dell’essere
fantasma, una volta usciti dal cinema e arrivati a casa di Claudio.
Furono
quattordici giorni felici, ma entrambi sapevano che quello era tempo rubato e
che prima o poi tutto sarebbe finito. Non potevano continuare a vivere nella
speranza che la loro storia potesse durare, perché era totalmente vana. Beatrice
capiva bene che prima o poi avrebbe dovuto affrontare i fantasmi del proprio
passato, per quanto ironico potesse suonare.
Fu così che
all’alba del quindicesimo giorno si materializzò in camera di Claudio, che
ancora dormiva. Si sedette sul bordo del letto e lo osservò, accarezzandogli i
capelli. Sentì le lacrime pungerle agli angoli degli occhi, tuttavia non fece
nulla per fermarle.
Sapeva fin
dall’inizio che sarebbe andata a finire così, d’altronde. Aveva voluto
buttarsi, senza pensare troppo né alle conseguenze, né al futuro. Aveva vissuto
alla giornata, provando emozioni che la sua morte prematura le aveva negato.
Vedendola a quel modo, era stata anche privilegiata.
Era però giunto
il momento di fare i conti con la realtà, per quanto non volesse. Avrebbe
protratto quella situazione ancora per lungo tempo, ma sapeva che più andava
avanti, più sarebbe stato difficile trovare la forza per passare oltre. Claudio
aveva il diritto di avere una vita normale, per quanto il suo dono glielo
potesse concedere.
Si fece forza
con quei pensieri, mentre aspettava il risveglio del ragazzo, che avvenne poco
dopo l’alba.
Claudio fu
sorpreso di trovare Beatrice seduta sul suo letto, non appena ebbe aperto gli
occhi. Fu solo un attimo, però, perché poi capì il motivo di quella visita.
Doveva
aspettarselo, dopotutto, ma aveva preferito non pensarci per non guastare quel
poco tempo che avevano avuto a disposizione. Era la cosa più giusta da fare, lo
sapevano entrambi. Per quanto fosse doloroso, prima poi avrebbero dovuto
separarsi.
- Hai deciso, alla
fine… - mormorò il ragazzo, la voce ancora arrochita dal sonno. Si mise a
sedere sul letto, cercando di non guardarla in faccia, altrimenti non l’avrebbe
più lasciata andare.
- Già. –
sussurrò Beatrice, fra le lacrime. – Ti prego, guardami… - aggiunse poi,
avvicinandosi a lui e prendendogli la testa tra le mani.
Claudio alzò lo
sguardo fino ad incontrare quello di Beatrice, e quest’ultima si accorse che
aveva gli occhi leggermente lucidi.
- Sono venuta
per dirti addio. Non rendere le cose più difficili di così, per favore. – lo
implorò, passandogli una mano tra i capelli.
Claudio sospirò,
prima di rispondere. – Sapevo che prima o poi sarebbe successo, ma speravo che
questo momento non arrivasse mai. Rendiamolo rapido, perché altrimenti non
riuscirei più a lasciarti andare.
- Anche io
speravo che non arrivare mai… Ma devo farlo. Tu hai il diritto, anzi il dovere,
di vivere la tua vita, di avere una ragazza… viva. Non posso legarti a me per sempre, e prima o poi me lo
rinfacceresti anche tu. È meglio finirla qui, prima che uno dei due si faccia
davvero male. Ed è già abbastanza difficile così, lo sappiamo entrambi. – gli
disse Beatrice, tra i singhiozzi. Le costava pronunciare quelle parole, ma
erano la sacrosanta verità.
- Lo so… E hai
ragione. Ma non potremmo almeno provarci? Vedere come vanno le cose… A me non
importa delle altre, davvero. Voglio stare con te, al diavolo una vita normale!
Non ne avrò mai una, con questa maledizione. – la supplicò Claudio,
abbracciandola.
- Ci abbiamo già
provato, Claudio. Lo abbiamo fatto in queste fantastiche due settimane, lo sai.
Ora però devo passare oltre e dobbiamo lasciarci tutto alle spalle. – gli
sussurrò la ragazza, liberandosi dalla stretta di Claudio per asciugarsi le
lacrime. Doveva essere forte, e piangere di certo non aiutava.
- Devo andare,
ora. – aggiunse quindi, cercando di mantenere un tono di voce fermo.
- Vuoi che venga
con te? – le chiese Claudio, ormai rassegnato. Gli costava fatica separarsi da
lei, ma l’avrebbe accompagnata in quell’ultimo viaggio, se lei lo avesse
voluto.
- È meglio di
no. – rispose Beatrice. – Devo andare a Primavera da sola e devo essere io a
trovare il coraggio necessario. Se ci fossi tu, sarebbe tutto più difficile. E
maledettamente più doloroso.
Aveva ragione,
dopotutto. Il teatro del loro addio sarebbe stata la camera di Claudio, dove
avevano parlato per la prima volta, dove tutto era iniziato, dove avevano
passato dei momenti stupendi e provato delle sensazioni altrettanto magnifiche.
E quello sarebbe
stato il luogo dove tutto sarebbe finito.