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Autore: Shireith    26/02/2020    1 recensioni
Il Maestro Fu non ha mai rinunciato al suo ruolo di guardiano. Invece, Ladybug e Chat Noir sono riusciti a sconfiggere Papillon, pur non avendo mai scoperto chi si nascondesse sotto la maschera. Rientrato il pericolo, il Maestro Fu ha ritirato i loro miraculous, senza che i due potessero avere la possibilità di rivelare le rispettive identità: con il ricordo dell’altro nel cuore, Adrien e Marinette sono tornati a essere dei normali civili.
‣ Seconda classificata al contest "Tutti pazzi per i musical! II edizione" indetto da Mari Lace sul forum di EFP.
‣ Storia candidata agli Oscar della Penna 2022 indetti sul forum "Ferisce più la penna".
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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  Il suo ricordo era costante, ostinato a non svanire mai: giorno dopo giorno, Chat Noir non smetteva di occupare i pensieri di Marinette.
  Lo rivedeva per le strade, quando – benché la mente le imponesse di guardare altrove – gli occhi le cadevano sui murali pittoreschi che artisti anonimi avevano realizzato in onore di quegli eroi che Parigi prometteva di non dimenticare mai.
  Lo sentiva a scuola, quando le voci sognanti di amici e compagni di classe la trovavano senza il suo consenso e riportavano alla memoria il ricordo di qualcosa – qualcuno – che non c’era più. I resoconti delle avventure passate di Ladybug e Chat Noir le graffiavano le orecchie e le adombravano il cuore.
  Chat Noir se n’era andato, eppure era ovunque.
  Lo vedeva, lo sentiva, lo avvertiva nella stessa aria come un profumo lontano, tanto suggestivo quanto impossibile da raggiungere.
  Dov’era? Che cosa stava facendo? Soprattutto, pensava ancora a lei?
  Una parte di Marinette sperava ardentemente di sì. L’altra, tuttavia, ricordava con nostalgia quell’amore tra loro mai sbocciato, e allora una preghiera silenziosa sfuggiva alla sua mente – il desiderio, seppur sofferto, che almeno lui avesse trovato la felicità, anche se questo significava vivere con la consapevolezza che lui era andato avanti e lei no.
  Che differenza faceva? Il pericolo era rientrato. I loro miraculous erano stati riconsegnati. Chat Noir non c’era più, poteva tornare a vivere solo nella sua memoria come un ricordo doloroso e struggente. Non avrebbe mai dimenticato, in tutti gli anni a venire, il suo sorriso sbeffeggiante e i suoi occhi vispi.
  Chissà se lui, invece, l’aveva dimenticata.
  La risposta – a lei sconosciuta – era no.
  Anche ora, nel bel mezzo di volti ignoti e voci estranee, Adrien pensava solo a lei. C’era un murale, in quella parte della città che aveva da poco raggiunto, che tra tutti era il suo preferito: colorato e dinamico, curato nel dettaglio più banale, rappresentava tutta l’essenza di quello che lui e Ladybug erano stati. Guardarlo gli faceva forse più male che bene, ma non riusciva a staccare gli occhi.
  Anche qualora l’avesse fatto, dubitava sarebbe servito a qualcosa.
  Ladybug non era solo in quel murale, non solo nelle fotografie che dominavano i social, i quotidiani e i telegiornali – lei era ovunque. In un certo senso, Ladybug era Parigi stessa.
  Solo di tanto in tanto Adrien sembrava rendersi effettivamente conto dell’importanza che Chat Noir e Ladybug avevano avuto. Erano stati supereroi, avevano incantato grandi e piccini con una realtà che fino a poco tempo prima si era creduta possibile solo nei fumetti. Avevano lasciato un’impronta indelebile – o forse due: la prima, alla luce del giorno, nei cuori dei civili; la seconda, inconsapevole, nel cuore dell’altro.
  Non avrebbe mai pensato, Adrien, che sarebbero tornati a essere dei normali cittadini senza nemmeno avere la possibilità di vedersi faccia a faccia, nessuna maschera di sorta a celare le loro identità. Erano proprio come quel murale, loro due: dinamici e affiatati – ma, a differenza di quello spicchio d’arte, non erano riusciti a durare.
  Comunque, per quanto fosse amara la nostalgia di cui era preda ogni volta che si fermava a guardarlo, era un bellissimo murale, e ci sarebbe tornato tante altre volte.
   
  Un giorno di quelli, successe un fatto curioso.
  Il sole risplendeva alto nel cielo spoglio di nuvole, gettando lunghe ombre tutt’intorno a sé. In occasione del 14 luglio, data in cui ricorreva la presa della Bastiglia, Parigi e tante altre città della Francia erano note ospitare diverse parate: tra le più celebri rientrava sicuramente la parata militare presso Avenue des Champs-Élysées.
  Adrien strisciò tra lo calca attento a non urtare nessuno e si fermò, com’era diventata sua consuetudine fare, a pochi passi dal murale, che si trovava in una zona limitrofa. Pur non essendo l’unico a rimanerne affascinato, era raro che qualcuno si concedesse più di cinque minuti per contemplarlo: solitamente, le persone di passaggio mormoravano qualche complimento per l’anonimo artista e procedevano oltre. Quel pomeriggio, un’altra ragazza si era fermata.
  Per un istante, il cuore di Adrien sobbalzò, ma subito si rese conto che non era possibile che fosse lei. Senza parlare, si avvicinò alla figura ancora ignota e si sorprese un poco quando la riconobbe. «Marinette?»
  La ragazza si volse, sbattendo più volte le ciglia: come lui, si stupì di trovarlo lì, ma gli sorrise. «Adrien», lo salutò a mezza voce.
  Lui sorrise a sua volta. «Come mai sei qui?»
  «C’è la parata. Passavo per caso da queste parti», mentì, voltandosi un’altra volta verso il murale, «e ho visto questo.»
  Adrien contemplò il suo profilo – la schiena dritta, il mento alzato e lo sguardo fiero, anche se macchiato di una malinconia che sul momento lui non poteva comprendere. Gli sembrava di star guardando Ladybug. Si stupì di questo suo pensiero quando lo razionalizzò, ma non volle smentirlo: si somigliavano davvero tanto, quelle due. E in effetti, in passato, aveva più volte paragonato la ragazza che amava a Marinette, riconoscendo in lei la stessa forza d’animo e la stessa tenacia di Ladybug.
  Era strano trovarsi lì proprio in sua presenza. Adrien aveva partecipato alla parata anche l’anno precedente, ma era stato tutto diverso: lui e Ladybug, su richiesta del sindaco Bourgeois, vi avevano preso parte nelle loro vesti eroiche. Ricordava ancora il sole cocente che batteva sulla sua testa, o il sorriso che era affiorato sulle sue labbra nell’osservare Ladybug di soppiatto: la schiena dritta, il mento alzato e lo sguardo fiero – proprio come Marinette – mentre rimirava dall’alto Parigi, quasi fosse una regina.
  Tornò a guardare il murale, come se non ne conoscesse ogni singola sfumatura. «È stupendo», commentò semplicemente.
  «Mi sembra di averceli di fronte. Secondo te che fine hanno fatto?»
  «Non lo so. Forse, ora che Papillon non c’è più, hanno finalmente coronato il loro sogno d’amore.»
  Il tono serio in contrasto con l’espressione giocosa del ragazzo le strappò una risata. «Non dirmi che sei uno di quei fan complottisti che pensano che fossero amanti.»
  «Non proprio, anche se credo che il fascino di Chat Noir gli avrebbe permesso di conquistare chiunque, Ladybug inclusa», asserì con finta vanesia, proprio come avrebbe fatto l’eroe oggetto della loro conversazione.
  «Dubito che Ladybug si sarebbe fatta corteggiare da un dongiovanni qualsiasi», stuzzicò Marinette, benché la sua opinione di Chat Noir fosse in verità ben più alta di quello che le sue parole lasciassero intendere.
  «Un dongiovanni qualsiasi, dici? Guarda che Chat Noir è un ragazzo molto serio e non va in giro a corteggiare qualsiasi ragazza gli capiti a tiro.»
  «Ne parli come se lo conoscessi.»
  «Potrei dire la stessa cosa di te.»
  Dopo un attimo di silenzio, entrambi risero.
  «Comunque stavo solo scherzando», ci tenne a chiarire Marinette. «Non penso che Chat Noir fosse tanto superficiale. Anzi, secondo me hai ragione tu.»
  Ringraziandola mentalmente per il suo ignaro complimento, Adrien non poté fare a meno di notare un dettaglio. «Perché parli di lui al passato?»
  Marinette si rabbuiò. Scoccò un’altra occhiata al murale e un sorriso mesto vestì le sue labbra. «È come se non ci fosse più. Un po’ mi manca. Cioè», s’affrettò a correggersi, temendo di aver rivelato troppo, «mi mancano – lui e Ladybug. È strano non vederli più in giro, no?»
  Lo sguardo di Adrien lasciò trapelare molto meno di quanto non pensasse di aver capito. «Sono ancora in giro, in un certo senso», rifletté ad alta voce. «Nei ricordi delle persone, nei loro racconti… A volte sembra che non se ne siano mai andati.»
  Lei annuì e non rispose. Lo osservò di sottecchi, divisa a metà tra un atroce dubbio e una deliziosa speranza: era davvero arrivata a riconoscere Chat Noir nei gesti e nelle parole di un vecchio amico e amore ancora bruciante, benché non fosse più l’unico e ne fosse anzi sopraggiunto un secondo? Forse si stava illudendo. Forse non significava nulla. O forse c’era una possibilità, per quanto pallida e remota, che avesse ragione: perché non coglierla? Nella peggiore delle ipotesi, Adrien l’avrebbe presa per matta.
  «Dici che Tikki e Plagg stanno bene?»
  «Penso di sì, anche se temo che Plagg sia in astinenza da camembert.» Sgranò gli occhi e si volse di scatto, una parte di lui che si chiedeva se non avesse appena sognato gli ultimi scorci di conversazione. «Tu…?» farfugliò appena, ancora incredulo.
  Marinette si sentì improvvisamente schiacciata da un misto di consapevolezze e sentimenti contrastanti: qualsiasi domanda frullasse per la testa di Adrien, lei non sarebbe riuscita a rispondere nemmeno a quelle che stava ponendo a se stessa. «Devo andare, scusa», disse tutto d’un fiato, e sparì tra la folla.
  «No, Marinette, aspetta!» Si lanciò all’inseguimento, chiamando il suo nome a gran voce, ma bastò un attimo per realizzare che l’aveva persa di vista: c’erano troppe persone, molte delle quali erano adulte e per questo ben più alte di due ragazzi come loro. Non voleva, però, darsi per vinto tanto facilmente. Gli schiamazzi concitati della folla che gli bagnavano le orecchie, Adrien continuò a correre nella direzione che aveva imboccato Marinette e dopo un po’ riuscì a individuarla mentre si allontanava in fretta. Lei si voltò, forse sicura di averlo già seminato, perché quando lo vide accelerò nuovamente. Adrien le fu subito dietro. Temeva che, per colpa di tanta gente, l’avrebbe persa di vista, ma ancora non voleva arrendersi. L’ultima cosa che si sarebbe aspettato era che lei si fermasse. Immaginando che l’avesse fatto perché certa di essergli sfuggita, Adrien affrettò il passo, ma anche quando Marinette lo vide arrivare rimase lì dov’era.
  «Non ti facevo così veloce», disse quando la raggiunse, la voce ansante.
  Lei alzò le spalle. «Sei fuori forma, dall’ultima volta.»
  Adrien colse l’allusione e rise. «Oh, ti assicuro che sono in forma smagliante, solo non mi aspettavo che saresti corsa via in quel modo.»
  «Scusa, mi sono lasciata trasportare.»
  «Lo capisco…» commentò Adrien, sollevando le sopracciglia. «Sono sorpreso anch’io. Non mi sarei mai aspettato che saresti stata tanto diretta.»
  Marinette sorrise e reclinò il capo a sinistra, guardandolo con due occhi che lo fecero impazzire. «Be’, io non mi sarei aspettata di avere ragione. Lo sospettavo, ma da qui a pensare che fosse vero…»
  «Ti stupisce che io sia – fossi – Chat Noir?»
  «No», rispose, franca. «Se me l’avessero detto mesi fa, non ci avrei creduto, avrei pensato che tu fossi troppo diverso da lui. Ora che ti conosco meglio, però, ha senso.»
  Adrien non poteva desiderare risposta migliore. Per quanto Chat Noir fosse in tutto e per tutto Adrien Agreste, c’era una parte di lui che raramente aveva sfoggiato in presenza di altri – la parte, ossia, più faceta del suo carattere, quella che non doveva tener conto del giudizio di nessuno. Adrien era fatto di sorrisi e parole gentili, ma anche di ghigni sarcastici e battute sagaci, sia pur spesso spezzate dal tempismo non proprio ottimale. Erano, insomma, due facce della stessa medaglia, così come anche Marinette era un miscuglio delle qualità che Adrien aveva imparato ad apprezzare prima in Ladybug e poi nella ragazza stessa.
  Marinette, un tempo, si sarebbe sentita in soggezione. Invece, era calma. Ora che sapeva come stavano le cose, soprattutto, si sentiva in pace. Ad averla sorpresa non era stata la rivelazione in sé, quanto la consapevolezza di aver avuto ragione a sospettare di Adrien.
Impossibile, avrebbe negato un tempo. Ma poi, col passare di giorni, settimane e mesi, aveva lentamente iniziato a riconoscere i segnali: le assenze e i ritardi di Adrien che coincidevano con i suoi; le sue rare ma sempre più frequenti freddure; la sua galanteria che rispecchiava quella di Chat Noir, con la differenza che quest’ultimo la accompagnava spesso con una buona dose di sfacciataggine.
  Se qualcuno, mesi prima, le avesse detto che il ragazzo che amava era lo stesso che le faceva da sempre la corte, lo stesso che due volte aveva persino avuto la baldanza di presentarsi a lei vestito da banana – quale idiota! – Marinette sarebbe avvampata. Ora, il pensiero la faceva ridere di cuore, alleggerendola di tutte quelle responsabilità che erano gravate sulle spalle di Ladybug e dandole l’impressione di essere ancora più giovane dei suoi quindici anni.
  «Ti va di fare un giro?» domandò a bruciapelo.
  Adrien fece una cosa che sul momento la colse di sorpresa. In mezzo a tanta gente, s’inginocchiò, esibendosi in un baciamano così tipico di lui che per un attimo le parve di essere stata catapultata nel passato. «Mi farebbe molto piacere.»
  Ridacchiando, Marinette lo allontanò da sé con un dito sulla fronte, un gesto incredibilmente familiare a entrambi: Chat Noir aveva fatto lo stesso l’anno scorso, accompagnando l’inchino con una battuta delle sue, e Ladybug l’aveva respinto con espressione giocosa, pur avendo accettato l’invito in seguito.
 «Sempre cascamorto?»
  «Preferisco gentiluomo
  Attorno a loro, la parata stava continuando: immersi in una serie di aneddoti e ricordi passati, decisero di seguirla senza più guardarsi indietro.
  
Retrouvailles — sentimento di gioia che si
prova quando ci si riunisce con la persona
amata a seguito di un lungo periodo.
   
 
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