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Autore: Nexys    01/03/2020    1 recensioni
Spoiler per chi non ha seguito Aragoto.
Kazuma darebbe la vita per la sua Veena, ma ha commesso errori imperdonabili. Si sente sporco, sbagliato, in errore, meritevole di una morte sofferta, per averla tradita più volte, anche se con la buona fede di salvarla. Non è stato in grado di proteggerla, nemmeno da se stessa. Per questo non vuole svegliarsi. Non vuole vedere con i propri occhi di traditore, esiliato, la disfatta della sua Divinità. L'amore della sua misera esistenza. Eppure, Bishamonten è lì, ad aspettare che torni al suo fianco, in quanto Dea benevola. La sua.
[KazuBisha] [Safe] [Lieve What if?]
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bishamon, Kazuma
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Veena…”

Il subconscio di Kazuma era in subbuglio, per non dire in crisi. Dopo aver confessato la propria imperdonabile colpa, ed essersi lasciato contaminare dalla corruzione della sua Dea, era sprofondato nell’oblio, un oblio meritato, nella speranza che fosse giunta la giusta morte per il suo tradimento. Tutto ciò che era rimasto impresso nella sua mente, dopo il nulla, era l’urlo di dolore di Bishamonten, l’unico vero grande amore della sua intera esistenza: dopotutto, una vita non sarebbe mai stata abbastanza per contenere le gioie di condividere anche solo un pensiero con lei. I singhiozzi a lungo repressi della sua Veena avevano squarciato il silenzio, poco prima di perdersi nel nulla. Per ben due generazioni di Strumenti Divini, la grande e coraggiosa Dea Guerriera aveva represso le sue grida di dolore, nel tentativo di non farle pesare alla sua grande famiglia, ignara del fatto che ciascuno dei suoi Tesori stesse di giorno in giorno facendo altrettanto. 

Perso nel buio, senza sapere se fosse vivo o morto, se lei fosse ancora viva e Kugaha sconfitto - magari distrutto - non riusciva a trattenere i suoi pensieri, come una cascata inarrestabile.

Quanto dolore doveva aver provocato alla sua Dea - sua, sua e di nessun altro - ancora una volta? 

Ci sarebbe mai stata redenzione per lui? 

O sarebbe semplicemente morto da traditore, così come riteneva di meritare? 

Come un fulmine a ciel sereno, aveva eretto un Confine per proteggere Yukine, infrangendo uno dei più grandi tabù del rapporto tra Divinità e Strumento Divino. Aveva bestemmiato in silenzio contro la sua Bishamonten, erigendo un esile muro, che in pochi istanti era diventato impenetrabile. E con esso, era giunto l’esilio. Un esilio meritato, perché non era stato in grado di aiutarla a guarire, guidarla saggiamente verso lo scorrere del tempo, proteggerla dal suo stesso dolore e quello di tutti i suoi strumenti, per poi arrivare a tradirla, per ben tre volte. 

La prima, la più imperdonabile, arrivando a implorare il Dio Yato di sterminare tutti i suoi Strumenti Divini ormai corrotti, che neanche troppo lentamente si erano trasformati in una massa informe pari a un tumore, un grosso cancro che aveva inglobato la Dea medesima, arrivando al punto di ridurla in fin di vita. Aveva implorato la loro morte, ed esaudito era tornato a raccogliere i cocci di quella Divinità distrutta, riprendendo il proprio posto accanto a lei, come sua guida, da egoista. L’aveva salvata da una morte atroce ed un’improvvisa Successione, ma si sentiva sporco e sbagliato. Tra tutti i componenti del Clan Ma, lui era rimasto in vita, pieno di un dolore che Veena non avrebbe mai percepito come suo. Che errore, pensarlo.

La seconda, quando aveva ripagato il suo debito con il Dio Yato, prendendo parte all’Abluzione di Yukine. Un altro tabù infranto, l’ennesima bestemmia pronunciata di nascosto, all’onore della grande Bishamonten.

E la terza, definitiva, di tradirla per proteggere lo Strumento Divino proprio di quella divinità sciagurata che era Yato stesso, meritando un esilio che ha ferito più lei, che lui. Una volta allontanato Kazuma, Vaisravana è caduta nell’oblio, consumata dal dolore, dalla malignità, dalla corruzione. Privata di una guida come della vista, della forza, dell’amore, ha rischiato di morire e perdersi durante la Successione, cambiando la sua sempiterna identità.

Annichilito dal proprio stesso silenzio mentale, Kazuma sperò di morire nel modo più doloroso possibile, anche se sapeva benissimo che nessun dolore avrebbe eguagliato quello provato dalla sua Signora.

Mai aveva desiderato di morire tanto quanto dopo averla sentita urlare di dolore, esplodere dopo così tanti anni, secoli di silenzio. La splendida e imperturbabile Bishamonten, Vaisravana per la leggenda, Veena solo per lui, aveva perso tutto il suo splendore e si era fatta consumare da un risentimento sbagliato, dovuto ad una decisione che non aveva mai avuto la possibilità di prendere. Nonostante fosse una Dea, non aveva avuto alcuna capacità di giudizio, non quando era stato Kazuma a prendere le redini della situazione in un tentativo disperato ed esasperante di salvarle la vita.

Ma a quale prezzo?

Ebbe paura di svegliarsi, di scoprirla morta e di dover trovare il modo di uccidersi senza dar pena a nessuno. Ma in fondo, chi mai lo avrebbe rimpianto? Era un traditore, che aveva mandato a morire la sua Divinità, dopo averla rovinata e abbandonata. 

Soffocato dal buio, contro il quale cominciò a lottare, Kazuma si sentì sporco. 

Choki!”, rievocava la sua voce, la sua forza nel chiamarlo come suo, e la sensazione calda e gentile nel prendere il proprio posto sul delicato lobo del suo orecchio. 

Lui, tra tutti, come Strumento Benedetto era in grado di ricoprire totalmente la sua Dea con le proprie potenzialità. Dal fisico alla mente, i sensi, manifestandosi come mirino per guidare, regolare e gestire la sua tumultuosa forza. Ogni gesto di Veena era, per lui, un trionfo, una benedizione. Pari a quella che aveva recitato dandogli un nome, e accogliendolo con sé anche se come semplice chiodo, che aveva osato violare la tenera carne della Divinità Guerriera per eccellenza.

Lottando contro il peso dell’oscurità in cui era finito relegato senza sapere bene che cosa stesse accadendo, Kazuma si tenne stretto ai ricordi. Alle carezze che erano soliti scambiarsi quando il sole calava, e con esso il silenzio sulla magione, così come le loro apparenze di Dea e umile servo. Bishamon amava sfilare gli occhiali di Kazuma per poterlo guardare meglio negli occhi e specchiarcisi, leggendo tutto l’amore innocente che lui aveva da offrire. Si leggevano dentro l’un l’altra, mentre lo Strumento Benedetto si accostava a lei per pettinarle la chioma d’oro. E passavano le ore quasi da umani, a parlare, o anche in silenzio, a scambiarsi una fedeltà che trascendeva ciò che era giusto e sbagliato. 

D’altronde, le decisioni di un Dio non possono essere sbagliate e mai lo sono.

Le mani di Veena erano calde ed esili, tanto che nessuno avrebbe mai potuto credere, non avendola vista combattere, che potessero essere capaci di tanta violenza. Amava sentirle sul viso, tra i capelli, tra le proprie dita. Amava baciarle in segno di devozione, perché i gesti per dimostrarle amore non erano mai abbastanza, e per lei avrebbe dato la vita per tutti i secoli a venire. Lei lo aveva salvato, e continuava a salvarlo ogni giorno, con la sua sola esistenza di Divinità - per lui - benevola.

 

Quando finalmente si destò dal torpore, si rese conto di essere ancora vivo. Vivo e coricato, intorpidito e dolorante. Gli servirono diversi secondi buoni, prima di decidersi ad aprire gli occhi ed affrontare la cruda realtà. 

Come un sole caldo dopo un lungo inverno, Veena, la sua Veena era lì, accanto a lui. Raggiante, bella come la vita, un sogno evanescente dal quale non avrebbe mai voluto svegliarsi. Bishamon era sopravvissuta, ed era accanto a lui, sorridente e fiera, pronta a riprendere con sé il suo Strumento Benedetto, dopo avergli dimostrato tutta la benevolenza ed il perdono che mai e poi mai Kazuma avrebbe creduto di meritare.

 

Quando tutti gli altri Strumenti uscirono dalla stanza, dopo una parentesi ilare sulle novità della magione, e rimase solo con lei, Kazuma pianse. Pianse in silenzio e versò le proprie ingrate lacrime sul quaderno che gli era appena stato consegnato, meritandosi di avere la sua Dea seduta al capezzale, ad accarezzargli il viso. Non ebbero bisogno di parlare. Bishamon si accarezzò il petto dove sentiva fluire tutto il dolore di Kazuma, il suo Kazuma, il pentimento, la rabbia, l’impotenza di fronte a quanto accaduto. Lo accolse tra le braccia, materna, e lo strinse al petto, sussurrandogli gentili parole di conforto, esprimendogli reciproca e innegabile appartenenza. Promesse di vita, di amore, di espiazione. Kazuma pianse e liberò il cuore di entrambi, sorridendo alla Dea con tutto il calore di cui era capace.

 

Scrisse sul quaderno ciò che aveva da dire, per permettere alla grande Bishamonten di conoscerlo meglio.

Ti amo, Veena.

 

 

E Veena, nel suo cuore, quell’amore lo sentiva, ogni secondo, da quando il battezzato Kazu, nominato Choki, era entrato a far parte della sua esistenza.












Nota dell'autrice: sono reduce da un rewatch ossessivo della prima parte di Aragoto. Non ho saputo fermarmi dallo scrivere. Questi due sono l'incarnazione dell'OTP, me ne sono innamorata sin da subito, quando anni fa ho iniziato la serie. Il rapporto di amore/devozione di Kazuma nei confronti di Veena è meraviglioso, così come la cura che lei ha di lui. Non ce la faccio proprio, soffoco nel mio stesso brodo di giuggiole.

  
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