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Autore: rora02L    06/03/2020    1 recensioni
La notte prima del giorno in cui Naruto verrà nominato Hokage, il giovane ninja ripensa al percorso che lo ha portato fino alla realizzazione del suo sogno e alle persone che lo hanno sostenuto, anche quelle che non ci sono più.
[Storia iscritta al contest "Disney Song!" indetto da rosy03 sul forum di EFP]
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Ci sono anch’io

Non è

stato facile perché

nessun altro a parte me

ha creduto

però ora so

che tu

vedi quel che vedo io

il tuo mondo è come il mio

e hai guardato

nell'uomo che sono e sarò

(“Ci sono anch’io”, Max Pezzali – Il pianeta del tesoro)

P.O.V. Naruto

Sono ancora sveglio, nonostante siano le due di notte. O del mattino, se vogliamo vederla in questo modo. Il mattino di quel giorno tanto atteso.
Sorrido, fissando il soffitto e controllando che il respiro di Hinata sia ancora stabile: beata lei, che riesce a dormire placida e tranquilla accanto a me, riesco a sentire il battito sereno del suo cuore. So che lei è contenta quanto me, se non di più. Ed orgogliosa di suo marito, che tra poche ore sarà Hokage.
Scuoto la testa, ancora fatico a crederci, ma il giorno è davvero in arrivo. Cavolo, quando avevo undici anni nessuno avrebbe mai creduto che sarei arrivato qui, che avrei realizzato il mio sogno. In realtà, non ne ero certo nemmeno io all’inizio. C’erano momenti bui in cui avrei preferito scappare, andare via dal villaggio che tanto mi disprezzava e da tutte quelle persone che mi guardavano come fossi un mostro. Ma non l’ho fatto. Volevo poter dire a tutti loro che sì, ci sono anch’io!
Non è stato semplice, nessun altro tranne me credeva che ci sarei riuscito. Tutti miravano a sminuirmi, a darmi dell’incapace e del fallito: chi è deserto non vuole che qualcosa fiorisca in te.
Ma ho inseguito comunque il mio sogno, la mia stella polare. E dopo non fui più l’unico a credere in me: il maestro Iruka fu il primo a sapere che ci sarei riuscito, il primo a credere in me.
Guardo mia moglie, con gli occhi chiusi ed i corti capelli corvini sparsi sul candido cuscino. Ora ha un taglio molto simile a quando eravamo piccoli. Già allora lei era una delle poche persone che credevano in me e riusciva a vedere oltre le mie buffonate, oltre il teppista birbante che imbrattava i volti di pietra degli Hokage. Ironia della sorte, presto anche il mio viso sarà su quel muro. Presto anche io indosserò quel mantello che ho tanto desiderato.
Non è stata una follia, questo viaggio di cui non sapevo l’esito. Ho creduto in me e nel mio sogno. Non ho mai mollato. Ho trovato un maestro che ha visto in me la scintilla che mi ha portato fino a questo giorno. Sorrido raggiante, sono così felice che il maestro Iruka potrà esserci mentre indosso il mantello e vengo proclamato settimo. Non riesco proprio a dormire, sono così emozionato per domani.
Hinata sapeva che non avrei chiuso occhio, ma ha comunque insistito perché bevessi una tisana rilassante prima di andare a dormire. Inutile dire che non mi ha aiutato ad addormentarmi ed ora sono sdraiato nel letto, coperto da un dolce lenzuolo.
Guardo quello che sono riuscito a costruire e non posso fare a meno di essere così orgoglioso. Non solo del mio ruolo da Hokage, ma anche della mia famiglia, quella che sono riuscito a costruirmi insieme ad Hinata, l’amore della mia vita. Io, che non ho mai avuto dei veri genitori, ora sono padre di due meravigliosi bambini che, lo so già, mi surclasseranno e saranno anche più forti di me, il loro papà. Domani, davanti a tutto il villaggio, potrò alzare il pugno al cielo e gridare a tutti loro, a pieni polmoni: “Ci sono anch’io!”
Ma c'è una persona che vorrei poter vedere nella folla, mentre mi proclamano Hokage. Non ci potrà essere… il maestro Jiraiya non ci sarà. Mi rabbuio al pensiero e, senza riflettere troppo, esco dalla finestra della camera da letto.
Salto di tetto in tetto, ricordando quando lo facevo per sfuggire dal maestro Iruka dopo qualcuna delle mie marachelle. Tutto per poter attirare l’attenzione, per ricordare alla gente che c’ero anche io e che non potevano ignorarmi. Un sorriso amaro attraversa il mio volto.
Mi fermo nel bosco, dove hanno sepolto Ero-sensei. Una lapide semplice, ma da eroe, ricorda che il suo corpo ora è qui. Mi siedo lì, davanti alla sua tomba. “Ehi, Ero-sensei… quanto tempo… scusa se non sono più venuto a trovarti da un po’, ma ho avuto parecchio da fare tra i bambini e… domani diventerò Hokage.”
Mi fermo, perché sento che la voce mi si sta spegnendo in gola, le parole sono rotte da piccoli singhiozzi.
Tu non sarai lì a vedermi realizzare il mio sogno. Ma so che ci sarai. So che sei là, con mamma e papà. So che fate tutti il tifo per me. So anche che, maestro Jiraiya, tu sei il solo ad aver visto quale sarebbe stato il tipo di uomo che sono ora, ora che sono cresciuto.
Do un pugno alla lapide, come a volerlo battere contro quello del maestro: “Guarda attentamente qua giù, Ero-sensei! Guardami diventare Hokage domani!”
Alcune lacrime scendono sulle mie guance: “Goditi lo splendore della luce che emanerò domani, sensei. Alzerò un pugno al cielo per te… guardatemi tutti: tu, la mamma, il quarto, ma anche il terzo e Neji. Perché ci sono riuscito: ho realizzato il mio sogno… e voglio che ci siate anche voi a festeggiare con me.”

~

Il sole splende sereno nel cielo, è luminoso. Sorrido alla folla, mentre il mantello di Hokage sventola sulle mie spalle ed il cappello copre parte del mio viso: meglio, non voglio che vedano il settimo Hokage che piange alcune lacrime di gioia, altre di commozione e alcune di dolore per le persone che oggi non possono essere qua con me a festeggiare questo giorno. Non con il corpo, ma so che mi guardano.
Questo è per te, Ero-sensei.
Alzo il pugno al cielo, come se fosse un segno di vittoria, e la folla esulta. Sorrido e guardo il volto di pietra di mio padre. Accanto al suo, c’è il mio. Mi domando quando mi ci abituerò. Ridacchio e poi mi rivolgo alla gente, gridando a pieni polmoni: “Ci sono anch’io!”
Guardo il maestro Iruka sorridermi, orgoglioso come non mai, e so che quell’orgoglio lo avrei visto anche negli occhi del maestro Jiraja.
Kakashi-sensei scuote la testa, ma so che è felicissimo per me. Ma la prima persona da cui vado è la mia prima fan, la prima che ha visto l’uomo che sarei diventato e ha visto la mia luce sotto l’ombra della mia tristezza.
Prendo mia moglie Hinata tra le braccia, facendo poi un giro completo ed urlando ancora, felici come non mai. Le dò poi un bacio sulle labbra, dolce quanto lei: “Grazie per aver sempre creduto in me, Hinata.”
Torno poi dalla folla, che ancora mi acclama urlando il mio nome.

“Grazie!”

  
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