Film > The Avengers
Segui la storia  |      
Autore: Shiryel    08/03/2020    10 recensioni
L'anima è impalpabile, quasi senza peso, lontana. Ma se esistesse un modo per recuperarla?
Dove inizia il divino e dove finisce l'umano? Quanto si è disposti a dare, per riavere qualcosa indietro? E quanto si è disposti a perdere, per non perdesi?
[ Loki x Sigyn / Peter x Tony - Angst/Malinconico/Introspettivo - WhatIf? - Post Endgame - storia a quattro mani scritta da Shilyss e Miryel]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Loki, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


[ Loki x Sigyn / Peter x Tony - Angst/Malinconico/Introspettivo - WhatIf? - Post Endgame ]




• Capitolo I.


 

              

                 Gli baluginò negli occhi il calore tiepido di un raggio di sole pomeridiano; meno intenso e più mite del solito. Meno accecante, meno distruttivo. Alzò il palmo per farsi ombra sul viso, ma rimase immobile a fissare il giardino della scuola dalla finestra. Alberi in fiore bagnati dalla luce dorata del vespro, un cielo color vaniglia fuso con nuvole scarlatte come il sangue. Non gli piaceva. Persino le luci più incantevoli, capaci di addolcire anche il grigiore urbano, non destavano più il suo interesse da mesi. E come potevano, se l’unica cosa che gli riempiva il campo visivo, ora come ora, era solo un velo di apatia e autodistruzione, indirizzato all’anima e al cuore?

Studenti sorridenti gli passarono accanto, mentre il suono della campanella, di solito assordante, era solo un rumore ovattato che non oltrepassò nemmeno i suoi timpani. Era l’ultimo giorno di lezione, prima delle vacanze estive. Facce allegre e spensierate lo attorniavano; quelle di ragazzi spensierati che si muovevano accanto a lui – invece immobile – per abbandonare l’edificio fino all’anno dopo; avrebbero goduto tutti del loro tempo libero. Qualcuno sarebbe partito per andare al mare, in montagna o chissà dove. Qualcuno avrebbe instaurato nuove amicizie, magari conosciuto un amore estivo o quello della loro vita. Ma non lui. No, lui no. Arricciò le labbra, e si lasciò sfuggire un sospiro stanco, quando il corridoio fu di nuovo vuoto e si mosse verso l’aula di storia. Sapeva che non l’avrebbe trovata vuota.

La giovane donna ancora nella classe era impegnata a sistemare le carte nel suo registro. L'aria stanca di un pomeriggio intero passato a impartire lezioni velava leggermente il suo viso concentrato. Peter bussò leggermente alla porta aperta, con le nocche della mano destra, mentre la sinistra stringeva nervosamente la spallina del suo zaino. L’insegnante trasalì e alzò gli occhi sui suoi; si incontrarono a metà, tra la realtà e qualcosa di troppo simile alla finzione, ma che non lo era più così tanto. Nel silenzio di quel pomeriggio, lei gli chiese tacitamente se ci fosse qualcosa che non andava. Peter annuì, non potendo nascondere che, dopotutto, niente andava davvero, ultimamente. 

Sorrise, mesto. “Miss Sigyn? So che è una domanda assurda, ma... Dove va, l'anima, quando moriamo?”  chiese, e il mondo parve accartocciarsi su se stesso e alterarsi.

Le dita sottili di lei lisciarono la carta con attenzione. Se l’era posta tante volte, quella domanda. Aveva trovato una risposta raccontandosela finché non ci aveva creduto davvero, in nome di una serie di promesse fatte in un tempo e in luogo diverso. 

“Nel cuore di chi abbiamo lasciato, di chi abbiamo amato. Lì rimarrà per sempre qualcosa di noi. Ma credo che esista anche un Aldilà, Peter, uno da dove ci guardano,” aggiunse dopo una pausa breve, puntando gli occhi nei suoi. 

Certi dolori sono come pugnali infilzati nella carne: assoluti e annichilenti, levano la luce anche dallo sguardo mobile di un ragazzo dotato di un’intelligenza vivacissima, ma dal cuore infranto.

Peter alzò la folta corolla di ciglia, lentamente. Un movimento infinitamente attento, pregno di insicurezza e oblio. Eppure sorrise. Eppure lo fece, poi strinse le labbra; imprigionò troppe cose da dire, in una gola satura di dolore. 

La sua voce si arrochì. “Significa che non se ne vanno davvero? Significa che c’è modo che tornino?” Si sentì un idiota, un bambino capriccioso, un debole, incapace di accettare qualcosa di irreversibile come la morte; proprio lui, che l’aveva dovuta tollerare su tante di quelle persone – i suoi genitori, zio Ben – eppure lui ne era tornato, aveva vinto la propria dipartita e questo, in qualche modo, gli dava la speranza che ve ne fosse anche per lui. E Miss Sigyn… lei sembrava capirlo così bene. Sembrava condividere lo stesso dolore, incastrato nelle ciglia lunghe e scure.

Ed era così, in effetti. La giovane donna irrigidì la schiena pensando a un lutto antico, che non aveva mai smesso di pungerle il cuore, scavando sempre più a fondo nella carne e nel sangue. Il Bifrost era un ponte spezzato, sospeso nel vuoto, e tutti dicevano che si era lasciato andare, cadendo nell’abisso senza nome e privo di stelle. Che aveva scelto di rifiutare l’aiuto offerto – una mano non sentita più come fraterna, un occhio pietoso che lo guardava per ciò che era un tesoro rubato che si era rivelato maledetto. Le labbra di Sigyn tremarono, perché l’ambizione capace di corrodere lo spirito di colui che aveva perso era riuscita a  soffocare anche l’amore e la passione che c’erano stati tra loro. Lei aveva raggiunto il ponte distrutto e aveva bagnato di lacrime ognuna delle pietre ferite dai colpi dei due fratelli: si era graffiata il viso, strappata i capelli, invocando il suo nome in direzione dell’oscurità, scegliendo un esilio eterno. Asgard non è casa, senza di te.

“Puoi sentirli, a volte,” esordì con lentezza, ricacciando in gola il dolore antico. Voleva consolare Peter, ma illudere e mentire erano cose che, a lei, non erano mai appartenute – una sola volta l’aveva fatto, ricordò. “Qualcosa rimane sempre, ma il ritorno, Peter, non è previsto. Non fa parte dei patti tra questo mondo e l’altro,” spiegò. 

E Peter avrebbe voluto dirglielo che il suo patto era stato già stipulato; che lui dalla morte era tornato, ma che in cambio quella gli aveva chiesto di dargli indietro la vita dell'unico amore che avesse mai posseduto; l’unico in cui avesse davvero creduto, sentito; vissuto. Non aveva scelto, Peter, di consegnarglielo, alla morte, ma era stato lui, a permetterglielo. Lui aveva scelto di morire per preservare la vita del mondo. La sua soprattutto e questo, in qualche modo, Peter non riusciva proprio a perdonarselo. Era tornato e lui se n'era andato via, stavolta divisi per sempre. L'ironica morte aveva concesso loro cinque secondi di felicità, in quello sguardo che si erano scambiati quando si erano ritrovati, esternata solo in un abbraccio e nient'altro. Cinque secondi di paradiso, cinque secondi di occasioni perse. Cinque secondi per vederlo morire di fronte ai suoi occhi e non poter fare niente per evitarlo. 

“Thanos mi ha ucciso,” spiegò, e quel ricordo gli fece male al cuore. “Ma sono tornato; sono vivo.” Vivo? No, non era vivo. Sopravvissuto, forse, ma non vivo. “Quali patti dovrei stringere per far in modo che qualcun altro abbia questo stesso privilegio? Con me ha funzionato.” Stava vaneggiando e lo sapeva. Lo sapeva. Avrebbe dovuto smetterla, invece di insistere. Avrebbe dovuto fingere sin dal principio di non essersi accorto del fatto che lei potesse capirlo. 

Sigyn scosse la testa. Ogni riferimento a Hel tagliava e graffiava. “Nessuno. C’è sempre un prezzo,” mormorò e poi disse le solite cose senza nessuna importanza, che non contavano davvero: che presto o tardi avrebbe imparato a convivere con quel dolore lacerante, che la vita andava avanti ed era un dono proprio perché, nonostante lo schiocco, gli era stata restituita. Il pensiero volò alla spiaggia norvegese dove un Thor già ubriaco le aveva raccontato l’ultimo gesto eroico di un uomo che l’aveva amata, certo, ma a modo suo. Ripensò all’arroganza che gli era tipica, al rumore secco del collo spezzato, al fatto che l’aveva abbandonata non una, ma due volte: lo capiva, quel ragazzo. Poteva sentire il dolore che li univa, quasi tattile. La bocca di Peter era serrata.

Poi la aprì leggermente. Le sue labbra parvero scollarsi l’una dall’altra, come se le avesse spalancate per la prima volta in vita sua. C’è sempre un prezzo, aveva detto Sigyn, e lui lo aveva pagato troppo caro, il proprio ritorno. Riprenditi me, la mia vita, la mia felicità, il mio futuro ma per favore, non lui… ti prego, tutto ma non lui. Abbassò gli occhi; i polpastrelli della mano destra incontrarono quelli della mano sinistra. Il potere che gli apparteneva e che non aveva mai chiesto di possedere, sembrò scorrere incandescente in mezzo alle sue falangi. Sfregò i palmi tra di loro in un gesto abituale; cercò di accennare un sorriso e nascondere, dietro la sua facciata, l’oblio. 

“Che altro ho da perdere?” chiese, mentre le ultime sillabe di quella domanda si perdevano ruvide nella sua gola. Alzò di nuovo gli occhi, e incrociò quelli di lei, grigi e profondi.

“Non c’è ritorno dalla strada che vuoi intraprendere.” Sigyn si sfiorò la fronte con le dita, come a voler scacciare dalla mente pensieri gelidi, accantonati in un angolo della propria coscienza.  Era stata una dea di Asgard, un tempo. Ora preferiva chiamarsi esule, perché non era altro che una profuga al seguito di un re appesantito dall’alcool e dal rancore. Era stata una sposa, ma ora viveva come una donna di Midgard, cercando di rendersi utile. L’anello di smeraldi circondato di gemme preziose, fatto forgiare direttamente dai Nani Fabbricanti di Gioielli, lo indossava come fosse un pendente, direttamente a contatto con la pelle, al riparo da ogni sguardo. Il dolore del ragazzo era percepibile, visibile, ma in esso c’era qualcosa capace di risvegliare, in Sigyn, qualcosa d’antico, che la definiva. Il giovane Parker voleva rimanere fedele a Tony Stark e al suo ricordo. Il dolore lo avvolgeva come un sudario, ma in lui c’era anche dell’altro. Una scintilla, una luce che Sigyn poteva scorgere distintamente, perché era fatta della stessa sostanza di cui era composta lei. La fedeltà, la lealtà, la forza che spinge a rimanere al fianco di qualcuno fino alla fine non per l’impulso becero di un animale fedele al suo padrone, ma in nome della fiera devozione che nasce dall’amore. Una scelta il cui prezzo era l’anima. 

Dove fugge la nostra essenza quando moriamo? Loki era in Hel, a fissare le ombre del Valhalla lontano col naso in aria e l’aria beffarda, oppure era tra loro, assieme ai grandi guerrieri stretti attorno al trono di Odino. Lo rincorreva nei suoi sogni, aveva tentato di ritrovarlo inseguendo antichi riti. Alla fine, però, la delusione le aveva punto il cuore: non era riuscito a trovarlo.  Una lacrima le si incastonò sulle ciglia e poi scese giù, sulla guancia pallida. “Non invocare, non chiedere consolazione –  non passerà il dolore, no, ma ti abituerai a lui, lo indosserai come si fa con un abito,” mormorò. Gli mise una mano sulla spalla. “Ho perso anche io l’uomo che amavo,” confessò. Un sorriso triste le si dipinse sul volto.

E lui la guardò come si guarda l'unica persona che può capire un dolore affine. Era sorpreso, ma forse non del tutto. Era rattristato da quella confidenza, ma nel suo cuore lo aveva sempre saputo che condividevano la stessa spaccatura nell’anima. Fragili, ma forti. Piegati, ma non spezzati. E Sigyn sapeva che quel dolore era legato all'amore. Era sempre l'amore. Sempre l'amore. Si chiuse nelle spalle. Le posò la mano sulla sua. Quella lacrima che aveva rigato il viso di lei, apparteneva anche a lui, in qualche modo. Persone diverse, vite diverse, amori diversi… stesso dolore.

Avrebbe voluto promettere che no, non avrebbe tentato ancora di riportarlo indietro, l’amore della sua vita. Che avrebbe cercato di ammansire il dolore, giorno per giorno, e andare avanti. Non lo disse, perché non sarebbe stata la verità. E Sigyn, di certo, lo aveva capito.

Non disse altro, o avrebbe continuato a chiedere, come un capriccio, se la storia del mondo aveva mai visto tornare qualcuno dalla morte. Se, nel passato, negli strascichi ormai fatti memoria di una linea temporale inalterabile, vi fossero tracce di un ritorno. Stupido. Sapeva di esserlo e quando lasciò l’aula e la scuola, tornando a mescolarsi con il caos cittadino di quella città rinata dal buio, Peter si sentì perso. Dal mattino seguente ogni giorno sarebbe stato uguale; avrebbe passato mattinate intere a chiedersi per quale ragione continuava a svegliarsi; avrebbe fissato il soffitto per ore, decidendo poi di appoggiare i piedi a terra solo per lei, per zia May, solo perché era una delle poche ragioni che ancora gli permetteva di preservare una scintilla negli occhi che non bruciasse solo di morte e apatia. Perché Tony gli mancava più di qualunque altra cosa al mondo e, senza di lui, il senso di tutto si era perso in un mare di catrame e veleno. A piccole dosi lo stava uccidendo e Spider-Man, da quel giorno lontano, aveva iniziato a esistere sempre meno. Tony Stark era stato il primo e ultimo amore della sua vita, e il fatto che quest’ultima non sembrasse in grado di offrirgli qualcosa in cui credere, era la prova che fosse la verità. Il futuro non era certo e nemmeno il contrario: senza quell’uomo accanto non ne aveva più uno. Trascinava la sua carcassa senza anima su quella terra, con l’unica speranza di ritrovarlo, un giorno, e scoprire che non se n’era andato davvero.

Si fermò nel mezzo di una strada. Ancora tra la gente frenetica e inconsapevole del marasma di pensieri che albergavano la sua mente; ignorando quanto potesse soffrire, qualcuno che aveva perso davvero tutto. Poi alzò la testa da terra,  e lo vide, di fronte a lui. Come un sogno, una visione. Un fantasma. Indossava un completo nero ed elegante. Intorno al colletto spiccava una cravatta scura  ben allacciata e, tra le mani, stringeva un libro dalla copertina rossa e rovinata, che leggeva con interesse, in mezzo ad una New York nel pieno della sua laboriosità. Peter aprì la bocca, ma non uscì nessun suono dalla gola; l’uomo di fronte a lui si voltò lentamente e sparì tra la folla. In un gesto istintivo, strinse le spalline del proprio zaino tra le dita e lo seguì. Lo pregò di fermarsi e, quando lo raggiunse, la città e la sua baraonda erano sparite. Al suo posto c’era una foresta illuminata dalla lieve luce del sole mattutino. Sbatacchiò le ciglia un paio di volte, e il paesaggio non cambiò. L’uomo di fronte a lui lo guardava; ancora il libro rosso stretto tra le dita, ma chiuso. 

Non riuscì a dire niente. Si chiese solo se quello fosse un intenso sogno.

“Il termine migliore per definirla sarebbe illusione,” esordì il presunto fantasma  soddisfatto, quasi potesse leggergli nel pensiero. “Conosci il mio nome. Ti hanno raccontato diverse storie su di me,” proseguì, avanzando verso di lui con la sicurezza di un attore sul palco. Il sorriso laterale e breve sembrava dover nascondere qualcosa di terribilmente divertente, ma gli occhi verdi dell’uomo scintillavano carichi di una freddezza inaudita, inumana. Pensò che ci fosse qualcosa di strano, in lui. Un dettaglio che lo rendeva simile, eppure diverso, dagli abitanti degli altri mondi che aveva incontrato fino ad allora, come il dio del tuono –  l’uomo vestito di scuro era ugualmente selvaggio e potente, ma in una maniera che ricordava più Strange e le sue arti magiche, decise.

“Io sono Loki, di Asgard,” specificò lo straniero con un ghigno, compiacendosi del fatto che il ragazzo conoscesse la sua fama. “Mentre tu sei in cerca di qualcosa che avevi e ora hai perso. Posso aiutarti.”

C’era, nel dio dell’inganno, l’inquietudine di chi ha vagato per lo spazio senza fiato. Ogni tanto non resisteva alla tentazione di tastarsi il collo, lì dove Thanos aveva stretto fino a spezzargli il respiro. Solo il seiðr e la sua abilità come mago gli avevano permesso di ritardare la morte, ma il dolore, oh, quello, no, non se lo era evitato. Gli si era insinuato sotto la pelle, nelle vene, nelle ossa, nella carne, impedendogli anche solo di respirare correttamente per un tempo che era stato infinitamente lungo. Ora il Titano non c’era più e la sua disgustosa mano viola non avrebbe stritolato ancora la sua carotide, ma Loki si sentiva comunque incompleto. Infilò un dito tra la pelle e il colletto in un gesto studiato e tranquillo. In realtà gli mancava l’aria e gli sarebbe mancata per sempre.

Peter lo conosceva per sentito dire. Non lo aveva mai visto prima d’ora, ma lo aveva riconosciuto lo stesso. Tony gli aveva raccontato di Thor, e dunque di Loki e della poca fiducia – nulla – che aveva sempre riposto in lui; glielo aveva raccontato con la sua solita abilità di sciorinare parole, rendendole musica e catturando la sua attenzione, totalmente, anche quando, in quei racconti, vi era nascosto l’intento di insegnargli di chi fidarsi e di no. Una sfiducia che sapeva avrebbe dovuto abbracciare, ma che non provò, nel modo più assoluto; non si chiese il perché. Si fidava dei suoi sensi; lo avevano tradito di rado.  

“Aiutarmi? Chi le ha detto che ho bisogno di aiuto?” provo a domandare, e deglutì, stringendo i pugni. Era il primo a sapere di averne bisogno, sebbene non sapesse ancora definire per cosa, anche se, dentro di sé, conosceva la risposta. Fece male al cuore.

Loki arricciò le labbra in un ghigno allegro, divertito; pareva immensamente soddisfatto dell’occhiata seria dell’altro, come se non stesse aspettando nient’altro che quella luce carica di dubbio in fondo agli occhi castani del ragazzo.  Fece comparire un portafoglio di pelle e ne estrasse una fotografia sgualcita e piegata –  amata.  Aveva dita lunghe da prestigiatore, da mago.

“Un ricordo prezioso. Una persona importante, perduta.” La voce dell’Ase aveva perso la sua carica sarcastica per velarsi con qualcosa di diverso, più simile alla comprensione. La sua voce si era trasformata in quella roca e carezzevole dell’amico che non era – lo tradivano gli occhi, schegge verdi e fredde, indagatrici. Gli si avvicinò di un paio di passi, tendendogli l’istantanea. “Vorresti vederlo, non è così?”

Crudele. Fu l’unica parola che scivolò nella mente di Peter, quando tentò di prendere tra le mani quella foto – così cara, così personale, che teneva gelosamente nel suo portafoglio, guardandola sempre più spesso, lacerandosi il cuore ogni volta di più. “Ridammela!” E dimenticò la riverenza, solo perché quando si trattava di lui e Tony, tutto cessava di esistere. Persino il rispetto. 

Loki lasciò che la riprendesse. Una foto non è nulla: è un momento fissato nella memoria, irripetibile e altrimenti perso. Il simulacro di ciò che si è stati, ma visto attraverso un occhio estraneo. Peter guardava l’immagine e l’Ase fissava lui, riconoscendo l’ombra di qualcosa che spense appena il suo sorriso sbieco, gli incupì lo sguardo. 

“Il suo cuore era tutt’altro che puro, ma era un guerriero,” concesse con la fierezza figlia della gente che lo aveva cresciuto.

Il giovane non alzò gli occhi da quell’immagine, e la strinse con più forza tra le dita. Guardava Tony sorridere e gli si accendeva la rabbia, nel cuore. Tony, con quella spensieratezza, facciata di una consapevolezza fin troppo certa, che avrebbe dato la vita per salvarne molte altre. Un destino che aveva sempre conosciuto e sempre accettato. Non Peter. Peter non ci riusciva. “No, non era puro, ma li ha salvati tutti.” Tranne me. “Se dicessi che non voglio rivederlo – riaverlo indietro,  sarebbe una bugia. Ma non c'è alcuna possibilità che ciò accada. Non è così?”  chiese, con la speranza nel cuore che la risposta non fosse né la realtà, né l'utopia che avrebbe voluto sentirsi dire. Trovò il coraggio di alzare lo sguardo e confrontarsi col dio degli inganni e i suoi occhi verdi come il mare d’inverno. 

L’Ase non smise di fissarlo. “Non sarebbe reale –  ed esigerei comunque un prezzo. La morte non è una condizione transitoria,” spiegò come se ce ne fosse bisogno girandogli attorno, distraendolo. “Hela non lascia quasi mai andare le anime che vagano per la sua terra. Accontentati di un sogno. Fidati delle mie parole, è la soluzione migliore. La più sicura, anche.”

Quasi, si ripeté Peter, nella testa. Come un’eco, come una nenia, come una speranza che non avrebbe dovuto abbracciare. “E se decidesse di lasciar andare la sua anima e di restituirla? Il prezzo… io sarei disposto a pagarlo,” annuì, più per convincere se stesso, che Loki. 

“Che dici, ragazzo? Nessuno è disposto a sacrificare la propria esistenza per ridare la scintilla della vita a un altro. Se lui tornasse, tu moriresti. Che senso avrebbe? Non lo avresti mai più per te,” osservò Loki tra i denti, ma il suo tono si era fatto più roco e la mascella serrata parevano quasi indicare come quel ragionamento l’ingannatore l’avesse già fatto.

Peter abbassò gli occhi; non lo stupiva che quel gesto estremo fosse l’unico pagamento possibile per ottenere ciò che voleva, ma il fatto che non avesse paura di morire per permettere che accadesse. Scollò lentamente le labbra tra loro; parve passare un’eternità. “Voglio che torni, non necessariamente per riaverlo con me. Non mi appartiene; non è mai appartenuto a nessuno, ma sono convinto che il suo tempo, qui sulla terra, non sia davvero terminato. Sono disposto a pagare il tuo prezzo, qualunque esso sia.” E ciò che spaventava Peter, più di tutto, era che per quella vita avrebbe dato la sua senza nessun ripensamento. Era l’amore a parlare per lui?

Loki piegò la testa di lato. “La vita del giovane eroe per quella del guerriero caduto. Lascia che te lo dica, non è un buon affare. Lui ha scelto e tu… tu hai tutta la tua vita davanti. Fidati di me. Accontentati di un’illusione. Sarà spaventosamente reale,” concluse – promise.

Ma non sarebbe lui, si ritrovò a pensare, mentre la mente volava a quel paio di occhiali che custodiva gelosamente in una scatola di legno, tenuta con malinconico affetto in un cassetto. L’eredità dell’amore della sua vita, che ospitava all’interno delle sue lenti una tecnologia avanzata che parlava come Tony, ma che non era Tony¹. Un palliativo che lo aveva di certo aiutato a non lasciarsi andare, ma che non riusciva a sopirlo – e nemmeno a strapparglielo via, quel dolore nell’anima. Abbassò la folta corolla di ciglia di nuovo su quella foto, ritratto di giorni migliori e, col petto bucato da quel lutto senza fine, incontrò di nuovo lo sguardo di Loki. 

“Un’illusione per cui non riuscirei ad illudermi. Saprei sempre che non è lui ma… non mi importa di rivederlo o di stringerlo. Non cerco una soddisfazione nel suo ritorno, voglio solo che accada. Con me o senza di me.” 

“Così arriveresti a morire, per lui?” Gli occhi mobili di Loki saettarono su Peter, squadrandone rapidamente la figura agile, lo sguardo lucido e deciso. Il principe di Asgard che non c’era più aveva sempre sostenuto di saper riconoscere un soldato valoroso alla prima occhiata. Merito del tempo che aveva passato a combattere per Odino e per la gloria degli Æsir, dei guerrieri che gli erano morti davanti, alleati o avversari che fossero. “Dite sempre così, voi umani,” sogghignò il dio dell’inganno con amarezza. “Promettete, implorate, giurate. Ma poi, quando viene il momento di morire davvero per qualcun altro, vi tirate indietro. Siete pavidi, deboli.” Distolse da lui lo sguardo tormentato il tempo di un battito di ciglia: quelle parole erano l’eco fastidiosa di altre frasi, pronunciate da Padre Tutto mentre lo malediva condannandolo a una pena lunga una vita intera. “Mentite,” spiegò alla fine. “Tu pensi di essere diverso? Vuoi scommettere?”

Peter scosse la testa, con una calma che nemmeno credeva potesse appartenergli. “No. Non penso di essere diverso e no, non voglio scommettere; non è da me. Vorrei solo che tornasse e che gli fosse data la possibilità che merita. Non è stato la persona migliore dell’universo, ma è stato l’unico in grado di salvarlo. Ha più diritto alla vita di chiunque altro, dopo quello che ha fatto; tutto qui,” abbozzò un sorriso, alzando le spalle, impercettibilmente.

“É davvero così nero il baratro dove sei caduto? Sta bene, a me non interessa se la soddisfazione è nella tua natura,” sostenne alzando il mento con fierezza. “Posso accontentarti, ma… tutto ha un prezzo, te l’ho detto,” ricordò allargando le braccia. Un sorriso astuto gli increspava le labbra sottili e nei suoi occhi chiari guizzavano ombre scure. Era il caos

 

Fine Capitolo I

 

¹ Riferimento a “Protocollo Speranza” di Miryel

 

 

          
Note delle Autrici:
          
 

Miryel: Salve a tutti! È sempre difficile scrivere delle note… già lo è normalmente, figuratevi quando invece di due mani, se ne hanno QUATTRO? Ebbene sì, io e cosa, lì… come se chiama? Ah, sì! Shilyss! Abbiamo deciso, in un giorno di pioggia (?), di plottare una storia insieme e di unire quei due cialtroni dei miei, con quei due cialtroni dei suoi ♥. Inizialmente doveva essere un esperimento sociale, quindi una One Shot che, vi giuro su dio, non sappiamo come sia diventata una minilong! Un’idea ce l’ho, ed è quella che io e Shilyss siamo famose per il nostro inesistente dono della sintesi, ma lascio l’ardua sentenza a voi lettori. Non ho molto altro da dire, solo che scrivere insieme è stato divertente, una bella sfida, una bella esperienza e spero lo sarà anche per tutti voi! Fateci sapere cosa ne pensate e ricordatevi che i complimenti sono doppi, eh? U.U 

La vostra amichevole Miryel di quartiere.

 
 

Shilyss: Ma salve! ^^ Ogni tanto mi affaccio anche qui, su Avengers, ebbene sì! Chi bazzica nella sezione “Thor” avrà avuto modo di vedere ogni tanto il mio nome spuntare qua e là. Ebbene sì, sono innamorata della coppia Loki/Sigyn. Per chi non lo sapesse, Sigyn è la dea della fedeltà presente sia nei comics Marvel che… nel mito. Pare che quei buontemponi dei norreni abbiano deciso di far sposare il dio dell’inganno con la dea della fedeltà, sì. Poiché pur essendo canonica le notizie su di lei sono scarse, considerate ogni mia versione qualcosa di canonico e personale a un tempo. E per il resto, che dire? Cosa, qua sopra, la pistacchiosa Miryel (la y sempre alla fine, mi raccomando) con la sua dose d’angst era la persona giusta per scrivere quest’allegrissima storiella che unisce i nostri amati headcanon. ♥

Grazie a chi leggerà, recensirà, inserirà nelle liste e ricordatevi: la Fatina dell’Ispirazione vi guarda! Nutritela con le vostre parole!

Shilyss

 


 

 
   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Shiryel