Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: Anna Wanderer Love    13/03/2020    0 recensioni
-Che cosa ci fai qui?
Natasha riaprì gli occhi. Osservò per bene il suo collega, esaminando il suo viso liscio e serio, i capelli biondi stranamente spettinati e la gradevole vista che l'aderente maglia bianca le offriva.
-Non lo so- riuscì ad articolare, mentre i penetranti occhi color fiordaliso di Steve la osservavano in lungo e in largo. Natasha aveva i capelli ricci, stavolta, e i suoi grandi occhi azzurri erano decisamente ubriachi.
Con uno sguardo pieno di disapprovazione Steve guardò la bottiglia di vodka e il bicchiere mezzo pieno che la donna teneva in mano.
-Perché sei qui?
Cosa succede se una Natasha Romanoff tormentata dagli incubi aspetta Steve a casa sua, decisamente ubriaca?
[Raccolta di 4 OS post the Winter Soldier e pre Avengers: Infinity War, quando Nat era ancora viva]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Little moments'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Mi devi me stessa




Post Infinity War
! AU in cui tutto è uguale, tranne che non c'è mai stato nulla tra Hulk e Natasha. !
Ci ho messo un'eternità. Ma ecco qui. 

Le stelle emanavano una fioca luce in cielo, mentre il manto trapuntato della notte vegliava sulle terre devastate dal sangue e dal dolore. Il silenzio era rotto dai lamenti dei wakandiani che avevano perso i familiari nella battaglia contro Thanos, e dai pensieri tetri di coloro che erano sopravvissuti. La natura stessa sembrava in lutto, mentre il vento fischiava con un cupo brontolio tra le fronde degli alberi, non minacciosa né misteriosa nell'oscurità della notte, ma quieta, quasi rispettosa dell'enorme cordoglio attorno a lei. 
Metà degli Avengers erano morti, dissolti in un battito di ciglia, come se le loro vite, le azioni eroiche compiute fino a quel momento, le lotte, gli sforzi per salvare il mondo dalla catastrofe fossero stati della più labile importanza.  
Peter Parker, Bucky Barnes, Wanda, Visione, Sam Wilson, persino il re di Wakanda... nessuno di loro era stato risparmiato dalla crudele casualità che aveva posto fine alle loro vite.
Perché era successo per caso. La loro morte non era predestinata. Non era premeditata. L'irrazionale scelta di Thanos di uccidere metà della popolazione li aveva travolti, designati come vittime, a dispetto dei loro meriti, delle loro scelte.
Gli occhi di Natasha pizzicarono. Il suo volto non era impassibile, gli occhi erano colmi di un'attonita angoscia. 
Si era già chiesta perché non me, perché doveva andare così, perché non sono stata in grado di fare di più? 
Ma non c'era alcuna risposta a queste domande. La verità era che non c'era alcun motivo dietro alla sua sopravvivenza, e che lei non avrebbe potuto fare nient'altro ormai. Ed era questo che la spaventava. 
Per la prima volta, non era stata in grado di fare abbastanza. Non era stata abbastanza
Trasse un respiro tremante, dondolando le gambe sopra l'acqua cristallina, placida, increspata da piccole onde sotto di lei. Era fuggita da corte perché non riusciva a sopportare la cupa atmosfera di lutto, di rabbia sorda, di incredulità. Preferiva affrontare il suo dolore da sola, senza testimoni. Senza dover assistere a quello degli altri. Alle grida dei wakandiani, al dolore profondo negli occhi di Okoye, alle lacrime e all'immobilità della regina Ramonda che da quando aveva saputo della morte dei figli non aveva più proferito parola.
Strinse le dita contro la ruvida corteccia del tronco su cui era seduta, mentre il suo sguardo si perdeva tra gli alberi di fronte a lei, al di là della sponda del lago.
Per la prima volta, non sapeva cosa fare. Lei, che anche nelle situazioni più drastiche era sempre riuscita a mantenere il controllo e cavarsela, ora era spaventata. Forse avrebbe dovuto aver già pensato a una soluzione, alla prossima mossa da mettere in atto, alla strategia da adottare per sbarazzarsi di Thanos.
Ma la sua mente era vuota. Non sapeva cosa fare,  non sapeva come si sentiva. 
Trasse un respiro tremante, prendendosi il volto tra le mani. L'unica prospettiva che era in grado di immaginare in quel momento era la fine. Era tutto finito ormai. Il piano di Thanos era compiuto. Tutto sarebbe rimasto così com'era? Innocenti ed eroi morti, i suoi amici disintegrati? Avrebbe dovuto imparare a vivere così, senza di loro, incapace di vendicarli, a metà? Come se non fossero mai esistiti? O avrebbe dovuto tentare qualcosa? Ma in quel caso, cosa poteva fare -cosa potevano fare loro che erano rimasti, dato che già avevano perso nonostante avessero schierato in campo tutte le forze possibili? Cosa potevano fare, loro che erano la metà di quelli che erano stati? Dove avrebbero potuto trovare aiuto? 
Natasha si alzò, ma era così scossa e instabile che non vide la fronda d'edera avvolta attorno al tronco finché il suo piede vi si impigliò. 
Barcollò, ma non provò nemmeno a rimanere in piedi, stabile. Si lasciò scivolare, cadendo nell'acqua gelida, con un sordo, doloroso vuoto dentro che nemmeno la temperatura del lago riuscì a scalfire. La superficie del fiume si schiantò contro la sua schiena, le fece bruciare la pelle, ma non era nulla in confronto al bruciore che sentiva dentro. Al dolore sordo, alla rassegnazione, alla confusione che le infettavano le vene. 
Riemerse battendo i piedi, inspirando l'aria fredda e scostandosi i capelli ormai biondi dal volto. Cominciò a tremare e ponderò se rimanere lì, nell'acqua, muovendo lentamente le braccia per tenersi a galla. L'acqua era limpida, riusciva a vedere il fondale costellato di rocce dai colori vivaci. Rosso screziato di grigio, azzurro, viola persino, qualche venatura verde. Il freddo la stava aiutando a riacquisire la lucidità che si era concessa il lusso di abbandonare. Alzò lo sguardo verso le stelle, verso la notte buia che copriva il tormento dei sopravvissuti come un sudario rassicurante, e lasciò che lacrime bollenti le scorressero sulle guance. Non aveva mai perso il controllo in quel modo, ma era troppo provata e spossata e confusa per aggrapparsi alla fredda razionalità di sempre.  
- Natasha - il sussurro la prese alla sprovvista, e si voltò. Il suo volto era una maschera di sorpresa, con le guance arrossate dal freddo e le labbra leggermente schiuse. Le sue iridi chiare si posarono sul volto dell'uomo, analizzando ogni suo tratto. 
Era in piedi sulla sponda, e le tendeva una mano, gli occhi colmi di malinconia e dolore come mai li aveva visti. Non si era rasato la barba, né si era tagliato i capelli, probabilmente non ne aveva avuto le forze. Probabilmente, come lei, era rimasto a fissare il vuoto per ore. 
Ma il volto di Steve aveva un'espressione diversa. Era più deciso. Natasha capì che si era sì concesso del tempo per elaborare il lutto, ma aveva deciso che era giunto il momento di aiutare gli altri, quelli che avevano più bisogno di lui e del suo aiuto, che non se stesso.
Ed era andato a cercare lei.
Natasha nuotò più vicina a lui, lentamente, tenendo lo sguardo fisso nei suoi occhi caldi, mentre il respiro le usciva affaticato dalle labbra schiuse, afferrando la mano tesa verso di lei. Si lasciò sollevare da Steve, che la rimise in piedi senza alcuno sforzo, sostenendola con le sue braccia forti e stringendole la vita, sottraendola al gelo dell'acqua e riportandola con i piedi sul terriccio umido e scivoloso, costellato di foglie cadute. Rimasero in piedi uno accanto all'altra, guardandosi in un intreccio profondo di sguardi, mentre la mano di lui si soffermava esitante sulla sua schiena, scaldandole la pelle infreddolita. I loro respiri erano l'unico rumore percepibile, tutto ciò che era attorno a loro era sparito. 
- Steve - mormorò. 
Lui la guardava, ed era palese che cercasse di rimanere composto e di non far trapelare troppe emozioni sul proprio volto. Non ci riusciva granché, lei lo conosceva troppo bene per non notare il modo in cui il suo sguardo la accarezzava, il calore nei suoi occhi castani, i lineamenti tesi che suggerivano quanto si sforzasse di sembrare sicuro, mentre dentro provava solo stordimento e confusione. Non disse nulla. Rimasero a guardarsi per quella che sembrò un'eternità, almeno finché lei trasse un respiro tremante, chinando la testa.
- Non possiamo farcela - le si incrinò la voce, mentre un brivido di freddo le scuoteva il corpo fradicio. Steve chiuse gli occhi per un secondo di troppo, mentre si sfilava la felpa che aveva infilato in fretta e furia prima di uscire. Lei evitò di guardare. Si sentiva a pezzi, troppo debole persino per reggere il confronto con lui e la sua compostezza. 
- Non so più cosa sia possibile e cosa no, ormai, Natasha - mormorò Steve. Fece un passo avanti, circondano il suo corpo snello con le braccia e posando con delicatezza la felpa sulle sue spalle tremanti. Natasha abbassò lo sguardo, afferrando il tessuto e allontanandolo da sé. - La infradicerei tutta - disse, più a se stessa che altro.
Lui scosse la testa con un lieve sospiro. - Dovresti toglierti i vestiti bagnati - si rese conto di ciò che aveva detto solo dopo aver pronunciato la frase, e si zittì guardandola con lo stesso sguardo che aveva avuto molte, troppe volte. Non intendevo quello. Ma non disse nulla. Lasciò che fossero i suoi occhi a parlare. Natasha strinse la mascella, mentre un brivido le percorreva la schiena, distogliendo lo sguardo da lui. Non disse nulla, si avvicinò solo di un passo, tanto da arrivare a sfiorare il suo corpo massiccio con il proprio, a sentire il suo profumo maschile inebriarle i polmoni e avvertire il calore del suo corpo contro il suo. Posò la fronte sulla sua spalla, appoggiandosi lentamente a lui, chiudendo gli occhi e lasciandosi cullare dal suo profumo e stringere dalle sue braccia. Steve la abbracciò, tenendola stretta a sé, con una mano posata sulla sua nuca e il mento appoggiato alla sua testa, lo sguardo perso nei placidi solchi che muovevano l'acqua. Rimasero così a lungo, mentre Natasha tremava dal freddo e lui la confortava in silenzio, finché lei indebolì la presa sui suoi fianchi.
- Andiamo - mormorò, alzando lo sguardo verso di lui.
Steve abbassò la testa, osservando i suoi lineamenti affaticati, gli occhi privi di quella luce ostinata e sicura che mai prima di allora li aveva abbandonati. Le sfiorò la fronte con le labbra, avvicinandosi piano e stringendo i suoi fianchi tra le dita, in una lieve carezza. 
- Andiamo - sussurrò. 

Arrivarono al palazzo con le gambe indebolite, oltre che i cuori stanchi, mentre Natasha aveva perso la sensibilità alla pelle da tempo.  Erano rimasti in silenzio per l'intero viaggio, percorrendo lentamente i sentieri nel bosco, scavalcando tronchi e facendo attenzione a non sbagliare strada, senza aver alcun dubbio sull'impossibilità di orientarsi nei meandri della foresta nel caso avessero preso la direzione sbagliata. Non si erano guardati, non si erano parlati, ma la loro presenza, uno accanto all'altra, su quel sentiero battuto, nel buio della notte intervallata da suoni e fruscii, era l'unica cosa che li spingeva ad andare avanti e a compiere un passo dopo l'altro.
Natasha sapeva di essere fortunata. Non tutti avevano il lusso di avere qualcuno che li sostenesse al momento giusto, che sapesse cosa fare e cosa dire per alleviare il dolore, che pur rimanendo in silenzio era capace di far riacquistare lucidità. Ma lei aveva Steve, Steve capace di tutto ciò e molto di più.
Nell'ascensore puntò lo sguardo sul suo volto e lui ricambiò. Erano uno di fronte all'altra, le loro immagine stanche riflesse e moltiplicate nelle pareti a specchio. Lei osservò la piega delle sopracciglia, le lunghe ciglia che rafforzavano lo sguardo intenso e caldo nelle sue iridi, la sua espressione leggermente incerta. Sapeva cosa dire.
- Rimani con me stanotte.
La voce le uscì più fragile ed esitante di quanto avrebbe voluto. Ma lui annuì impercettibilmente, e in quel momento l'ascensore si fermò. Le porte si aprirono, e loro indugiarono un secondo in più del necessario prima di muoversi, continuando a immergersi negli occhi dell'altro prima di distogliere lo sguardo, voltarsi, e trovarsi davanti al corridoio vuoto. 
Natasha sentiva il cuore batterle molto, troppo forte nel petto. La sua testa era vuota, mentre si avvicinava lentamente alla porta della sua stanza. Appoggiò la mano alla maniglia della porta, il freddo del metallo contro la pelle calda la fece rabbrividire. Aprì la porta, rivelando un'ampia stanza dalle pareti scure decorate da dipinti dorati. 
- Permesso - la voce ferma di Steve la risvegliò dalla trance in cui era sprofondata, nel fissare i pochi mobili eleganti di fronte a lei. Si voltò verso di lui, incrociando il suo sguardo pacato. 
- Ho bisogno di una doccia - mormorò. - Tu stenditi. 

Posò il telo di soffice seta bianca accanto al lavandino, dopo aver strofinato i capelli per asciugare le piccole tracce di umidità rimaste. Si passò una mano tra i capelli, per poi infilarsi nella camicia da notte che usava per dormire. Il tessuto le accarezzò morbidamente la pelle, e Natasha tirò un sospiro di stanchezza. Sentiva gli arti bruciare, i lividi che le increspavano il corpo dolevano come non mai, dopo che l'acqua bollente aveva portato via ogni rigidità.
Aprì la porta del bagno, il marmo freddo sotto ai suoi piedi. In pochi passi felpati arrivò all'estremità della stanza dove si trovava il grande letto. E lì era Steve, seduto su un lato, che fissava le figure intrecciate con linee d'oro e d'argento dei dipinti alle pareti. Natasha si ricordò che anche lui disegnava. Una volta le aveva mostrato alcuni schizzi di piccoli quadretti di città, di parchi, di fiori. Mai un volto, una figura umana. 
- Sono bellissimi - mormorò lei. Lui trasalì, posando il suo sguardo su di lei, che accennò un piccolo sorriso, alzando un angolo della bocca. 
- Non ti avevo nemmeno sentita. Scusami, vado sul divano - lei afferrò il suo braccio, sentendo i suoi muscoli guizzare sotto la pelle, mentre lui le passava accanto. Si immobilizzarono, l'unico suono nella stanza, vicino alle lenzuola di seta, erano i loro respiri timorosi. Natasha lo fissò, fissò il suo volto incerto, spaesato, esitante. 
- Rimani con me. Per favore - la voce le si spezzò, e solo allora Steve si girò e la guardò dritta negli occhi, azzurro nell'azzurro. - Non voglio rimanere da sola - era fragile, Natasha. Si sentiva così fragile da sentire che il cuore le stava esplodendo in petto, le gambe le mancavano, il timore le stringeva lo stomaco. Steve le prese il volto tra le mani, esitante, con un tocco gentile, posando le mani sulle sue guance arrossate. Si chinò su di lei, infinitamente più bassa di lui, più piccola, meno forte, meno sicura.
La baciò. Sulla fronte. Natasha chiuse gli occhi, respirando a fondo il suo profumo, aggrappandosi alla sua maglia con una mano e accarezzandogli lentamente la schiena con l'altra. - Non lasciarmi - mormorò, alzando il viso, cercando le sue labbra. Si strinse a lui, aveva bisogno di lui, delle sue braccia attorno a sè. E lui la strinse, strinse quel minuto corpo fragile, attirandola a sè e godendo del suo calore, mentre le loro labbra si incontravano, ma dolcemente, sfiorandosi appena. La baciò piano, modellando le sue labbra con le proprie, cercando di confortarla e tenere assieme quel poco della vecchia, sicura Natasha era rimasto quella notte. - Non ti lascio - sussurrò, con il respiro affannato - non ti lascerò, stanotte. Né domani. Finché avrai bisogno di me - le baciò la pelle candida della gola, morbida, mentre lei schiudeva le labbra nel sentire le sue mani scivolare dolcemente lungo il suo corpo. La sollevò, prendendola in braccio, tornando sulle sue labbra, ma accanendosi su di esse, in un'esplosione di passione e di sentimenti. Natasha si ritrovò sul letto, sopra di lui, con il corpo in fiamme, la mente finalmente in pace. Lo baciò a lungo, accarezzandogli i capelli, il petto, reggendosi al suo corpo possente. 
- Mi devi me stessa - gli sussurrò all'orecchio - non sono più la stessa, da quando ti amo. 

Tempo dopo, mentre erano abbracciati tra le coperte aggrovigliate, coperti per metà, con le braccia di Steve a circondare il suo corpo esausto, lui le baciò la guancia e sorrise. 
- Io non ti devo nulla. Sei tu, che ti devi te stessa. Sei tu, che devi lasciarti andare ed essere così come sei, ascoltare il tuo cuore, il tuo istinto, qualsiasi cosa ti dica. Lascia da parte l'addestramento, lascia da parte la guerriera. Ascolta la te profonda, quella vera. 
Natasha sorrise, mentre i suoi occhi si illuminavano. - Sì, mio capitano - lo baciò ancora, e poi posò la testa sul suo petto, accarezzando la sua guancia. - Siamo pari allora. 
Lui la strinse ancora più forte. - Siamo pari. 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Anna Wanderer Love