Questo primo prompt è Springtime; ho ambientato la storia tra L'occhio del Golem e La porta di Tolomeo, quando Nat è ancora vagamente decente.
Di polline e palme
Ah, la primavera! La natura si risveglia, gli uccellini riprendono a cantare, fiori sbocciano per ogni dove…
«Et…. Ciùùùùù!» E il mio padrone si trasformava in una specie di mocio vagante e colante schifezze.
Lo osservai mentre si puliva il naso per quella che era la millesima volta in venti minuti.
«Stai spruzzando i tuoi preziosissimi documenti di saliva e muco, mio signore».
L’occhiataccia che mi mandò forse sarebbe stata più effettiva se non avesse avuto gli occhi gonfi e rossi come un basset hound. «Daci» rantolò.
Gli sorrisi allegramente. «Come dici, scusa? Non pronunci bene, non riesco a capire. Potresti avermi dato qualunque ordine…»
Nathaniel fece un verso frustrate e gettò via la penna. «Lo so. Segondo de, berché non di ho già congedato e basta?»
Be’, sì, in effetti il problema era proprio lì: anche solo pronunciare una formula relativamente semplice come quella di un congedo temporaneo avrebbe potuto provocare conseguenze disastrose.[1] Perciò era bloccato: non poteva darmi ordini, né in realtà osava mostrare la faccia (completa di naso gocciolante) in ufficio; l’unica cosa che gli era rimasta da fare erano le scartoffie. Che, comunque, non gli stavano venendo granché bene, se posso permettermi.
Era una situazione snervante, lo ammetto; per fortuna, aveva a sua disposizione un brillante jinn pieno di risorse che poteva allietarlo con… Abbassai lo sguardo: il grande e potente John Mandrake, il ministro degli Interni più giovane di tutti i tempi, aveva sepolto la testa sulla scrivania e sembrava aspirare a venire soffocato dai propri documenti.
«Ehm» mi avvicinai cautamente. «Sei morto?»
Come risposta, ricevetti un gemito misto a un tirare su col naso. Piuttosto patetico, se volete il mio parere. Roteai gli occhi. «Senti, fatti una camomilla o qualcosa del genere. E poi buttati a letto e smettila di fare queste scene».
Due occhi lacrimosi mi fissarono da sotto in su. «Una… camomilla?»
«Proprio così. Saprai cos’è, spero».
Il ragazzo sapeva perfettamente cosa fosse, ma non aveva idea di come farla. Dopo aver assistito a un pietoso trascinamento in cucina e ad altrettanto pietosi tentativi di far bollire l’acqua,[2] decisi di prendere la faccenda nelle mie mani.
«Sei fortunato» commentai acidamente «che ho avuto diverse carriere. E sei fortunato anche che il povero Akhenaton soffriva anche più di te, quindi dovevo stargli dietro, tenergli la manina e il fazzolettino».
Aggrottò le sopracciglia e soffiò sul liquido bollente. «Aghenadon era egiziano. Gome faceva a soffrire di raffreddore da fieno?»
Alzai le spalle. «Esistono le oasi, sai. Polline di… palme».
Continuò a fissarmi poco convinto. La camomilla, intanto, se la scolò tutta.
[1] Disastrose per lui sicuro, ma, sfortunatamente, anche per me. Le formule errate sono imprevedibili: avrebbe potuto farmi materializzare in una tinozza di olio bollente o qualcosa del genere.
[2] Sottolineo, far bollire l’acqua. Di questo passo, non sarebbe neanche più riuscito a mangiare da solo.