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Autore: Dollhades    16/03/2020    1 recensioni
[Nosaka x Anna]
Songfic scritta sulle note di "Galway Girl"
...........
«Quando tornò ad esserci spazio tra i loro volti, lei gli fece cenno di guardarla e salì sul palco, in un applauso che gli fece capire che non era la prima volta che si esibiva lì. Afferrò il microfono ed iniziò a cantare e –Dio, Nosaka giurò di non aver mai sentito qualcosa di tanto armonioso e bello in vita sua.»
[1268 parole]
Genere: Fluff, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Suggerimento: leggerla con sotto Galway Girl in loop. Da computer potete trovarne una versiona da un'ora qui
Galway girl
 

Lui rigirò quella foto tra le dita, sorridendo con un senso di nostalgia.
-La mia piccola ragazza irlandese-

Le tenebre avevano avvolto la piccola città ormai da ore, nell’aria quel caratteristico odore di alcol che riempiva il venerdì sera di giovani ragazzi in cerca dell’esperienza estrema e tristi uomini adulti che trovavano consolazione in un bicchiere a quel lavoro che, stressante, li aveva portati ubriachi in camicia e cravatta.
Un ragazzo camminava per la strada illuminata da lampioni e luci dei negozi, giochi d’ombre proiettate ai suoi piedi gli fecero tenere la testa china, svuotandola temporaneamente da ogni pensiero superfluo portandolo a percorrere passi bambineschi, giocondi, incuranti del mondo circostante; a distrarlo prontamente da quel infantile intrattenimento fu l’entrata di un locale: affollata di persone, ragazzi giovani, che tristi urlavano in succinti abiti e scarpe scomode, volti truccati ad arte e capelli pieni di gel, una gara a chi riusciva a vendersi come il prodotto migliore –tentavano forse di convincere sé stessi di starsi divertendo? Di essere attraenti abbastanza da poter conquistare con più fiducia il belloccio o la reginetta di turno? Nosaka non li capiva, alzò lo sguardo incontrando il suo riflesso in una vetrina: vestito di nero, morbidi capelli color granato gli incorniciavano gentili il volto, gli occhi grandi, grigi come la luna, persi nel vuoto.
 
I met her on Grafton street right outside of the bar
She shared a cigarette with me while her brother played the guitar
She asked me what does it mean, the Gaelic ink on your arm?
Said it was one of my friend's songs, do you want to drink on?
She took Jamie as a chaser, Jack for the fun
She got Arthur on the table with Johnny riding a shotgun
Chatted some more, one more drink at the bar
Then put Van on the jukebox, got up to dance

 
Era uscito per cambiare aria, ormai oppresso dal grigiore e la solitudine della sua stanza e, per l’ennesima volta, si ritrovò a pensare che quello non era il suo posto nel mondo. Volse lo sguardo nuovamente al locale, alla fiumara di persone che si spingevano per entrare, alla ragazza che solitaria appoggiava la schiena al muro e lo guardava attendendo il suo sguardo, la stessa che appena incrociato gli rivolse il più enigmatico dei sorrisi e, con un cenno della testa, lo invitò a seguirla –lo stava confondendo con qualcun altro? Si guardò intorno per poi indicarsi, suscitando una risata educata nell’altra. Non sapeva spiegare cosa lo spinse a seguirla, ma non si pose il problema: lei lo condusse in un pub dallo stile irlandese, rallentando il passo poco prima di entrare, guardandolo mentre le esili dita affusolate scivolavano nell’involucro di carta di un pacchetto di sigarette facendone scivolare due sopra le altre; avvicinò la mano al volto e ne avvolse una con le labbra rese lucide dal rossetto leggero, offrendogliene una con lo sguardo, che il rosso prontamente rifiutò.
-Anna- disse solo dopo qualche tiro fatto guardando lontano, verso un orizzonte invisibile.
 
You know she beat me at darts and then she beat me at pool
And then she kissed me like there was nobody else in the room
As last orders were called was when she stood on the stool
After dancing the céili singing to trad tunes
I never heard Carrickfergus ever sung so sweet
Acapella in the bar using her feet for a beat
Oh, I could have that voice playing on repeat for a week
And in this packed out room swear she was singing to me

 
Entrarono nel locale, lei strinse una sua mano per condurlo ad un vecchio bancone di legno ormai consumato, su un palco una piccola band cantava e suonava rallegrando la serata di quelli che ridendo spensierati ballavano. Ordinò anche per lui, lo sguardo gentile, limpido, non lasciò i suoi occhi nemmeno mentre il liquido alcolico ne accarezzava la gola.
-Come ti chiami?- chiese lei appoggiando il volto al palmo
-Nosaka, Nosaka Yuuma- rispose incerto, guardando il suo ordine.
-Bene Nosaka Yuuma, invitami a ballare- esordì, lasciando perplesso il ragazzo.
Era una situazione inverosimile da film o libro, un ritmo frenetico che gli appariva insostenibile, abituato com’era alla razionalità della bilancia di Ares. Ma quelle labbra piegate all’insù, quegli occhi acquamarina, li sentiva nelle viscere; buttò giù in un solo sorso il bicchiere di brandy, strizzando gli occhi quando il sapore amaro gli accarezzò la bocca, per poi porgerle una mano e condurla in una danza che durò secondi, minuti, ore o forse anni. Ballarono fino a che i piedi non fecero male, fino a dimenticarsi anche i loro i nomi, dell’odore di alcol scadente, di essere due sconosciuti in un vecchio pub irlandese. Ma poi lei gli cinse il collo riportandolo alla realtà e, con una risata cristallina, lo baciò come se lo conoscesse da una vita, come se fossero stati soli in quella stanza: sapeva di tabacco e felicità. Si separarono per poi cercarsi di nuovo, labbra timide ma al contempo bramose di un attimo di paradiso in più iniziarono una caccia predatoria: delicate s’inseguivano, mordevano in una muta cattura, schiudevano innanzi all’altro in una compiaciuta resa. Quando tornò ad esserci spazio tra i loro volti, lei gli fece cenno di guardarla e salì sul palco, in un applauso che gli fece capire che non era la prima volta che si esibiva lì. Afferrò il microfono ed iniziò a cantare e –Dio, Nosaka giurò di non aver mai sentito qualcosa di tanto armonioso e bello in vita sua.

 
She played the fiddle in an Irish band
But she fell in love with an English man
Kissed her on the neck and then I took her by the hand
Said, "Baby, I just want to dance"
"I just want to dance"
"I just want to dance"
"I just want to dance"
"I just want to dance"
With my pretty little Galway Girl
My, my, my, my, my, my, my Galway Girl
My, my, my, my, my, my, my Galway Girl

My, my, my, my, my, my, my Galway Girl

 
L’aveva attirata a sé, ne aveva cercato le labbra e baciato il candido collo a ritmo del violoncello che adesso dettata i passi della gente, l’aveva chiamata sottovoce, l’alcol alla testa, le mani sui fianchi di lei la guidavano in quella danza dolce che ormai durava da ore o forse eternità. Non voleva smettere e non smise, uscirono da quel piccolo pub per prendere un’inebriante boccata di aria fresca, nel buio della prima mattina, mano nella mano, parlarono d’amore su una panchina, sotto la pallida luna.
Lei tirò fuori dalla piccola tracolla un’istantanea e ridendo si indicò le labbra schiuse in un muto invito: e mentre quell’ennesimo bacio veniva divorato dai due, il momento veniva impresso nell’eternità.
-Non sto capendo nulla- rise il rosso, senza riuscire a mascherare un senso di leggerezza e gioia. Lei scrisse qualcosa con un pennarello sulla foto prima di alzarsi e cantare, sotto gli occhi di ubriachi e amanti che facevano ritorno a casa.
-Cosa non capisci?- chiese lei, l’espressione contenta, la voce cantilenante.
-Tutto- non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, o forse non voleva. Lei gli porse una mano, silenziosa, invitandolo a danzare sui marciapiedi senza parole, senza bisogno di un motivo o spiegazioni, a proseguire quella notte che ormai portava con sé le prime luci dell’alba, con la leggerezza di due ragazzi che, almeno per una notte, si erano amati.
 
E Nosaka rise rileggendo quella frase, “Just call me your  little Galway Girl”, ritrovandosi a guardare nuovamente la parete bianca dell’ospedale e pensando che, un giorno, avrebbe davvero scritto una canzone su una ragazza irlandese e una notte perfetta.
 
 
 
 

NdA
Mi scuso in anticipo per eventuali errori, sono 7 anni che non scrivo in narrativa ma mi ci sono davvero impegnata.
Mi piaceva pensare a loro due come una coppia spensierata, ma ancora di più mi piaceva pensare ad Anna con una forza vitale tale da trascinarlo, tra tirarlo fuori, anche se solo pÈ una cosa scritta tra l’una di notte e le tre del mattino sulla prima coppia etero che mi sento di accettare. Spero vi piaccia, ma soprattutto, spero che la leggiate ascoltando la canzone ♥
 -Ade
  
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