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Autore: _Lightning_    21/03/2020    3 recensioni
Dall'ultimo capitolo (Karma): Non era divertente nel modo più assoluto.
Tony cercava di imprimersi quel concetto in mente a fuoco vivo, ma avrebbe avuto più fortuna a cercare di marchiare un toro imbizzarrito e in grado di fargli linguacce derisorie per la sua pessima interpretazione di un cowboy – e il livello di pericolosità era straordinariamente attinente alla realtà, anche se, più che un rodeo, quella era una corrida in cui sventolava un drappo rosso davanti agli occhi di Pepper.

[Irondad&Spiderson // Pepperony // Ironfamily // Avengers-Family // Canon + Non-canon compliant // Raccolta: Fluff/Comico // Missing moments // What If?] Capitoli: 15/?
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Morgan Stark, Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'As if it never happened'
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.9.

Hell(o), it’s me!


 
Contesto: post-Homecoming canonico
Genere: comico, missing moment
Personaggi: Tony Stark, pepper Potts, sorpresa
Prompt(s): spina, maschera, lancetta [Miryel]
Avvertimenti: //
[1811 parole]



 
Non sa bene il perché, ma, nel momento stesso in cui sente squillare il telefono, Tony ha un brivido che gli attraversa le scapole per afferrarlo alla nuca e conficcargli una spina sottopelle. Si pietrifica, con una fetta di pizza a un centimetro dalla bocca, e sente lo sguardo interrogativo di Pepper appuntato addosso. La suoneria di Iron Man gli suona improvvisamente drammatica come un dies irae.

Non sa se il suo viaggetto interstellare a New York gli abbia conferito un qualche pseudo-potere in grado di prevedere sciagure, trasformandolo in una sorta di Cassandra con annessi problemi ad essere preso sul serio nel suo catastrofismo – ma ne è certo: quella telefonata preannuncia guai. Per lui, nello specifico, perché è certo che sarebbe venuto a conoscenza per tempo di una nuova minaccia galattica alle porte.

Posa la pizza con il rimpianto di chi si vede negare anche l’ultima cena prima del patibolo, si alza in pilota automatico e sfila il telefono dalla tasca dei pantaloni, fissando apprensivo lo schermo.

Numero sconosciuto. Possibile che la catastrofe preannunciata sia semplice pubblicità per l’acquisto di attrezzi ginnici strampalati o Miracle Blades? No, ci ripensa, lui non è mai così fortunato. Non fa parte dei termini del suo contratto, la fortuna.

«Tony? Chi è?» lo riscuote Pepper, che lo sta fissando con aria di sospettosa circospezione, quella che assume quando lo vede in uno stato febbrile non meglio motivato.

È febbrile? Forse, o forse gli sta venendo anche un complesso di persecuzione, visto che sta sognando una cena a casa in santa pace con la sua quasi-moglie da circa una settimana, vedendola sfumare ogni volta per un motivo diverso ma sempre correlato al suo alter ego metallico.

«Colui che probabilmente ci manderà a monte la serata,» replica acido, inducendola a inarcare un sopracciglio e a posare il calice di vino con un movimento glacialmente composto. «Cosa? Non l’ho certo assoldato io!» sbotta, col telefono che, imperterrito, continua a schitarrargli in mano a tutto volume.

«No, ma ti conosco.»

Tony incassa con eleganza senza contraddirla, inclinandosi all’indietro con una piccola smorfia. Lo ammette: finisce sempre per avere un ruolo piuttosto attivo in tutto ciò che gli capita tra capo e collo, e resta solo da scoprire di quale catena di eventi quella telefonata sia l’ultimo anello. Sospira, intascando una mano nei jeans e scrollando il capo con fatalismo mentre preme il tasto verde.

«Uh, pronto?» risponde, per poi schiarirsi la voce.

«Parlo con Tony Stark?» chiede una voce femminile, cordialmente ma con una curva di durezza che si insinua sulle sillabe del suo nome, come se lo trovasse particolarmente difficoltoso da pronunciare senza una qualche enfasi negativa.

«In carne ed ossa,» risponde cautamente, sotto lo sguardo fattosi un poco apprensivo di Pepper; le fa un gesto rassicurante con la mano, a significare che, no, non lo stanno ricattando o minacciando – non ancora, almeno.

«Oh, bene. La chiamo per dirle che lei sarà anche un genio, ma rimane un emerito imbecille

Tony batte le palpebre ad avviare un reboot del sistema, perché ha evidentemente avuto un malfunzionamento uditivo. Nessun umano potrebbe pronunciare quelle parole con calma così perfetta e allo stesso tempo omicida, e si chiede se per caso Ultron non sia rimasto a zonzo da qualche parte per l’etere assumendo sembianze femminili. Schiude la bocca, in tilt, per poi resettarsi con un sussulto e accartocciare la faccia, processando il significato di ciò che ha appena sentito e riattivando il driver dell’orgoglio ferito all’istante:

«Prego?» sbotta, più stridulo che indignato, ed è convinto di ricevere una scossa elettrica nel padiglione auricolare in tutta risposta. «Con chi diavolo sto parlando?»

«Con May Parker, e spero che questo nome le dica qualcosa e che non fingerà di non sapere perché la sto chiamando.»

Tony si congela. Letteralmente, dalla punta dei piedi fino a quella dei capelli: un blocco solido di ghiaccio che gli dà una vaga idea dei patimenti di Rogers e un po’ lo fa quasi simpatizzare per lui. Quasi. E al contempo gli si attiva l’ancestrale istinto di attacco o fuga con conseguente scarica d’adrenalina che si convoglia nell’unica reazione possibile in questo momento: attacco, a spada tratta e con una faccia tosta di prim’ordine – con il difetto che la sua faccia fisica rimane terrea, stralunata e fissa nel vuoto cosmico.

«Signora Parker, buonasera! Sa, in verità chiama proprio al momento giusto: Peter mi parla spesso di lei, al tirocinio, ed era un po’ che volevo conoscerla! Questa mi sembra l’occasione ideale per–»

Saltellare a piè pari in un campo minato a occhi bendati e mani legate con un giubbotto esplosivo sarebbe stato probabilmente meno dannoso e più intelligente, e Tony prende un appuntamento mentale col proprio otorino nell’arco dei successivi dieci secondi:

«Signora Parker un corno! Lei è un imbecille, un incosciente, un irresponsabile e un ipocrita! E non si azzardi a rabbonirmi con i suoi soliti giri di parole, perché potranno funzionare con la stampa e i suoi amichetti in cappa e mantello, ma con me non attacca, mi ha capito?!»

Tony scosta il telefono dall’orecchio, rintronato da un fischio acuto, e lo accosta all’altro. La sua facciata, se mai ce n’è stata una, crolla miseramente e annulla l'attacco. Fuga. Gli rimane la fuga, e prima di subito.

«Uhm, ho recepito forte e chiaro e lei ha… perfettamente ragione su tutti i punti e la mia consorte potrebbe confermaglielo.» Pepper inarca entrambe le sopracciglia, adesso, e sembra divertita dalle sue disgrazie, mentre lui è impegnato a scavare un fossato al centro del salotto a forza di marciare avanti e indietro. «Ma siamo ancora in un paese civile regolato da leggi, giusto? Quindi... prima di essere condannato, posso sapere di cosa, esattamente, sono colpevole?»

«Razza di… lo sa benissimo!» esplode lei, trapanandogli anche l’altro timpano e condannandolo a sordità perpetua. «Non so nemmeno da dove cominciare! Dal fatto che mio nipote è un “supereroe” in piena attività col suo benestare?!»

«Oh, quindi l’ha scoper–»

«Eccome, se l’ho scoperto! L'ho beccato a maschera calata, se proprio le interessa! O vogliamo parlare della tuta nuova che gli ha fornito per attentare alla sua incolumità!?»

«Signora, in realtà quella sarebbe volta a proteggerl–»

«O del fatto che l’anno scorso se l’è portato dietro a combattere con gente alta venti metri, supersoldati e il resto di voi spostati?»

«Uh, quella è stata un’azione opinabile, ma posso spieg–»

«Lei non deve spiegare un bel nulla, ma solo ringraziare il cielo che Peter se la sia cavata solo con un occhio nero mentre eravate impegnati ad agire alle mie spalle dall’altra parte del mondo!»

«In realtà ha deciso lui di…»

«Lui non ha deciso un bel niente!» lo troncò di nuovo lei, con un brutale colpo di cesoie. «Lei, Tony Stark, ha spedito un quattordicenne…»

«Di anni ne ha quindici, mi pare, o…»

«Ne aveva quattordici al “ritiro delle Stark Industries in Germania”!»

«Beh, se può consolarla, laggiù se l’è cavata molto meglio di me contro Cap! Ha talento, davvero!»

«Sta scherzando, spero!»

Tony risucchia un respiro, fulminando Pepper che, sì, è decisamente divertita: osserva la scena sorseggiando vino come il più classico dei villain e sembra intenzionata a lasciarlo a cuocere nel suo brodo infernale di errori e passi falsi. Alla faccia del “nella gioia e nel dolore”.

«Va bene, va bene, mi arrendo! Ha ragione. Ammetto – lo sto ammettendo – che ha ragione! Forse avrei dovuto essere… un po’ più trasparente, su tutta la faccenda superomistica e… e su tutto il resto, in effetti,» conclude, pesando le parole e ritenendole abbastanza coerenti.

«Trasparente, dice?» lo rimbecca lei, scalando un’altra ottava con la voce e mandando la lancetta della pressione in zona rossa. «Lei sapeva che mio nipote si arrampica sui muri, ferma camion in corsa e spara ragnatele dalle mani!»

«Tecnicamente, non sparo ragnatele dalle…» si sente una flebile voce in sottofondo, e Tony si spalma una mano in faccia in solidale compassione.

«Tu-taci!» abbaia May, lontano dalla cornetta ma ancora forte e chiara – così come il lancio di ciabatta che capta subito dopo. «Non ho ancora finito, con te!»

Un guizzo di fermezza si fa strada in Tony, ricordandogli che, diamine, lui è Iron Man, e ha un obbligo morale non trascurabile nei confronti del ragazzo – incluso quello di difenderlo da oggetti contundenti in volo verso di lui da una parte all’altra della casa. S’impettisce un poco, parlando con voce piena:

«Signora Parker, non è con Peter che deve prendersela, io…»

«Oh, so benissimo di non dovermela prendere con lui!» lo affonda May, con la precisione di una corazzata da assalto che gli ricaccia in gola tutto il fiato. «Lei è il suo idolo, ha poster di Iron Man appiccicati per tutta la camera da quando ha sei anni, a Carnevale si vestiva come lei…»

«Zia May!» uggiola lontano Peter, probabilmente sul punto dell’autocombustione per la vergogna, e Tony si ritrova a provare uno spiacevole imbarazzo di seconda mano per lui, misto a una punta di egocentrico orgoglio del tutto fuori luogo.

«… e ci assillati per mesi per andare a quella dannata Stark Expo con robot esplosivi!

«A mia discolpa quelli erano un fuori programma non deciso da me…»

«Non importa! Qualunque malsana idea gli sia balzata in mente, inclusa questa follia di Spider-Man, è comunque riconducibile a lei!»

La pausa che segue è assordante, e convince Tony di aver perso completamente l’udito e di dover implementare un qualche ausilio acustico nella prossima Mark. E quella pausa si protrae fin troppo a lungo, spingendolo a credere che, forse, May si aspetta una risposta coerente da lui. E adeguata. E priva di qualsivoglia sarcasmo. Non ha tempo di formulare un singolo pensiero che gli connetta le sinapsi, che lei riprende a parlare, con un volume di voce stranamente umano sebbene vibrante:

«Non ho affatto finito, Tony,» precisa, calcando il suo nome nell’arrogarsi il diritto di lasciar cadere le formalità – cosa che lui non ha alcuna intenzione di contestare. «Solo che preferirei proseguire di persona

Tony interrompe le sue peregrinazioni da un capo all’altro del salotto, impietrendosi come folgorato da una saetta a ciel sereno. Si porta una mano alla nuca, sfregandosi i capelli e voltandosi verso di Pepper in cerca di sostegno… e la trova col telefono in mano intenta a filmarlo, Cristo. Ingoia un respiro, lascia scivolare la presa a cingersi il collo e getta la testa all’indietro con fare rassegnato, sentendosi in procinto di firmare la propria condanna a morte.

«Che fortuna, ho giusto un buco nell’agenda domani…» guarda interrogativo Pepper, che smette di filmare, annuisce convinta e poi lo indica eloquentemente, sottolineando la natura solitaria di quell’incontro. «… le offro un caffè nel pomeriggio? A... non so, Manhattan?» conclude speranzoso, cercando di spostare quell’incontro in campo neutrale.

Quasi la sente sogghignare perfida dall’altro capo del telefono.

«Oh no, glielo offro io, da noi. Sa, non è carino urlare in pubblico.»



 
*


 



Note dell'Autrice:

Cari Lettori!
Questa storia è in programma da anni e anni e anni (T612 può confermare) e, finalmente, ho avuto modo di metterla su carta. Può essere considerato un piccolo missing moment della long Siberia, anche se non ha alcuna attinenza con essa: quest'episodio viene semplicemente citato tra le righe :)
Grazie a tutti coloro che hanno commentato questa storia, che l'hanno aggiunta alle loro liste o che leggono semplicemente <3 E grazie alle mie due Grazie (Grazia e Graziella, io sono l'altra), che mi hanno fatto partorire quel titolo delirante :')
Alla prossima,

-Light-

 
   
 
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