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Autore: Shora    30/03/2020    2 recensioni
Può l'amore esistere tra persone separate da secoli di differenza? E se ciò accadesse che ripercussioni avrebbe sugli anni a venire? Il destino ha deciso di unire tre ragazzi. Amore, morte, misteri... Cosa nasconde Parigi che tutti ignorano? Che segreti custodiscono le persone che ognuno di loro pensava di conoscere?
Ecco a voi il primo capitolo di quella che spero cresca e diventi una trilogia. Buona lettura e spero vi piaccia XD!
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Chloè, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo uno
Si poteva venire soffocata dalle proprie lacrime o dai propri singhiozzi? L’aria sembrava mancarmi, non riuscivo a dire una parola. Vedevo solo i suoi occhi verdi che mi fissavano, imperscrutabili. Qualche ciuffo biondo gli accarezzava la fronte. Dio come era bello! Persino in questo momento così straziante, non aveva perso un briciolo del suo fascino. “Perché?” avrei voluto gridare. Ma uscivano solo respiri strozzati dalle mie labbra. Si poteva morire di cuore spezzato? Perché credo proprio che stesse succedo qualcosa di simile.

Mi stiracchiai sulla sedia, mentre un bel sole pomeridiano e primaverile entrava dalla mia finestra in camera da letto. Riportai gli occhi allo schizzo che avevo fatto sul mio blocco per disegnare e corrugai la fronte e infastidita scarabocchiai sopra quello che doveva essere un vestito a sirena. Già, doveva. Possibile essere bloccata da ore su un singolo abito? Sbuffai irritata. Abbandonandomi allo schienale della sedia chiusi gli occhi. Un piccolo sorriso mi decorò le labbra, mentre i ricordi della sera prima mi riaffioravano alla mente. Avevo partecipato ad una innovativa festa in maschera, che avevo travato al contempo molti divertente. Era stata ideata da un mio compagno di scuola per il suo compleanno, Ninò. Io mi ero messa un vestito lungo fino al ginocchio, cucito da me, rosso a pois neri. Volevo richiamare una coccinella e a giudicare dai complimenti di ieri la mia idea non solo si era capita, ma era risultata persino innovativa. A completare il tutto avevo indossato una maschera simile a quelle di carnevale, sempre a pois neri si sfondo rosso e legato i miei capelli corvini in un modesto chignon. Ero andata accompagnata da Alya, mia migliore amica nonché complice di malefatte. Lei indossava pelose orecchie da volpe e una vistosa coda del medesimo animale. Era vestita in modo semplice: jeans slavati di un tessuto leggermente scuro e una t-shirt blu e piuttosto accollata, con una bella scollatura. Ma l’entrata veramente spettacolare quella sera la fece Chloè. Portava un vestito nero e giallo a righe, ricordando un’ape, con morbide antenne nere sulla testa. A quanto pare l’idea dell’insetto non era venuta solo a me. Ma ciò che lasciò la maggior parte delle ragazze (e anche qualche ragazzo, notai) a bocca aperta fu l’ingresso dell'accompagnatore. Era un ragazzo che non avevo ma visto. Alto, biondo e con meravigliosi occhi verdi. Era davvero possibile che una bellezza tale fosse legale? Persino con le sue orecchie da gatto nero sembrava incredibilmente affascinante, cosa non da tutti. Indossava vestiti non particolarmente eleganti: maglietta nera e jeans, nelle quali tasche erano saldamente nascoste le mani. Dietro di lui notati dondolare una simpatica coda nera. Il suo sguardo corse sul gruppo di persone davanti a lui. Sembrava annoiato. Ma la domanda che mi stavo ponendo, come quasi tutti credo, era: chi diavolo era quel tipo? E me la stavo ponendo anche ora. Adrien (con non poca fatica avevo scoperto il suo nome), non veniva alla nostra scuola e nessuno lo aveva mai visto prima. Eccetto Chloè, a quanto pare. Mossi un po’ il piede sovrappensiero, e schiudendo piano gli occhi turchesi, per non accecarmi, fissai la mia piccola voglia a forma di coccinella sulla mia caviglia a cui era legato anche un fatto divertente: infatti a quanto pare al Louvre era conservato un geroglifico dove una donna egiziana aveva la mia stessa voglia. Alya scherzava sempre sul fatto che fosse una mia antenata. Dal canto mio ero sempre rimasta molto colpita dalla singolare coincidenza. Ammetto fosse stata proprio quella ad ispirare il mio vestito della sera prima. Mi chiesi se anche per Chloè fosse stato così. Dopo tutto aveva una voglia a forma d’ape sul polso. L’avevo sempre trovata molto carina. Le donava del resto. Era sempre stata una ragazza molto bella e quel tocco sembrava quasi disegnato di proposito. Ovviamente non era così. Mi diedi la spinta e girai in tondo sulla mia sedia girevole. Avevo googolato per ore ieri, di ritorno dalla festa. Di Adrien ne sapevo solo un briciolina in più di ieri. Sapevo che di cognome faceva Agreste e che suo padre era uno famoso stilista, che però non presenziava mai alle sue stesse sfilate. La cosa mi parve subito molto sospetta, ma ci passai sopra durante la mia ricerca, senza però scoprire nulla di più. La sua storia era avvolta nella più completa oscurità. Sembrava fosse comparso solo ieri sulla terra. Riflettendoci su però non era l’unico la quale famiglia e origine aveva un’aura di mistero. La stessa Chloè aveva un non so che di strano. Suo padre era il sindaco della città, ma si vedeva solo di rado e lo stretto necessario. Non ero una sua amica, solo una compagna di classe, ma sapevo che le sue amiche non erano mai andate a trovarla per il semplice fatto che casa sua era inavvicinabile. Scossi la testa e mi stiracchiai di nuovo. Decisi che era inutile continua a sbattere la testa su quel maledetto progetto. Quasi avesse degli occhi gli feci la linguaccia. Proprio in quel momento il mio telefono cominciò a vibrare mentre il nome di Alya lampeggiava sullo schermo. Lo afferrai felice di avere una distrazione.
«Qui Marinette a rapporto!» esclamai, accentando la chiamata.
«Ciao.» sentii ridacchiare Alya dall’altra parte del telefono. «Ti chiamo per sapere se vuoi raggiungere me ed Alix al parco. Dopotutto è una così bella giornata.» Sorrisi raggiante.
«E me lo chiedi? Fate conto che sia già lì!» misi giù. Mi tolsi il pigiama, che indossavo da quella mattina, e mi infilai una semplice maglietta bianca con dei piccoli fiori di pesco stampati al centro e una paio di normali jeans. Fatto ciò mi precipitai fuori di casa. Il parco era un po’ lontano, perché da un po’ di tempo preferivamo quello rispetto all’altro davanti a casa mia. Per raggiungerlo c’era una percorso molto suggestivo da fare, perché si costeggiava la Senna e si passava davanti a Notre Dame. Proprio mentre attraversavo quel tratto notai, con la coda dell’occhio un movimento. Mi girai facendo appena in tempo a scorgere Chloè, vestita con un ingombrante abito vittoriano (esatto vittoriano!) rosso aprire l’ingresso della chiesa. Per poi chiudersi il grande portone alle spalle con aria sospetta. Mi guardai intorno. Nessuno aveva notato nulla? Fissai il portone, quasi potessi vederci attraverso. Me lo ero immaginata? Confusa, attraversai la strada e aprii piano l’imponente portone cigolante. Lanciai uno sguardo incuriosito all’interno. La chiesa era vuota. Strano, in genere era ghermita di turisti e poi avevo appena visto Cholè entrare. Poi all’improvviso sentii bisticciare e aguzzando un po’ la vista vidi la mia compagna con quella bomboniera di vestito e che gesticolata piuttosto infuriata con… Adrien! Erano poco distanti dall’ingresso e seminascosti da una colonna. Anche lui era vestito in tema e guardando meglio notai che erano pure acconciati in tema. Ma dove dovevano andare? Ad una recita? Mi chiusi il portone alle spalle il più silenziosamente possibile, ma con tutto il casino di Chloè non averebbero sentito nulla comunque e mi accucciai dietro una panca ad ascoltare.
«Ancora una volta sei in ritardo.» udii dire Adrien, con un tono di voce un po’ piccato.
«Credi sia facile indossare questo e cercare di non dare nell’occhio in luogo come questo?» la mia compagna era talmente irritata che il suo della sua voce raggiungeva livelli notevoli di altezza.
«Avanti, muoviamoci.» tagliò corto Adrien, mentre la ragazza continuava ad accusarlo di tutte le volte che lui era arrivato in ritardo. Sbirciai da dietro la panca dietro cui ero nascosta e ciò che mi vidi mi lasciò a bocca aperta. Dovetti premermi una mano sulla bocca per soffocare un’esclamazione sorpresa. Adrein stava attraversando il muro davanti a lui come se non avesse consistenza. Sembrava quasi fatto d’acqua rispetto a come la superficie si increspava. In un attimo era sparito, inglobato dal freddo muro della chiesa. Un attimo dopo Chloè lo seguì, scomparendo esattamente come il ragazzo. Rimasta sola non mi restò che sbattere più volte le palpebre sbalordita. Erano… spariti? Cosacosa? Mi alzai parecchio stordita e mi avvicinai alla parete. Sembrava completamente normale. Ero completamente impazzita? Mi guardai intorno. Magari c’era un passaggio segreto e sarebbero ricomparsi altrove nella chiesa. Allungai titubante la mano al muro. Con le dita increspai la superficie, come quando si lancia una sasso in acqua. La ritirai di scatto. Poi presi un bel respiro e tanto coraggio e provai a fare come aveva fatto Chloè poco prima, aspettandomi di sbattere dolorosamente la testa. Invece mi ritrovai immersa in una sostanza simile al budino e congelata. Con gli occhi stretti mi affrettai ad attraversare il muro. Mamma mia come suonava strano! E una volta dall’altra parte sollevai le palpebre. Parigi era di nuovo davanti ai miei occhi, ma era diversa. Innanzi tutto tutti giravano con vestiti enormi, come appena usciti da una pellicola sul romanticismo francese. E poi le macchine dov’erano? Sulla strada c’era solo qualche carrozza. Il tutto era condito con un puzzo davvero nauseante. Mossi qualche passo incerta beccandomi non poche occhiate sbalordite dai passanti, che probabilmente fissavo con lo stesso sguardo allucinato. Dove diavolo ero finita?

  
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